William Shakespeare, The Tragedy of King Lear

Re Lear





Texto utilizado para esta edición digital:
Shakespeare, William. Re Lear. Tradotto da Cino Chiarini. In: Praz, Mario, ed. Shakespeare: Teatro, vol. 3, Firenze: Sansoni, 1946, 3 vols.
Codifica del testo digitale per EMOTHE:
  • Tronch Pérez, Jesús

Nota a questa edizione digitale

Questa pubblicazione fa parte del progetto di ricerca "Teatro spagnolo ed europeo dei secoli XVI e XVII: patrimonio e banche dati", riferimento PID2019-104045GB-C54 (acronimo EMOTHE), finanziato dal MICIN/AEI/10.13039/501100011033.


PERSONAGGI

RE LEAR, Re di Bretagna
RE DI FRANCIA
DUCA DI CORNAVAGLIA
DUCA DI BORGOGNA
DUCA D’ALBANIA
CONTE DI KENT
CONTE DI GLOUCESTER
EDGARDO, Figlio di Gloucester
EDMONDO, Figlio bastardo di Gloucester
CURANO, Cortigiano
OSVALDO, Maggiordomo di Gonerilla.
VECCHIO, Vassallo di Gloucester
MEDICO
MATTO
UFFICIALE EDMONDO
GENTILUOMO CORDELIA
ARALDO
SERVI
GONERILLA
REGANA
CORDELIA

La scena è in Bretagna


ATTO PRIMO

SCENA I.

Una sala di parata nel palazzo di Re Lear.
Entrano KENT, GLOUCESTER, e EDMONDO.

KENT
1Io pensavo che il Re avesse più inclinazione vverso il duca d’Albania, che per il duca di Cornovaglia.

GLOUCESTER
2A noi è parso sempre così; ma ora, nella divisione del regno, non apparisce quale dei ducchi egli apprezzi di più; poiché le parti uguali sono pesate così bene, che la stessa meticolosità non saprebbe scegliere fra la porzione dell’uno e quella dell’altro.

KENT
3Questo non è vostro figlio, signore?

GLOUCESTER
4Il peso della sua educazione è toccato a me. Io ho arrisoti così spesso di riconoscer costui, che ormai ci ho fatto la faccia di bronzo.

KENT
5Io non riesco a concepire…

GLOUCESTER
6Messere, la madre di questo giovinotto vi riuscì: e appunto per questo le si arrotondò il grembo, e in verità, messere, si trovì ad avere un bambino per la sua cull, prima di avere un marito per il suo letto. Vi sa di peccato?

KENT
7Non saprei desiderare che il peccato non fosse stato commeso, il frutto essendone così bello.

GLOUCESTER
8Ma io, messere, ho un figlio in regola con la legge, di circa un anno amggiore di questo, che tuttavia non è più caro ai miei occhi, sebbene questo briccone sia venuto al mondo un po’ impertinentemente, prima d’esser mandato a chiamare: sua madre però era bella, fu un dolce sollazzo il farlo, e il bastardello dovete essere riconosciuto. – Conosci questo nobile signore, Edmondo?

EDMONDO
9No signor, mio.

GLOUCESTER
10Il signore di Kent: ricordalo, d’ora innanzi, come mio onorabile amico.

EDMONDO
11I miei servigi a Vostra Signoria.

KENT
12Io debbo volervi bene, e cercare di conoscervi meglio.

EDMONDO
13Signore, mi studierò di meditarlo.

GLOUCESTER
14Egli è stato fuori per nove anni, e dovrà tornar via di nuovo. – Vieni il Re.

Fanfara.
Entrano: uno che reca una corno, poi RE LEAR, i DUCHI D’ALBANIA e DI CORNOVAGLIA, quindi GONERILLA, REGANA, e CORDELIA con persone del seguito.

LEAR
15Accompagnate qui i sovrani di Francia e di Borgogna, Gloucester.

GLOUCESTER
16Sarà fatto, mio signore.

[Escono Gloucester e Edmondo.

LEAR
17Intanto noi esporremo i nostri più: segreti propositi. Datemi quella carta. Sappiate, dunque, che noi abbiamo diviso il nostro regno in tre parti; ed è nostro tenace proposito di scrollare ogni cura ed ogni occupazione dalle nostre vecchie spalle, affidandole a più giovani forze, mentre noi liberati dal fardello, ci trasciniamo lentamente verso la morte. – Nostro figlio di Cornovaglia, e voi nostro non meno affezionato figlio d’Albania, noi abbiamo ferma volontà, in quest’ora, di proclamare pubblicamente le singole doti delle nostre figliole, affinché possa essere impedita fin d’ora ogni futura contesa. I sovrani di Francia e di Borgogna, rivali illustri nell’amore per la nostra più giovane figliola, hanno, ormai, fatto lungo il loro soggiorno di amore presso la nostra corte, e qui debbono avere una risposta. Dite su, figliole mie, giacché noi oggi vogliamo spogliarci, ad un tempo, del governo, di ogni potestà di terre, e di ogni cura di stato, quale di voi dovrem dire che ci vuole più bene? Sentiamo, affinché la nostra liberalità più grande posssa estendersi là, dove l’affetto naturale la reclama con diritto. Gonerilla, primogenita nostra, parla tu per prima.

GONERILLA
18Signore, io vi amo più di quanto possano riuscire ad esprimere le parole: v’ho più caro della vista, dello spazio, della libertà; vi amo al di sopra di tutto ciò che può essere stimato ricco e raro; non meno della vita, quando è unita alla grazia, alla salute, alla bellezza, all’onore; vi amo quanto figliolo amò mai padre, o padre si vide amato; di un amore, il quale rende povero il fiato e impotente la parola; io vi amo al di là di tutti questi modi così alti di amare.

CORDELIA
19[in disparte] Che potrà fare Cordelia? Amare e starsene zitta.

LEAR
20Di quanto è dentro questi confini (precisamente da questa linea a quest’altra), ricco di foreste ombrose e di campagne, d’irrigui fiumi e di sterminate praterie, noi ti facciamo signora: rimanga ciò, in perpetuo, proprietà dei discendenti moi e del duca d’Albania. − Che cosa dice la nostra seconda figliola, la nostra carissima Regana, moglie del Cornovaglia? Parla.

REGANA
21Io sono fatta dello stesso metallo di mia sorella, e mi stimo del suo medesimo valore. Nel mio cuore schietto io trovo che essa esprime proprio i termini dell’amor mio, soltanto essa resta un po’ al di sotto: giacché io mi protesto nemica di tutte le altre gioie che la più preziosa perffezione del senso possiede, e trovo che sono felice solamente nell’amore di vostra cara Altezza.

CORDELIA
22[in disparte] Allora, povera Cordelia! Eppure, no; poiché, ne sono sicura, il mio amore ha più peso della mia lingua.

LEAR
23A te e ai tuoi rimanga per sempre in eredità questo ampio terzo del nostro bel regno, non inferiore, in quanto a spazio, valore, e amenità, a questo assegnato a Gonerilla. − Ora, sentiamo la nostra gioia, la nostra ultima figliola, ma non quella che vale di meno, nel cui giovane amore cercano a gara di impegnarsi le vigne della Francia e le cascine di Borgogna: che cosa sai dire per strapparci un terzo più abbondante di quello delle tue sorelle?

CORDELIA
24Nulla, mio signore.

LEAR
25Nulla?

CORDELIA
26Nulla.

LEAR
27Nulla verrà dal nulla: rispondi un’altra volta.

CORDELIA
28Infelice ch’io sino, non so far sollevare il mio cuore fino alle labbra: io voglio bene a Vostra Maestà quanto comporta il mio dovere; né più né memo.

LEAR
29Come, come, Cordelia! Correggete un poco il vostro parlare, per timore di poter danneggiare la vostra fortuna!

CORDELIA
30Mio buon signore, voi mi avete generate, allevato, voluto beme: io vi corrispondo, da parte mia, con quei doveri che sono giustamente convenienti; cioè vi obbedisco, vi amo, e vi onoro del mio meglio. Perché hanno marito le mie sorelle, se dicono che tutto il loro amore è per voi? Probabilmente, quando un giorno mi sposerò, l’uomo che riceveri dalla mia mano il pegno della mia fade, porterà via con sé metà dell’amor mio, meti delle mie cure, e dei miei doveri: certo, io non mi mariterò mai come le mie sorelle, per dedicare tutto intero l’amor mio a mio padre.

LEAR
31Ma c’è il tuo cuore in questo che dici?

CORDELIA
32Sì, mio buon signore.

LEAR
33Così giovane, e così priva di tenerezza!

CORDELIA
34Così giovane, mio signore, e così sincera!

LEAR
35Sia pure: la tua sincerità, allira, sial la tua dolte; poicé per il sacro splendore del sole, pei misteri di Ecate e della notte, per tutto l’influsso delle sfere, per effetto del quale noi esistiamo e cessiamo di essere, io qui sconfesso ogni mia cura paterna, ogni legame ed ogni affinità di sangue, e da questo momento io ti ritengo per sempre come una estranea al mio cuore e a me. Il barbato Scita, o colui che della sua stirpe fa pasto per saziare la sua fame, sarrano buonni vicini del mio cuore, e vi troveranno pietà e soccorso al pari di te, che un giorno eri mia figlia.

KENT
36Mio buon soverano…

LEAR
37Silenzio, Kent! Non ti mettere fra il drago e il suo furore. Io l’amavo sopra ogni altra cosa, e pensavov di affidare il mio riposo alle sue cure amorose. – [A Cordelia]Via di qua, e fuggi gli occhi miei! − La mia tomba sia la mia. pace, come è vero che qui io ritiro da lei il cuore di suo padre! − Chiamate il re di Francia. Via, chi si muove? Chiamate il duca di Borgogna. Cornovaglia, e voi duca di Albania, con le doti delle mie due figliole cumulate questo terzo: l’orgoglio, che essa chiama sincegità, la faccia sposa. Io investo voi due uniti insieme, del mio potere, della mia soviranità, e di tutte le grandi prerogative che si adunano intorno alla maestà. Noi per il periodo di un mese faremo la nostra dimora con ciascuno di voi, secondo un turno regolare, con una scorta di cento cavalieri che ci riserbiamo, e che dovranno essere mantenuti da voi. Noi riterremo solamente il nome di re, e tutti i titoli; il potere, i redditi del regno, il disbrigo di tutto il resto, miei amati figlioli, sia affar vostro: a conferma della qual cosa, dividete fra di voi questa corona.

KENT
38Regale Lear, che io ho sempre onorato come mio re, amato come padre mio, seguito come mio signore, a cui mi sono rivolto, come a mio grande protettore, nelle mie preghiere….

LEAR
39L’arco è piegatp e la corda tesa: schiva lo strale.

KENT
40Lascialo pure scoccare, quand’anche la punta dorcuta dovesse penetrare la regione del mio cuore. Kent sia scortese, una volta che Lear è pazzo. Che cosa pretenderesti di fare, vecchi? Credi tu che il dovere possa aver paura di parlare, allorché la potenza si inchina all’adulazione? L’onore è tenuto alla sincerità, quando la maestà si umilia fino alla pazzia. Annulla la tua sentenza; e, dopo miglior consiglio, frena cotesto tuo impeto orrendo. Risponda la mia vita del mio giudizio: la più giovane delle tue figliole non è quella che ti vuole meno bene; né è vuoto il cuore di coloro, la cui voce sommessa non ripercuote il vuoto.

LEAR
41Kent, per la tua vita, basta!

KENT
42Lamia vita io non l’ho considerata mai altro che una posta da rischiare contro I tuoi nemici, né mi fa paura il perderla, quando la tua salvezza ne sia la cagione.

LEAR
43Via dagli occhi miei!

KENT
44Vedici meglio, Lear, e lascia che io rimanga ancora il vero punto di mira dell’occhio tuo.

LEAR
45Ora, per Apollo,…

KENT
46Ora, per Apollo, o re, tu giuri pei tuoi dei invano.

LEAR
47Ah, vile! traditore!

[Mettendo mano alla spada.

ALBANIA E CORNOVAGLIA
48Caro signore, frenatevi.

KENT
49Colpisci; uccidi il tuo medico, e il suo onorario dallo alla sozza malattia. Revoca la tua sentenza; o finch’io possa far uscire un grido dalla mia gola, ti dirò che tu fai male.

LEAR
50Ascoltami, rinnegato! Per il tuo dovere di suddito ascoltami! Poiché tu hai cercato di farci rompere il nostro giuramneto (ciò che noi non osammo mai fare fino ad ora), e di interporti, con tracotanza estrema, fra la nostra sentenza e il nostro potere (ciò che la natura nostra e il nostro grado non possono ammettere), sia fafta valere la potenza nostra, e tu ricevi il premio che meriti. Noi ti accordiamo cinque giorni, perché tu provveda a metterti al riparo dalle sciagure del mondo; nel sesto pensa a volgere al nostro regno le me spalle esecrate: se nel decimo giorn da questo la tua bandita carcassa sarà trovata nei nostri dominî, quell’istante è la tua motte. Val, per Giove, ciò non sarà revocato!

KENT
51Addio, re: poiché tu vuoi apparire così, la libertà vive lungi da questi iuoghi, e qui c’è l’esilio.− [A Cordelia]Gli dei prendano sotto la loro cara protezione te, o fanciulla, che pensi giustamente, ed hai parlato benissimo! – [A Regana e a Gonerilla]E possano le vostre azioni esser d’accordo coi vostri magniloquenti discorsi, sicché da parole di amore possano derivare buoni effetti. − Così, o principi, Kent dice a voi tutti addio; egli continuerà la sua vecchia strada in un paese nuovo.

[Esce.
Squillo di tromba. Rientra GLOUCESTER col RE DI FRANCIA, il DUCA DI BORGONGA e le tre persone del seguito.

GLOUCESTER
52Ecco il re di Francia e il duca di Borgogna, mio nobule signore.

LEAR
53Mio signore di Borgogna, noi ci rivolgliamo prima a voi che siete stato rivale di questo re ne’ll amore per la nostra figliole. – Che cos’è il meno che voi pretendete in dote corrente, insieme con lei, per non desistere dalla vostra richiesta di amore?

BORGOGNA
54Regalissima Maestà, io richiedo non più di quanto Vostra Altezza ha offerto, né voi vorrete accordare di meno.

LEAR
55Nobilissimo duca di Borbogna, allorché essa ci era cara, noi la tenevamo così alta, ma ora il suo prezzi è in ribasso. Signore, eccola là: se in quella parvenza di sostanza qualche cosa, o tutto l’insieme, può convenire e piacere a Vostra Grazia, con la sola aggiunta del nostro disfavore e eniente altro.

BORGOGNA
56Io non so cosa rispondere.

LEAR
57Insomma, coi difetti che essa ha, priva d’amici, adottata teste dall’odio nostro, dottata della nostra maledizione, e straniata dal nostro giuramento, intendete di prendera o di lasciarla?

BORGOGNA
58Perdonatemi, augusto signore: a tali condizione non può avanzarsi scelta.

LEAR
59Allora lasciatela, signore; poiché, per quella potenza che mi creò, io con questo vi ho detto tutta la sua ricchezza. [Al Re di Francia]In quanto a voi, gran re, io non vorrei tanto sciarmi dal vostro affetto, da unirvi a chi detesto: quindi, io vi scongiuro di indirizzare l’amor vostro per una via più degna, di quel che nonsia una sciagurata, che la natura ha quasi vergogna di riconoscere per sua.

FRANCIA
60Ciò è molto strano, che colei, la quale pur ora era il vostro più prezioso oggetto, l’argomento delle vostr lodi, il balsamo della vostra vecchiaia, la migliore, la più cara delle vostre figliole, abbia potuto commettere, in questo breve attimo, una cosa tanto mostruosa, da venir spogliata del numeroso ammanto del vostro favore. Certo il suo delitto dev’essere di un genera così snaturato, da rendersi mostruoso, anziché il vostro decantato affetto di prima debba essersi corrotto; ma per credere di lei questa cosa, è necessaria una fede, che la ragione non potrebbe mai far radicare in me senza un miracolo.

CORDELIA
61Io supplico ancora Vostra Maestà…. che se è perché a me manca l’arte sdrucciolevole e uniuosa di parlare e non àver propositi (giacché quando mi propongo fermamente una cosa, io la faccio prima di dirla), voi facciate sapere, che non la macchia di un vizio, non un assassinio, non unignominia, non un’azione impudica, o un passe disonorevole, mi ha fatto perdere la vostra grazia e il vostro favore; ma proprio il non possedere ciò, per la cui mancanza, appunto, io sono più ricca, cioè un occhio che chiede sempre, ed una lingua che io sono contenta di non avere, sebbene il non averla mi abbia perduta all’affetto vostro.

LEAR
62Meglio che tu non fossi nata, piuttosto che non aver incontrato di più il mio piacimento.

FRANCIA
63Non è che questo? una inerzia della natura, la quale spesso lascia inespressa la storia che essa vuol raccontare? – Mio signore di Borgogna, che cosa dite alla nobile fanciulla? Amore non è amore, allorché esso ha che fare con delle considerazioni, che sino lungi dal suo oggetto principale. La volete? Essa è di per se stessa una dote.

BORGOGNA
64Nobile re, accordate non più che quella parte del regno che voi medesimo offriste, e qui stesso io prendo per mano Cordelia, duchesa di Borbogna.

LEAR
65Nulla. Ho giurato: sino irremovibile.

BORGOGNA
66Allora, sino dolente che voi abbiate perduto un padre fino al punto, da dover perdere un marito.

CORDELIA
67Si dia pace il duca di Borbogna! Dal momento che considerazioni di interesse formano l’amor suo, io non sarò sua moglie.

FRANCIA
68Bellissima Cordelia, che sei ancor più ricca perché sei povera, più eletta perché abbandonata, più amata perche disprezzata, io mi impossesso, qui, di te e delle tue virtù: io, mi sia lecito, raccolgo ciò che vien gettato via. Dei, dei! è strano che alla gelida noncuranza di costoro, l’amor mio dovesse accendersi, fino a divampare in venerazione. Re, la tua figliola senza dote, gettata nelle mie braccia dalla ventura, è regina nostra, dei nostri sudditi, della nostra bella Francia: tutti i duchi dell’acquosa Borgogna non potranno ricomperare da me questa preziosa fanciulla disprezzata. Cordelia, di’ addio a costoro, per quanto snaturati: tu perdi questo luogo, per trovarne uno migliore.

LEAR
69Tu la possiedi, re di Francia: sia pur tua, poiché noi non abbiamo una tal figlia, e non rivedremo mai più la sua faccia. Perciò, vattene senza la nostra grazia, senza il nostro affetto, senza la nostra benedizione. − Venite, nobile duca di Borgogna.

[Squill di trombe. Escono Lear, il Duca di Borbogna, il Duca di Cornovaglia, il Duca d’Albania, Gloucester, e le persone del loro seguito.

FRANCIA
70Dite addio alle vostre sorelle.

CORDELIA
71Gioielli del padre nostro, con gli occhi inondati di lacrime Cordelia vi lascia. Io so quelo che siete, e, come sorella, mi ripugna immensamente chiamare i vostri difetti col loror vero nome. Trattate bene nostro padre. Io lo affido ai vostri cuori pieni di protestazioni; tuttavia, ahimè, se fossi nelle sue grazie, lo raccomanderei a miglior luogo. Così, addio a tutte due.

REGANA
72Non ci prescrivete il nostro dovere.

GONERILLA
73Il vostro pensiero sia quello di far contento il signor vostro, il quale vi ha presa per carità della fortuna: voi avete lesinato l’obbedienza, e siete ben degna che vi manchi quel che vi è mancato.

CORDELIA
74Il tempo svelerà ciò che l’avvolgimento dell’astuzia nasconde; chi copre i propî difetti, finalmente è schernito dalla vergogna. Possiate avere buona fortuna!

FRANCIA
75Venite, mia bella Cordelia.

[Escono il Re di Francia e Cordelia.

GONERILLA
76Sorella, io ho da dirvi non poco, di una cosa che interessa molto da vicino tutte e due. Credo che nostro padre anderà via di que stanotte.

REGANA
77È certissimo, e verrà con voi; con noi il mese venturo.

GONERILLA
78Voi vedete come è piena di cambiamenti la sua vecchiaia; l’esperienza che ne abbiamo fatta non è stata lieve: egli ha sempre voluto più bene alla nostra sorella che a noi; e con quanta miseria di discemimento ora l’abbia ripudiata, apparisce in modo troppo evidente.

REGANA
79E la debolezza dell’età; del resto, egli ha avuto sempre una scarsa coscienza di sé.

GONERILLA
80Il periodo migliore e più sano della sua vita non è stato altro che avventataggine; perciò noi dobbiamo aspettarci, dalla sua vecchiaia, non soltanto i difetti di un’abitudine da lunge tempo inveterata, ma, oltre a questi, la capricciosa ostinatezza che gli armi, i quali rendono l’uomo cagionevole e bilioso, portano con sé.

REGANA
81Noi corriamo il rischio di ricevere da lui uno di quegli scatti improvvisi, come quello dell’esilio di Kent.

GONERILLA
82C’è ancora lo scambio di qualche altro complimento di congedo fra il re di Francia e lui. Ve ne prego, mettiamoci d’accordo: se nostro padre fa valere la sua autorità con quell’umore che si ritrova, quest’ultima resa del potere da parte sua non potrà che noucerci.

REGANA
83Ci ripenseremo ancora.

GONERILLA
84Bisogna fare qualque cosa, e battere il ferrro finchñe è caldo.

SCENA II.

Una sala nel castello del Conte di Gloucester.
Entra EDMONDO, con una lettera.

EDMONDO
1To, o Natura, sei la mia dea; i miei servigi sono legati alla tua legge. Perché io dovrei essere vittima di quella peste che è il costume, e permettere all’esaggerato scrupolo delle nazioni di diseredarmi, per il solo af un fratello? Perché bastardo? perché ignobile? una volta che le mie proporzioni sono così ben congegnate, la mia anima è cosè generosa, e la mia conformazione così schietta come se io fossi la. prole di un’onesta dama? Perché ci bollano col titolo di ignobili, e parlano di ignobilità, di bastardigia? Ignobili? ignobili? noi che nel furto vigoroso della natura attingiamo una tempra più solida, e maggior fierezza di casattere, che non vada a creare tutta una tribù di gonzi, generati, fra il sonno e la veglia, in un letto torpido, frollo, fiacco? − Ebbene, legittimo Edgardo, io debbo avere la tua terra. L’amore di nostro padre spetta al bastardo Edmondo, come al flgliolo legittimo. Legittimo, bella parola! Eh! mio bel legittimo, se questa lettera cammina, e il mio disegno riesce, l’ignobile Edmondo prevarrà sul legittimo... − Io divento grande, la fortuna mi assiste: ora, o dei, parteggiate per i bastardi!

Entra GLOUCESTER.

GLOUCESTER
2Kent esiliato così, il re di Francia andato via in collera, il Re partito stanotte, il suo potere passato ad altri, ridotto ad una pensione! Tutto ciò nell’estro del momento! – Edmondo! Ebben, che notizie?

EDMONDO
3Piaccia a Vostra Signoria, nessuna.

[Fingendo di metter via la lettera.

GLOUCESTER
4Perché cerchi, con tanta premura, di metter via quella lettera?

EDMONDO
5Non ho notizie, signor mio.

GLOUCESTER
6Che cos’è quella carta che leggevi?

EDMONDO
7Niente, mio signore.

GLOUCESTER
8Niente? Allora che necessità c’era di quella terribile fretta di mandarla a finire nella tua tasca? Ciò che ha la qualità del nulla, non ha tutto questo bisogno di nascondersi. Vediamo; se si tratta di niente, non avrò bisogno degli occhiali.

EDMONDO
9Ve ne scongiuro, signore, perdonatemi: è una lettera di mio fratello, che non ho finita di leggere tutta; ma da quanto ne ho letta, trovo che non è conveniente che voi ci mettiate gli occhi sopra.

GLOUCESTER
10Datemi quella lettera, messere.

EDMONDO
11Io faccio male tanto a sottrarla, quanto a darvela. Il contenuto, per quel che in parte ne comprendo, è da biasimare.

GLOUCESTER
12Vediamo, vediamo.

EDMONDO
13Io spero, a giustificazione di mio fratello, ch’egli abbia scritto ciò soltanto per avere un saggio della mia virtù, o metterla alla prova.

GLOUCESTER
14 [legge]«Questo civile uso del rispetto alla vecchiaia, ci amareggia il mondo nei nostri tempi migliori; ci sequestra i beni, fin che la nostra vecchiaia non è più in grado di goderli. Io comincio a trovare una vana e sciocca pastoia nell’oppressione della tirannide senile, che governa non perché è potente, ma perché è tollerata. Venite, ch’io possa parlarvi di ciò più a lungo. Se nostro padre dormisse finché io lo svegliassi, voi vi godreste per sempra metà della sua rendita, e vivreste prediletto dal vostro fratello, Edgardo». Ah! una congiura? «...dormisse finché lo svegliassi..., voi vi godreste metà della sua rendita». Mio figlio Edgardo! Ha egli avuto una mano per scrivere questo? un cuore ed un cervello per concepirlo? − Quando vi è giunto questo foglio? Chi l’ha portato?

EDMONDO
15Non mi è stato portato, mio signore; lì sta l’astuzia. L’ho trovato in terra vicino alla finestra del mio gabinetto.

GLOUCESTER
16Riconoscete che il carattere sia quello di vostro fratello?

EDMONDO
17Se la sostanza andasse bene, signor mio, io oserei giurare che fosse suo: ma in considerazione di quella, vorrei credere molto volentieri che non fosse.

GLOUCESTER
18È suo.

EDMONDO
19È la sua mano, signor mio; ma nel contenuto, io lo spero, il suo cuore non c’è.

GLOUCESTER
20Aveva mai scandagliato, prima d’ora, il vostro pensiero su questa faccenda?

EDMONDO
21Mai, signor mio. Ma l’ho sentito spesso sostenere: esser giusto che, maturi i figli e fatti vecchi i padri, il padre fosse come sotto tutela del figlio, e il figlio amministrasse le sue rendite.

GLOUCESTER
22Oh, scellerato, scellerato: proprio l’opinione ch’egli ha espresso nella sua lettera. – Furfante abominevle! Snaturato, detestato, bestiale furfante! peggio che bestiale! Via, giovanotto, andate a cercarlo; lo farò arrestare. Abominevole furfante! Dov’è?

EDMONDO
23Non so bene, signor mio. Se vorrete sospendre il vostro sdegno contro mio fratello, finché possiate raccigliere da lo stesso una prova migliore delle sue intenzioni, batterete una via sicura; mentre, se agiste violentemente contro di lui, ingannandovi circa i suoi propositi, ciò aprirebbe una gran breccia nel vostro onore, e strapperebbe la radice della sua obbedienza. Oso scommettre la mia vita in favor so, che egli ha scritto questo per provare il mio affetto per Vostro Onore, e non per altra intenzione criminosa.

GLOUCESTER
24Lo credete?

EDMONDO
25Se Vostro Onore lo giudica conveniente, io vi metterò in un posto donde ci sentirete ragionare di ciò, e voi, assicurandovi con le orecchie vostre, avrete la vostra soddisfazione, e senza un indugio più lunfo di questa sera stessa.

GLOUCESTER
26Egli non può essere un tal mostro….

EDMONDO
27E non è, sicuramente.

GLOUCESTER
28….verso suo padre, che lo ama così teneramente e con tutto l’affetto. Cielo e terra! Edmondo, trovatelo; entrate per me nella sua confidenza, ve ne prego: conducete la cosa con la vostra saggezza. Io mi spoglierei di tutto, pur di essere già in una convinzione assoluta.

EDMONDO
29Vado subito a cercarlo, signore; condurrò la cosa con tutti i mezzi che troverò, e quindi vi errò informato.

GLOUCESTER
30Questi ultimi ecclissi di sole e di luna con ci presagiscono nulla di buono: sebbene la saggezza naturale sappoa rendercene ragione in questo quel modo, tuttavia la natura rimane affitta lo stesso dagli effetti che ne seguono. L’amore si raffredda, l’amicizia se ne va, i fratelli si dividono: nelle citta ribellioni; nelle campagne discordia; nei palazzi tradiment, e spezzato il legame fra padre e figlio. Questo scellerato del mio, cada sotto la predizione: ed ecco il figlio contro il padre; il re devia dalla inclinazione della natura: ecco il padre contro il figlio. Non abbiam visto il meglio dei tempi nostri: congiure, perfidia, tradimento, e perturbamenti funesti d’ogni specie, ci accompagnano, senza tregua, alla tomba. − Trova questo scellerato, Edmondo; tu non ci perderai nulla: fallo con cura. − E il nobile e leale Kent esiliato! la sua colpa? l’onestà! Èstrano!

[Esce.

EDMONDO
31Ecco la sublime stoltezza del mondo: quando la nostra fortune si ammala (e spesso è il reo effetto della nostra stessa condotta) noi diamo la colpa delle nostre sciagure al sole, alla luna, e alle stelle: come se noi fossimo degli scellerati per necessità; degli stolti per impulso celeste; dei furfanti, dei ladri, e dei traditori, per la predominazione delle sfere; degli ebbri, dei bugiardi, e degli adulteri, per una forzata obbedienza all’influsso dei pianeti; e tutto ciò in cui siamo perversi, per effetto di una spinta divine. Bella scappatoia da puttaniere, questa di affibbiare ad una stella la colpa della propria lascivia! Mio padre se la intese con mia madre sotto la coda del Drago, ed io nacqui sotto l’ursa maior: sicché io sono, di conseguenza, brutale e lascivo. Bah! sarei stato quello che sono, anche se la stella più verginale del firmamento avesse brillato sulla mia bastardificazione. – Edgardo!... Entra EDGARDO. E un buon punto viene, come la catastrofe dell’antica commedia: la mia parte è una infame malinconia, accompagnata da un sospiro da accattone. Eh! questi ecclissi presagiscono queste dissonanze. Fa, sol, la mi.

EDGARDO
32Ebbene, fratello Edmondo, in quale grave contemplazione siete assorto?

EDMONDO
33Sto pensando, fratello mio, ad una predizione della quale ho letto l’altro girono, a proposito di cò che dovrebbe accadere in seguito a questi ecclisi.

EDGARDO
34E voi vi occupate di questo?

EDMONDO
35Vi garantisco che le conseguenze di cui l’autore scrive, sventuratamente si avvevano; quali: snaturatezza fra padre e figlio; morete, carestia, rottura di antiche amicizie; scisioni nel regno; minacce e maledizioni contro il re e contro i nobili; diffidenze irragionevoli, esilio di amici, dispersione di bande, infrazioni coniugali, e non so che cosa.

EDGARDO
36Da quanto tempo siete un seguace delle dottrine astronomiche?

EDMONDO
37Via, via; quando avete veduto mio padre l’ultima volta?

EDGARDO
38Ieri sera.

EDMONDO
39Gli avete parlato?

EDGARDO
40Sì, per due ore di seguito.

EDMONDO
41Vi siete lasciati in buoni termini? Da qualche parola, o dal suo contegno, avete notato in lui alcun indizio di contrarietà?

EDGARDO
42Nessuno, affato.

EDMONDO
43Ripensate bene, in che cosa potete averlo offeso: e, se ascoltate na mia preghiera, evitate la sua presenza, finché un po’ di tempo abbia mitigato l’ardore della sua collera, la quale in questo momento infuria in lui a tal punto, che appena si calmerebbe col sacrificio della vostra persona.

EDGARDO
44Qualche infame mi avrà calunniato.

EDMONDO
45Questa è la mia paura, fratello. Vi prego, sappiatevi contenere ed abbiate pazienza, finchñe la foga della sua collera rallenti un poco; e, come vi dico, rituratevi con me nel mio alloggio, dal quale io vi metterò convenientemente in grado di sentire che cosa dice il mio signore. Ve ne prego, andate: eccovi la mia chiave. Se uscite, andate armato.

EDGARDO
46Armato? Fratello!

EDMONDO
47Fratello, io vi avverto per il vostro meglio; non sono un uomo onesto, se in aria c’è qualche buona disposizione a vostro riguardo. Io non vi ho dato che una pallida idea di quello che ho veduto e sentito: nulla ho detto, che assomigli all’immagine e all’orrore di ciò. Vi prego, andate.

EDGARDO
48Saprì presto qualche cosa da voi?

EDMONDO
49In questa faccenda lasciatevi servire da me. [Edgardo esce] Un padre credulo, ed un nobile fratello, la cui natura è così lontana dal fare il male, ch’egli non sa sospettarne alcuno: la loro sicocca onestà si presta agevolmente al mio gioco! La faccenda io la vedo chiara. Se non ho terre per diritto di nascita, che io le abbia per opera della mia intelligenza! Tutto per me è buono, quello che posso rendermi utile.

[Esce.

SCENA III.

Un stanza nel palazzo del Duca d’Albania.
Entrano GONERILLA e OSVALDO, suo maggiordomo

GONERILLA
1Mio padre ha percosso il mio gentiluomo di corte perché ha rimproverato il suo buffone?

OSVALDO
2Sì, signora.

GONERILLA
3Egli mi offende giorno e notte: ogni momento prorompe in questo o in quell’eccesso inconsulto, che mette la discordia fra tutti noi; io non lo tollero. I suoi cavalieri incominciano a farsi urbolenti, ed egli stesso ci rimprovera per ogni inezia. Quando teornerà dalla caccia, gli direte che io mi sento male: non ho voglia di parlargli. Se vorrete essere meno pronto a servirlo che per l’innanzi farete bene: della colpa rispondo io.

OSVALDO
4Egli giunge, signora; lo sento.

[Corni dal di dentro.

GONERILLA
5Assumete pure quell’aria di svogliata negligenza che crederete meglio, voi e i vostri compagni; io sarei contenta che ciò provocasse una discussione. Se non gli piace, se ne vada da mia sorella, il cui pensier e il mio, lo so bene, in queesta sono uno solo: non lasciarsi dettar legge. Stolto di unvecchio, il quale pretende di far valere ancora quell’autorità di cui si è privato! Davvero che questi vecchi pazzi diventano quando si vede che sono indotti in errore. Ricordatevi di ciò che vi ho detto.

OSVALDO
6Sta bene, signora.

GONERILLA
7E i suoi cavalieri, d’innanzi, incontrino in mezzo a voi sguardi più freddi: quel che ne succede, non importa. Avvertitene i vostri compagni. Io vorrei farne nascere, e vi riuscirò, qualche buona occasione per peoter parlare. Scrivo, senz’altro, a mia sorella, di tenere la mia precisa condotta. Fate preparare il pranzo.

[Escono.

SCENA IV.

Una sala nello stesso palazzo.
Entra KENT, travestito.

KENT
1Sol che altrettanto bene io riesca a pr4endere in prestitoun’altra voce, che sappia alterare il mio modo di parlare, la mia buona intenzione mi condurrà, di per se stessa, al pieno conseguimento di quello scopo, per il quale ho cancellato le mie sembianze. Ed ora, o bandito Kent, se puoi entrare a servizio (e posssa tu riuscirbi!) propio là dove u sei condannato, il signore tuo, che tu ami, ti troverà pronto ad ogni fatica.

Corni dal di dentro. Entrano LEAR, Cavalieri, e persone del seguito.

LEAR
2Non si faccia aspetttare un minuto per il pranzo; andate, guardate che sia pronto. [Esce uno del seguito] Ebbene! chi sei tu?

KENT
3Un uomo, signore.

LEAR
4Qual’è la tua professione? Che cosa vorresti da noi?

KENT
5Io faccio professione di non essere da meno di quello che sembro; di servire fedelmente colui che mi ammetterà alla sua fiducia; di amare colui che è onesto; di far compagnia a chi è saggio e parla poco; di temere l’ra del Signore; di battermi quando non ho altra scelta; e di non mangiare pesce.

LEAR
6Chi sei?

KENT
7Una perla di galantuomo, e povero come il Re.

LEAR
8Se tu, come suddito, sei povero quanto egli è come re, sei povvero davvero. Che cosa vorresti?

KENT
9Trovar servizio.

LEAR
10Chi vorresti servire?

KENT
11Voi.

LEAR
12Mi conosci, tu, giovanotto?

KENT
13No,signore; ma nel vostro aspetto voi avete ciò che io chiamerei volentieri mio padrone.

LEAR
14E che cos’è questo?

KENT
15L’autorità.

LEAR
16Che serivizi sai fare?

KENT
17So serbare un segreto onesto, so montare a cavallo, correre, guastare, raccontandola, una storia troppo complicata, e riferire alla buona una semplice imbasciata: io sono capace in tutto ciò cui bastano uomini comuni; e ol mio miglior pregio è la diligenza.

LEAR
18Quanti anni hai?

KENT
19Non sono così giovane, signor mio, da innamorarmi di un donna perché canta; e neppure così vecchio, da spasomare per lei per un’altra ragione qualunque: ho sulle spalle quarantotto anni.

LEAR
20Vieni con me; tu mi servirai: se dopo pranzo non mi piacerai meno di quanto mi piaci ora, non ti manderò via. – Questo pranzo, dico, questo pranzo! – Dov’è il mio uomo, il mio matto? Va’, e fammi venir qui il mio matto. [Esce uno del seguito. Entra OSVALDO. Giusto voi, voi mariuolo, dov’è mia figlia?

OSVALDO
21Col vostro permesso….

LEAR
22Che dice, là, il marrano? Richiamate quella testa di legno. [Esce un cavaliere] – Dov’è il mio matto?... Pare che il mondo dorma. Rientra il Cavaliere. Ebbene! dov’è quel can bastardo?

CAVALIERE
23Egli dice, signor mio, che vostra figlia non si sente bene.

LEAR
24Perché il mariuolo non è tornato indietro, quando l’ho chiamato?

CAVALIERE
25Signore, mi ha risposto, chiaro e tondo, che non ne aveva voglia.

LEAR
26Non ne aveva voglia?

CAVALIERE
27Signor mio, io non so che cosa accada: ma, a mio giudizio, Vostra Altezza non è più trattata con quell’affetto pieno di riguardi al quale voi eravate abituato; c’è una grande diminuzione di cortesia che apparisce manifesta nei dipendenti, in generale, come nel Duca stesso e in vostra figlia.

LEAR
28Ah! dici propio così?

CAVALIERE
29Ve ne supplico, perdonatemi, signor mio, se mi sbaglio: poiché la mia conscienza non può stare sitta, quando io credo che sia stato fatto un torto a Vostra Altezza.

LEAR
30Tu non fai che ricordarmi un mio stesso sospetto. Io ho notato, di recente, un’ombra di trascuratezza verso di me; ma l’ho biasimata piuttosto come una eccesiva suscettibilità da parte mia, che come una vera intenzione ed un voluto proposito di scortesia. Osserverò ancora meglio la cosa. – Ma dov’è il mio matto? Non l’ho più visto da due giorni.

CAVALIERE
31Da che la mia pradroncina è in viaggio per la Francia, signore, è andato molto giù.

LEAR
32Basta di ciò: me ne son bene accorto. – Voi, andate e dite a mia figlia che le vorrei parlare. [Esce uno del seguito]– Voi andate, e fatemi venir qui il mio mato. [Esce uno del seguito. Rientra OSVALDO. Ehi! voi messere, dicho a voi, venite qua, messere: chi sono io, messere? chi sono io, messere?

OSVALDO
33Il padre de la mia signora.

LEAR
34«Il padre della mia signora»! il servitore di mia Signoria: canaglia figlio di putana! manigoldo! botolo tinghioso!

OSVALDO
35Io non sono nessuna di queste cose, signor mio, domando il vostro perdono.

LEAR
36Prendereste di rispondere ai mie sguardi con vostro, furfante?

[Battendolo.

OSVALDO
37Io non voglio essere battuto, signore!

KENT
38E nemmeno esser mandato a gambe per aria, cattivo giocatore di calcio.

[Dandogli il gambetto.

LEAR
39Ti ringazio, giovinotto; tu mi rendi un servigio, ed io ti vorrò bene.

KENT
40Andiamo, messere, alzatevi, andateven! Vi insegnerò io a stare al vostro posto: via di qua, via! Se volete misurare un’altra volta la vostra lunghezza di tanghero, indugiate ancora; ma via di qua! Andatevene: avete sennso? allora, via!

[Spinge fuori Osvaldo.

LEAR
41Ed ora, mio buon grzone, io ti ringrazio: eccoti una caparra del tuo servizio.

[Dà del denaro a Kent.

MATTO
42Vo’dargli anch’io la paga: −eccoti il mio berretto.

[Offre a Kent il suo berretto.

LEAR
43Ebbene, bricconscelo mio, come va?

MATTO
44Messere, fareste meglio a prendere il mio berretto.

KENT
45Perché, matto?

MATTO
46Ecco…. Perché tu prendi le parti di uno, il quale è in disgrazia. E, se tu non sai sorridere secondo il vento che tira, presto sentirai che raffreddamento! via, prendi il mio berretto. Vedi, questo buon uomo ha bandito due delle sue figliole, e ha fatto la felicità dlla terza contro sua voglia: se tu lo servi, dovrai necessariamente portare il mio berretto. – Come va, zio? Ah, se avessi due berreti e die figliole!

LEAR
47Perché, ragazzo mio?

MATTO
48Se io dessi loro tutto quello che posseggo, almeno mi terrei per me I miei berreti. Ecco qui il mio; un altro domandalo in elemisina alle tue figliole.

LEAR
49Sta attento, mariuolo…, c’è la frusta!

MATTO
50La verità è un cane che deve andare a cuccia nel canile; dev’esser mandato fuor di casa a frustate, mentre la signora agna può starsene accanto al fuoco e puzzare.

LEAR
51Un boccone amaro per me!

MATTO
52Compare, voglio insegnarti un discorso.

LEAR
53Insegnamelo.

MATTO
54
Sentio bene, zio.
Mostra men di quel che hai,
Parla men di quel che sai,
Presta men che in serbo avrai,
Più a caval che a piedi andrai,
Credi poco, impara assa,
Punta men che vinceral;
Lascia il bere e la tua ganza,
Non uscir dalla tua stanza:
Più che doppia una decina
Tu avrai per la ventina.

KENT
55Questo è un bel nulla, matto.

MATTO
56Allora è come il fiato d’un avvocato senza paga; e voi, non mi avete dato nulla per il mio discorso. – Non sapete farne nessun uso, di un nulla, zio?

LEAR
57Eh, no ragazzo; dal nulla non si cava nulla.

MATTO
58 [a Kent]Ti prego, dirgli che a tanto ammonta la rendita delle sue terre: a un matto non gli vorrà credere.

LEAR
59È aspro, il matto!

MATTO
60Sai, amico, la differenza che c’è fra un matto aspro e un matto dolce?

LEAR
61No, ragazzo, insegnamela.

MATTO
62
Quei che pose in capo a te
Di dar via le terre tue,
Venga a mettersi accanto a me,
O fa’ tu el meci sue:
Chi sia dolce e chi amaro
De’ due matti si vedrà:
L’un qui in veste di giullaro,
E quell’altro, eccolo là.

LEAR
63Mi dài del matto, raggazzo?

MATTO
64Tutti gli altro tuoi titoli li hai dati via: con quello ci sei nato.

KENT
65Costui non è interamente matto, signor mio.

MATTO
66No, in defe mia; I signori e i potenti non me lo permettono; se io avessi il monopolio della pazzia, essi vogliono lasciarmi avere la pazzia tutta per me solo; me la strappano per forza. – Zio, dammi un uomo, ed io ti darò due corono.

LEAR
67Che cosa sarrano queste due corone?

MATTO
68Ecco, le duce cocce dell’uobo, dopo che io l’abbia tagliato nel mezzo la sua corona, e desti via tutte e due le parti, ti portasti l’asino sulle spalle, attraverso il fango della strada; tu, avevi poco senno, sotto la tua coccia pelata, alorché davi via la tua corona d’oro. – Se dicendo questo, io parlo da quel matto che sono, sia frustrato chi è il primo a riconoscerlo.
[Cantando]
-->
Mai tanto pei matti andò mal che quest’anno,
Ché i saggi divenner sciochi,
E un uso miglio pel cervello non sanno
Che fare gli scimmiotti.

LEAR
69Da quando io qua hai l’abitudine di essere così ben fornito di canzoni, briccone?

MATTO
70Ho quest’uso, zio, dal giorno che delle tue figliole hai fatto le tue madri: poiché quando hai dato loro in mano la verga, e ti sei calato le brache,
-->
Dalla gioia esse versan di lacrime un lago,
Ed io pel duol fo lazzi,
Che un tal re debba mettersi a far baco baco,
In compagnia dei pazzi.
Ti prego, zio, prendi un maestro che sappia insegnare la menzogna al to matto: io imparerei volentieri a mentire.

LEAR
71Se voi mentite, signorino, vi fatemo frustere.

MATTO
72Io vorrei sapere che parentela c’è fra te e le tue figliole: esse mi moglion far frustrare perché dico la verità, tu voui farmi frustare perché mento; e qualche volta sono frustato perché sto zitto. Io vorrei essere qualunque cosa, piuttosto che un matto; eppure non vorrei essere te, zio; tu, tu sei fatto cimare il senno da tutte e due le parti, en el mezzo non ti c’è rimasto nula: ecco qua una delle cimature.

Entra GONERILLA.

LEAR
73Ebbene, figliola! perché quella benda sulla fronte? Mi pare che da qualche tempo, voi siate un po’troppo acciliata.

MATTO
74Tu eri un uomo in gamba, quando non avevei bisogno di preoccuparti della sua aria accigliata; ora sei uno zero senza una cifra accanto. Ora io valgo più di te: io sono un matto, tu nulla. – [A Gonerilla]Sì, diamine, mi cheterò; così mi ordina la vostra faccia, per quanto voi non dicate niente.
-->
Buci, buci!
Per chi lascia tinche e ceci
Nulla ne farà le veci.
Costui è una buccia di pisello sgranato.

[Indicando Lear.

GONERILLA
75Signore, non solamente questo vostro matto, al quale è permesso tutto, ma altri del vostro seguito insolente, trovano, ogni momento, da ridire e da leticare, abbandonandosi a risse truculente e intollerabili. Signore, io avevo creduto, informandovi bane della cosa, di aver trovato un rimedio sicuro: ma ora, dopo ciò che voi stesso avete detto e fatto recentemente, incomincio a temere, che voi proteggiate una simile condotta, e la incoraggiate con la vostra approvazione. Ché se voi faceste questo, la colpa non sfuggirebbe al biasimo, e non tarderebbero rimedi, nell’interesse di un bene salutare per tutti, l’applicazione dei quali potrebbe farvi un’offesa, che in altre circostanze sarebbe una vergogna, ma che allora la necessità chiamerà misura prudente.

MATTO
76Poiché tu lo sai, zio:
-->
Tanto nutri in passera scopaiola il cuccù,
Che il capo dai suoi piccoli mangiato afin le fu.
Così, la candela si spense, e noi fummo lasciati al buio.

LEAR
77Siete nostra figlia voi?

GONERILLA
78Via, signore! Io vorrei che voi faceste uso del vostro buon senso, del quale so che siete pieno, e che metteste via questo umore, che da qualche tempo vi porta ben lontano da quello che voi siete veramente.

MATTO
79Un asino non può saper quando è che il carreto tira il cavallo? Su, Docio, ch’io ti vo’ bene!

LEAR
80C’è qualcuno che mi riconosca, qui? Questi non è Lear: cammnina, forse, così Lear? parla così? Dove sono i suoi occhi? O la sua intelligenza si indebolisce, o la sua ragione è in letargo. Ah! sono desto? non è vero! Chi è che mi sa dire chi sono?

MATTO
81L’ombra di Lear.

LEAR
82Vorreo saperlo; poiché i segni della sovranità, l’intelligenza e la ragione, mi persuaderebbero, ingannandomi, che io avevo delle figliole.

MATTO
83Le quali vogliono far di e un padre obbediente.

LEAR
84Il vostro nome, bella signora?

GONERILLA
85Questa vostra meraviglia, signore, mi sa molto del gusto delle altre vostre recenti scappate. Io vi supplico di comprendere nel loro vero senso le mie intenzioni; vecchio come siete, e venerando, dovreste essere savio. Voi tenete qui, fra cavalieri e scudieri, un centinaio di uomini, così sregolati, così corrotti e tracotanti, che questa nostra corte, viziata dai loro costumi, sembra una rissosa locanda: l’epicureismo e la lussuria l’hanno ridotta in modo, che essa somiglia più ad una bettola, o ad un bordello, che ad un palazzo dove alberghi la grazia. La vergogna stessa reclama un pronto rimedio: lasciatevi dunque pregare (da colei che, se no, faria senz’altro quello che ora chiede) di diminuire un poco il vostro seguito, e di provvedere che il resto, il quale rimarrà ancora al vostro servizio, sia composto di uomini tali, che possano convenire all’età vostra, e che sappiamo chi sono assi e chi siete voi.

LEAR
86Tenebre e diavoli! − Sellate i miei cavalli; radunate il mio seguito. − Bastarda degenerata! Io non ti darò più noia: mi resta ancora una figliola.

GONERILLA
87Voi battete la mia servitù, e la vostra licenziosa canaglia tratta come servi i suoi superiori.

Entra il DUCA D’ALBANIA.

LEAR
88Guai a chi si pente tropp trdi! [Al duca d’Albania]Ah! signore, siete qui? È questa la vostra volontà? Parlate, signore – Preparate i miei cavalli. – O ingratitudine, demonio dal cuore di marmo, più orrenda del mostro del mare allorché ti manifesti in una figliola!

ALBANIA
89Ve ne prego, signore, abbiate pazienza.

LEAR
90 [a Gonerilla]Esecrato nibbio! Tu menti: il mio seguito è composto di uomini scelti e di no comuni qualità, che conosco tutte le esigenze del dovere e tengono alto l’onore del loro nome con il più scrupoloso riguardo. Oh la più piccola delle colpe, come mi apparisti brutta in Cordelia! Tu che, come uno strumento di tortura, dislogasti tutte le mie più intime fibre, strappasti dal mio cuore tutto l’amore, e vi sostituisti il fiele! O Lear, Lear, Lear, batti a questa porta, [battendosi la fronte]che ha lasciato entrare la tua pazzia, e ha fatto uscire il tuo prezioso senno! – Andiamo, andiamo, gente mia.

ALBANIA
91Signore, io sono innocente, quanto ignaro, di ciò che ha suscitat il vostro sdegno.

LEAR
92Può essere, signor mio. – Ascolta, o Natura, ascolta! Cara dea, ascolta! Sospendi il tuo proposito, se tu intendesti di render feconda questa creatura! Nel suo grembo metti la sterelità! Inaridisci in lei le fonti della generazione, e dal suo corpo tralignato non esca mai un figlio che la onori! Se debe convepire, creale un figliolo di fiele, che possa vivere per essere il suo tormento perverso e snaturato! Possa egli stapare di rughe la fronte della sua giovinezza; possa scavarle solchi nelle gote con le lacrime che le farà versare; possa ricambiare tutte le sue cure e sollecitudini di madre, con el risa e il disprezzo: siché ella possa provare quanto sia più crudele del dente di una serpe, avere un figliolo ingrato! – Andiamo, andiamo.

[Esce.

ALBANIA
93Per gli dei che noi adoriamo, d’onde nasce tutto ciò?

GONERILLA
94Non vi date pensiero di saperne la cagione; ma lasciate che il suo cattivo umore abbia quello sfogo che l’età barbogia gli consente.

Rientra LEAR.

LEAR
95Come! cinquanta del mio seguito in un sol colplo! Dentro quindici giorni?

ALBANIA
96Che c’è, signore?

LEAR
97Te lo dirò… [A Gonerilla]Vita e morte! Io mi vergogno che tu abbia il potere di scuotere così questa mia fibra di uomo; che tu debba esser degna di queste calde lacrime, che mi vengono strappate a forza. Furia di venti e nebbie sulla tua testa! Le inciprignite piaghe della maledizione di un padre possano penetrarti tutti i sensi! O mie vecchie credule pupille, provatevi a piangere un’altra volta per questa ragione, ed io vi strappo via dall’orbita, e insieme con l’acqua che perdete, vi getto in terra a formar fango. Oh! siamo giunti a questo? Sia così! Mi rimane ancora una figliola, che, son sicuro, è buena e premurosa: quando sentirà che tu hai fatto questo, ti scorticherà con le unghie cotesta faccia di lupo.Vedrai che riprenderò la figura che tu credi ch’io abbia gittata via per sempre; vedrai, te lo assicuro.

[Escono Lear, Kent, e il seguito.

GONERILLA
98Sentite, signor mio?

ALBANIA
99Io non posso essere così parziale, Gonerilla, pel grande amore che vi porto….

GONERILLA
100Vi prego, non insistete. – Ebbene, Osvaldo, ehi! – [Al matto]Voi, messere, più briccone che matto, seguite ol vostro padrone.

MATTO
101Zio Lear, zio Lear! Aspetta, e porta con te il tuo matto.
-->
Volpe presa in guise accorte,
E una figlia di tal sorte,
Certo andrebbero alla morte
Se il berretto mio fosse forte
Di comprar funi ritorte.
Così va il matto di corte.

GONERILLA
102Quest’uomo ha avuto giudizio: − cento cavalieri! Bello e sicuro accorgimento, lasciargli tenere cento cavalieri, armati di tutto punto: già, affinché ad ogni sogno, ad ogni pettegolezzo, ad ogni fantasia, ad ogni lagnanza e scontento, egli possa difendere, con la forza loro, la sua imbecillità, e tenere la vita nostra alla sua mercé. – Osvaldo, dico!

ALBANIA
103Via, può darso che voi esageriate la vostra paura.

GONERILLA
104Meglio che fidarsi troppo: lasciatemi toglier sempre di mezzo i mali che io temo, anziché temer sempre di esservi presa in mezzo: conosco il suo cuore. Tutto ciò ch’egli ha profferito, l’ho scritto a mia sorella: se essa sostentasse lui e i suoi cento cavalieri, mentre io le ho mostrato la poca convenienza…. Rientra OSVALDO. Ebbene, Osvaldo! Dunque, avete scritto quella lettera a mia sorella?

OSVALDO
105Sì, signora.

GONERILLA
106Prendetevi una scorta, e via a cavallo: informatela appieno del mio personale timore; e aggiungetevi di vostro delle ragioni, che valgano a renderlo più consistente. Andate, e affrettate il vostro ritorno. [Esce Osvaldo] – No, no, mio signore, sebbene questa arrendevole cortesia che è nella vostra condotta, io non la condanni, pure, col vostro perdono, voi siete più biasimato per mancanza di sennno, che lodato per una mitezza dannosa.

ALBANIA
107Fino a qual punto gli occhi vostri riescano a penetrare nelle cose, non posso dirlo: spesso il meglio è nemico del bene.

GONERILLA
108Ma, allora…

ALBANIA
109Bene, bene, aspettiamo la fine.

[Escono.

SCENE V.

Corte davanti al medesimo palazzo.
Entrano LEAR, KENT, e il Matto.

LEAR
1Andate voi, prima, da Gloucester con queste lettere. Di quanto spaete, non informate mia figlia più di quello che essa vi domandi a proposito della mia lettera. Se la vostra diligenza non è sollecita, io sarò là prima di voi.

KENT
2Non dormirò, signor mio, finché non avrì consegnato la vostra lettera.

[Esce.

MATTO
3Se il cervello dell’uomo fosse nei suoi calcagni, non correrebbe il rischio di avere i geloni?

LEAR
4Sicuro, ragazzo mio.

MATTO
5Allora, ti prego, sta’allegro: il tuo senno non anderà in ciabatte.

LEAR
6Ah! ah! ah!

MATTO
7Vedrai che l’altra tua figliola ti avrà a sangue; poiché sebbene essa somigli a questa, come una mela selvatica somiglia ad una mela buona, pure io posso dire quel che posso dire.

LEAR
8Che cosa puoi dire, ragazzo?

MATTO
9Che essa sarà dello stess gusto di questa, come una mela selvatica ha lo stesso spaore di un’altra mela selvatica. Sai dirmi perché il naso sta proprio in mezzo alla faccia?

LEAR
10No.

MATTO
11To’ perchñe gli occhi stiano uno da una parte del naso, e l’altro dall’altra: sicché ciò che non si può fiutare cl naso, si possa spiare con gli occhi.

LEAR
12Io sono stato ingiusto con lei….

MATTO
13Sai dire come un’ostrica si fa il guscio?

LEAR
14No.

MATTO
15Ed io nemmeno; ma ti so dire perché una chiocciola ci ha la casa.

LEAR
16Perché?

MATTO
17To’, per tirarci dentro la testa; e non per darla via alle sue gigliole, e lasciar le sue corna senza tetto.

LEAR
18Voglio dimenticare il mio affetto…. Un padre così amoroso! – Son pronti i miei cavalli?

MATTO
19I tupi asini sono andati ad ccuparsene. La ragione per la quale le sette stelle non sono più di sette, è bellina.

LEAR
20Perché non sono otto?

MATTO
21Già, precisamente. Tu potresti riuscire un buon matto.

LEAR
22Riprenderlo per forza!.... Mostruosa ingratitudine.

MATTO
23Zio, se tu fossi il mio matto, ti farei bastonare, perché tu sei vecchio prima del tempo.

LEAR
24Che vuoi dire?

MATTO
25Tu non avresti dovuto farti vecchi, prima d’esser diventato savio.

LEAR
26Non permettere ch’io diventi pazz, oh! no pazzo, bengino cielo! Conservami la mia raggione: io no voglio essere pazzo!... Entra un Gentiluomo. Ebbene! Sono pronti i cavalli?

GENTILUOMO
27Pronti, signore.

LEAR
28Vieni, ragazzo mio.

MATTO
29
Colei che adesso è vergine, e ride ch’io m’assento,
Nol sarà a lungo, a men che si scorci l’argomento.

[Escono.

ATTO SECONDO

SCENA I.

Un cortile nel castello del Conte di Gloucester.
Entrano EDMONDO e CURANO, incontrandosi.

EDMONDO
1Salute a te, Curano.

CURANO
2Ed anche a voi, messere. sono stato da vostro padre, e gli ho dato la notizia che il duca di Cornovaglia e Regana, sua duchessa, stasera saranno qui da lui.

EDMONDO
3Come mai?

CURANO
4Ma, non lo so. Avete sentito le notizie che corrono? Voglio dire, quelle che si sussurrano, poicé per ora non sono altro che voci che sfiorano l’orecchio.

EDMONDO
5Io no: di grazia, quali sono?

CURANO
6Non avete sentito parlare di probabili guerre imminenti fra il duca di Cornovaglia e quello d’Albania?

EDMONDO
7Neppure una parola.

CURANO
8Allora ne sentirete parlare a suo tempo. Statevi bene, signore.

[Esce.

EDMONDO
9Il Duca sarà qui stasera? Tanto meglio! Benissimo! Questo è un altro filo che si intreccia, di necessità, nella mia trama. Mio padre ha fatto appostare una fuardia per prendere mio fratello; ed io ho per le mani una cosa, un affare delicato, che debbo sbrigare. – Speditezza e fortuna, all’opera! – Fratello, una parola; scendete giù: fratello, dico! Entra EDGARDO Mio padre vigila. O messere, fuggite di qua; si è sparsa notizia del luogo dive siete nascosto; ora avete il vantaggio della notte. Voi non avete mica parlato contro il duca di Cornovaglia? Efli viene qui ora, nella notte, in gran fretta, e insieme con lui Regana: avete detto nulla, mettendovi dalla sua parte, contro il duca d’Albania? Cercate di ricordarvene.

EDGARDO
10Ne sono sicuro, non una parola.

EDMONDO
11Sento venir mio padre. Perdonatemi: debbo ricorrere ad un’astuzia, e fingere di tirar fuori la spada contro di voi: tirate fuori la vostra, e fingete di difendervi: ora disimpegnatevi bene. – Arrendertevi; venite davanti a mio padre. – Luce, qua, eh! – Fuggite, fratello. – Delle torce, delle torce!, delle torce! – Così, addio. [Esce Edgardo] U po’ di sangue ch’io mi facessi uscire, farebbe crederead un più accanito sforzo da parte mia: ho visto degli ubriachi far questo ed altro, per galanteria. [Si ferisce un braccio] – Padre, padre! Ferma, ferma! Non un aiuto?

Entrano GLOUCESTER e dei servi con torce.

GLOUCESTER
12Ebbene, Edmondo, dov’è il furfante?

EDMONDO
13Stava qui al buio, con la sua spada tagliente sguainata, borbottando malvagi incantesimi, e scongiurando la luna d’essergli benigna protettrice….

GLOUCESTER
14Ma dov’è?

EDMONDO
15Guardate, signore, io sanguino.

GLOUCESTER
16Dov’è il furfante, Edmondo?

EDMONDO
17È fuggito da questa parte, signore. Quando ha visto che non riusiva in alcun modo a…

GLOUCESTER
18Inseguitelo, olà! Corretegli dietro. [Esce un servo] – In alcun modo…. a fas che cosa?

EDMONDO
19A persuadermi ad assassinare Vostra Signoria: ma anzi gli dicevo che gli dei vendicatori dirigono tutti i loro fulmini contro i parricidi; gli facevo riflettere da quanto stretti e molteplici vincoli il figlio è legato al padre; finalmente, signore, vedendo con quanto raccapriccio io mi opponevo al suo snaturato disegno, egli, in un impeto feroce, con la sua pronta spada, attaca a fondo la mia persona indifesa, e mi ferisce al braccio. Ma allorché ha visto il meglio del mio spirito all’erta, fatto ardito dalla buona causa, animarsi alla riscossa, o sia che lo spaventasse il rumore che io ho fatto, improvvisamente è fuggito.

GLOUCESTER
20Fugga pure lontanot; egli non resterà in questa terra senza essere arrestato; e una volta trovato…. spacciato! – Il nobile duca, mio padrone, mio degno capo e protettore, stasera vien qui: per mezzo della sua autorità farò bandire che chi lo trova, meriterà i nostri ringraziamenti, portando alo suplizio il vile assassino; chi lo nasconde, meriterà la morte.

EDMONDO
21Quando cercai di dissuaderlo dal suo proposito, e lo trovai risoluto a metterlo in atto, con parole di esecrazione minacciai di scoprirlo; ma egli rispose: «O bastardo non abbiente, credi tu, se io volessi levarmi a. smentirti, che la fiducia in una qualche lealtà, virtù, o valore in te riposti, farebbe prestar fede alle tue parole? No, per poco che io negassi (come negherei questo: sì, quand’anche tu producessi la mia stessa scrittura), farei credere tutto ciò una tua suggestione, un complotto e un diabolico intrigo tuo; e tu dovresti far rimbecillire il mundo, perché tutti non pensassero che i vantaggi della mia morte furono per te uno sprone manifesto ed efficace a fartela cercare».

GLOUCESTER
22Impenitente e matricolato furfante! Pretenderebbe di negare la sua lettera? Io non l’ho mai generato! [Squilli di tromba di dentro]Semi, le trombe del Duca! Ignoro perché egli venga. Farò sbarrare tutte le parte; il furfante non sfuggirà; bisogna che il Duca me lo consenta: quindi spedirò in ogni luogo, lontano e vicino, il suo ritratto, affinché tutto il reame possa avere i suoi contrassegni precisi; e troverò il mezzo, o mio leale e affezionato ragazzo, di mettere te in grado di ereditare le mie terre.

Entrano il DUCA DI CORNOVAGLIA, REGANA e persone del seguito.

CORNOVAGLIA
23Ebbene, mio nobile amico: dacché son giunto que (e posso dire, senz’altro in questo istante) ho sentito delle strane notizie.

REGANA
24Se la cosa è vera, ogni vendetta che possa raggiungere il colpevole, è inadeguata. – Come va, mio signore?

GLOUCESTER
25Oh, signora, il mio vecchio cuore è schiantato…, è schiantanto!

REGANA
26Come! il figlioccio di io padre atentava alla vostra vita? Quegli ch’ebe il nome da mio padre? il vostro Edgardo?

GLOUCESTER
27Oh, signora, signora, la mia vergogna vorrebbe tenerlo nascosto.

REGANA
28Egli non era un compagno di quei dissoluti cavalieri che formano il seguito di mio padre?

GLOUCESTER
29Non lo so, signora, la cosa è troppo infame, troppo infame.

EDMONDO
30Sì, signora, era di quella combriccola.

REGANA
31Allora nessuna meraviglia ch’egli avesse malvaggie intenzioni: sono loro che l’hanno spinto a cerca la morte del vechio, per potersi dare al dispndio e allo sperpero delle sue rendite. Propio questa sera sono stata vene informata da mia sorella sul conto loro; e con tali raccomandazioni di prudenza, che se essi vengono a soggiornare in casa mia, io non ci sarò.

CORNOVAGLIA
32E neppure io, te l’assicuro, Ragana. – Edmondo, sento che voi avete reso a vostro padre un servigio da vero figliolo.

EDMONDO
33Era mio dovere, signore.

GLOUCESTER
34Egli ha svelato le sue mene, e ha ricevuto questa ferita che vedete, mentre cercava di arrestarlo.

CORNOVAGLIA
35È inseguito?

GLOUCESTER
36Sì, mio buon signore.

CORNOVAGLIA
37Se vien preso, non ci srà più a temere ch’egli faccia del male: perseguite il vostro intento e servitevi della mia autorità, fin dove vi aggrada. – Quanto a voi, Edmondo, la cui virtù e la cui obbedienza in questo momento si raccomandano tanto, voi sarete dei nostri: di caratteri così profondamente leali, ne avremo molto bisogno; e noi, per prima cosa, ci impossessiamo di voi.

EDMONDO
38Signore, io vi servirì fedelmente, quali che possano essre gli altri miei meriti.

GLOUCESTER
39Io ringrazio per lui Vostra Grazia.

CORNOVAGLIA
40Voi ignorate perchñe siamo venuti a trovarvi…

REGANA
41Così fuor d’ora, infilando la cieca cruna della notte; motivi, nobile Gloucester, di qualche importanza, intorno ai quali noi abbiamo bisgno del vostro consiglio. Nostro padre ci ha scritto (e nostra sorella anche) di certi screzi, ed io ho creduto opportuno di non rispondere da casa; i messi rispettevi attendono qui la risposta. Nostro buono e vecchio amico, mettete un po’ di confordto nell’animo nostro, e concedete il vostro necessario consiglio al nostro affare, il quale ne ha uopo immediato.

GLOUCESTER
42Sono a vostra disposizione, signora. Le Vostre Grazie sono veramente le benvenute.

[Escono.

SCENA II.

Davanti al castello di Gloucester.
Entrano KENT e OSVALDO, separadamente.

OSVALDO
1Buon mattino, amico: sei tu di questa casa?

KENT
2Sì.

OSVALDO
3Dove possiamo mettere i nostri cavalli?

KENT
4Nel fango.

OSVALDO
5Ti prego, se mi vuoi bene, dimmelo.

KENT
6Io non te ne voglio.

OSVALDO
7Ebbene, allora non mi curo di te.

KENT
8Se io ti curassi con sugo di bosco, ti farei curare io di me.

OSVALDO
9Perché mi tratti così? Io non ti conosco.

KENT
10Compare, io conosco te.

OSVALDO
11Per chi mi conosci?

KENT
12Per un briccone, un ribaldo, un leccapiatti; per un volgare, orgoglioso, scemo, miserabile furfante, con tre mute di panni e cento sterline, un sudicione dalle calze di lana; per un malandrino querelante dal fegato bianco come un cencio; per un figlio di puttana smanceroso, per un manigoldo affettato e arcizelante; per un gaglioffo che ha tutto il patrimonio in un baule; per uno che vorrebbe fare il mezzano per guadagnarsi il benservito, e non è altro che un impasto di furfante, di pezzente, di codardo, di ruffiano, e il figlio e l’erede di una cagna bastarda; per uno che io bastonerò fino a farlo guaire a squarciagola, sol che tu neghi la mnuoma sillaba di questi tuoi titoli.

OSVALDO
13Ma, qual mostruoso individuo sei tu, per oltraggiare così uno che tu non conosci e che non conosce te!

KENT
14Qual briccone dalla faccia di bronzo sei tu, per negare che mi conosci? Due giorni fa, non ti feci andare a gambe per aria, e ti bastonai, davanti al Re? Fuori la spada, manigoldo, poiché se è notte, splende ña luna: ed io voglio far di te una pappa al chiaro di luna. [Sguainando la spada]Fuori la spada, figlio di puttana, coglione di un bazzicabarbieri, fuori contro la regale maestà del padre suo. Tira fuori la spada, o ti affetto gli stinchi in questo modo, per farne carbonata! Fuori la spada, birbante: vieni al tuo posto!

OSVALDO
15Aiuto, olà all’assassino! aiuto!

KENT
16Difenditi, miserabile! In guardia, ribaldo, in guardia; vigliacco consumato, colpisci.

[Lo colpisce.

OSVALDO
17Aiuto, olà! all’assassino! all’assassino!

Entra EDMONDO.

EDMONDO
18Che c’è? Cos’è stato?

[Li separa.

KENT
19A voi, se vi piace, mio bel ragazzino: venite, io vi sverginerò, avanti, signorino.

Entrano il CORNOVAGLIA, REGANA, GLOUCESTER, e alcuni servi.

GLOUCESTER
20Spade! armi! Che accade qui?

CORNOVAGLIA
21State fermi, per la vostra vita; il primo che tira un altro colpo, è morto! Che cosa c’è?

REGANA
22Sono i messi di nostra sorella e del Re.

CORNOVAGLIA
23Che cuestione c’è fra coi? parlate.

OSVALDO
24Posso appena respirare, signo mio.

KENT
25Nessuna meraviglia: voi avete strapazzato tanto il vostro valore! Vile furfante, la natura ti rinnega: tu, sei stato fatto da un sarto.

CORNOVAGLIA
26Sei un individuo strano, tu: un sarto fare un uomo?

KENT
27Sì, un sarto, signore:uno scultore, o un pittore non avrebbero potuto farlo così male, quand’anche avessero impiegato, nella faccenda, due ore, soltanto.

CORNOVAGLIA
28Ma parla: come nacque la vostra disputa?

OSVALDO
29Questo vecchio manigoldo, signore, al quale ho risparmiato la vita a istanza della sua barba grigia….

KENT
30Bastardo d’un ipsilonne! lettera inutile! Signore mio, se voi me ne date il permesso, io pesterò questo pezzo di furfante fino a ridurlo polvere di cacina, e ci intonacherò il muro di un cesso. – Tu, batticoda, risparmiare la mia barba grigia?

CORNOVAGLIA
31Zitto, mariuolo! bestiale briccone, non conosci tu alcun rispetto?

KENT
32Sí, signore; ma la rabbia ha i suoi diritti.

CORNOVAGLIA
33Perché sei arrabbiato?

KENT
34Che un miserabile come costui debba avere una spada, mentre gli non ha un briciolo di onore. I ribaldi di questa specie, che hanno il sorriso sulle labbra, spesso, come i topi, col loro morso fanno un due pezzi I sacri vincoli che sono troppo stretti perchñe sia possibile scioglierli; lusingano tutte le passioni che insorgono in fondo all’anima dei loro padroni; mettono olio sul fuoco, e neve suo loror glaciali sentimenti; negano, affermano, e girano il loror becco di alcione secondo il soffio del ventp, e ad ogni cambiamento dei loro padroni, non spanedo fare altro che seguire, come fanno I cani. – La peste su cotesta vostra faccia di epilettico! Vi ridete delle mie parole, come se io fossi un matto? Oca, se io vi avessi nella pianura di Sarum, vorrei ricondurvi strepitante a casa fino a Camelot.

CORNOVAGLIA
35Via, sei matto, vecchio arnesse?

GLOUCESTER
36Come veniste a parole? diteci questo.

KENT
37Non vi sono contrari, che bbiano tra loror sì grande antipatia, com’è tra me e codesto rifaldo.

CORNOVAGLIA
38Perché lo chiami ribaldo? Qual’è la sua colpa?

KENT
39La sua faccia non mi piace.

CORNOVAGLIA
40Né ti piace di più la mia, forse, e neppure la sua né qualle di costei.

KENT
41Signore, è mio mestiere essere franco; ai miei tempi ho visto delle facce migliori di quelle che stanno su qualsiasi tra le spalle, che in questo momento mi vedo davanti.

CORNOVAGLIA
42Costui dev’essere un cotale, che essendo stato lodato per non aver peli sulla lingua, affetta una impertinente zotichezza, e forza, del tutto contre la propria natura, il suo mode di fare: − lui non sa adulare, lui; anima onesta e semplice.... deve dire ad ogni costo la verità se gli altri l’accettano, bene; se no egli vuole essere; sincero ad ogni costo. Io la conosco questa genia di birbanti, che sotto questa loro sincerità nascondono più scaltrezza e più corrotti fini, di venti cortigiano pieni di ridicoli salamelecchi, che si fanno in quattro per adempiere a puntino i loro doveri.

KENT
43Signore, in buena fede, per dire la schietta verità, col permesso del vostro imponente aspetto, il cui influsso, come il serto di radiante fuoco che fiammeggia sulla. fronte di Febo....

CORNOVAGLIA
44Che intendi con ciò?

KENT
45Di uscire dal mio linguaggio, che voi biasimate tanto. Io, signore, so di non essere adulatore: chi vi ingannò con accento schietto, era un altrettanto schietto briccone; ciò che io, per parte mia, non sarà mai, quand’anche dovesse confortarmi a esserlo la speranza di guadagnarmi il vostro disfavore.

CORNOVAGLIA
46Che offesa gli avete fatto?

OSVALDO
47Io no glie ne ho fatta mai alcuna: al Re suo padrone piacque, or non è molto, di battermi per un suo malinteso: allorché egli, d’accordo col Re, e per lusingarne lo sdegno, mi dette il gambetto; quando fui in terra, mi insultò, mi oltraggiò, e sunse un’aria così eroica, che gli diè lustro, e gli procurò gli elogi del Re, per avere attentato alla vista di un uomo, che si dava per vinto; e tronfio di questa prima impresa terribile, qui ha tratto di nuovo la sua spada contro di me.

KENT
48Non c’è uno di questi furfanti e di questi vigliacchi, che non pretenda di far passare Aiace per il suo buffone.

CORNOVAGLIA
49Si vadano a prendere i ceppi! Vecchio malandrino cocciuto, venerabile smargiasso, vi insegneremo noi.

KENT
50Signore, io sono troppo vecchio per imparare: non ordinate i vostri ceppi per me; io sino un servo del Re, e sino stato mandato a voi da parte sua: voi agireste con poco rispetto, dareste prova di una cattiveria troppo audace contro la graziosa persona del mio padrone, mettendo i ceppi al suo messo.

CORNOVAGLIA
51Andate a prendere i ceppi! Com’ñe vero che ho vita e nonre, egli ci resterà fino a mezzogiorno!

REGANA
52Fino mezzogiorno? Fino a notte, mio signore; e tutta la ntte ancora!

KENT
53Ecco, signora, se io fossi il cane di vostro pare, voi non mi trattereste così.

REGANA
54Poiché invece siete il suo servo, signore, io vi tratto in questo modo.

CORNOVAGLIA
55Costui è un ribaldo proprio della risma stessa di coloro, dei quali parla nostra sorella. – Via, portate qua i ceppi.

[Sono portati i ceppi.

GLOUCESTER
56Lasciate che io scongiuri Vostra Grazia di non farlo. La sua colpa è grave, e il buon Re suo padrone gliene farà rimprovero: il castigo umiliante che voi vi proponete di infliggergli, è quello onde vengono puniti i più vili e spregiati miserabili per furti e delitti della più volgare specie. Il Re può averso a male di esser tenuto in così poco conto, nella persona del suo messo, da vederselo privar della libertà in codesto modo.

CORNOVAGLIA
57Ne rispondo io.

REGANA
58Mia sorella può prendersela anche peggio, che un gentiluomo, per attendere agli affari di lei, sia stato oltraggiato, aggredito. – Mettegli dentro le gambe. [Kent è messo nei ceppi] – Venite, mio signore, andiamo.

[Escono tutti, meno Gloucester e Kent.

GLOUCESTER
59Me ne dispiace per te, amico; è questo il piacere del Duca, il caratere del quale, tutto il mondo lo sa, non soffre urti né intoppi: intercederò per te.

KENT
60Ve ne prego, non lo fate, signore. Ho vegliato e viaggiato molto; una parte del tempo la passerò a dormire, il resto fischierò. La fortuna di un uomo onesto può diventar scalcagnata: vi do il buon giorno!

GLOUCESTER
61Il Duca in ciò è da biasimare: la cosa sarà presa in mala parte.

[Esce.

KENT
62Buon Re, che devi dimostrar vero il detto: − Tu cerchi miglior pan che di grano. Avvicinati, o tu faro di questo più basso mondo, affinché con l’aiuto dei tuoi raggi io possa scorrere questa lettera. Non c’è, quasi, che la sventura, capace di vedere miracoli: lo so, questa lettera è di Cordelia, che fortunatamente è stata informata del mio misteriosos procedere; ed essa trarrà occasione da questo iniquo stato di cose, per cercar di apportare a questi mali i loro rimedi. O miei occhi esausti, e che troppo vegliaste, aprofittate, stanchi como siete, per non vedere l’ignominia di questo alloggio. Buona notte, Fortuna: arridi ancora; gira la tua ruota!

[Si addormenta.

SCENA III.

Un bosco.
Entra EDGARDO.

EDGARDO
1Io mi son sentito bandire; e, mercñe il propizio cavo di un albero sfuggiro alla caccia. Non c’è varco libero; non v’è luogo, dove una guardia, ed una sorveglianza assolutamente insolita, non siano pronte ad arrestarmi. Finché posso sfuggir loro, io cercherò di mettermi al sicuro; e son risoluto ad assumere la più volgre e la più miserabile apparenza, onde la pover`ta, per degradare l’uomo, si sia mai avvicinata alla bestia: mi insozzerò la faccia di sudiciume, mi avvolgerò le reni con una coperta, mi arruferò tutto i capello con nodi, e con estentata nudità sfiderò i venti e l’inclemenza del ielo. Il paese me ne offre un saggio, ed un precedente, nei poveri di Bedlam, i quali, con grida imili a ruggiti, si cacciano nella nuda carne delle loro braccia, intorpidite e mortificate, spilli, stecchi, chiodi, frasche di ramerino; e in quest’orrido aspetto strappano la carità alle piccole fattorie, a poveri ed infimi villaggi, agli ovili, ai mulini, ora con pazze imprecazioni, ora con preghiere: Povero Turlupino! povero Tom! Questo è ancora qualche cosa: come Edgardo, io non sono più nulla.

[Esce.

SCENA IV.

Davanti al castllo di Gloucester: Kent nei ceppi.
Entrano LEAR, il Matto, e un Gentiluomo.

LEAR
1È strano che essi se ne siano andati di casa, e non abbiamo rimandato il mio messo.

GENTILUOMO
2A quel che ho intesso, la sera precedente non c’èra, in loro, alcuna idea di questa partenza.

KENT
3Salite a te, mio nobile padrone!

LEAR
4Che! di simile vergogna tu fai il tuo passatempo?

KENT
5No, mio signore.

MATTO
6Ah, ah! guarda che brutte giarrettiere egli porta. I cavalli si legano alla testa, I cani e gli orsi al collo, le scrimmie per le reni, e gli uomini per le gambe: quando un uomo ha le gambe troppo gagliarde, gli tocca a portare le calze di legno.

LEAR
7Chi ha disconosciuto il posto che ti si conviene, fino al punto di metterti costì?

KENT
8Lui, e lei: vostro figlio e la vostra figliola.

LEAR
9No!

KENT
10Sì.

LEAR
11No, dico.

KENT
12Io dico di sì.

LEAR
13No, no; non l’avrebbero fatto!

KENT
14Sì l’hanno fatto.

LEAR
15Per Giove, io giuro di no!

KENT
16Pero Giunone, io giuro di sì.

LEAR
17Non hanno osato farlo; non l’avvrebbero saputo, non l’avvrebbero voluto fare: è peggio che un assassinio, far di proposito un oltraggio così violento. Spiegami, in discreta fretta, come tu hai potuto meritare un simile tratamento, o come essi poterono imporlo a te, che venivi da parte nostra.

KENT
18Mio signore, allorché, giunto a casa loro, consegnai le lettere di Vostra Aletezza, prima che mi soffi alzato in piedi, dal luogo che mostrava il mio rispetto inginocchiato, sopraggiunse un corriere fumante in un bagno di sudore per la fretta, e mezzo trafelato, il quale proferì, tutto ansante, i saluti da parte di Gonerilla, sua padrona; e in barba all’inopportunità di quella intromissione, consegnò delle lettere, che essi lessero inmediatamente: appresone il contenuto, ciamarono a raccolta la loro gente, montarono pronti a cavallo, mi ordinarono di seguirli, e di attendere il comodo della loro risposta, e intanto mi davano dell occhiate di gelo. A questo punto incontrai l’altro messo, il cui gradino arrivo, me ne accorsi bene, aveva avvelenato il mio- costui era propio il ribaldo, che poco prima erasi mostrato così insolente verso Vostra Altezza: ed io, sentendo dentro di me l’uomo prendere il sopravento sul senno, trassi fuori la spada. Egli, allora, mise a soqquadro tutta la casa con frida alte e vigliacche; e il vostro figliolo e la figliola vostra trovarono he questa mia colpa era degna della vergogna che qui essa subisce.

MATTO
19L’inverno non se n’è ancora andato, se le oche selvatiche volano da quella parte.
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Padri che indossan stacci
Rendono i figli diacci,
Padrid che ha sacchi pesi
Vedon figli cortesi.
Fortuna, gran bagascia
Fouri i poveri lascia.
Ma, nonostante tutto ciò, tu per causa delle tue figliole, avrai tanti dolori, quanti potrai contarne in un anno.

LEAR
20Oh! come questo mal di madre gonfia e mi sale al cuore! Hysterica passio! Giù, o angoscia che monti: il tuo elemento è in basso. – Dov’è questa mia figliola?

KENT
21Col conte, signore; qui dentro.

LEAR
22Nessuno mi segua; restate qui.

[Esce.

GENTILUOMO
23Non avete commesso altra colpa più grave di ciò che dite?

KENT
24Nessuna. Ma come mai il Re viene con sì poca gente?

MATTO
25Se tu fossi stato messo nei ceppi per una domanda come questa, l’avresti ben meritato.

KENT
26Perché, matto?

MATTO
27Ti manderemo a scuola da una formica, perché ti insegni che d’inverno no si lavora. Tuttu quelli che van dietro al loro naso, son guidati dai loro occhi, tranne i ciechi; e non còe un solo naso, fra venti, il quale non senta chi puzza. Quando una rota grande ruzzola giù da un monte, lasciala andare, per paura che tu non abbia a romperti il collo nel seguirla; ma se una rota grossa va su per il monte, lasciati trascinare da lei. Quando un uomo savio ti dia un consiglio migliore, restituiscimi il mio: io vorrei che non lo seguissero altro che i briccioni, poiché è il consiglio di un matto.
-->
Colui che server per lo scotto,
E pro forma ti fa festa
Se vien la pioggia fa fagotto,
E ti pianta nella tempesta.
Io resto; il matto no la fa bassa,
Lascia il savio uscir dai piè.
Briccon che fugge, da matto passa,
Ma il matto un briccon non è.

KENT
28Matto, dove hai imparatto codesto?

MATTO
29Nei ceppi no di certo, matto.

Rientra LEAR, con GLOUCESTER.

LEAR
30Rifiutano di parlare con me? Sono malati? Sono stanchi? Hanno viaggiato tutta la notte? Magri prestesti, immagine di rivolta e di fuga! Portatemi una risposta migliore.

GLOUCESTER
31Mio caro signore, voi conoscete l’impetuoso carattere del Duca; com’egli è irremovibile ed ostinato nelle sue risoluzioni.

LEAR
32Vendetta! pestilenza! morte! sterminio! Impetuoso? quale carattere? Via, Gloucester, Gloucester, io voglio parlare col duca di Cornovaglia e con sua moglie.

GLOUCESTER
33Sta bene, mio buon signore, io li ho informati.

LEAR
34Informati! Mi intendi, amico?

GLOUCESTER
35Sì, mio buon signore.

LEAR
36Il Re vuol parlrle col duca di Cornovaglia; il caro padre vuol parlare con la sua figliola, egli le ordina di obbedire: sono «informati» di questo? Pel mio respiro, e per il mio sangue! – Impertuoso? Il Duca impetuoso? Dite al bolente sigor Duca, che… ma no, ancora no: può essere che egli non si senta bene. il male fa sempre trascurare tutti i doveri, dai quali la salute non può esimersi; noi non siamo più noi stessi, allorché la natura, trovandosi oppressa, ordina alla mente di soffrire insieme col corpo. Pazienterò: e ce l’ho col mio troppo violento impulso che ha preso per un uomo sano, uno che era un un momento di indisposizione e di malessere. La maledizione sul mio regno! [Guardando Kent]Perché lui debe trovarsi qui a quel modo? Un simile atto mi persuade che questo appartarsi del Duca e di costei, non è che una manovra. Liberatemi il mio servo. Andate, dite al Duca e a sua molie, che io voglio parlare a tutti e due, ora, subito; ordinate loro di uscir fuori e di ascoltarmi: se no mi metterò a battere il tamburo sull’uscio di camera loro, finchñe esso abbia sonato la morte del sonno.

GLOUCESTER
37Vorrei che tutto, fra voi, si accomodasse.

[Esce.

LEAR
38Ohimè! mio cuore, mio cuore, tu sei gonfio! ma…. posa!

MATTO
39Zio, gridagli come gridava la sciocchina alle anguille, quando le metteva vive nella pastella; lei dava for sulla testa con un bastone, gridava: «Giù, pazzerelle, giù!». Fu suo fratello che per pura gentilezza verso il suo cavallo, gli imburrava il fieno.

Entrano il DUCA DI CORNOVAGLIA, REGANA, GLOUCESTER, e servi.

LEAR
40Buon giorno a tutti e due.

CORNOVAGLIA
41Salute a Vostra Grazia!

[Kent è messo in libertà.

REGANA
42Io sino lieta di vedere Vostra Altezza.

LEAR
43Regana, lo credo; e so quale ragione ho di crederlo: se tu non fossi lieta di vedermi, farei divorzio dalla tomba di tua madre, poicé sarebbe la sepoltura di un’adultera. – [A Kent]Ah! sei libero? Ma di ciò, in altro momento. – Mia diletta Regana, tua sorella è malvagia: O Regana, essa m’ha legato qui [accena il cuore]l’ingratitudine dal danete acuto simile ad un avvoltoio. Io ho appena la forza di parlarti; tu no lo crederai, in che modo perverso…. Oh Regana!

REGANA
44Vi prego, signore, abbiate pazienza. Io spero bene che vio siate meno capace di apprezzare il suo merito, di quel che essa sia capace di mancara al proprio dovere.

LEAR
45Come può essere ciò, dimmelo?

REGANA
46Io non posso pensare che mia sorella abbia voluto mancare, menomamente, all’obbligo suo; signore, se essa, per avventura, ha mess un freno agli eccessi della gente del vostro seguti, lo ha fatto con tale fondamento, e per un fine così salutare, che la rende pura da ogni biasimo.

LEAR
47Le mie maledizioni su lei!

REGANA
48Oh, signore! voi siete vecchio; la natura in voi si trova proprio sull’orlo del suo limite: voi dovrete lasciarvi governare e dirigere dalla prudenza di qualcuno, capace di comprendere il vostro stato meglio di voi stesso. Perciò vi prego di fare ritorno alla sorella nostra: ditele che l’avete offesa, signore.

LEAR
49Chiederle perdono? Vi prego, state un po’ a sentire come ciò si addica al decoro della casa: «Cara figliola, io confesso di esser vecchio; i vecchi non son buoni a nulla: [Inginocchiandosi]io ti supplico in ginocchio, perché tu ti degni di concedirmi un vestito, un letto, e da magiare».

REGANA
50Mio buon signore, basta: questi sino shcerzi che non si possono vedere. Tornate presso mia sorella.

LEAR
51 [alzandosi in piedi]Mai, Regana. Essa mi ha diminuito della metà il mio seguito; mi ha guardato con occhio velenoso; mi ha colpito al cuore con la sua lingua, che par propio quella di un serpente. Tutte le venderre del cielo, accumulate un su l’altra, cadano sopra il suo capo ingrato! O voi, infettivi soffi dell’aria, colpite la sua prole da nascere, e storpiatela!

CORNOVAGLIA
52Via, signore, via!

LEAR
53O voi, agili lampi, scagliate in quegli occhi pieni di scherno le vostre fiamme che accecano. O voi, nebbie, succhiate dalle paludi e tratte su dal sole possente, contaminate la sua bellezza, per umiliare e distruggere il suo orgoglio!

REGANA
54Oh dei benedetti! voi augurete lo stesso anche a me, quando l’ira vi trasporti.

LEAR
55No, Regana, tu non avrai la mia maledizone; la tua natura piena di tenerezza on permetterà che tuu mi tratti duramente; gli occhi di lei sino feroci, ma i tuoi siprano conforto, e non sono occhi che bruciano. Tu non sei capace di rinfacciarmi i miei piaceri, di ridurre il mio seguito, di rispodermi parloe avventate, di lesinarmi gli assegni, in fine, di impedirmi di entrare in casa mettendo il chiavistello: tu conosci meglio di lei i doveri di natura, i vincoli filiali, i modi della cortesia, gli obblighi della gratitudine; tu non hai mai dimenticato al metà del regno ond’io ti ho fatto la dote.

REGANA
56Mio buon signore, venite all’argomento.

LEAR
57Chi ha messo il mio servo nei ceppi?

[Fanfara di dentro.

CORNOVAGLIA
58Che tromba è questa?

REGANA
59La conosco, è quella che annunzia mia sorella; va d’accordo con quanto diceva nella sua lettera, ciò: che essa sarebbe venuta qui subito. (Entra OSVALDO.) È giunta la vostra signora?

LEAR
60Questi è un furfante, il cui orgoglio, preso a prestito senza fatica, riposa sul volubile favore di colei che egli serve. – Scellerato, via dagli occhi miei!

CORNOVAGLIA
61Che cosa intende dire Vostra Grazia?

LEAR
62Chi ha messo nei ceppi il mio servo? Ragana, io spero bene che tu non ne abbia saputo nulla. Chi giunge qua? (Entra GONERILLA.) O cieli, se voi andate i vecchi, se il vostro mite impero ammette l’obbedienza, se voi stessi siete vecchi, fate vostra la mia causa: mandate giù qualcuno che mi assista! – [A Gonerilla]Non ti vergogni di alzar gli occhi su questa barba? O Regana, le darai tu la mano?

GONERILLA
63Perché no la mano, signore? In che cosa ho offeso? Non sempre è un’offesa, ciò che la mancanza di discernimento trova tale, e che l’età barbogia chiama con questo nome.

LEAR
64O miei fianchi, siete anche troppo duri: resisterete ancora? – Come mai il mio servo è stato messo nei ceppi?

CORNOVAGLIA
65Ve l’ho fatto mettere io, signore; ma le sue mancanze avrebbero meritato assai minor promozione.

LEAR
66Voi, voi avete fatto questo?

REGANA
67Vi prego, padre mio, poiché voi siete indebolito dagli anni, non lo dissimulate. Se intanto vorrete rtornare presso mia sorella, e farvi soggiorno finchñe il mese sia spirato, licenziando metà del vostro seguito, dopo potrere venire con me: ora io sono assente da casa, e sprovvista di quello che sarà necessario per accogliere voi come si conviene.

LEAR
68Ritornare da lei? e cinquanta uomini licenziai? No, piuttosto rinunzio a tutti i tetti del mondo, e preferisco mover guerra all’inclemenza del cielo; prefrisco esser compagno del lupo e del gufo, nell’aspra distretta della miseria! Tornare con lei? Vedi, io mi adatterei meglio a inginocchiarmi davanti al trono del re di Francia dal sangue bollente, che prese la nostra più giovane figliola senza dote, e, come un scudiere, elemosinare da lui una pensione, tanto per reggere in piedi una esistenza ignominiosa. Ritornare con lei? Persuadetemi, piutosto, ad essere lo schiavo e la giumenta di questo esecrato mozzo di stalla.

[Accennando a Osvaldo.

GONERILLA
69A vostra scelta, signore.

LEAR
70Ti prego, figliola, non rendermi pazzo: io non ti darò noia, figliola mia; addio. Noi non ci incontreremo più, non ci rivedremo più: ma pur tu sei mia carne, sangue mio, figliola mia; o, meglio, tu sei una malattia della mia carne, che io debbo per forza chiamare mia: tu sei un foruncolo, un gavocciiolo, una pustola di carbonchio, nel mio sangue corrotto. Ma non ti moverò rimprovero; la vergogna ti cogla quando vorrà, io no la chiamo. Io non invoco chi ha in mano il fulmine, perché lo scagli sopra di te, né racconto la tua condotta a Giove, giudice supremo: emendati quando puoi, diventa migliore a comodo tuo: io posso aver pazienza; posso restare con Regana, io coi miei cento cavalieri.

REGANA
71Non proprio così. Io non vi aspettavo ancora, e non ho il mezzo di accogliervi come si conviene. Signore, date ascolto a mia sorella; ché coloro che cercano di moderare i vostri impeti con la ragione, debbono contentarsi di pensare che siete vecchio, e così…. ma lei sa quello che fa.

LEAR
72Si chiama ragionar bene questo?

REGANA
73Io oso affermarlo, signore. Come? una cinquantina di uomini, per il vostro seguito, non va bene? Che necessità di aveme di più? Anzi, qual bisogno di averne fin tanti, dal momento che la spesa e il pericolo parlano, tutti e due, contra un numero così grande? Come potrebbe, in una medesima casa, andare d’accordo tanta gente, sotto due comandi diversi? E dificile; quasi impossibile.

GONERILLA
74Perché, signor mio, non potreste farvi servire da coloro che lei chiama suoi servi, o quelli miei?

REGANA
75Perché no, signor mio? Allora sì che se essi per caso mancassero verso di voi, noi potremmo metterli a dovere. Se volete venire da me (giacché ormai prevedo un tale pericolo), vi raccomando di non portarne più di venticinque: io non intendo di dar posto a di più, o riconoscerne più di tanti.

LEAR
76Io vi ho dato tutto....

REGANA
77Ed era l’ora che ce l’aveste dato.

LEAR
78Vi feci mie custodi, mie depositarie: ma mi riserbai il diritto di avere al mio seguito un tal numero di uomini. Come? io debbo venire da voi con venticinque persone? Regana, avete detto questo?

REGANA
79E lo ripeto, mio signore; non uno di più con me.

LEAR
80Anche le creature malvage sembrano, tuttavia, privilegiate, quando ve ne sono altre più malvage di loro: non essere il peggiore, costituisce già un qualche grado di lode. – [A Gonerilla]Verrò con te: i tuoi cinuqnta formano il doppio dei suoi venticinque, ed il tuo affetto è il doppio del suo.

GONERILLA
81Ascoltatemi, signor mio: che bisogno avete voi di venticinque, di dieci, o cinque uomini che siano, al vostro seguito, in una casa dove due volte tanti hanno l’ordine di servirvi?

REGANA
82Che bisogno avete anche di uno solo?

LEAR
83Oh! non raginatemi di bisogno; i nostri più poveri mendichi, han qualcosa, la più meschina, che ad essi riman superflua: non concedere alla natura più di quel che alla natura è strettamente necessario, e la vita dell’uomo vale quella della bestia. Tu sei una signora: ebbene, se tutto il tuo lusso tu lo facessi per star calda, la natura non avrebbe bisogno del lusso che tu porti addosso, che sì e no ti tien calda. Ma, in quanto all vero bisogno.... o cielo! dammi tu quella pazienza, quella pazienza che è il mio vero bisogno! Voi mi vedete qui, o dei: un povero vecchio, pieno di dolori e di anni; disgraziato in tutte e due le cose: se siete voi che aizzate il cuore di questa mie figliole contro il padre loro, non mi rendete cosi stolto, da sopportarlo in pace; infiammatemi di mobile furore e non permettete che le lacrime, che sono le armi delle donne, bruttino le mie guance di uomo! - No, streghe snaturate, io avrò di voi due tale vendetta, che tutto il mundo dovrà.... io farò tali cose.... quali sono non lo so ancora; ma saranno il terrore della terra. Voi vi credete di farmi piangere: no, io non piangerò.... avrei ben ragione di piangere, ma questo cuore si spezzerà in centomila schegge prima che io pianga. −O mio matto, io finrò pazzo!

[Escono Lear, Gloucester, Kent e il Matto.

CORNOVAGLIA
84Rientriamo, fra poco vi sarà un uragano.

[si sente in distanza l’uragano.

REGANA
85Questa casa è picciola: il vecchio e la sua gente non possono esservi allogati comodamente.

GONERILLA
86La colpa è sua: egli si è messo da sé nella condizione di non riposare, ed è necessario che provi le conseguenze della sua follia.

REGANA
87Per quanto riguarda la sua persona, io lo riceverì ben volentieri, ma non un solo uomo del suo seguito.

GONERILLA
88Tale è il mio proposito. Dov’è monsignore di Gloucester?

Rientra GLOUCESTER.

CORNOVAGLIA
89Ha accompagnato fuori il vecchio. – È qui di ritorno.

GLOUCESTER
90Il Re pe su tutte le furie.

CORNOVAGLIA
91Dove va?

GLOUCESTER
92Dà l’rdine di montare a cavallo: ma dove va non saprei.

CORNOVAGLIA
93Il meglio è lasciarlo andare: si guiderà da sé.

GONERILLA
94Signor mio, non vi raccomandate, davvero, perché egli resti.

GLOUCESTER
95Ahimè! La notte si avanza, e la raffica impervrsa furiosamente; per molte miglia all’intorno v’e apperna un cespuglio.

REGANA
96Messere, per gli uomini testardi i mali che essi si procurano da loror stessi debbono essere una lezione. Chiudete le vostre porte: egli ha al suo seguito della gente disperata; e la prudenza consiglia di temere di ciò che costoro possono istigarlo a fare, poiché egli si lascia metter su facilmente.

CORNOVAGLIA
97Chiudete le vostre porte, signor mio: è una notte selvaggia; la mia Regana ci consiglia bene. Ripariamoci dall’uragano.

[Escono.

ATTO TERZO

SCENA I.

Una landa. Uragano con tuoni e lampi.
Entrano KENT e un Gentiluomo, incontrandosi.

KENT
1Chi c’è là, oltre il mal tempo?

GENTILUOMO
2Uno che ha l’anima agitata come il tempo.

KENT
3Vi conosco. Dove’è il Re?

GENTILUOMO
4Egli è in lotta con il furore degli elementi; ordina ai venti di spingere la terra nel mare col loro soffio, o di sollevare le acque crestate al di sopra del continente, sicché ogni cosa si muti nel mondo, o cessi di esistere. Egli si strappa i bianchi capelli, che le raffiche impetuose, nella loro cieca rabbia, afferrano e disperdono. Nel suo Piccolo mondo di uomo egli si sforza di vincere col suo disdegno il vento e la pioggia che ondeggiano cozzando. In una notte come questa, nella quale l’orsa munta dai suoi orsacchiotti non uscirebbe dalla tana, e il leone e il lupo dal ventre attanngliato dalla fame, terrebbero il pelo allasciutto, egli corre a testa nucla, e invoca il finimondo.

KENT
5Ma con lui chi c’é?

GENTILUOMO
6Nessuno, tranne il matto, il quale cerca di lenirgli con gli scherzi le angosce del suo cuore ferito.

KENT
7Messere, io vi conosco, e sulla garanzia della mia personale osservazione, oso confidarvi una cosa, che é un segreto prezioso. Il duca d’Albania e il Cornovaglia sino in rotta, sebbene per ora la cosa sia mascherata da una reciproca dissimulazione: essi hanno dei servi (e chi non ne ha, che dalle propizie stelle stato messo in trono e spinto in alto?), i quali non sembrano niente di meno che servi, ma in realtà non spie del re di Francia, eosservatori he riferiscono sul nostro regno; di quanto da loror è stato visto, sia degli screzi e delle segrete mene dei duchi, sia del duro stile che ognuno di loro due ha tenuto contro il vecchio e buon Re, o d’altra cosa più grave, di cui forse questi avvenimenti non sono che gli accessori. Ma quel che è certo, è che dalla Francia pensetra in questo nostro regno in isfacelo un esercito potente, il quale, approfittando della nostra negligenza, ha già messo piede, segretamente, in alcuni dei nostri porti migliori, ed è sul punto di spiegare al vento la sua bandiera. – Ora veniamo a voi: se della fiducia che avete in me voi farete tale costrutto da recarvi infretta a Dover, troverete là qualcuno, che vi ringrazierà, quando gli facciate un esatto racconto del dolore inumano, e tale da impazzirne, del quale il Re Ha ragione di lamentarsi. Io sono un gentiluomo, per sangue e per educazione, e vi offro questo incarico con una certa cognizione di causa e sicurezza.

GENTILUOMO
8Ve ne riparlerò.

KENT
9No, ve ne prego. A Conferma che io sono molto più della mia apparenza esteriore, aprite questaborsa, e prendete quanto contiene. Se vedrete Cordelia, e la vedrete senza dubbio, mostratele questo anello, ed essa vi dirà chi è quel tale che ancora non conoscete. Maledizione alla tempesta! Andrò in cerca del Re.

GENTILUOMO
10Datemi la mano: avete da dirmi altro?

KENT
11Poche parole, ma, per l’importanza loro, più di quanto vi ho detto fino ad ora: ciò, che quando abbiamo trovato il Re (per il che vostra cura sarà di andare da quella parte, io anderò da questa), chi di noi lo incontra per primo, debe avvertirne l’altro con un grido.

[Escono separadamente.

SCENA III.

Un’altra parte della landa. La tempesta continua,
Entrano Lear e il Matto.

LEAR
1Soffiate, o venti, e fatevi scoppiare le gote! infuriate! soffiate! Cateratte e trombe del cielo, riversatevi sulla terra, finché abbiate sommerso tutti i campanili, ed annegati i galli sulle loro xime. O voi sulfurei guizzi di fuoco, rapidi come il pensiero, precursori dei fulmini che fendon le querce, strinate la mia testa canuta! E tu, o tuono scotitor dell’universo, spiana d’un colpo la solida sfera del mondo! Infrangi le matrici della natura, disperdi tutti in una volta i germi, che producono l’uomo ingrato!

MATTO
2O zio, le acque chete di corte, in una casa all’asciutto, son meglio di ques’acqua piovana in mezzo alla strada. Mio buon zio, rientra, chiedi la benedizione alle tue figliole: questa è una notte che non ha misericordia né dei matti né dei savi.

LEAR
3Romba con quanto n’hai in corpo, o tempesta! vomita, o fuoco! gli; a rovesci, o pioggia! La pioggia, il vento, il tuono, il fuoco, non sono mie figliole io non vi accuso di ingratitudine o wlementi; a voi io non ho dato un regno, non vi ho chiamati figli miei, voi non mi dovete obbedienza alcuna: perciì fate pur cadere su me il vostro orrendo arbitrio; ecco, sono qua, schiavo vostro, provero vechio, infermo, debole, disprezzato…. Ma no, io vi chiamo servili ministri, voi che avete unito con due inique figliole le vostre schiere generate nell’alto dei cieli, contro una testa così vecchi e bianca come questa. Oh! oh! è infame!

MATTO
4Chi ha una casa per tirarvi dentro il capo, ha un buon elmo.
-->
Chi prima alla braghetta
Che al capo suo da stanza,
Mille pidocchi aspetta;
I poveri fan razza.
Chi fa del piede quello
Che avrebbe a far del cuore
D’un callo avrà rovello,
E veglia dal dolore.
Poiché fino ad ora non c’è mai stata una donna bella, che non abbia fatto smorfie davanti a uno specchio.

LEAR
5No, io sarò un modello di pazienza: non dirò nulla.

Entra KENT.

KENT
6Chi c’è lá?

MATTO
7Affé, una Maestà ed una braghetta: cioè un savio ed un matto.

KENT
8Ah! signore, voi siete qui? Gli esseri stessi che amano la notte, non ammo notti come questa; i cieli infuriati atterriscono perfino gli animali che vagano nelle tenebre, e li fanno rimanere nelle loro tane. Da quando fui nomo, io non ricordo di aver mai visto tali lingue di fuoco, di aver sentito scoppi di tuono così orrendi, ululi e mugghii di vento e di pioggia come questi: umana natura non può sopportarne né il tormento né il terrore.

LEAR
9Gli dei potenti, che fanno sulla nostra testa questa orribile tregenda, possano scovare in ques’ora i loro nemici! Trema, o sciagurato, tu che hai in fondo alla coscienza segreti delitti, non ancor flagellati dalla giustizia: nasconditi, o sanguinosa mano dell’assassino; nasconditi, o spergiuro, e tu pure, o incestuoso simulatore di virtù; trema fino a cadere in pezzi, o tu miserabile, che sotto la maschera di un’apparenza onesta, hai teso insidie alla vita di un uomo! Squarciate i veli che vi nascondono, o delitti impenetrabilmente chiusi agli sguardi, e gridate mercé a questi tremendi ministri della giustizia, che vi citano. Io sono un uomo men peccatore che vittima di peccato.

KENT
10Ahimé! a capo scoperto! Mio grazioso signore, a due passi di qui v’è una capanna; essa vi presterà qualche amico riparo contro la tempesta. Riposatevi là, mentre io tornerò a quella dura casa (più dura delle pietre stesse ond’è costruita, dove proprio in questo istante mi fu negato di entrare, allorché andavo in cerca di voi), e proverò di far violenza alla loro avara cortesia.

LEAR
11I miei sensi cominciano a vacillare. − Andiamo, ragazzo mio. Come va, ragazzo mio? Hai freddo? Anch’io ho freddo. – Dov’è questa paglia, amico mio? L’arte del bisogno è straordinaria: essa ha la virtù di rendere preziose, per noi, le cose più vili. Andiamo, la vostra capanna? Mio povero matto, povero ragazzo mio, c’è ancora un pezzo del mio cuore che si affligge per te.

MATTO
12
[canta.]
Chi di senno ha solo una cruna,
Oilì oilà col vento e la pioggia,
De’far buon viso alla sua fortuna,
Abche se cada pioggia ogni dì.

LEAR
13È vero, mio buon ragazzo. – Via, menaci a questa capanna.

[Escono Lear e Kent.

MATTO
14Questa è una eccellente notte per rinfrescare gli ardori di una cortiggiana. Prima di andarmene vo’dire una profezia.
-->
Quando i preti men dotti saran che parolai;
Quando il matto con l’acqua sciuperanno I birrai;
Quando ai lor sarti I nobili faran da precettori;
Né scottati altri eretici saran che i donnaioli;
Quando tutti I processi saran ben giudicati
Né più scudieri in debito, né cavalier spiantati;
Quando la maldicenza su lingua non rampolla,
Né i tagliaborse andranno dovunque c’è una folla;
E gli ursurai il denaro conteranno in palese,
E ruffiani e bagasce costruiran delle chiese;
Allor il regno d’Albione
Cadrà n gran confusione:
Che per camminare coi piedi s’andrà.
Questa profezia la farà, un girono, Merlin, poiché io vivo prima dei tempi suoi.

[Esce.

SCENA III.

Una stanza nel castello di Gloucester.
Entrano GLOUCESTER ed EDMONDO.

GLOUCESTER
1Ohimè, ohimè! Edmondo, a me non piace questa condotta snaturata. Quando chiesi il permesso di aver pietà di lui, essi mi tolsero l’uso della mia propria casa, mi imposero, sotto pena del loro perpetuo disfavore, di non parlare di lui, di non supplicare per lui, di non prendere in alcun modo le sue parti.

EDMONDO
2Ciò è estremamente selvaggio e snaturato!

GLOUCESTER
3Andate, e non dite nulla. Fra i duchi v’è rottura, e c’è anche di peggio. Stanotte ho ricevuto una lettera di cui è pericoloso parlare.... l’ho messa sotto chiave nel mio gabinetto. Le offese che il Re ora soffre, saranno vendicate interamente; parte di un esercito ha già messo piede in terra: bisogna tenere per il Re. Io anderò in cerca di lui, e lo aiuterò segretamente: voi andate, e intrattenete il Duca in discorsi, affinché la mia opera caritatevole non sia da lui scoperta. Se chiede di me, io sto male, e sono anclato a letto. Se dovrò morime (e non meno di questo mi è stato minacciato) sia: il Re, il mio vecchio signore, dev’essere soccorso ad ogni costo. Strane cose sono imminenti. Edmondo, mi raccomamdo, siate prudente.

[Esce.

EDMONDO
4Di questo atto di carità, che ti è stato interdetto, il Duca sarà informato subito; e anche di quella lettera. Questo mi sembra un bel servigio, e debe portare a me quanto mio padre perde…. Ciò,, tutto: il giovane sorge, allorche il vecchio cade.

[Esce.

SCENA IV.

Una parte della landa, con una capanna.
Continua l’urugano.
Entrano LEAR, KENT e il MATTO.

KENT
1Ecco il luogo, signor mio; mio buon signore, entrate: la tirannia della notte aperta è tropp aspra, perché la natura possa sopportarla.

LEAR
2Lasciatemi solo.

KENT
3Mio buon signore, entrate qui.

LEAR
4Vuoi spezzarmi il cuore?

KENT
5Vorrei prima spezzare il mio. Mio buon signore, entrate.

LEAR
6Tu credi che sia troppo, sentirsi penetrare fin dentro le ossa questa tempesta furibonda: per te è così; ma dove ha preso piede un male più grave, il male più piccolo si sente appena, Tu cercheresti di evitare un orso; ma se la tua fuga ti conducesse verso il mare ruggente, affronteresti la gola dell’orso. Quando l’anima è serena, il corpo è sensibile: la tempesta che è nell’anima mia, offusca nel miei sensi ogni altro affetto, che non sia quello che vibra li dentro, l’ingratitudine filiale non è forse lo stesso che se questa mia bocca facesse a brani questa mano, perché le porge il nutrimento? Ma io punirò fino in fondo: no, non voglio piangere più. In una notte come questa, chiudermi fuori di casa.... Giù, rovesciati, o pioggia; io sopporterò!... in una notte come questa! O Regana, Gonerilla, il vostro vecchio e amorevole padre, il cui generoso cuore vi ha dato tutto .... oh! da quella parte sia la pazzia; bisogna che io la eviti; non più di ciò.

KENT
7Mio buon signore, entrate qui.

LEAR
8Ti prego, entraci tu; cercavi riparo per te stessi: questa tempesta, alemno, non mi permetterà di riflettere su cose che mi farebbero anche più male. Ma tuttavia, vi entrerò. – [Al Matto]Entra, ragazzo; va’ tu per primo. Oh! la miseria senza tetto!.... via, entra dentro. Io voglio pregare, e poi dormirò. [Il Matto entra] O poveri disgraziati ignudi, dovunque siate, che soffrite l’assalto di questo uragano senza pietàÇ! Le vostre teste scoperte e i vostri fianchi digiuni, i vostri stracci tutti buchi e finestre, come potranno difendervi da una staggione come questa? Oh! troppo poco pensiero io mi son preso di voi! Eccoti la medicina, o lusso: esponi te stesso a soffrire ciò che soffrono i miseri, affinchñe un giorno tu possa riversare su loro il superfluo, e far semvbrare più giusto il cielo.

EDGARDO
9 [di dentro]Un braccio e mezzo, un braccio e mezzo! povero Tom!

[Il Matto si precipita fuori della capanna.

MATTO
10Non entrar qui, zio; qui dentro c’è uno spirito. Aiuto! aiuto!

KENT
11Dammi la mano. – Chi va là?

MATTO
12Uno spirito, uno spirito: egli dice che il suo nome è povero Tom.

KENT
13Chi sei tu, che brontoli costà sulla paglia? Esci fuori.

Entra EDGARDO, travestito da pazzo.

EDGARDO
14Fuggite! Il sozzo demonio è dietro di me! Fra i rami pungenti del biancospino soffiano i venti. Via! va’nel tuo letto freddo, e riscaldati.

LEAR
15Anche tu hai dato tutto alle tue figliole, e ti sei ridotto a questo?

EDGARDO
16Chi dà qualcosa al povero Tom? Il sozzo demonio l’ha menato attraverso il fuoco e la fiamma, attraverso guadi e gorghi, per pantani e per paludi; gli ha cacciato dei coltelli sotto il guanciale, e gli ha messo dei capestri nell’inginocchiatoio; gli ha messo il veleno per i topi anccanto alla minestra; gli ha gonfiato il cuore di tale orgoglio, che egli, su di un baio al trotto, passa sopra dei ponti larghi quattro pollici, per ricorrere la sua ombra, scambiandola per un traditore. – Dio ti salvi i cinque sensi! Tom ha freddo. – Ah! brr! brr! ah! brr! brr! – Dio ti protegga dalle raffiche, dalle cattive selle, e dagl’influssi! Fate un po’ di carità al povero Tom, che è perseguitato dal sozzo demonio. – Eccolo là, ora lo potrei acchiapare…. eccolo là…. eccolo là…. di nuovo là…. eccolo là.

[L'urugano continua.

LEAR
17Come? le suefigliole l’hanno ridotto in questo stato? – Non sei riuscito a salvar nulla? Hai dato tutto a loro?

MATTO
18No, s’è serbato una coperta, altrimenti noi avremmo dovuto dare tutti il viso rosso.

LEAR
19Allora, tutti i flagelli che per volere del destino incombono sulle colpe degli uomini, nell’aria sospesa, cadano sopra le tue figliole!

KENT
20Egli non ha figliole, signore.

LEAR
21A morte, impostore! Nulla avrebbe potuto sommettere la natura fino a tanta abiezione, se non le sue figliole inique. – È, dunque, usanza, che i padri reietti debbano avere così poca pietà della loro carne? Giusta punizione essi s’infliggono! poiché questa loro carne generò quelle figlie di pellicano.

EDGARDO
22Pellicocco stava a sedere sul colle di Pellicocco: − Lallerallera e lallerallà!

MATTO
23Questa nottaccia così fredda ci farà diventare tutti pazzi e farnetici.

EDGARDO
24Guardati dal sozzo demonio. Obbedisci ai tuoi genitori; manieni puntualmente la tua parola; non bestemmiare; non ti compromettere con la sposa legittima di un altro; non far sfoggiare la tua bella…. Tom ha freddo.

LEAR
25Che cosa facei?

EDGARDO
26Ero un servitore, superbo di cuore e di mente; mi arricciavo i capelli, portavo i guanti al cappella, servivo la lascivia della mia padrona e facevo con lei quella cosa che si fa al buio; facevo tanti giuramenti, quante erano le parole che dicevo, e li rompevo tutti dinanzi alla soave faccia del cielo; ero uno che si addormentava meditando qualche atto di lussuria, e si svegliava per compierlo. Amavo profondamente il vino, teneramente i dadi, e in quanto a donne, ne avevo per amanti più del Turco. Ero falso di cuore, facile di orecchio, sanguinario di mano: maiale nella pigrizia, volpe nel furto, lupo nella voracità, cane nella rabbia, davanti alla prada leone. Non lasciare che lo scricchiolio delle scarpe e il fruscìo della seta diano il fuo povero cuore in balìa della donna; tieni il piede fuori dei bordelli, la mano fuori dell’aperrura delle sottane, la penna lontana dai libri degli strozzini, e sfida pure il sozzo demonio. − ll vento gelato soffia ancora attraverso il biancospino e dice: Vu…. u …. u, ds…. s….s, vu…. u …. u, ds…. s….s! Delfino, ragazzo mio, ragazzo mio, su, su! Lascialo trottar via.

[L’urugano continua.

LEAR
27Ecco, tu staresti meglio nella tua tomba, che qui ad esporre i tuo corpo mezzo nudo a questa estrema furia dei cieli. L’uomo non pe dunque altro che questo? osservalo bene. tu non devi la seta al baco, la pelle alla bestia, la lana alla pecora, nessun profumo allo zibetto. Ah! ecco tre di noi che sono sofisticati: tu sei l’uomo genuino. L’uomo non conciato non pe nulla di più che un povero, ignudo, forcuto animale come sei tu. – Via, via, questa roba prestata! – Andiamo, sbottonami qua.

[Stracciandosi le vesti.

MATTO
28Ti prego, zio, sta’ cheto; è una cattiva notte, queta, per mettersi a nuotare. – In questo momento un focherello in mezzo alla campaga deserta somiglierebbe al cuore di un vecchio libertino: una piccola favilla, mentre tutto il resto del suo corpo è freddo. – Guarda, ecco un fuoco che cammina.

Entra GLOUCESTER con una torcia.

EDGARDO
29Costui è il sozzo diavolo Flibbertigibbet: egli esce fuori all’ora del coprifoco, e va un giro finché si sente il primo gallo; d’a l’albugine e la cateratta, storce gli occhi e da il labbro leporino; fa venir la ruggine sulla bianca spiga del grano, e affligge la povera creatura della terra.
-->
San Vital traversò la campagna tre volte,
Incontrò la fantasima e le sue nove scolte;
Le ordinò di smontare,
E sua fede impegnare,
E fatti in là, strega, fatti in là!

KENT
30Come sta Vostra Grazia?

LEAR
31Chi è?

KENT
32Chi val là? Che cosa cercate?

GLOUCESTER
33E voi costà chi siete? i vostri nomi?

EDGARDO
34Sono il povero Tom, il quale mangia la ranocchia che nuota, il rospo, il girnio, la tarantola e il tritone; che nella rabbia del suo cuore, allorché il sozzo demonio gl’infuria dentro, si mangia la bovina per insalata; manda giù topi vecchi, e carogne di cane gettate alle fosse, beve il verde manto della gora stagnante; che è cacciat, a suon di frusta, da una parrocchia all’altra, punito coi ceppi, e imprigionato; che ebbe già tre mute di panni da mettere in dosso, sei camicie per il suo corpo, un cavallo per cavalcare, e una spada sa portare al fianco….
-->
Ma topi e sorci e tali bestiole
Da sette lunghi anni Tom mangiar suole.
Guardatevi da chi m’è dietro. Pace, Smulkin, pace, o demonio!

GLOUCESTER
35Come? Vostra Grazia no ha miglior compagnia di questa?

EDGARDO
36Il principe delle tenebre è un gentiluomo: si chiama Modo e Mahu.

GLOUCESTER
37La nostra carne e il nostro sangue, signor mio, sono così degenerati, che odiano chi li mette al mondo.

EDGARDO
38Il povero Tom ha freddo.

GLOUCESTER
39Venite dentro con me. Il mio dovere non può permettermi di obbedire, in tutti, ai duri ordine delle vostre figliole: sebbene esse mi abbino ingiunto di sbarrare le porte di casa mia, e di lasciarvi un balìa di questa tirannica notte, io, tuttavia, mi sono arrischiato a venire in cerca di voi, per condurvi in un luogo dove troverete pronti fuoco e cibo.

LEAR
40Lasciatemi, prima, parlare col filosofo…. Qual’è la causa del tuono?

KENT
41Mio buon signore, accettate la sua offerta: entrate in casa con lui.

LEAR
42Voglio scambiare una parola con uesto saggio Tebano. – Che cosa studi tu?

EDGARDO
43Come frustrare il demino e uccidere gl’insetti.

LEAR
44Lascia che ti domandi una parla in segreto.

KENT
45Fategli premura, ancora una volta, affinché venga con voi, signor mio: la sua ragiona incomincia a turbarsi.

GLOUCESTER
46Puod dargli torto? [L’uruguano continua] Le sue figliole vogliono la sua morte. Ah! quel buon Kent! Egli lo diceva, che sarebbe andata a finire così… povero esiliato! – Tu dici che il Re impazzisce: ma io ti dirò, amico mio, che io stesso sino quasi pazzo. Avevo un figliolo, che ora ho bandito dal sangue mio; egli attentava lla mia vita, poco fa, recentessimamente: io lo amavo, amico mio… nessun padre ebbe più caro il proprio figlio: i dico la verità, il dolore mi ha sconvolto la ragione. Che notte è questa! Io supplico Vostra Grazia….

LEAR
47Oh! vi domando perdono, messere…. Nobile filosofo, la vostra compagnia.

EDGARDO
48Tom ha freddo

GLOUCESTER
49Va’, ragazzo, entra nella cappanna: riscaldati.

LEAR
50Via, entriamo tutti.

KENT
51Di qua, signor mio.

LEAR
52Con lui: io voglio restare ancora col mio filosofo.

KENT
53Mio buon signore, cercate di calmarlo: lascitate ch’egli portu con sé costui.

GLOUCESTER
54Conducetelo innanzi voi stesso.

KENT
55Amico, andiamo, vieni con noi.

LEAR
56Vieni, mio buon Ateniese.

GLOUCESTER
57Non più parole, non più parole: zitti!

EDGARDO
58
Sire Orladno venne alla torre nera,
E sempre diceva: Mucci mucci,
Sento puzza di Britannucci.

[Escono.

SCENA V.

Una stanza nel palazzo di GLOUCESTER
Entrano il DUCA DU CORNOVAGLIA e EDMONDO.

CORNOVAGLIA
1Avrò la mia vendetta prima di uscire da questa casa.

EDMONDO
2Signor mio, il biasimo a cui potrò andare incontro, per aver lasciato cedere, così, l’affetto filiale alla lealtà, mi dà alquanto timore solo a pensarvi.

CORNOVAGLIA
3Ora me ne accorgo: non era solamente l’indole malvagia di vostro fratello, che gli faceva cercar la morte di suo padre; ma v’era un lodevole stimolo, messo in moto dalla nequizia detestabile che era nel padre stesso.

EDMONDO
4Come è triste la mia sorte, la quale fa sì ch’io debbo pentirmi di essere giusto! Ecco la lettera di cui egli parlava, la quale dimostra che egli complotta a vantaggio del re di Francia. Oh cieli! così non esistesse tradimento, o almeno non fossi io, colui che lo ha rivelato!

CORNOVAGLIA
5Viene con me dalla Duchessa.

EDMONDO
6Se il contenuto di questo foglio è sicuro, voi avete nelle vostre mani una grave faccenda.

CORNOVAGLIA
7Vero, o falso, esso ti ha fatto conte di Gloucester. Cerca dov’è tuo padre, affinché labbim pronto per l’arresto.

EDMONDO
8[in disparte]Se io colgo mentre ssta a confortare il Re, ciò darà consistenza anche più piena al sospetto contro di lui. – Io persevererò sil mio cammino di lealtà, per doloroso che sia il conflitto fra questo e il sangie mio.

CORNOVAGLIA
9Io rimporrò in te la mia fiducia; e tu troverai nel mio affetto un padre più amoroso del tuo.

[Escono.

SCENA VI.

Una camera in una fattoria attigua al castello di Gloucester.
Entrano GLOUCESTER, LEAR, KENT, il Matto, e EDGARDO.

GLOUCESTER
1Qui si sta meglio che all’aria aperta; accettate di buon grado. Io cercherò di rendere più comodo questo luogo, con tutto quello che posso aggiungervi: non resterò a lungo lontado da voi.

KENT
2Tutte le forze della sua ragione hanno ceduto alla sua smania. – Gli dei ricompensino la vostra bontà.

[Esce Gloucester.

EDGARDO
3Frateretto mi chiama, e dice che Nerone sta a percare con la lenza nel lago delle tenebre. Prega, innocente, e guardati dal sozzo demonio.

MATTO
4Ti prego, zio, dimmi se un pazzo è un gentiluomo o un borghese.

LEAR
5Un re, un re!

MATTO
6No: è un borghese, che ha un gentiluomo per figlio; perché è un bel pazzo quel borghese, il quale vede ul proprio figlio gentiluomo prima di lui.

LEAR
7Averne un migliaio con degli schidioni rossi infocati, che piombassero su di lro sibilando….

EDGARDO
8Il sozzo demonio mi morde la schiena.

MATTO
9Pazzo è colui che si fida della mansuetudine del lupo, della salute del cavallo, dell’amore di un ragazzo, o del giuramento di una putana.

LEAR
10Sta bene: io le cito subito in giudizio…. [A Edgardo]Vieni, mettiti a sedere qui, sapientissimo giustiziere…. [Al Matto]Tu, mio saggio signore, mettiti costì…. Adesso a voi, volpacce!

EDGARDO
11Guardatelo là, come sta bello diritto e gli occhi gli sfavillano! – Hai bisogno di occhi che ti guardino, anche in guidizio, signora?

MATTO
12
Varca il fiume, Beta, e vien da me….
Il suo burchiello è rotto,
Ed essa non dee far motto
Perché varcar non osa fino a te.

EDGARDO
13Il sozzo demonio perseguita il povero Tom, nascondendosi nella voce di un usgnolo. Hpdance grida nella pacia di Tom, per avere due aringhe bianche. Non gracciare, angelo nero, io non ho cibo per te.

KENT
14Come vi sentite, signore? Non restate stupido così: volete sdraiarvi e riposare sui cuscini?

LEAR
15Prima voglio assitere al loro processo. – Fate entrare i testimoni d’accusa. – [A Edgardo]Tu, giudice in toga, prendi il tuo posto. [Al matto]E tu, suo collega in equità, impàncati al suo fianco. [A Kent]Voi siete della commissione, mettetevi a sedere anche voi.

EDGARDO
16
Procediamo con giustizia..
Dormi o sei desto, giulìo pastorello?
Le tue pecore son tra il grano;
E per un soffio del bocchin tuo bello,
Le tue pecore non avran danno.
Ron ron! il gatto è bigio.

LEAR
17Giudicate prima lei: è Gonerilla. Giuro, davanti a questa onorevole assemblea, che costei ha preso a calci il povero re suo padre.

MATTO
18Venite qua, signora. Il vostro nome è Gonerilla?

LEAR
19Non può negarlo.

MATTO
20Vi domando perdono: vi avevo presa per uno sgabello.

LEAR
21Ed eccone qua un’altra, I cui sguadi biechi dicono chiaro di che stoffa è fatto il suo cuore. – Arrestatela! Delle armi, delle armi, una spada, del fuoco! – Anche in questo luogo la corruzione! Giudice traditore, perché l’hai lasciata scaprare?

EDGARDO
22Dio ti salvi i cinque sensi!

KENT
23O, pietà! Signore, dov’è mai la calma che così spesso vi siete vantato di serbare?

EDGARDO
24[da sé]Le mie lacrime cominciano a prendere le sue parti fino al punto da compromettere il mio travestimento.

LEAR
25I cani piccini e tutta l’altra canea, Trogolino, Bianchino, e Cordolce, vedi, mi abbaiano dietro.

EDGARDO
26Tom scaglierà ad essi la sua testa. – Indietro cagnacci!
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Abbi nero o bianco il muso,
Sia il uo morso velenoso,
Sii mastin, bracci o levriero,
Sii spagnuol, bastard fiero,
Codimozzo o coda rizza,
Tom li fa guaire tutti,
Ché se squassi la testa mia,
Saltando il portello fuggono via.
Brr, brr, brr, brr. Su, su! Via, in marcia alle feste e alle fiere, e alle città dove c’è mercato. – Povero Tom, la tua borraccia è all’asciutto.

LEAR
27Allora, si notomizzi Regana; si osservi che cosa cresce intorno al suo cuore. C’è, in natura, una ragione, per la quale essa crea dei cuori duri come questi? – [A Edgardo]Voi, messere, vi arruolo come uno dei miei cento: solamente, non mi piace la foggia dei vostri vestiti; voi mi direte che è il costume persiano: ma cambiateveli.

KENT
28Via, mio buon signore, sdraiatevi qui, e riposate un poco.

LEAR
29Non fate rumore, non ffate rumore; tirate le cortine: così, così, così. A cena anderemo domattina: così, così, così.

MATTO
30Ed io me n’anderò a letto a mezzogiorno.

Rientra GLOCUESTER.

GLOUCESTER
31Vieni qua, amico: dov’è il Re mio padrone?

KENT
32Qui, signore; ma non loo disturbate, la sua ragione se n’è andata.

GLOUCESTER
33Mio buon amico, ti prego, prendilo nelle tue braccia; io ho sorpreso un complotto di mirte contro di lui. Là c’è pronta una lettiga; adagiavelo sopra, e va’verso Dover, amico mio, dove troverai buona accoglienza e protezione. Prendi su il tuo padrone; se tu dovessi tardare mezz’ora, la sua vita, la tua, e quella di quanti si prestano a difenderlo, andrebbe a sicura perdizione. Tiralo su, tiralo su, e seguimi, ch’io ti condurrò prestamente, dove sia qualche provvigione per il viaggio.

KENT
34La natura, vinta dalla stanchezza, dorme: questo riposo potrebbe ancora esscre un balsamo per i suoi nervi affranti, i quali, se la buona ventura non lo permetterà, difficilmente possono riaversi. – [Al Matto]Vieni, aiuta anche tu a portare il tuo padrone: tu non devi restare indietro.

GLOUCESTER
35Via, via, andiamo.

[Escono Kent, Gloucester e il Matto, trasportando via il Re.

EDGARDO
36Allorché vediamo chi vale più di noi soffrire le nostre pene, non ci vien quasi fatto di pensare, che le miserie nostre sono nostri nemici. Chi soffre solo, soffre straordinariamente nell’anima sua, poiché egli lascia dlietro a sé cose libere dal dolore, spettacoli di felicità; invece l’anima si sottrae a grandi sofferenze, quando il dolore ha compagni e amici di sventura. Come mi sembra leggera e sopportabile la mia pena, ora che quell’angoscia, la quale mi fa chinare la testa, fa incurvare la fronte al Re: tali figlie a lui, quale a me il padre! Fuggi, Tom! Segui l’altro rumore degli eventi, e svelati allorché la calunnia, il cui maltalento tu macchia, verrà distrutta dinanzi alla prova della sua lealtà, e tu sarai riabilitato. Avvenga ciò che vuole, in questa notte, purché il Re si metta in salvo! Nasconditi, nasconditi.

[Esce.

SCENA VII.

Una stanza nel castello di Gloucester.
Entrano il DUCA DI CORNOVAGLIA, REGANA, GONERILLA, EDMONDO, e alcuni servitori.

CORNOVAGLIA
1Correte in fretta da monsignore vostro marito, e mostrategli questa lettera: l’esercito del re di Francia è sbarcato. – Andate a cercare quel traditore di Gloucester.

[Escono alcuni servitori.

REGANA
2Impicccatelo inmediatamente.

GONERILLA
3Strappategli gli occhi.

CORNOVAGLIA
4Lasciatelo alla mia collera. – Edmondo, accompagnate nostra sorella: la vendetta che noi siamo costreti a premiere sopra quel traditore di vostro padre è tale, che non è conveniente che voi ne siate spettatore. Consigliate al Duca, dal quale vi recate, i più solleciti preparativi per la guerra: noi siamo pronti a fare altrettanto. I corrieri che ci scambieremo fra noi due, dovranno essere svelti ed accorti. Addio, cara sorella, addio, monsignore di Gloucester. Entra OSVALDO. Ebbene! dov’è il Re?

OSVALDO
5Monsignore di Gloucester Lo ha conciotto via di qui: circa trentacinque o trentasei dei suoi cavalieri, i quali lo cercavano febbrilmente, lo incontrarono presso la porta, e, insieme con altri seguaci del Conte, sono andati con lui verso Dover, dove si vantano di trovare degli amici bene armati.

CORNOVAGLIA
6Preparate i cavalli per la vostra signora.

GONERILLA
7Addio, mio amabile signore, addio sorella.

[Escono Gonerilla, Edmondo e Osvaldo.

CORNOVAGLIA
8Edmondo, addio. – Andate, cercatemi il traditore Gloucester, legatelo come un ladro, e portatelo davanti a noi. [Escono altri servitori.] Sebbene non ci sia lecito sentenziare sulla vita senza le forme della giustizia, il nostro potere tuttavia, userà alla nostra collera una cortesia, che gli uomini potranno biasimare, ma non impedire. Chi è? il traditore?

Rientrano i servi con GLOUCESTER.

REGANA
9L’ingrata volpe! è lui.

CORNOVAGLIA
10Legateli bene strette quelle braccia di cartapecora.

GLOUCESTER
11Che voglion fare le Vostre Grazie? Miei buoni amici, considerate che voi siete ospito miei: non mi fate un tiro mancino, amici.

CORNOVAGLIA
12Legatelo, vi dicho!

[I servi lo legano.

REGANA
13Stretto, stretto. – Schifoso traditore!

GLOUCESTER
14Donna spietata, io non son tale.

CORNOVAGLIA
15Legatelo a questa seggiola. – Scellerato, imarerai…

[Regana gli strappa la barba.

GLOUCESTER
16Per gli dei pietosi, è l’atto il più ignobile, strapparmi la barba così.

REGANA
17Averla tanto bianca, ed essere un traditore simile!

GLOUCESTER
18Donna malvagia, questi peli che tu mi porti via dal mento, si animeranno per accusarti. Voi siete in casa mia: non dovreste strapazzare in questo modo il volto di ospite con le vostr mani di ladri! Che intenderete fare?

CORNOVAGLIA
19Orsù, signore, che lettere avete ricevut, iltimamande, di Francia?

REGANA
20Rispondete schiettamente, tanto la verità la sappiamo.

CORNOVAGLIA
21E quale cospirazione vi lega ai traditori recentemente sbarcati nel regno?

REGANA
22In mano a chi avete mandato il Re demente? Parlate.

GLOUCESTER
23Ho ricevuto una lettera scritta su semplici congetture, che mi è giunta da persona il cui cuoire è neutrale, e non già da una persona avversa a voi.

CORNOVAGLIA
24Astutto!

REGANA
25E falso!

CORNOVAGLIA
26Dove hai mandato il Re?

GLOUCESTER
27A Dover.

REGANA
28Perché a Dover? Non ti era statoo ordinato sotto pena di….

CORNOVAGLIA
29Perché a Dover? Lasciate che risponda a questo.

GLOUCESTER
30Sono legato al palo: ormai debbo sostener l’asslato.

REGANA
31Perché a Dover?

GLOUCESTER
32Perché non volevo vedere le tue unghie crudeli strappar via quei suuoi poveri cocchi di vecchio; né tu la tua feroce sorella cacciare nella sua carne consacrata le sue zanne di cinghiale. Con una tempesta come quela che il suo nudo capo ha soportato, in una notte buia come l’inferno, il mare si sarebbe sollevato e avrebbe spento i fuochi stellati; eppure, povero vecchio cuore, egli con le sue lacrime aiutava il cielo a piovere. Se in questo quel tempo tremendo i lupi avessero ilulato alla tua porta, tu avresti detto: «O buon portiere, gira la chiave, e apri». Ogni altro essere crudele sarebbe stato ammesso: ma io vedrò la vendetta alata piombare addosso a figli come questi!

CORNOVAGLIA
33Vederlo? mai!... Voialtri tenete ferma la sedia…. Sopra cotesti tuoi occhi io ci voglio mettere il mio piede!

GLOUCESTER
34Chi spera di viver tanto da diventar vecchio. Mi dia un po’aiuto! – O crudele! O dei!

REGANA
35Ora una parte del viso schernirà l’altra: via anche l’altr’occhio!

CORNOVAGLIA
36Se vedete la vendetta…

PRIMO SERVO
37Fermante quella mano, signore. io vi servo fin da quando ero bambino, ma non vi ho reso mai un servigio migliore di quello che vi rendo ora, eostandovi a trattenervi.

REGANA
38Che vuoi tu? Cane!

PRIMO SERVO
39Se voi aveste la barba al mento, io gli darei una buona strappata in una disputa come questa. Che cosa pretendete di fare?

CORNOVAGLIA
40Mio gaglioffo!

[Tira fuori la spada, e si slancia verso di lui.

PRIMO SERVO
41Su via, venite avanti e correte il rischio della collera. [Suaina la spada e combattono. Il duca di Cornovaglia è ferito.

REGANA
42 [strappando la spada a un altro servo]Dammi la tua spada. Un villanzone tener testa così!

[Lo colpisce alle spalle.

PRIMO SERVO
43Oh! sono ucciso! Signor mio, vi resta ancora un occhio, per veder cadere su lui la sciagura… oh! [Muore.

CORNOVAGLIA
44S’impedisca che veda altro. – Via, vile gelatina! Dove’è ora la tua luce?

GLOUCESTER
45Tutto è tenebra e desolazione. Dov’è mio figlio Edmondo? Edmondo, accendi tutte le faville dell’affetto che è in natura, per far giustizia di questo atto infame.

REGANA
46Via, traditore scellerato! Tu incochi uno che ti pdia: fu propio lui che fece la rivelazione dei tuoi tradimenti, lui, che è troppo onesto perché abbia pietà di te.

GLOUCESTER
47Oh! la mia follia! Dunque Edgardo fu calunniato…. O dei pietosi, perdonatemi questo, e proteggete lui!

REGANA
48Via, gettatello fouri delle porte e lasciate che egli trovi col fiuto la strada di Dover. – Come va, mio signore? Quela aspetto!

CORNOVAGLIA
49H ricevuto una stocatta. Seguitemi, signora. – Cacciate fuori quello scellerato senz’occhi, e gettate questo manigoldo al letamaio. – Regana, io perdo il sangue a fiotti; questa ferita mi capita in un brutto momento: datemi il vostro braccio.

[Esce il Duca di Cornovaglia, condotto da Regana: I servi sciolgono Gloucester, e lo conducono fuori.

SECONDO SERVO
50Se quell’uomo va a finir bene, io non bado più a commettere qualunque malvagità.

TERZO SERVO
51Se costei vive a lungo, e finisce di morte naturale, tutte le donne diventeranno mostri.

SECONDO SERVO
52Accompagniamo il vecchio Conte, e cerchiamo l’umo di vagabondo si adatta a fer i tutto.

TERZO SERVO
53Va’tu; io anderò a prendere un po’ fi filace e chiare d’uovo, per metterle sulla sua faccia sanguinante. E che il cielo lo assista!

[Escono separatamente.

ATTO QUARTO

SCENA I.

La landa.
Entra EDGARDO.

EDGARDO
1D’altronde meglio così, e spare di essere disprezzato, che vedersi disprezzato e adulato ad un tempo. Chi si trova ridotto al peggio, ad esser la cosa più merchina e più avvilita dalla fortuna, sta sempre nella speranza, e non vive nella paura. Il cambiamento doloroso è quello che muove dal meglio: il peggio va a ritroso verso è quello che muove dal meglio: il peggio va a ritroso verso il sorrizo. Sii, dunque, la benvenuta, o tu, aria impalpabile che io abbraccio: lo sventurato, che col tuo soffio hai gettato nel peggio, non debe nulla alle tue raffiche. Machi viene?... Entra GLOUCESTER, condotto da un vecchio. Mio padre, poveramente condotto! O mondo, mondo, mondo! Se non fosse per i tuoi strani cambiamenti, i quali fanno sì che noi ti odiamo, la vita non si rassegnerebbe alla vechiaia.

VECCHIO
2Mio buon signore, io sono stato un fittaiolo vostro, e di vostro padre, da ottant’anni a wuesta parte.

GLOUCESTER
3Va’ vattene via; mio buon amico, lasciami: i tuoi conforti a me non possono arrecare assolutamente alcun bene; a te possono far del male.

VECCHIO
4Voi non potete vedere la strada vostra.

GLOUCESTER
5Io non ho strada, e quindi non ho bisogno di occhi; quando ci vedevo, ho inciampato. Noi lo vediamo molto spezzo: i mezi di cui disponiamo, ci fanno troppo sicuri, e le nostre mere imperfezioni riescono a vantaggio nostro. Ah, Edgardo, mio caro figliolo, vittima dell’ira del padre tuo ingannato! S’io potessi viver soltanto per arrivare a rivederti col tocco della mia mano, io direi di aver riacquistato gli occhi!

VECCHIO
6Ehi, chi c’è?

EDGARDO
7[in disparte]O dei! Chi può dire: «io sono al peggio»? Ora, io sto peggio di quanto sia stato mai!

VECCHIO
8È Tom, il povero matto.

EDGARDO
9[in disparte]E peggio potrà capitarmi ancora: non è venuto il peggio, finché possiamo dire: «questo è il peggio».

VECCHIO
10Buon diavolo, dove vai?

GLOUCESTER
11È un povero?

VECCHIO
12È un matto, e per giunta anche povero.

GLOUCESTER
13Un po’ di ragione gli rimane ancora, se no non potrebe chiedere l’elemosina. Durante l’uragano della notte scorsa ho visto uno di questi sventuratu, il quale mi fece pensare che l’uomo non fosse altro che un verme: allora mi venne in mente il figlio mio; eppure in quel momento, il mio pensiero gli era poco amico: ma da allira ho sentito ben altro. Noi siamo per gli dei, quel che le mosche sono pe i monelli: essi ci uccidono per loro divertimento.

EDGARDO
14[in disparte]Sarebbe egli possibile? Triste ufficio, questo di dover fare il matto davanti al dolore, irritando se stesso e gli altri. [A Gloucester]Sii benedetto, padrone.

GLOUCESTER
15È costui que poveraccio ignudo?

VECCHIO
16Sì, signor mio.

GLOUCESTER
17Allora, ti prego, va’ pure. Se per amor mio vorrai raggiungerci a un miglio o due di que, sulla via di Dover, fallo per l’antica devozione, e porta da coprirsi a quest’anima ignuda, che io pregherò di condurmi.

VECCHIO
18Ahimè, signore, egli è matto.

GLOUCESTER
19Sciagurati quei tempi, in cui i matti guidano i ciechi! – Fa’ come ti dico, o, piuttosto, fa’ il tuo piacere; soprattutto, va’.

VECCHIO
20Io gli porterò il miglior vestito che ho accada quello che vuole.

[Esce.

GLOUCESTER
21Ehi! povero ignudo!

EDGARDO
22Il povero Tom ha freeddo. [in disparte]Io non posso mentire più a lungo.

GLOUCESTER
23Vieni qua, amico.

EDGARDO
24[in disparte]Eppur lo debbo. – Benedetti costesti tuoi cari occhi, essi stillano sangue.

GLOUCESTER
25Sai la via che conduce a Dover?

EDGARDO
26Barriera e cancello, sentiero per cavalli, e passagio per i pedoni, io conosco tutto. Il povero Tom è stato fatto uscier di senno per lo spavento: Dio ti salvi dal sozzo diavolo, o figlio di un uomo dabbene! Cinque diavoli sono entrati, tutti in una volta, dentro il pvero Tom: Obidicut, quello della lussuria; Hobbidance, principe dei mut; Mahu, principe del furto; Morto, principe dell’assassinio; e Flibbertigibbet, principe delle smorfie e dei lezi, il quale da tempi remoti invasa donne di servizio e cameriere. Dunque, sii benedetto, padrone!

GLOUCESTER
27Tieni, prendi questa borsa, o tu che le sciagure del cielo hanno umiliato a tutti i loror colpi; l’essere io uno sventurarto, rende più felice te: cieli, oprate sempte così! Fate che l’uomo cresciuto nel superfluo e in mezzo ai piaceri, il quale fa suo schiavo il vostro alto ordinamento, e non vuol vedere perch´ñe non sente, provi sul vivo il vostro potere; in questo modo dovrebbe, un equa distribuzione, distruggere l’ecceso, e ogni uomo avere abbastanza. – Conosci Dover?

EDGARDO
28Sì, padrone.

GLOUCESTER
29Là c’è una ripa, la cui testa alta e sporgente guata paurosamente sul circoscritto abisso giù nel mare profondo che essa recinge: tu non hai che a condurmi proprio sull’orlo di essa, ed io rimedierò alla miseria che soffri, con un oggetto di valore che ho con me: giunto a quel luogo, non avrò più bisogno di chi mi conduca.

EDGARDO
30Dammi il braccio: il povero Tom ti condurrà.

[Escono.

SCENA II.

Davanti al palazzo del Duca d’Albania.
Entrano GONERILLA e EDMONDO.

GONERILLA
1Vi do il benvenuto, mio signore: mi meraviglio che il nostro mite marito non ci sia venuto incontro sulla strada. Entra OSVALDO. Ebbene, dov’è il vostro padrone?

OSVALDO
2In casa, signora: ma un uomo non fece mai un simile cambiamento. Gli dissi dell’esercito che era sbarcato: ne sorrise; gli annunziai il vostro arrivo: la sua risposta fu, «tanto peggio»; e quando lo informai del tradimento di Gloucester, e del leale servigio di suo figlio, mi chiamò stolto, e mi dissse che io capivo le cose alla rovescia. Ciò che dovrebbe dispiacergli di più, pare che gli riesca gradito; quello che dovrebbe fragli piacere, par che gli sia odioso.

GONERILLA
3 [a Edmondo]Allora non andate più oltre. Il vile terrore che ha nell’anima, non osa avventurarsi in imprese: egli non vuol sapere di oltraggi che l’obblighino a chiedere una riparazione. I voti che ci confidammo lungo la strada, potranno aver compimento. Edmondo, tornate presso mio fratello; afrettate l’adunata delle sue truppe, e mettetevi a capo delle sue forze: in questa casa è necessario che io cambi arme, e metta la concchi in mano a mio marito. Questo servo fedele sarà il nostro intermediario: prima che molto tempo sia trascorso, se voi osate arrischiarvi per il vostro bene, sentirete che ordine vi darà una donna la quale vi ama. Mettetevi questo; e non parlate. [Gli dà un pegno di amore]Chinate la testa: questo bacio, se osasse parlare, farebbe arrivare l’anima tua fino al cielo. Comprendimi, e addio.

EDMONDO
4Vostro, anche nelle file della morte.

GONERILLA
5Mio carissimo Gloucester! [Esce Edmondo] O, che differenza fra un uomo e uomo! I favori che una donna concede, a te son dovuti: quello sconosciuto usurpa il corpo mio.

OSVALDO
6Signora, ecco il mio padrone!

[Esce.
Entra il DUCA D’ALBANIA

GONERILLA
7Una volta valevo una postola per voi.

ALBANIA
8O Gonerilla! Voi non valete la polvere che il vento sbargato vi soffia in faccia. Il vostro carattere mi fa paura: un essere il quale disprezza la propria origine, non può trovare un argine in se stesso. quel ramo che da sé vuole staccarsi separarsi dal tronco d’onde gli viene il succo vitale, debe appassire per forza, e servire a uso letale.

GONERILLA
9Basta; il vostro sermone è sicocco.

ALBANIA
10La saggezza e la bontà ai vili sembrano cose vili; la sozzura non gusta che se stessa. Che avete fatto? Tigri, non figliole, che mai avete potuto compiere? Un padre, un vecchio pieno di bontà che l’orso arrovellato avrebbe leccato con reverenza, voi, le più barbare, le più snaturate creature del mondo, lo avete reso pazzo! E il mio buon fratello ve lo poté permettere? Un uomo, un principe, da lui cosi beneficato! Se il cielo non manda prontamente i suoi visibili spiriti a mettere un freno a queste orrende colpe, anderà a finire, per forza, che gli uomini si divoreranno tra loro, come fanno i mostri in fondo al mare.

GONERILLA
11Uomo dal fegato di latte! che hai un viso per gli sghiafli, e una testa per gli oltraggi; che sotto i cigli non hai un occhio capace di discerner il tuo onore dalla tua sofferenza delle ingiurie; che non sal che soltanto gli stolti hanno pietà degli scellerati, che vengon puniti prima di aver fatto il male. Dov’è il tuo tamburo? Il re di Francia spiega le sue bandiere nella nostra pacifica terra; il tuo uccisore con l’elmo piumato già minaccia, e tu, sciocco moraleggiante, te ne stai neghittoso, e gridi: «Ahimè! perché mai fa questo?»

ALBANIA
12Guardati in faccia, demonio! La bruttezza che è propia del diavolo non appare così orrenda in lui come in una donna!

GONERILLA
13Oh, vano sciocco!

ALBANIA
14O essere che hai falsato e nascosto la tua natura, vergognati di cambiare le tue sembianze in quell di un mostro! Se la convenienza mi permettesse di lasciare che queste mani obbedissero all’impulsto del mio sangue, esse sarebbero abbastanza buone a slogarti le ossa e fare a pezzi la tua carne: sebbene tu sia un demonio, a te fa scudo una sembianza di donna.

GONERILLA
15Alla bon’ora! eccovi un uomo!... puh!

Entra un Messo.

ALBANIA
16Che notizie?

MESSO
17Oh! mio buon signore, il duca di Cornovaglia è morto; è stato ucciso da un suo servo, metre si accingeva a strappare l’altr’occhio a Gloucester.

ALBANIA
18Gli occhi a Gloucester!

MESSO
19Un servo, che egli stesso si era allevato, preso da un brivido di pietà, si oppsoe ad un simile atto, rivolgendo la spada verso il suo potente padrone; il quale furibundo, si scagliò su di lui, e lo fece cadere morto in mezzo agli astanti, ma non senza aver prima ricevuto quel colpo terribile, che in seguito se l’è prtato via!

ALBANIA
20Ciò mostra che voi esistete, costassù, o giudici supremi i quali potete vendicare così prontamente i nostri delitti quaggiù! Ma il povero Gloucester! ahimè, ha egli perso anche l’altr’occhio.

MESSO
21Tutti e due, tutti e due, mio signore! – Questa lettera, signora, esige una pronta risposta: è di vostra sorella.

GONERILLA
22[da se]Da una parte ciò mi fa molto piacere; ma il fatto che essa è vedova, e il mio Gloucester con lei, può far rovinare, sulla mia vita detesabile, tutto il castello della mia fantasia: d’altra parte, però, la notizia non è tanto agra. – Leggerò e risponderò.

[Esce.

ALBANIA
23Dov’era suo figlio, quando gli strappavano gli occhi?

MESSO
24Era venuto qui con la mia signora.

ALBANIA
25Ma qui non c’è.

MESSO
26No, mio buon signore; l’ho incontrat che ritornava.

ALBANIA
27Lo sa di questa infamia?

MESSO
28Sì, mio buon signore; fu lui che lo denunzio, e lasciò apposta il palazzo, affinché il gastigo loro avesse il più libero corso.

ALBANIA
29Gloucester, io vivo per ringraziartu dell’affetto che hai dimostrato al Re, e per vendicare i tuoi occhi. – Vien qua, amico: dimmi tutto quello che sai ancora.

[Escono.

SCENA III.

Il campo francese vicino a Dover.
Entrano KENT e un Gentiluomo.

KENT
1Perché il re di Francia è ripartito così improvvisamente? ne sapete la ragione?

GENTILUOMO
2Una faccenda di stato che egli aveva lasciata pendete, e che dopo la sua partenza lo preoccupava: essa costituisce per il regno una tale inquietudine e un pericolo così grave, che il ritorno in persona del Re era assolutamente richiesto.

KENT
3Chi ha lasciato al suo posto come generale?

GENTILUOMO
4Il maresciallo di Francia, Monsieur La Far.

KENT
5Le vostre lettere han commosso la Regina, fino a farle dimostrare, in qualche modo, il proprio dolore?

GENTILUOMO
6Sì, signore; le ha prese, le ha lette in mia presenza; ed ogni tanto una grossa lacrima le gocciolava giù per la guancia delicata. Essa sembrava dominare come una regina il proprio dolore: ma questo, da vero ribele, cercava di farsi re di lei.

KENT
7Ah! dunque la cosa l’ha commossa?

GENTILUOMO
8Ma non fino all’ira: la rassegnazione e il dolore facevano a gara a chi esprimeva meglio tutta la sua bontà. Voi avete visto risplendere il sole, e piovere nello stesso momento: ebbene, i suoi sorrisi e le sue lacrime erano uno spettacolo somigliante, ma più vago. Quei dolci sorrisetti che le scherzavano sul vermiglio labbro, sembrava ignorassero che ospiti c’erano negli occhi di lei; i quali ospiti si partivano di là, come perle staccate da due diamanti. Insomma, il dolore sarebbe una cosa peregrina e adorabile, se in tutti potesse essere così bello.

KENT
9Non vi ha fatto nessuna domanda?

GENTILUOMO
10In verità, una o due volte ha pronunziato il nome «padre» con un palpito nella voce, come se le opprimesse il cuore; ha gridato: «Sorelle! sorelle! o mie sorelle, obbrobrio delle donna! Kent! Padre! sorelle! Come? in mezzo all’uragano? di notte? Oh non si creda phi alla pietà!». A questo punto essa lasciò cader giù l’acqua santa dai suoi occhi di cielo, e così stemperò le sue grida di dolore: poi scappò via, per intrattenersi sola con la sua angoscia.

KENT
11Sono le stelle, le stelle al di spra di noi, che governano le nostre inclinazioni: altrimenti il medesiomo connubio non podrebbe dare originie a prole così diversa. Non le avete più parlato da allora?

GENTILUOMO
12No.

KENT
13Questo avveniva prima che il Re ritornasse?

GENTILUOMO
14No, dopo.

KENT
15Ebbene, signore; il povero e sventuraro Lear è nella città, e qualche volta, nei suoi momento migliori, egli si ricorda perché siamo venuti qui; ma non vuol saperne a nessun costo di vedere la sua figliola.

GENTILUOMO
16Perché, mio buon signore?

KENT
17Una suprema vergogna lo tira indietr così. La durezza ond’egli la privò della sua benedizione, l’abbandonò alla ventura presso lo straniero, dette via alle altre sue figliole, dal cuore di cane, i sacrosanti diritti di lei: tutte queste cose pungino il suo pensiero con sì acerbo rimorso, che una vergogna scottante lo trattiene lontano da Cordelia.

GENTILUOMO
18Ahimè, pover’uomo!

KENT
19Degli eserciti dei duchi di Albania e di Cornovaglia ne avete sentito parlare?

GENTILUOMO
20È prorpio vero: sono in armi.

KENT
21Sta bene, signore, vi condurrò da Lear, nostro padrone, e vi lascerò presso di lui, perché gli prestiate i vostri servigi. Una ragione preziosa mi costringe ad avvolgermi, ancora per poco, nel manto del travestimento: quando sarò conosciuto quale io sino, non vi dorrete di esservi dimostrato mio amico. Vi prego, venite con me.

[Escono.

SCENA IV.

Lo stesso luogo. Un accampamento.
Entrano, con tamburi e bandiere, CORDELIA, un medico, e alcuni soldati.

CORDELIA
1Cordelia. Ahimé! è lui: si, l’hanno incontrato podanzi, pazzo come il mare in tempesta: egli cantava a gran voce, incoronato d’acre fumaria e di erbacce di solco, di lappole, di cicuta, di ortiche, di billéri, di loglio e di tutte le inutili erbe che crescono in mezzo al grano che ci sostenta, − Si faccia uscir fuori una centuria; si frughi ogni palmo di terra, nella campagna dove sono alte le messi, ed egli sia coudotto dinanzi agli occhi nostri. [Esce un ufficiale] Che cosa può fare la scienza umana per rendergli il senno che ha percluto? Chi lo guarisce, si prenda tutti i beni che io possiedo.

MEDICO
2Signora, v’ha un mezzo: la nostra natural nutrice è la calma del sonno, del quale egli manca; per conciliarlo a lui, vi sono molte erbe efficacissime, la cui virtù fa chiuder gli occhi all’angoscia.

CORDELIA
3O voi tutti, segreti benedetti, voi tutte, arcane virtù della terra, germogliate sotto le mie lacrime! Portate aiuto e rimedio all’affanno di quelfuomo buono! − Cercatelo, cercatelo, per tema che la sua furia irrefrenabile abbia a di strugger la sua vita, alla quale manca la ragione che la guidi.

Entra un Messo.

MESSO
4Notizie, signora: le truppe britanne marciano a questa volta.

CORDELIA
5Si pageva già; i nostri preparativi stanno in attesa del loro arrivo – O caro padre mio, ciò che a me sta a cuore, è la tua causa; e per questo il nobile re di Francia ha avuto pietà del mio dolore e delle mie lacrime insistenti. Non tronfia ambizione muove le nostre armi, ma l’amore, un tenero amore, e i diriti del vostro vecchio padre: oh, ch’io possa sentir presto la sua voce e rivederlo!

[Escono.

SCENA V.

Un stanza nel castello di Gloucester.
Entrano REGANA e OSVALDO.

REGANA
1Ma le truppe di mio fratello sono scese in campo?

OSVALDO
2Sì, signora.

REGANA
3E lui v’è in persona?

OSVALDO
4Sì, signora, ma molto a malincuore: vostra sorella è, dei due, il soldato migliore.

REGANA
5Monsignore Edmondi non ha parlato col vostro padrone, al castello?

OSVALDO
6No, signora.

REGANA
7Che può contenere la lettera di mia sorella a lui?

OSVALDO
8Non lo so, signora.

REGANA
9Certamente, egli è partito di qui per qualche grave faccenda. Fu un grande errore lasciar vivere Gloucester, dopo avergli cavato gli occhi: dovunque va, egli solleva il cuore di tutto contro di noi. Edmondo, io credo, mosso a pità della sua misera sorte, è andato a sbarazzarlo di una vita su cui è scesa la notte; e al tempo a spiare la forza del nemico.

OSVALDO
10Io debbo assolutamente affrettarmi a raggiungerlo con la mia lettera, signora.

REGANA
11Le nostre truppe scendono un campo domani: rimanete con noi; le strade sono pericolose.

OSVALDO
12Non posso, signora; la mia padrona ha impiegnato il mio zelo in questo affare.

REGANA
13Che raggione aveva di scrivergli, a Edmondo? Voi non potevate riferirgli a voce i suoi disegni? Suppongo che si tratti di una cosa… non so precisamente…. Io ti vorrò molto bene: lasciami dissuggellare questa lettera.

OSVALDO
14Signora, preferirei piuttosto….

REGANA
15Io so che la vostra padrona non ama suo marito; ne sono sicura: e l’ultima volta che fu qui, essa dava al nobile Edmondo delle occhiate strane, e degli sguardi che parlavano molto chiaro. Lo so, voi siete il suo confidente.

OSVALDO
16Io, signora?

REGANA
17So quel che mi dico; voi siete il suo confidente, lo so. Perciò, ve ne avverto, ricordatevi bene di questo: mkio marito è morto; io ed Edmondo ci siamo intesi; egli conviene più alla mia mano che a quella della vostra signora…. Voi, quindi, potete trarne la conclusione. Se lo trovate, vi prego, dategli questo; e quando la vostra padrona sentirà da voi tutto ciò, di grazia, esortatela a fare appello alla sua saggezza. Dunque, addio. Se per caso sentite parlare di quel traditore senz’occhi, ricordatevi che avrà una bella promozione, chi lo leverà di mezzo.

OSVALDO
18Così potessi incontrarlo, signora: vi farei vedere io, da quale parte tengo!

REGANA
19State bene!

[Escono.

SCENA VI.

La campagna vicino a DOVER.
Entrano GLOUCESTER e EDGARDO travestito da contadino.

GLOUCESTER
1Quando arriverò sulla cima di quel monte?

EDGARDO
2Cominiciate a salirla proprio ora: osservate come fatichiamo!

GLOUCESTER
3A me pare che il terreno sia piano.

EDGARDO
4L’erta è terribile! Ascoltate, lo sentite il mare?

GLOUCESTER
5No, davvero.

EDGARDO
6Ebbene, allora si vede che gli altri sensi vi si indeboliscono per lo spasimo degli occhi.

GLOUCESTER
7Può essere savvero. Mi pare che la tua voce sia cambiata; e che tu parti esprimedoti megli, e con più costrutto, di quel che facevi prima.

EDGARDO
8Vi ingannate molto: nulla è cambiato in me, se non i miei panni.

GLOUCESTER
9A me pare che voi parliate meglio.

EDGARDO
10Avanti, signore; eccoci arrivati al luogo: non vi movete. Come fa paura, e come gira la testa, a ficcare gli occhi così in fondo! I corvi e le gracchie, che batton con l’ala lo spazio frapposto, sembrano appena grossi come scarafaggi: giù a mezza costa c’è uno sospeso che raccoglie il ginocchio marino: mestiere spaventevole! a me egli non pare più grande della sua testa. I pescatori che van lungo la spiaggia, sembrano topi, e quel grosso bastimento laggiù, sull’ancora, appare ridotto alle dimensioni della sua lancia; e la sua lancia a quelle di un gavitello così piccolo, che sfugge quasi alla vista. Il fiotto che mormora, e struscia sulle innumeri, pietruzze inerti, non può essere udito a quest’altezza. Non voglio guardar più, per paura che il mio cervello sia preso dalla vertigine, e la vista, smarrita, precipiti giù a capo fitto.

GLOUCESTER
11Mettimi costà dove sei tu.

EDGARDO
12Datemi la mano; ora siete ad un passo dall’estremo orlo del precipizio: per tutto quello che c’è sorto la luna, io non farei un salto sui piedi.

GLOUCESTER
13Lasciami andare la mano. Amico, eccoti un’altra borsa; dentro c’è un gioiello, che mette conto a un povero di prenderlo: le fate e gli dei te lo rendano propizio! Allontanati; dimmi addio, e fa’ chi’io ti senta andar via.

EDGARDO
14Allora addio, buon signore.

GLOUCESTER
15Con tutto il cuore.

EDGARDO
16[in disparte]Se io scherzo in questo modo con la sua disperazione, lo faccio per guarirlo.

GLOUCESTER
17 [inginocchiandosi]O dei possenti, io rinuncio a questo mondo, e sotto gli occhi vostri scuoto di dosso, rasseganto, la mia grande sventura; se potessi sopportala più a lungo, senza bisticciarmi con la vostra incontrastabile volontà, il lucignolo di questo aborrito avanzo della mia esistenza brucerebbe fino in fondo. Se Edgardo vove, oh, beneditelo! – Ora, amico, sta’ bene.

EDGARDO
18Me ne vado, messere : addio. [Gloucester si getta in avanti e cade] [In disparte]Eppure io non so quanto l’immaginazione possa rubare il tesoro della vita, quando la vita stessa si abbandona al furyo. Se egli fosse stato dove pensava di essere, a quest’ora il suo pensiero non esisterebbe più. Vivo o morto?... Olà, messere! amico!... Udite voi, messere?... parlate!... Che sia potuto morir davvero così?... no, egli ritorna in sé. Chi siete, messere?

GLOUCESTER
19Vattene, e lasciami morire.

EDGARDO
20Se tu fossi stato altro che un pappo, una penna o un soffio d’aria, precipitando da un’altezza di tante braccia ti saresti sfracellato come un ovo: ma invece tu respiri; tu hai sostanza che pesa, eppure non sanguini; parli; sei sano e salvo. Dieci alberi di nave, messi l’uno su l’altro, non fanno l'altezza dalla quale tu sei caduto perpendicolarmnete: la tua vita è un miracolo. Via, parla ancora.

GLOUCESTER
21Ma io sono caduto, o no?

EDGARDO
22Dalla sommità spaventosa di questo confine cretoso. Guarda su in alto; l’allondola dalla gola acuta da questa distanza non può essere né vista né sentita: gurda, solo per un momento, in su.

GLOUCESTER
23Ahimè! io non ho più occhi. Alla sventura è dunque tolto il bendicio di metter fine a se stessa con la morte? C’era ancora un conforto, allorché il dolore poteva ingannare la rabbia del tiranno, e render vano il suo orgoglioso volere.

EDGARDO
24Datemi il bracio: su…. così…. Come va? Ve le sentite le gambe? Vedo che vi regggete.

GLOUCESTER
25Troppo bene, troppo bene.

EDGARDO
26Ciò è al di sopra di ogni inverosimiglianza. Che cos’era quell’essere che si separò da voi sulla cima della rupe?

GLOUCESTER
27Un povero disgraziato mendicante.

EDGARDO
28Mentre stavo quaggiù, a me parve che gli occhi suoi fossero due lune piene; aveva un migliato di nasi, delle corna bernoccolute, e ondulate come il mare quando è pieno di sochi: era qualhe demonio; perciò, o tu padre avventurato, pensa che gli dei più puri, i quali si fanno una gloria delle impossibilità umane, ti hanno salvato.

GLOUCESTER
29Ora ricordo bene: d’oggi innanzi sopporterò la mia afflizione, finché essa stessa mi gridi: «basta, basta» e muoia. Quell’essere di cui tu parli, io lo presi per un uomo; spesso ripeteva: «il demonio, il demonio». Mi ha condotto lui lassu.

EDGARDO
30Nutri pensieri sereni e rassegnati. – Ma chi viene? Entra LEAR, fantasticamente adorno di fiori selvatici. Una mente sana non acconcerà mai così il suo padrone.

LEAR
31No, non mi possono toccare per aver battuto moneta: io sono il Re in persona.

EDGARDO
32O vista che trafiggi il cuore!

LEAR
33La natura in questo rispetto è al di sopra dell’arte…. Eccovi il soldo del vostro arrolamento…. Quel ragazzo impugna l’arco come uno spaventapasseri: tirami una fraccia della lunghezza di un metro di drappiere…. Guarda, guarda, un topo. Zitto, zitto, questo pezzetto di formaggio abbrustlito è quello che ci vuole…. Ecco il mio guanto di ferro, voglio provarlo sopra un gigante…. Fate avanzare le alabarde brunite…. Oh! ben volato, uccello!... nel centro! nel centro!... Za!... Dammi la parola d’ordine.

EDGARDO
34Dolce maggiorana.

LEAR
35Passa.

GLOUCESTER
36Conosco quella voce.

LEAR
37Ah! Gonerilla!... con la barba bianca! Mi accarezzavano come un cane; e mi dicevano che avevo dei peli bianchi nella barba, prima che ci fossero quelli neri. Dire «si» e «no» a tutto quello che dicevo io!... Questo «si» e «no» non era, anch’esso, buona teologia. Quando la pioggia, un bel giorno, venne ad innaffiarmi, e il vento a farmi battere i denti; quando il tuono non volle stare zitto al mio comando, allora ho conosciuto chi fossero, allora ho fiutato chi erano. Via, non sono gente di parola: mi dicevano che io ero tutto; è una menzogna, io non reggo ad un attacco di febbre.

GLOUCESTER
38Il timbro di quella voce io lo ricordo bene: non è il Re?

LEAR
39Sì, un re in ogni palmo. Quando gli fisso gli occhi in faccia, guarda come il suddito trema. A quell’uomo io gli faccio grazia della vita.... quale fu la tua colpa.?... L’adulterio?... Tu non morrai: morire per un adulterio! No: fin lo scricciolo lo commette, e il moscerino dorato si abbandona alla lussuria sotto gli occhi miei. Si lasci fiorire in pace l’accoppiamento dei sessi: poiché il fxglio bastardo di Gloucester fu piil amoroso verso suo padre, di quel che non siano state con me le mie figliole, generate fra legittime coltri. Buttatici, lussuria, alla rinfusa! poiché io ho bisogno di soldati .... Guardate quella signora là, che sorride scioccamente, che ha una faccia, la quale vi farebbe credere, che fra le sue gambe ci stesse di casa la neve; che fa la santerellina, scote il capo scandalizzata a sentir pronunziare il nome del piacere: ebbene, la puzzola e il cavallo pasciuto d’erba fresca non ci si buttano con un appetite più sfrenato. Dalia. vita in giù esse sono dei centauri, sebbene nella parte superiore siano donne; solo fino alla cintola appartengono agli dei, la parte di sotto è tutta del demonio: li c’è l’inferno, lì ci sono le tenebre, lì c’è l’abisso sulfureo, che brucia, che scotta, c’è il fetore, la consunzione .,.. via, via, via! puah! puah! Dammi un’oncia di zibetto, per profumare la mia immaginazione, o buon farmacistai ecco qua del denaro per te.

GLOUCESTER
40Oh! lasciate che io baci quella mano!

LEAR
41Prima lasciatemela asciugare: essa puzza di mortalità!

GLOUCESTER
42O capolavoro della natura, mandato in rovina! Questo gran mondo finirà così nel nulla…. Mi riconosci u?

LEAR
43Ricordo abbastanza bene gli occhi tuoi. Mi guardi in tralice? No fa’ pure del tuo peggio, o cieco Cupido, io non voglio amar più…. Leggi questa sfida; osserva soltanto come è scritta.

GLOUCESTER
44Se le tue lettere fossero tutte dei soli, io non potrei arrivare a vederne una.

EDGARDO
45[da sé]Se uno me raccontasse, io non ci crederei; eppure è vero, e il mio cuore a tanto si spezza.

LEAR
46Leggi.

GLOUCESTER
47Come! con le occhiaie vuote?

LEAR
48Oh! oh! proprio questo mi volete dire? Senz’occhi nella testa, e senza denari nella vorsa? Il vuoto degli occhi è grave, quello della borsa è leggero: eppure, voi vedete lo stesso come va questo mondo.

GLOUCESTER
49Lo vedo col sentimento.

LEAR
50Come! sei pazzo? Un uomo può vedere anche senza gli occhi, come va il mondo. Garda con gli orecchi: vedi come quel giuduce l¡a maltratta quel ladroncello. Ascolta in un orecchio: cambia i loro posti e, ruota, ruota, quale è il giudice, e quale è il ladro?... Hai mai visto il cane di un fattore abbaiare dietro a un povero?

GLOUCESTER
51Sì, signore.

LEAR
52E il pover’uomo scappare davanti al cagnaccio? Allora hai ptuto osservare la grande immagine dell’autorità: un cane che è obbedito quand’è nelle sue funzioni…. Birbante d’un aguzzino, ferma la tua mano sanguinosa! Perché frusti quella puttana? Denuda le tue proprie spalle: tu ardi dalla brama di usare con leu in quel modo, per il quale, appunto, tu la frusti. L’usuraio impicca il truffatore. Atraverso le vesti stracciate si mostrano i vizi minori: i robono e le pellicce li nascondono tutto giustizia si spezza innocua: armalo di stracci, la paglia di un pgmeo lo trafigge. Nessuno è colpevole, nessuno, dico, nessuno: resto garante io. Credilo a me, amico mio, a me che ho il potere di suggellare le labbra dell’accusatore. Mettiti gli occhiali, e, come un volgare politicastro, fingi di vedere ciò che non vedi…. Via, via, via, via, levatemi le scarpe…. più forte, più forte… così!

EDGARDO
53[in disparte]Oh! miscela di buon senso e di straqvaganza! La ragione nella follia!

LEAR
54Se vuoi piangere sulle mie sventure, prenditi gli occhi miei. Io ti risconosco assai bene; il tuo nome è Gloucester: bisogna che tu abbia pazienza. Noi siamo venuti quaggiù piangendo: lo sai bene, la prima voslta che sentiamo l’odore dell’aria, mandiamo un vagito e ci mettiamo a piangere. Io ti farò una predica: fammi attenzione.

GLOUCESTER
55Ahimè, ahimè, funesto giorno!

LEAR
56Appena nati, noi piangiamo per esser venuti in questo grande teatro di pazzi…. Questa è una bella forma di cappello!... Sarebbe un sottile stratagemma ferrare i piedo col feltro a uno squadrone di cavalleria: voglio far la prova; e quando sarò piombato addosso di soppiatto a questi mii generi, allora ammazza, ammazza, ammazza, ammazza, ammazza, ammazza!

Entra un Gentiluomo con una scorta.

GENTILUOMO
57FFFp.301 NO SE PUEDE LEER

LEAR
58Nessuno mi soccore? Come! priggionero? Io sono proprio nato per essere lo zimbello della fortuna…. Trattatemi bene; avrete il prezzo del riscatto. Fatemi avere dei cerusici: io sono colpito al cervello.

GENTILUOMO
59Avrete ogni cosa.

LEAR
60Non uno che mi assista? Tutto da me solo? Ecco…. ciò trasformetebbe un uomo in un uomo di lacrime, e gli occhi suoi potrebbero servire da annaffiatorio per il giardino, e per smorzare la polvere d’autunno.

GENTILUOMO
61Mio buon signore…

LEAR
62Io morirò coraggiosamente, con l’aria di uno sposo novello tutto attillato. Come! Voglio essere d’umore allegro; via, via, io sono un re, signore miei, lo sapete?

GENTILUOMO
63Voi siete un re, infatti, e noi vi obbediamo.

LEAR
64Allora, c’è sempre speranza. Ma se mai lo raggiungete, lo raggiongerete correndo. Su, su, su, su.

[Esce correndo; gli uomini di scorta lo inseguono.

GENTILUOMO
65Vista pietosissima, nel più umile degli sventurati: al di sopra di ogni parola, un un re! – Tu hai una figliola, che redime la natura dalla maledizione generale, a cui l’avevano condotta le altre due.

EDGARDO
66Salute, cortese signore!

GENTILUOMO
67Signore, il cielo vi aiuti! che cosa volete?

EDGARDO
68Sentite dir nulla, di una battaglia imminente?

GENTILUOMO
69È certissimo, e a tutti noto; ne sente parlare chiunque è capace di percepire un suono.

EDGARDO
70Ma, di grazia, a che distanza si trova l’altro esercito?

GENTILUOMO
71Vicino, e s’avanza a gran assi; si crede che il grosso sarà in vista da un’ora all’altra.

EDGARDO
72Vi ringrazio, signore: questo è quanto volevo sapere.

GENTILUOMO
73Sebbene, la Regina sia qui… sue ragioni speciali, il suo esercito è in marcia. NO SE LEE BIEN

EDGARDO
74Vi ringrazio, signore.

[Esce il Gentiluomo.

GLOUCESTER
75O dei sempre benigni, toglietemi voi la vita; non permettete che il mio cattivo genio mi induca un’altra volta nella tentazione di morire prima che piaccia a voi!

EDGARDO
76Voi pregate bene, padre.

GLOUCESTER
77Ma voi, mio buon signore, chi siete?

EDGARDO
78Un uomo poverissimo, domato dai colpi della fortuna; uno il quale, per l’esperienza dei colori conosciuti e sentiti, è pronto alla pietà umana. Datemi la mano, io vi condurrò in qualche asilo.

GLOUCESTER
79Grzie di cuore: e la benevolenza e la benedizione del cielo per giunta e con usura!

Entra OSVALDO.

OSVALDO
80La taglia bandita! Quale fortuna! Cotesto tuo capo senz’occhi fu incarnato dapprima per accrescere le mie ricchezze. O vecchio e sciagurato traditore, ripensa in fretta ai tuoi peccati: − la spada che ti debe distruggere è pronta.

GLOUCESTER
81Su via, la tua amica mano mettta, nel farlo, la forza necessaria.

[Edgardo s’interpone.

OSVALDO
82Insolente d’un contadino, perchñe osi sostenere un uomo dichiarato pubblicamente traditore? Vattene; per paura che il contagio della sua sorte non si attacchi anche a te. Lascia andare il suo braccio.

EDGARDO
83Io non lo lascio ire senza un’altra ragione meglio.

OSVALDO
84Lascialo andare, marrano, o tu se’ morto.

EDGARDO
85Senta, signore, se ne vadi per il su’ cammino, e lasci ire in pace la povera gente. Se m’avesse dovuto mandare all’altro mondo un prepotente, la mi’ vita ‘un sarebbe durata quindici giorni. Via, non s’accosti tanto al vecchio: stii a distanza, glie l’avverto, se no, s’ha a vedere s’è più dura la su’ zucca, o ’l mi’ leccio. Gli parlo chiaro, io.

OSVALDO
86Va’ via, mucchio di letame!

EDGARDO
87Badi, gli stuzzicherpò i denti con questo stecchino. Si faccia avanti: non mi fanno mica paura le su’ botte.

[Si battono, ed Edgardo lo accoppa.

OSVALDO
88Marrano, mi hai ucciso…. Ribaldo, prendi la mia borsa. Se un giorno vuoi star bene, seppellisci il mio corpo, e consegna le lettere che mi troverai indosso, a Edmondo conte di Gloucester: cercalo nel campo inglese; o morte intempestiva!

[Muore.

EDGARDO
89Io ti conosco bene: tu sei un servizievole scellerato; compiacente coi vizi della tua padrona, quanto la malvagità avrebbe potuto desiderare.

GLOUCESTER
90Che! è morto?

EDGARDO
91Mettetevi a sedere, padre; riposatavi. – Guardiamogli nelle tasche: può essere che le lettere delle quali egli parla mi siano amiche…. È morto: mi dispiace soltato che egli non abbia avvuto ben altro boia. – Vediamo: − Cedi, o compiaccente cera dei suggelli; e tu, buona creanza, non rimproverarmi. Per conoscere il pensiero dei nostri nemici noi apriremmo loro il cuore: aprirne gli scritti è cosa ancor più lecita. [Legge]«Ricordatevi dei nostri voti reciproci. Voi avrete molte occasioni per levarlo di mezzo: se non vi manca la volonta, tempo e luogo favorevoli vi si offriranno in abbondanza. Nulla è fatto, s’egli ritorna vincitore: in questo caso io sono sua prigioniera, e il suo letto è la mia prigione. Liberatemi dall’aborrito tepore di quel letto, ed occupate voi il posto di lui, in ricompensa del vostro disturbo. Vostra (vorre poter dire moglie! serva affezionata, GONERILLA». O incommensurabile estensione d’una bramosia di donna! Un complotto contro la vita del suo virtuoso marito, e a sostituirlo, mio fratello! – Qui, sotto la sabbia, io ti seppellirò, empio messaggero di lascivi assassini;e, al momento opportuno, con questo foglio infame aprirò gli occhi al Duca, del quale si trama la morte. ben per lui, che io posso narrargli della tua morte e della tua missione!

GLOUCESTER
92Il Re è impazzito: come è tenace la mia sciagurata ragione, in virtpu della quale io resisto, ed ho piena coscienza delle mie immani sventure! Meglio che io fossi pazzo: così i miei pensieri sarebbero separati dalle mie angosce; e le mie sventure, per effetto di un falso immaginare, perderebbero la coscienza di se stesse.

[Rumore di tamburi in distanza.

EDGARDO
93Datemi la mano: mi pare di sentire, in distanza, il rullo del tamburo. Andiamo, padre, io vi affiderò ad un amico.

[Escono.

SCENA VII.

Una tenda nel campo francese.
Entrano CORDELIA, KENT, un Dottore e un Gentiluomo.

CORDELIA
1O mio buon Kent! come potrò io vivere tanto e far tanto, da ricompensare la tua bontà? La mia vita sarà troppo breve, ed ogni sforzo non mi basterà.

KENT
2Essere ringraziato, signora, è esser pagato ad usura. Tutte le mie informiazioni vanno d’accordo con l’esatta verità: nulla ho aggiunto, nulla ho tolto, le cose stanno prprio così.

CORDELIA
3Vestiti meglio: questi panni sono un ricordo di ore troppo tristi: te ne prego, mettili via.

KENT
4Perdono, cara signora; l’essere riconosciut in questo momento, farebbe fallire lo scopo che mi sono proposto: io vi domando, come un favore, che voi non mi riconosciate, finché il tempo ed io non lo crediamo opportuno.

CORDELIA
5Allora sia così, mio buon signore. – [Al Dottore]Come sta il Re?

DOTTORE
6Signora, dorme ancora.

CORDELIA
7O dei pietosi, chiudete voi la grande ferita che è stata aperta nella sua oltraggiata natura! Oh! ristabilite l’armonia e l’accprdo dei sensi di questo padre ridotto un fanciullo.

DOTTORE
8Ci consenta, Vostra Maestà, di svegliare il Re: egli ha dormito a lungo.

CORDELIA
9Lasciatevi guidare dalla ostra scienza, e seguite l’ispirazione della vostra volontà. È vestito come a lui si conviene?

Entra LEAR su una sedia portata da servi.

DOTTORE
10Sì, signora; in un momento di sonno profondo, gli abbiamo messo indosso degli abiti nuovi.

KENT
11State pure viccina a lui, mia buona signora, quando lo svegliamo; io non dubito della sua calma.

CORDELIA
12Benissimo.

[Musica.

DOTTORE
13Di grazia, avvicinatevi. – Più forte, là quella musica!

CORDELIA
14O mio caro babbo! La guarugione metta sulle mie labbra la medicina che ci vuole per te: e questo baccio ripari i danni violenti, che le mie due sorelle hanno fatto nella tua veneranda vecchiaia!

KENT
15Affettuosa e cara principessa!

CORDELIA
16Ance se tu non fossi stat il padre loro, queste ciocche bianche di capellli avrebbero dovuto suscitate la loro pietà. Era questa una testa che doveva esser lasciata a lottare contro i venti in guerra, e a sfidare il cipo tuono dalla folgore tremenda? che doveva restare sitti il terribile e agile guizzo del lampo, sepeggiante rapido pel cielo? e vigilare – povera sentinella perduta! – coperta soltanto con questo sottile elmo? Il cane del mio nemico, se anche mi avesse morso, avrebbe dovuto passare una notte come quella accanto al fuoco. E tu, povero babbo, fosti costretto a metterti al riparo insieme con dei maiali e dei vagabondi senza tetto, su pocoa ed ammuffita paglia! Ahimè, ahimè! È un miracolo che la tua vita e la tua ragione non abbiamo cessato di esistere, interamente, nel medesimo tempo. – Si sveglia; parlategli.

DOTTORE
17Signora, parlategli voi; è molto meglio.

CORDELIA
18Come sta il mio regale signore? Come si sente Vostra Maestà?

LEAR
19Fate male a trarmi fuori dalla tomba….Tu sei un’anima nella beatutudine; ma io sino legato sopra una ruota di fuoco, sicché le mie lacrime stesse scottano come gocciole di piombo fuso.

CORDELIA
20Signore, mi riconoscete?

LEAR
21Voi siete uno spirito, lo so. Quando siete morta?

CORDELIA
22Ancora, ancora, tanto divaga!

DOTTORE
23È appena sveglio: lasciatelo tranquillo per un momento.

LEAR
24Dove sono stato? Dove sono?... La bella luce del giorno?... Io sono vittima di un grande iganno…. Certo io morrei di pietà a vedere un altro così…. Non so che cosa dire…. Io non lo giurerei che queste sono le mie mani; vediamo: Io sento che questo spillo buca. Oh, quanto vorrei esser certo del mio stato!

CORDELIA
25Oh! guardatemi, signore, e alzate le vostre mani su me per benedirmi…. No, signore, voi non dovete inginochiarvi.

LEAR
26Vi prego, non vi fate gioco di me; io sino uno scioxxo e svanito vecchio di ottant’anni passati, né un’ora di più né una di meno; e, per esser franco, temo di non aver la mente del tutto al posto. Mi sembra di conoscervi, e di conoscere quest’uomo; ma sono in dubbio, poiché ignoro assolutamente che luogo è questò: per quanto io faccia non risco a ricordarmi di questi abiti; né so rendermi conto dove io abbia allogiato la notte socrsa. Non ridete di me…. Poiché, come è vero che sono un uomo, io credo che questa signora sia la mia figliola Cordelia.

CORDELIA
27E infatti sono io, sono io!

LEAR
28Le vostre lacrime sono di quelle che bagnano? Sì, davvero! Vi prego, non piangete; se avete del veleno per me, lo beverò. Io lo so che voi non mi amate…. perché…. le vostre sorelle, come ben ricordo, mi hanno maltrattato: voi avete una ragione…. loro non l’hanno.

CORDELIA
29Nessuna, nessuna, io.

LEAR
30Sono in Francia?

KENT
31Nel vostro regno, signore.

LEAR
32Non mi ingannate.

DOTTORE
33Rassicuratevi, buona signora: l’accesso di furore è vinto in lui; ma sarebbe pericoloso metterlo al corrente del tempo ch’egli ha perduto. Consigliatelo a rientrare disturbate più, finché le sue condizioni non siano migliorate ancora.

CORDELIA
34Farebbe piacere a Vostra Altezza di ritirarsi?

LEAR
35Voi dovete aver pazienza con me. Ve ne prego, dimenticate e perdonate; io sono vecchio e non ho più la testa a segno.

[Escono Lear, Cordelia, il Dottore e il seguito]

GENTILUOMO
36Messere, è confermato che il dica di Cornovaglia è stato ucciso così?

KENT
37Certissimo, signore?

GENTILUOMO
38Chi è alla testa delle sue genti?

KENT
39A quel che si dice, il figliolo bastardo di Gloucester.

GENTILUOMO
40Dicono che Edgardo, il suo figliolo esiliato, sia col conte di Kent in Germania,

KENT
41Eh, se ne dicon tante! È tempo di stare all’erta: le forze del regno si avvicinano a grandi passi.

GENTILUOMO
42La decisione probabilmente sarà sanguinosa. State bene, messere.

[Esce.

KENT
43Il mio scopo e il mio segno sarà raggiunto bene o male, secondo l’esito della battaglia doggi.

[Esce.

ATTO QUINTO

SCENA I.

Il campo dell’armata britannica presso Dover.
Entrano, con tamburi e bandiere, EDMONDO, REGANA, ufficiali, soldati ed altri.

EDMONDO
1Sentite dal Duca se segli è nel suo ultimo proposito, o se in seguito sia stato indotto, da qualche ocsa, a cambiare d’avviso. Egli è pieno di titubanza e di pentiment. Portatemi la sua risoluzione deinitiva. [A un ufficiale che esce.

REGANA
2Al servitore di nostra sorella deve essere, certamente, seguìto male.

EDMONDO
3C’è ragione di sospettarlo, signora.

REGANA
4Ora, amabile signore, voi sapete le mie buone intenzioni a vostro riguardo: rispondetemi dunque, sinceramente (ma dite proprio la verità): voi non amate mica mia sorella?

EDMONDO
5Di un affetto rispettoso.

REGANA
6Ma non avete mai trovato la strada riservata a mio fratello, la quale conduce al luogo proibito?

EDMONDO
7Questo pensiero vi fa torto.

REGANA
8I ho il dubbio che voi siate stat congiunto e intrinseco con lei per tutto quel che possiamo chiamare suo.

EDMONDO
9No, sul mio onore, signora.

REGANA
10Io non glieo permetterò mai: mio buon signor, voi non dovete avere nessuna familiarità con lei.

EDMONDO
11Non temete di me. – Lei, e il Duca suo marito!

Entrano con tamburi e bandiera il DUCA D’ALBANIA, GONERILLA, e soldato.

GONERILLA
12[in disparte]Preferirei perdere la battaglia, piutosto che quella mia sorella dovesse separare lui e me.

ALBANIA
13Ben trovata, nostra amatissima sorella. – Signore, questo è ciò che io ho sentito: che il Re è andato presso la sua figliola, insieme con altre persone, che il rigore del nostro governo spinse a gridare aiuto. Là dove non potei essere onesto, io non fui mai valoroso: questo affare ci tocca, in quanto la Francia invade il nostro paese; ma non perché essa rinfranca il Re, insieme con altri che, io lo temo purroppo, giustissime e gravissime ragioni fanno levare contro di noi.

EDMONDO
14Signore, vi parlate nobilmente,

REGANA
15Che c’entra questodiscorso?

GONERILLA
16Uniamoci contro il nemi: poiché qui non si tratta di questioni private e personali come queste.

ALBANIA
17Allora stabiliamo, d’accordo con gli uomini di guerra più provetti, il nostro piano di battaglia.

EDMONDO
18Sarò subito alla vostra tenda.

REGANA
19Sorella, voi venite con noi?

GONERILLA
20No.

REGANA
21Ciò è molto opportuno: ve ne prego, venite con noi.

GONERILLA
22[da sé]Oh! Oh! Comprendo l’engima! – Vengo.

Entra EDGARDO travestito.

EDGARDO
23Se Vostra Grazia ebbe mai a parlare con un umo così povero, vogliate ascoltare da me una parola.

ALBANIA
24Vi raggiungerò. – Parlate.

[Escono Edmondo, Regana, Gonerilla, gli ufficiali, i soldato, e le persone del seguito.

EDGARDO
25Prima di attacare battaglia aprite questa lettera. Se avrete la vittoria, fate sonare la tromba per chiamare chi ve la portò: per quanto miserabile vi sembri, io posso presentare un campione, il quale sarà in grado di provare ciò che è affermato in quella lettera. Se perdete, per voi è finita nel mondo, e cessa ogni trama. La fortuna vi assista!

ALBANIA
26Aspettate, finché io abbia letta la lettera.

EDGARDO
27Mi è stato proibito. Quando sarà il momento, l’araldo non avrà che a gridare il bando, ed io apparirò di nuovo.

ALBANIA
28Allora, addio: leggerò la tua lettera.

[Esce Edgardo.
Rientra EDMONDO.

EDMONDO
29Il nemico è in vista: schierate le vostre forze. Ecco, seconde una diliente recognizione, il computo approssimativo della loro reale forza e delle loro truppe: ma ora vi s’impone sollecitudine.

ALBANIA
30Affronteremo la contingenza.

[Esce.

EDMONDO
31Io ho giurato l’amor mio a tute e due queste sorelle; e ciascuna è sospettosa dell’altra, come coloro che ne sono stati morsi, hanno sospetto della serpe. Chi di esse prenderò? Tutte e due? una? O nessuna delle due? Io non posso godermi né l’una né l’altra, finché ambedue son vive: prender la vedova, significa esasperare, e fare impazzare, sua sorella Gonerilla; e d’altra parte io difficilmente guadagnerò la partita, finché il marito di costei è vivo. Intanto noi ci serviremo del sua appoggio per la battaglia; condotta a terine questa, pensi lei, che vorrebbe disfarsi di lui, a trovare un modo sbrigativo per levarlo di mezzo. In quanto ala pietà ch’egli intende avere per Lear e per Cordelia…. una volta finita la battaglia, e ch’essi siano in nostro potere, non vedranno mai la sua clemenza; poiché la condizione in cui mi trovo, vuole che io mi difenda, non ch’io discuta.

SCENA II.

Una pianura fra i due campi nemici.
Di dentro suona l’allarme.
Entrano, con tamburi e bandiere, LEAR CORDELIA, e le loro milizie; e quindi escono.
Entrano EDGARDO e GLOUCESTER.

EDGARDO
1Qui, padre, accettate la buona ospitalità vhe vi offre l’ombra di quest’albero; pregare che il diritto possa trionfare. Se mai io ritorni preso di voi, vi porterò qualché consolazione.

GLOUCESTER
2Il cielo vi accompagni, messere!

[Esse Edgardo.
Allarme; quindi ritirata.
Rientra EDGARDO.

EDGARDO
3Fuggi,vecchio! dammi la mano: fuggi! Re Lear ha perduto, egli e sua figlia sono prigionieri: dammi la mano; vieni via.

GLOUCESTER
4Io non muovo più un passo, messere: un uomo può putrefarsi anche qui.

EDGARDO
5Che? Ancora pensieri cattivi? Gli uomini debbono pazientare per uscir di questo mondo, proprio come per entrarvi: tutto sta d’essere pronti. Andiamo.

GLOUCESTER
6E anche questo è vero.

[Escono.

SCENA III.

Il campo britannico presso Dover.
Entrano EDMONDO, vittorisos, con tamburi e bandiere; LEAR e CORDELIA prigionieri; un capitano, ufficiali, soldati, ecc.

EDMONDO
1Alcuni ufficiali li conducano via: stiano sotto buona gurdia, finché prima non siano noti i voleri sovrani di coloro che debbono pronunciare la loro sentenza.

CORDELIA
2Noi non siamo i primi, che, con le migliori intenzioni, si tirano addosso il peggio. Re sventuraro, io sono afflitta per te: se si trattasse di me sola, saprei ben rispondere, col cipiglio, al cipiglio della perfida fortuna. Non le vedremo, noi, queste figliole e queste sorelle?

LEAR
3No, no, no, no! Vieni, andiamocene in prigione; soli, noi due canteremo come uccelli in gabbia: quando tu mi dirai di benedirti, io mi inginocchierò, e chiederò il tuo perdono. Così noi passeremo la vita pregando e cantando, e ci racconteremo delle vecchie storie, e sorrideremo delle farfalle dorate; sentiremo i poveri vagabondi chiacchierare, fra loro, delle notizie di Corte; e anche noi parleremo con essi di chi perde e di chi vince; di chi sale e di chi scende; noi faremo nostro compito il mistero delle case, come se fossimo spie di Dio. E fra le mura di una prigione cancelleremo dalla memoria il ricordo delle congiure e delle fazioni dei grandi, che vanno e vengono come la marea sotto la luna.

EDMONDO
4Conduceteli via.

LEAR
5Su sacrifici come questi, o mia Cordelia, gli dei stessi sargono incesno. Ti ho ritrovata? Chi ci vorrà separare, dovrà rapire al cielo un tizzo ardente, e snidarci di qui col fuoco come volpi. Asciugari gli occhi; la malora listruggerà, carne e ossa, prima che ci facciamo piangere: li vedremo morir di fame, prima! Vieni.

[Escono Lear e Cordelia, scortati da guardie.

EDMONDO
6Vieni qua, capitano; ascolta. Prendi questo biglietto; [dandogli una carta]va’, segui costoro sino alla prigione. Io ti ho già fatto avanzare di un grado: se metti in opera le istruzioni che ti dà questo foglio, ti apri la via ad alti destini. Sappi che gli uomini sino come i tempo: aver l’animo tenero non si addice ad una spada. L’imporante ufficio che ti è commesso non consente discussioni: o dimmi che lo adempirai, o cerca fortuna con altri mezzi.

CAPITANO
7Lo adempirò, mio signore.

EDMONDO
8All’opera; e chiamati felice quando ti sarai sbrigato. Bada bene a quello che dicho: inmediatamente; e conduci la cosa nel modo che ho scritto-

CAPITANO
9Non `posso tirare un carro, o pascermi di avena secca: se è cosa che un uomo possa fare, io la farò.

[Esce.
Squillo di trombe.
Entrano il DUCA D’ALBANIA, GONERILLA, REGANA, ufficiali, e gente del seguito.

ALBANIA
10Signore, oggi voi avete dato prova della razza valorosa dalla quale discendete, e la fortuma vi ha guidato bene. Voi avete in poter vostro i prigionieri, che ci furono di fronte nella battaglia di quest’oggi: noi ve li domandiamo, per disporre di loro così, come troveremo che possano indurci a trattarli, ad un tempo, i riguardi che essi meritano e la sicurezza nostra.

EDMONDO
11Signore, io ho pensato che fosse conveniente mandare il vecchio e misero Re in un luogo di custodia e sotto buena scorta. La sua età, e più ancora il suo nome regale, ha in sé un fascino così grande, da conquistargli il favore popolare, e far rivolgere le lance da noi assoldate, contra gli occhi nostri che le comandano. Insieme con lui ho mandato la Regina, per la stessa ragione; e domani, ovvero più tardi, saranno pronti a comparire dove voi terrete le vostre assise. In questo momento noi grondiamo di sudore e di sangue: l’amico ha perduto l’amico; e le battaglie più giuste, nel calore del momento, sono maledette da chi ne risente gli aspri colpi. La questione di Cordelia e di suo padre uol esser tratata in miglior luogo.

ALBANIA
12Messere, col vostro permesso, in questa guerra io vi ritengo soltanto un mio suddito, non già un mio fratello.

REGANA
13Questo è appunto il titolo onde ci piace gratificarlo. Mi sembre che voi, prima di andare così innanzi con le parole, avreeste potuto domandare il nostro parere. Eli ha condotto le nostre forze, ha avuto l’incarico di esercitare la mia autorità e di rappresentare la mia persona: questa diretta relazione può ben alzare il capo e proclamarsi vostro fratello.

GONERILLA
14Non tanto ardre: egli innalza se stesso col merito proprio, più che per virtù del vostro titolo.

REGANA
15Investito da me dei miei diritti, egli è alla pari dei più grandi.

ALBANIA
16Non potreste dire di più, se egli dovesse sposarvi.

REGANA
17Beffeggiatori riescon sovente profreti.

GONERILLA
18Eh via! eh via! L’occhio che vi disse questo, non poteva essere ch un occhio losco.

REGANA
19Signora, io non mi sento bene; altrimenti vi risponderei lasciando trabbocare tutto quel che ho sullo stomaco. – Generale, prenditi i miei soldati, i miei prigioneri, il mio patrimonio; disponi di loro e di me: io mi arrendo a discrezione. Testimone il mondo, che io qui stesso ti eleggo mio signore e mio padrone.

GONERILLA
20Pretenderesete di possederlo?

ALBANIA
21Il vietarlo non dipende dalla vostra buona volontà.

EDMONDO
22Neppure dalla vostra, signore.

ALBANIA
23Sì, giovinotto di mezzo sangue.

REGANA
24 [ a Edmondo]Fa’ suonare il tamburo, e prova che il mio titolo è quello tuo.

ALBANIA
25Fermatevi un momento; ascoltate la voce della ragione…. Edmondo, io ti arresto per altro tradimento; e nell’arresto tuo è compreso quello di questo serpente dorato…. [Accennando Gonerilla]In quanto alla vostra pretesa, amabile sorella, io faccio opposizione nell’interesse di mia moglie; sta il fatto, che essa ha un precedente impegno con questo signore, ed io, suo marito, mi oppongo al vostro bando di nozze. Se avete voglia di maritarvi, fate a me la vostra dichiarazione: la mia signora è fidanzata.

GONERILLA
26Questa è una comedia!

ALBANIA
27Tu sei armato. Gloucester; suoni, dunque, la tromba: se nessuno si presenta a sostenere, contro la tua persona, i nefandi, manifesti e molteplici tradimenti che tu hai commessi, ecco qui il mio pegno [gettando a terra un guanto]; prima di assagiar di nuovo il pane, io proverò sil tuo cuore, che tu non sei niente di meno, di quello che ti ho proclamato.

REGANA
28Sto male, oh, sto male!

GONERILLA
29[da sé]Se fosse altrimenti, non crederi più al veleno.

EDMONDO
30Ecco, in ricambio, il pegno mio: [getttando a terra un guanto]chiunque, al mondo, mi chiami traditore, mente con un furfante. Squilli pure la tua tromba: contro colui che oserà farsi avanti, contro voi, contro chiunque sia, io sosterrò la mia lealtà e il mio onore con fermezza.

ALBANIA
31Un araldo, olà!

EDMONDO
32Un araldo, olà, un araldo!

ALBANIA
33Conta unicametne sul tuo valore: poiché tuoi soldati, tutti quelli che tu arrolasti el nome mio, nel nome mio, nel nome mio hanno avuto il loror congedo.

REGANA
34Il mio malessere aumenta!

ALBANIA
35Essa non si sente bene: portatela nella mia tenda. [Esce Regana, accompagnata. Entra un araldo. Vieni qua, araldo. suona la tromba, e leggi questo ad alta voce.

UN UFFICIALE
36Suona, trombettiere!

[Una tromba suona.

ARALDO
37 [legge]«Se c’è un uomo di alto grado o qualità, nelle file dell’esercito, disposto a sostenere contro Edmondo, preteso conte di Gloucester, che egli è più volt traditore, si faccia avanti al terzo squillo di tromba. – Egli è pronto a difendersi».

EDMONDO
38Sonate!

[Primo squillo.

ARALDO
39Ancora!

[Secondo squillo.
[Una tromba risponde di dentro.
Entra EDGARDO, armato, preceduto da un trombettiere.

ALBANIA
40Domanfagli quali sono le sue intenzioni, e perché egli si presenti a questo bando della tromba.

ARALDO
41Chi siete? Il vostro nome? la vostra qualità? e perché rispondete al presente appello?

EDGARDO
42Sappiate che il mio nome io l’ho perduto, spoltato e smozzicato dal dente del tradimento: pure: io sono nobile quanto l’avversario col quale venfo a misurarmi.

ALBANIA
43Qual è questo avversario?

EDGARDO
44Chi è colui che risponde per Edmondo conte di Gloucester?

EDMONDO
45Egli stesso: che cos’hai da dirgli?

EDGARDO
46Tira fuori la ua spada, affinché, se le mie parole offenderanno un nobile cuore, il tuo braccio possa farti giustizia; ecco qui la mia. Vedi, questo è un diritto che mi dànno il mio onore, il mio giuramente, e la mia professione: in nome di esso, malgrado la tua forza, la tua giovinezza, la tua condizione, e il posto elevato che tu occupo; a dispetto della tua spada vittoriosa, e della tua fortuna acnr calda, del tuo valore e del tuo coraggio, io dichiaro che sei un traditore, sleale ai tuoi iddii, a tuo fratello e a tuo padre; che hau cospirato contro questo nobile e illustre principe; e che dall’estrema punta dei capelli fin giù alla polvere che è sotto i tuoi piedi, tu sei un traditore chiazzato di veleno come il rospo. Di’ «no»: e questa spada, e questo braccio, e tutto il meglio del mio spirito, sino pronti a provare sul tuo cuore, al quale io parlo, che ti menti.

EDMONDO
47Secondo prudenza io dovreu domandare a te il tuo nome; ma poiché il tuo aspetto esteriore è così decoroso e marziale, e nel tuo linguaggio spira un accento di nobiltà, quelindufio che io ben potrei opporre a rigor di termino, secondo le regole della cavalleria, io lo disdegno e lo sprezzo. Io respingo sul tuo capo questi tradimenti dei quali mi accusi; con te tue menzogne, odiose come l’inferno, opprimo il tuo cuore: e poiché esse non fan che sfiorarlo e arrivano appensa a ferirlo, questa mia spada aprirà loro una subita via colà, dove poseranno per sempre. Trombe, sonate!

[Squilli. Edgardo e Edmondo si battono. Edmondo cade.

ALBANIA
48Risparmiatelo! risparmiatelo!

GONERILLA
49Questa è un’insidia, Gloucester; secondo la legge delle armi tu non eri obbligato a rispondere ad un avversario sconosciuto: tu non sei vinto, ma ingannato e tradito.

ALBANIA
50Chiudete quella bocca, signora; o volete che ve la tappi io con questo foglio?... Prendete, signore; o tu la cui nequizia è senza nome, leggi il tuo maleficio stesso…. È inutile cercar di strapparlo, signora, vedo bene che voi lo consocete.

[Dà la lettera a Edmondo.

GONERILLA
51Supponiamo che io lo conosca: delle leggi dispongo io, con voi. Chi potrpa citarmi in giudizio per questo?

ALBANIA
52Oh, mostruosità incomparabile! – Conosci tu questo foglio?

GONERILLA
53Non mi domandate quello che io conosco.

[Esce.

ALBANIA
54Seguitela: ella è fuori di sé; sovergliatela.

[Esce un ufficiale.

EDMONDO
55Quello di cui mi accusate, l’ho commesso, e più ancora, molto di più; il tempo lo rivelerà: ormai è passato, ed io ancora…. Ma tu chi sei, che hai sopra di me questa bona ventura? Se tu sei nobile, io ti perdono.

EDGARDO
56Scambiamoci un atto di pietà. Per sangue io non sono meno nobile di te, Edmondo: se sono di più, l’offesa che mi hai fatto è ancota più grande. Il mio nome è Edgardo, ed io sino figlio di tuo padre. gli dei sono giusti, e dei nostri vizi allettatori essi si fanno strumendo per flagellarci: il luogo oscuro e corrotto nel quale tuo padre ti generò, gli è costato gli occhi.

EDMONDO
57Dici bene, è vero. La ruota ha compiuto il suo giro, ed io son qui.

ALBANIA
58Ben mi pareva che il tuo incedere stesso rivelasse una regale nobiltà. Bisogna che ti abbracci: possa il dolore lacerarmi il cuore, se io ebbi mai odio per te o per il padre tuo.

EDGARDO
59Degno principe, lo so.

ALBANIA
60Dove vi siete tenuto nascosto? Come avete saptuo le sciagure di vostro padre?

EDGARDO
61Cercando di lenirle, signor mio. Ascoltate un breve racconto; e quando avrò finito, oh! il mio cuore si spezzi! – La necessità di sfuggire al bando sanguinoso che mi incalzava così da vicino (oh, dolcezza della vita! per al quale noi preferiremmo di subire la pena di morte ad ogni ora che passa, anziché morire una volta per sempre!), mi suggeri l’idea di cambiare le mie vesti con gli stracci di un demente, di assumere un aspetto tale da provocare lo sdegno dei cani stessi: e in questo arnese incontrai mio padre con le occhiaie sanguinanti, anelli che pur ora avean perduto le loro pietre preziose; io divenni la sua guida, lo conducevo, chiedevo l’elemosina per lui, lo salvai dalla disperazione. Non mi rivelai mai a lui (oh! quale errore!) fino a una mezz’ora fa, allorché ebbi indossate le armi; non essendo sicuro, pur sperando, di questo fortunate successo, io gli chiesi la sua benedizione, e gli narrai, dal principio alla fine, il mio pellegrinaggio: ma il suo cuore affranto (troppo debole, ahimè, per reggere all’urto!) in mezzo ai due estremi della passione, la gioia e il dolore, si è spezzato con un sorriso.

EDMONDO
62Il vostro racconto mi ha commosso, e forse potrà far del bene: ma seguitate a parlare; voi avete l’aria di voler dire ancora qualche cosa.

ALBANIA
63Se c’è altro, che sia strazio anche maggiore, tacetelo; poiché questo ch ho sentito, mi spinge quasi a struggermi in lacrime.

EDGARDO
64A chi non ami il dolore, questo mio racconto potrebbe esser sembrato il colmo; ma un altro, ad ampliarlo troppo, vi aggiungerebbe molto di più, e varcherebbe il limite estremo. Mentre io mi abbandonavo ad alte grida, sopraggiunse un uomo, il quale, avendomi visto in quello stato miserevole, da principio schivò la mia ripugnante presenza, ma poi ravvisando chi era colui che soffriva a quel modo, mi si attaccò al collo con le sue vigorose braccia, e si mise ad urlare così disperatamente, come s’egli volesse squarciare la volta dei cieli; poi si gettò sul corpo di mio padre, e raccontò di re Lear e di se stesso, la più straziante storia che orecchio umano abbia mai sentito: e durante il racconto di essa il suo dolore si fece così possente, che le corde della vita cominciarono a spezzarsi in lui; a questo punto la tromba sonò due volte, ed io lo lasciai lì privo di sensi.

ALBANIA
65Ma chi era quell’uomo?

EDGARDO
66Kent, signore, l’esiliato Kent; il quale travestito aveva seguito sempre il Re che gli era avverso, prestandogli servigi indegni di uno schiavo.

Entra un Gentiluomo con un pugnale insanguinato.

GENTILUOMO
67Aiuto, aiuto, oh! aiuto!

EDGARDO
68Che aiuto?

ALBANIA
69Parla.

EDGARDO
70Che vuol dire quel pugnale insanguinato?

GENTILUOMO
71È ancora caldo, fuma; è uscito in questo istante dal cuore di…. Oh! è morta!

ALBANIA
72Chi morta? parla.

GENTILUOMO
73Vostra moglie, signore, vostra moglie: e sua sorella è stata avvelenata da lei; lei stessa lo ha confessato.

EDMONDO
74Io m’ero impeganto con ambdue: ora noi ci uniamo in matrimonio tutti e tre nel medesimo istante.

EDGARDO
75Ecco qui Kent.

ALBANIA
76Portate qui i loro coprpi, vivi o morti che siano: − questo giudizio del cielo, che ci fa tremare, non ci move a pietà. [Esce il Gentiuluomo. Entra KENT. Oh! è lui? il momento non consente I complimenti che le creanza impongono.

KENT
77Io sono venuto a dire addio per sempre al mio Re e signore: non è qui?

ALBANIA
78Qaule dimenticanza da parte nostra! – Parlate, Edmondo, dov’è il Re? e dove è Cordelia? – Vedi quale spettacolo, Kent?

[Vengono portati i cadaveri di Gonerilla e Regana.

KENT
79Ahimè! come mai?

EDMONDO
80Eppure Edmondo era amato: una ha avvelenato l’altra per amor mio, e poi si è uccisa.

ALBANIA
81Proprio così! Coprite loro il viso.

EDMONDO
82La vita mi manca; a dispetto della mia natura, voglio fare un po’ di bene…. Presto, mandate al castello…. non perdete…. c’è un ordine mio, che riguarda la vita di Lear e di Cordelia…. via, mandate prima che non siate più in tempo.

ALBANIA
83Correte, correte, oh! correte!

EDGARDO
84A chi, mio signore? – Chi n’è incaricato? Manda un tuo segno di contrordine.

EDMONDO
85È giusto: prendi la mia spada, presentala al capitano.

ALBANIA
86Fa’ presto, per la tua vita!

[Edgardo esce.

EDMONDO
87Costui è incaricato, da vostra moglie e da me, d’impiccare un atto, onde ella avrebbe distrutto se stessa.

ALBANIA
88Gli dei la proteggano! – Portatelo via di qui per un momento.

[Edmondo è portato via.
Rientra LEAR, con CORDELIA morta fra le braccia; EDGARDO, un ufficiale, ed altri.

LEAR
89Urlate, urlate, urlate, urlate! Oh, voi siete uomini di pietra: se io avessi le vostre lingue e i vostri occhi, vorrei adoperarli in modo, che la vosta del cielo si dovrebbe squarciare. Essa è andata via per sempre. Io lo so quando uno è morto, e quando vive ancora: lei è morta come terra! Prestatemi uno specchio; se il suo respiro appana ed offusco il vetro, ebbene, essa vive ancora.

KENT
90È questa la fine del mondo a noi predetta?

EDGARDO
91O un’immagine di quel giorno tremendo?

ALBANIA
92Cada, e finisca il mondo!

LEAR
93Questa piuma si muove: essa vive! se è vero, è tal ventura, che redime tutti i dolori che io ho sofferti fin qui!

KENT
94O mio buon padrone!

[Inginocciandosi.

LEAR
95Ti prego, vattene.

EDGARDO
96È il nobile Kent, amico vostro.

LEAR
97La peste cada su voi, assassino, traditori tutti! Io avrei potuto salvarla; ora se n’è andata per sempre! Cordelia, Cordelia! aspetta un poco. Ah! che cosa dici? La sua voce fu sempre soave, carezzevole, e sommessa, qualità eletta in una donna. Il miserabile che t’impiccava, io l’ho ucciso.

UFFICIALE
98È vero, signori, lo ha fatto.

LEAR
99Non è vero, che l’ho ucciso, giovinotto? Ci fu un tempo, in cui con la mia buona lama affilata li avrei fatti saltare: ora son vecchio, e questi strazi mi finiscono. Chi siete voi? I miei occhi non sono dei migliori: ve le dirò subito.

KENT
100Se la fortuna si vanta di due uomini, che essa ha amato e odiato, noi vediamo l’un d’essi.

LEAR
101Questa mia vista s’è offuscata…. Voi non siete Kent?

KENT
102Lui stesso; il vostro servo Kent. Il vostro servo Caio dov’è?

LEAR
103Egli è un bravi giovinotto, posso assicurarvelo; sa menar le mani, e presto anche. È morto e putrefatto.

KENT
104No, mio buon signore; io sono propio quell’uomo….

LEAR
105Lo vedrò subito.

KENT
106... che fin dal principio del vostro cambiamento di fortuna, e delle vostre sventure, ha seguito sempre i vostri passi dolorosi.

LEAR
107Voi siete il benvenuto qui.

KENT
108Né io, né alcun altro lo sarebbe. Tutto qui, è tristezza, tenebra, e morte: le vostre figlie maggiori si sono distrutte da loro stesse, e sono morte disperate.

LEAR
109Sì, lo credo.

ALBANIA
110Egli non sa quello che dice, ed è vano crecare di farsi ricnoscere da lui.

EDGARDO
111È proprio inutile.

Entra un Ufficiale.

UFFICIALE
112Edmondo è morto, mio signore.

ALBANIA
113È una cosa da nulla in questo momento. – Signori e nobili amici, spapiate ora i nostri intendimenti. Ogni conforto che possa venire a questa grande sciagura, sarà ad essa prodigato: quanto a noi finché duri la vita di questa veneranda Maestà, intendiamo di rassegnare nelle sue mani il nostro potere assoluto. – [A Edgardo e a Kent]Voi sarete reintegrati nei vostri dirittu, con una giunta, e con quel titolo che le vostre onorevoli persone hanno più che meritato. Tutti i nostri amici gusteranno le ricompense della loro virtù e tutti i nemici beveranno alla coppa della loro retribuzione. – Oh! guardate, guardate!

LEAR
114E la mia povera sciocchina l’hanno impiccata! No, no, non più vita! Perché un cane, un cavallo, un topo, debbono aver vita, e tu neanche un soffio? Tu non ritornerai più, mai, mai, mai, mai, mai! – Vi prego, sbottonatemi qui; grazie, signore. Vedete questo?.... Guardatela, guardate, le sue labbra, guardate lì, guardate lì!

[Muore.

EDGARDO
115Egli si spegne! Signor mio! signor mio!...

KENT
116Spezzati, o mio, cuore, deh, spezzati!

EDGARDO
117Signor mio, aprite gli occhi.

KENT
118Non affliggete il suo spirito: oh, lasciate ch’egli muoia in pace! Sarebbe odiarlo, il volerlo disteso più a lunfo sulla ruota di tortura di questo duro mondo.

EDGARDO
119È proprio morto!

KENT
120È un miracolo, che abbia resistito così lungamente: egli usurpava la sua vita.

ALBANIA
121Portateli via di qui. Nostro pensier, in questo momento, è il lutto generale. [A Kent, e Edgardo]Amici del mio cuore, prendete voi due il governo di questo regno, e sorreggete lo Stato ferito a sangue.

KENT
122Io, signore, debbo mettermi in viaggio! Il mio signore mi chiama, non posso dirgli di no.

EDGARDO
123Noi dobbiamo rassegnarci al peso di questi tristi tempi, e dire quello che sentiamo, non quello che dovremmo. Il più vecchio è quegli che ha sopportato di più; noi, che siamo giovani, non vedremo altrettanto, né vivremo così a lungo.

[Escono al suono d’una marcia funebre.