George Peele, The Old Wife’s Tale

La Novella della Vecchia





Texto utilizado para esta edición digital:
Peele, George. La novella de la vecchia. A cura di Raffaello Piccoli. Tradotto da Raffaello Piccoli. In: Piccoli, Raffaello (eds.) Drammi Elisabettiani. Bari: Gius. Laterza, 1914, vol. I, pp. 233-265.
Adaptación digital para EMOTHE:
  • Tronch Pérez, Jesus

Elenco

Sacripante
Il primo fratello, chiamato Calypha
Il secondo fratello, chiamato Thelea
Eumenide
Eresto
Lamprisco
Huanebango
Corebo
Wiggen
Il Santese
Il Sacrestano
L’ombre di Jack
Un frate, Mietitori, Furie, Suonatori di violino, ecc
Delia, sorella di Calypha e Thelea
Venelia, promessa sposa di Eresto
Zantippa
Celanta
L’ostessa
Grottesco
Gaio
Fantastico
Clunch, fabbro
Madge, sua moglie

Entrano Grottesco, Gaio e Fantastico.

GROTTESCO
Ebbene, amico Gaio, che tutto avvilito? Conviene questa tristezza alla tua follìa? Benchè noi si sia perduta la strada nei boschi, pure non tenere il capo basso come se tu non avessi più speranza di vivere fino a domani: perchè Fantastico ed io garentiremo la tua vita stanotte per venti contro cento.

GAIO
Grottesco e Fantastico, com’io sono un gaio burlone, mai in vita mia fui così morto ammazzato. Che? Perder la strada nel bosco, senza fuoco o candela, così sgradevole! O caelum! O terra! O maria! O Neptune!

FANTASTICO
Perché ti par la cosa tanto singolare, veduto che Cupido ha condotto il nostro giovine signore alla bella Dama, e ch’ella è la sola santa ch’egli abbia giurato di servire?

GAIO
Che resta dunque se non che noi lo affidiamo alla sua ragazza, e che ciascuno di noi prenda stanza su d’un albero, e cantiamo la nostra mala fortuna sull’aria di O uomo disperato?

GROTTESCO
Parli da disperato, compagno Gaio, costì al buio: ma poichè la cosa prende questa piega, ripetiamo il vecchio proverbio:
ErrorMetrica
Tre uomini allegri, e tre uomini allegri,
e tre uomini allegri noi siamo.
Io nel bosco e tu per terra
e Jack dorme sopra l’albero.

FANTASTICO
Zitto! un cane nel bosco, o un cane di legno. O gradevole a udirsi! Tanto mi sarebbe piaciuto che il cameriere del Cavallo Bianco mi avesse accompagnato a letto!

GAIO
O questo mastino errabondo se n’è ito fuori de’ suoi paraggi, o altrimenti noi siam prossimi a qualche villaggio, che non avrebbe a essere lontano di qui, Entra un fabbro con una lanterna e una candela. perchè io scorgo il luccichio d’una lucciola, una candela, o l’occhio d’un gatto, la mia vita per mezzo penni! In nome di mio padre, sii tu bove o asino che appari, dicci quel che tu sei.

FABBRO
Quel ch’io sono? Ebbene, io sono Clunch il Fabbro; che siete voi? che fate voi ne’ miei territori a questa ora di notte?

GROTTESCO
Che cosa facciamo, tu chiedi? Ebbene, noi facciamo smorfie per la paura, tali che se i tuoi occhi mortali potessero contemplarle, ti farebbero bagnare le lunghe cuciture delle tue ampie brache, Fabbro!

GAIO
Ed in fede, signore, a meno che la vostra ospitalità non ci soccorra, probabilmente andremo errando con un dolente oimè, tra i gufi e i folletti della foresta: buon Vulcano, per amor di Cupido, che ci ha guidati tutti, assistici come tu puoi; e comandaci comunque, dovunque, quando e in qualunque mia cosa tu voglia, per sempre e sempre.

FABBRO
Bene, signori, mi sembra che voi abbiate perduta la strada nel bosco: in considerazione di che, se voi verrete con Clunch alla sua capanna, voi avrete ricovero, ed un buon fuoco per sedervi accanto, sebbene noi non abbiam letti da mettervici dentro.

TUTTI
O benedetto Fabbro, o generoso Clunch!

FABBRO
Quanto al resto del vostro trattamento, sarà come potrà essere, cosi e cosi. Qui un cane abbaia. Ascoltate! Questo è Palla il mio cane che dà il benvenuto a voi tutti nel suo proprio linguaggio; venite, guardate di non inciampare sulla soglia. Apri la porta, Madge, fa’ entrare gli ospiti.

Entra la vecchia.

MADGE
Benvenuto Clunch, e voi tutti buona gente, che venite col mio buon uomo; per amore del mio buon uomo, venite innanzi, sedete; ecco un pezzo di cacio e una torta che ho fatto io stessa.

GROTTESCO
Grazie, comare, un buon esempio per le donne della nostra città.

GAIO
Comare, tu e il tuo buon uomo sedete amorevolmente insieme; noi veniamo per chiacchierare e non per mangiare.

FABBRO
Bene, signori, se voi non volete mangiar nulla, porta via. Venite, che faremo per far passare il tempo? Porremo sul fuoco una mela selvatica ad arrostire per la lana d’agnello. O faremo una partita a trionfo o a collare, per cacciare il tempo, che ne dite?

FANTASTICO
Questo fabbro mena una vita allegra come un re, con la sua moglie Madge. Messer Grottesco, io son sicuro che non ti manca una ballata; non c’è dubbio che Clunch sa tener la sua parte.

GROTTESCO
Se non l’avessi, potreste tenermi per male allevato; perciò mettetevici quando volete.

Cantano.
Canzone.

5
Quando la segala giunge al mento,
e chiappaciliegia, chiappaciliegia, matura di dentro,
le fragole notando nella panna,
e i ragazzi di scuola giocando nel ruscello,
o allora, o allora, o allora, disse il mio vero amore,
10
finchè quel tempo ritorni,
ella non potrebbe vivere fanciulla.

GROTTESCO
Questo divertimento va bene: ma mi sembra, comare, che un’allegra novella d’inverno caccerebbe via il tempo per benino. Andiamo, io son sicuro che n’avete almeno una ventina.

FANTASTICO
In fede, Comare, una novella lunga un’ora sarebbe buona da quanto un’ora di sonno.

GAIO
Guardate, Comare, del gigante e della figlia del re, o che so io. Io mi ricordo di quand’ero piccolino, che voi m’avreste tratto appresso a voi per un miglio con un discorso di questi.

LA VECCHIA
Bene, poichè voi n’avete tanta voglia, il mio buon uomo empirà il boccale e si metterà a letto; quelli che attendono al loro lavoro debbono coricarsi di buon’ora. Uno di voi vada a giacere con lui; egli è un uomo dalla pelle pulita, vi dico, senza enfiagioni nè tumori nè gallozze; così io son contenta di scacciare il tempo con una novella d’inverno da vecchia comare.

FANTASTICO
Non c’è miglior fieno nel Devonshire; sulla mia parola, Comare, io sarò uno del vostro uditorio.

GAIO
Ed io un altro: quest’è chiaro.

GROTTESCO
Allora io debbo andare a letto col buon uomo. Bona nox, Comare; buona notte, Gaio.

FABBRO
Vieni via, ragazzo mio, tu prenderai il tuo riposo innaturale con me.

Exeunt Grottesco e il Fabbro.

GAIO
Pure questo vantaggio noi avremo su di loro nel mattino, che sarem pronti a vederlo ex tempore.

LA VECCHIA
Ora questo patto, signori miei, bisogna ch’io faccia con voi, che voi direte hum e ah alla mia novella, cosi io saprò che siete desti.

TUTT’E DUE
Sta bene, Comare, così faremo.

LA VECCHIA
C’era una volta un Re o Signore o Duca, che aveva una bella figliuola, la più bella che mai fosse; bianca come neve, e rossa come sangue: e una volta la sua figliuola fu rapita, ed egli mandò tutti i suoi uomini a ricercare la sua figliuola; e mandò per tanto tempo, che mandò tutti i suoi uomini fuori della sua terra.

GAIO
Chi gli cucinava il pranzo, allora?

LA VECCHIA
No, o udite la mia novella, o baciate la mia coda.

FANTASTICO
Ben detto, va innanzi colla tua novella, Comare.

LA VECCHIA
O Signore, io me n’ero proprio dimenticata, c’era un Mago, e questo Mago poteva fare qualunque cosa, ed egli si trasmutò in un gran Dragone, e si portò via in bocca la figlia del Re ad un castello che egli aveva fatto di pietra, e quivi egli la tenne non so quanto, finchè da ultimo tutti gli uomini del Re andarono attorno per tanto tempo, e i suoi due fratelli vennero a cercarla. O, io dimentico: ella (egli voglio dire) trasmutò un bel giovane in un Orso la notte, e uomo il giorno, e questi vive presso una croce che divide tre diverse strade, ed egli fece uscir matta la sua Dama… Per l’ossa di Dio, chi vien qua?

Entrano i due fratelli.

GAIO
Adagio, Comare, viene qualcuno a raccontare per voi la vostra novella.

FANTASTICO
Lasciateli fare, udiamo quel che diranno.

1º FRATELLO
Su questi dirupi cretosi d’Albione
noi siamo giunti ora con penoso travaglio,
e avendo fatto il giro di tutto l’ampio mondo
15
per cercare nostra sorella, per trovare la bella Delya,
pure non ci vien fatto ancora d’aver novelle di lei.

2º FRATELLO
O fortuna crudele, crudele e maligna,
maligna perchè noi non possiamo trovar nostra sorella;
nostra sorella sventurata nella sua crudele sorte!
20
Adagio, chi c’ è qui?

Entra Senex alla croce, chinandosi per raccogliere qualcosa.

1º FRATELLO
Ebbene, padre, Iddio v’aiuti!
che cosa raccogliete costà?

VECCHIO
Còccole e bacche, e stecchi e paglie, e cose che raccolgo per terra, figlio mio.

1º FRATELLO
Còccole e bacche, e stecchi e paglie! Ebbene, è questo tutto il vostro cibo, padre?

VECCHIO
Si, figliuolo.

2º FRATELLO
Padre, ecco un soldo d’elemosina per me, e s’io mi sbrigo nella faccenda per cui vo’, ti darò una così buona veste di bigello, come mai non n’hai portare.

1o FRATELLO
E, padre, ecco un altro soldo d’elemosina per me, e s’io mi sbrigo nel mio viaggio, ti darò un bordone da pellegrino d’avorio e un nicchio d’oro battuto.

VECCHIO
Era bella?

2o FRATELLO
Si, la più bella per il bianco, e la più pura per il rosso, come il sangue del cervo e la neve al vento.

VECCHIO
Allora ascoltate bene e notate bene, il mio vecchio incanto:
Non temere ogni straniero,
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non saltar da una banda a ogni pericolo:
non sempre è, quello che sembra;
soffia sopra ogni fiamma:
perchè quando una fiamma di fuoco va su,
allora hanno buon fine i vostri desiderî:
30
se alcuno chiede chi vi disse questo bene,
dite, l’Orso Bianco del bosco d’Inghilterra.

1o FRATELLO
Fratello, non avete udito voi quel che il vecchio ha detto?
Non temere ogni straniero,
non saltar da una banda a ogni pericolo:
35
non sempre è quello che sembra,
soffia sopra ogni fiamma:
se alcuno chiede chi vi disse questo bene,
dite, l’Orso Bianco del bosco d’Inghilterra.

2o FRATELLO
Ebbene, se ciò ci farà qualche bene,
40
ben abbia l’Orso Bianco del bosco d’Inghilterra.

Exeunt.

VECCHIO
Ora siediti qui e conta una grave novella.
Triste d’umore e serio nell’aspetto,
qui siediti ora e a te stesso racconta
la dura sventura del tuo infelicissimo stato.
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In Tessalia io viveva in dolce contentezza,
finchè la fortuna operò la mia rovina;
perchè quivi io era sposato a una dama,
che viveva in onore, virtù, amore e fama;
ma Sacripante, quel maledetto Stregone,
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infatuatosi del mio bello amore,
del io carissimo amore, della mia fedele promessa sposa,
cercò come potesse privarmi della mia vita.
Ma, peggio di questo egli co’ suoi incantesimi
mi trasmutò senz’altro in un brutto Orso;
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e quando il sole si posa a occidente,
allora io comincio a indossare la mia brutta pelle:
e tutto il giorno io sego, come ora vedete,
e parlo per enimmi, tutto inspirato di furore,
assomigliando a un miserevole vecchio:
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e pure io sono nell’Aprile de’ miei anni.
Entra Venelia, la sua dama, folle; e di nuovo esce.
Vedete Venelia, il mio promesso amore,
che corre impazzando, tutta infuriata, per i boschi,
tutto pe’ suoi maledetti incantesimi.
Entra Lamprisco con un vaso di miele.
Ma ecco Lamprisco, il mio tristo vicino. Ebbene, vicino, voi guardate a terra come fo io; voi state ruminando qualcosa.

LAMPRISCO
Null’altro, vicino, che quella cosa che tante volte vi chiesi: se voi fate nulla per carità, aiutatemi; se per vicinato o fraternità, aiutatemi: non vi fu mai nessuno tanto in imbarazzo come il povero Lamprisco: e per cominciare, vi prego d’accettar questo vaso di miele per ristorare la vostra mensa.

VECCHIO
Grazie, vicino, ponetelo giù;
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il miele è sempre benvenuto per l’Orso.
Ed ora, amico, udiamo la cagione della vostra venuta.

LAMPRISCO
Io sono (come voi sapete, vicino) un uomo vedovo, e vissi così poco in pace le mie due mogli, che ogni anno io festeggio il giorno in cui le seppellii tutte e due: la prima fu il giorno de Sant’Andrea, l’altra di San Luca.

VECCHIO
Ed ora, vicino, come voi di queste paeso dite, la vostra condizione è manifesta: ma andate innanzi col vostro racconto, vicino.

LAMPRISCO
Dalla mia prima moglie, la cui lingua mi affiggeva a morte, emi sonava nelle orecchie come il battaglio d’una grande campana, la cui chiacchiera fu un continuo tormento per tutti coloro che le abitavan vicino, o vivevano accanto a lei, m’avete udito dire ch’io ebbi una bella figliuola.

VECCHIO
Vero, vicino.

LAMPRISCO
Questa è che m’affligge co’ suoi continui strepiti, e mi s’attacca come una làppola: povera ella è, ed è superba; povera come una pecora appena tosata, e così superba delle sue speranze come un pavone della sua coda ben cresciuta.

VECCHIO
Ben detto, Lamprisco, voi parlate da inglese.

LAMPRISCO
Maligna come una vespa, e caparbia come un infante appena tolto dal capezzolo della mamma; ella è per la mia vecchiaia quel che il fumo negli occhi o l’aceto sui denti.

VECCHIO
Santamente lodata, vicino. Veniamo all’altra.

LAMPRISCO
Dall’altra mia moglie io ebbi una figliuola così arcigna e schifa e brutta di viso, ch’io credo che un boschetto tutto d’alberi d’oro, e le foglie di rubini e diamanti, non sarebbe una dote bastevole per la sua deformità.

VECCHIO
Bene, vicino, ora che avete parlato, ascoltatemi; mandatele alla fontana per l’acqua di vita: colà esse troveranno le loro inattese fortune. Vicino, salute.

Exit.

LAMPRISCO
Mille volte salute; ed ora il povero Lamprisco va a mettere in esecuzione questo eccellente consiglio.

Exeunt.

GAIO
Ve’, questi va attorno senza l’archetto. Ma udite, Comare, era questi l’uomo ch’era orso la notte e uomo il giorno?

LA VECCHIA
Sì, questi è lui; e quest’uomo che è venuto a lui era un mendicante, e viveva su un prato. Ma adagio, chi viene? O, questi sono i mietitori; dieci contr’uno, essi cantano una canzone della falce.

Entrano i mietitori cantando, con questa Canzone due volte ripetuta.

Tutti voi che amabili amanti siete, pregate per me.
Ecco qui noi veniamo seminando, seminando,
e seminando dolci frutti d’amore;
70
con le vostre belle abbiate fortuna.

Exeunt.
Entra Huanebango con la sua spada a due mani, e Booby rustico.

FANTASTICO
Comare, chi è costui?

LA VECCHIA
O, egli è uno che va dallo Stregone; lasciatelo fare; udite quel che dice.

HUANEBANGO
Ora per Marte e Mercurio, Giove e Giano, Sole e Saturno, Venere e Vesta, Pallade e Proserpina, e per l’onore della mia casa Polimacheroplacidi, è una maraviglia a vedere che cosa quest’amore farà arrischiare agli sciocchi, pure nello scemo del loro senno e nell’infanzia del loro giudizio. Oimè, amico mio, qual sorte ti spinge a cercar la tua fortuna tra porte di bronzo, torri incantate, fuoco e zolfo, tuoni e lampi? La bellezza, ti dico, è incomparabile, e preziosa la donna che tu adori: scaccia questi desiderî, buon campagnuolo; buon amico, fuggi da te stesso, e più presto che puoi, dimentica colei, che sarà retaggio soltanto di chi può domare i mostri, compier le fatiche, scioglier gli enimmi, spezzar gli incanti, ammazzare i maghi e uccider gli stregoni: e questi è il grande e potente Huanebango.

BOOBY
Ascoltate, signore, ascoltate. Prima sappiate ch’io ho qui la penna ondeggiante, e io sono stato il primo nella parrocchia a usar la calza lunga. Ora, signore, se non si tratterà che di correre un po’ fra tuoni e lampi, e, indovinala, dimmi che è?, io avrò la ragazza dallo Stregone, foss’egli dieci Stregoni.

HUANEBANGO
Io ho abbandonata la corte e una onorata compagnia, per fare il mio dovere contro questo crudele stregone a potente mago: se questa Dama è così bella come dicono che sia, ella è mia, ella è mia. Meus, mea, meum, in contemptu omnium grammaticorum!

BOOBY
O falsum Latinum! la bella fanciulla è mia, cum apurtinantibus gibletes, e tutto.

HUANEBANGO
S’ella sarà mia, com’io m’assicuro che i cieli faràn qualcosa per guiderdone del mio valore, ella non sarà imparentata con alcuno degli dèi minori, ma allogata nella famosissima schiatta di Huanebango Polimacheroplacidi, mio nonno, mio padre Pergopolyneo, mia madre Dyonora de Sardynya, di famoso lignaggio.

BOOBY
Udite, signore, non avevate voi un cugino, che si chiamava Gustecerydis?

HUANEBANGO
Infatti io ebbi un cugino, che un tempo seguì la corte con mala fortuna, e il suo nome era Bustegustecerydis.

BOOBY
O signore, io lo conosco bene! egli è il cavaliere dai piè di bue.

HUANEBANGO
O, egli non amava di più il cappone! Egli ha spesso truffato il suo ragazzo del suo pranzo; quest’era il suo difetto, buon Bustegustecerydis!

BOOBY
Venite, vogliamo andar innanzi! Adagio, ecco un vecchio presso la Croce; chiediamogli la via per giungere là. O, Compare, vi prego di dire dov’abita il sapiente Stregone.

HUANEBANGO
Dove quella terrestre Dea tien la sua dimora, la governatrice de’ miei pensieri, e bella signora del mio cuore.

VECCHIO
Bella assai, e assai lontana dalle tue dita, figliuolo!

HUANEBANGO
Io seguirò la mia fortuna secondo la mia propria fantasia, e farò secondo il mio proprio giudizio.

VECCHIO
Pure date qualcosa a un vecchio prima d’andarvene.

HUANEBANGO
Padre, mi par che un pezzo di questa focaccia sarebbe quel che ci vuole per voi.

VECCHIO
Si, figliuolo.

HUANEBANGO
Huanebango non dà focacce in elemosina; chiedi a quelli che fan donazioni pei poveri mendicanti. Bella dama, una volta che tu fossi nel tempio di questo cuore, io ti farei scudo, haratàntara!

Exit.

BOOBY
Padre, vedete voi quest’uomo? Voi non credereste che egli correrebbe un miglio o due per una simile focaccia, o si curerebbe d’una torta. Vi dico, Padre, ch’egli ha mendicato da me un pezzo di questa focaccia in un certo modo! Uh! egli mi viene addosso con ‘una sostanza superfanziale, e l’abbondanza della terra’, ch’io non so che cosa voglia dire. S’egli venisse da me così, e mi dicesse ‘amico Booby’, o qualcosa di simile, ebbene, io gliene potrei cedere un pezzo con tutto il cuore; ma quando mi dice come Dio m’ha arricchito sugli altri uomini d’una focaccia, via, mi rende cieco e sordo a una volta. Pure, padre, ecco un pezzo di focaccia per voi, per male che vada il mondo.

VECCHIO
Grazie, figliuolo; ma ascoltami:
egli sarà sordo quando tu non vedrai.
Salute, figliuolo mio; possan le cose andar così,
che tu abbia ricchezza da ristorarti il senno.

BOOBY
Salute, padre, salute; perchè mi bisogna affrettarmi dietro alla mia spada a due mani, che è andata innanzi.

Exeunt omnes.
Entra Sacripante nel suo studio.

SACRIPANTE
75
Il giorno è chiaro, la volta celeste lucida e cerulea;
l’allodola è allegra e canta le sue note;
ogni cosa prende gioia sotto il cielo,
fuor ch’io solo, cui il cielo ha in odio
sventurato e miserevole Sacripante.
80
In Tessalia io nacqui e fui allevato.
Mia madre si chiamava Meroe, famosa maga,
e per la sua sapienza io da lei appresi,
a cambiare e alterare le forme degli uomini mortali.
Colà io trasmutai me stesso in un dragone,
85
e involai la figliuola del re,
la bella Delya, la signora del mio cuore,
e la portai qui per ravvivare quest’uomo,
che sembra giovine e piacente a guardarsi,
e invece è vecchio, curvo, debole e torpido.
90
Così per forza d’incantesimi io inganno
coloro che mirano e guardano il mio volto;
ma io potrei bene dire addio agli anni giovanil
Entra Delya con una brocca in mano.
Ecco viene colei, da cui hanno origine i miei dolori.
Ebbene, bella Delya, dove siete stata?

DELYA
A piè della roccia per acqua corrente,
95
ed a raccogliere radici pel vostro pranzo, signore.

SACRIPANTE
Ah! Delya, tu sei più bella che acqua corrente,
e pure più dura assai che acciaio o adamante.

DELYA
Vi piacerebbe sedere, signore?

SACRIPANTE
Sì, Delya, siede e chiedi quel che tu vuoi;
100
tu l’avrai, portatonel tuo grembo.

DELYA
Allora vi prego, signore, fatemi avere la miglior vivanda dalla tavola del re d’Inghilterra, e il miglior vino di tutta la Francia, portati qui dal più pretto furfante di tutta la Spagna.

SACRIPANTE
Delya, io sono felice di vedervi così faceta.
Bene, siediti.
Apparecchiati, tavola, apparecchiati; cibo, bevanda e pane.
Sempre possa avere io quel ch’io chieggo,
105
quando sono apparecchiato, cibo pel mio gallo nero,
e cibo pel mio rosso.
Entra un frate con una schiena di bue e un boccale di vino.
Ecco, Delya, volete incominciare?

DELYA
È questa la miglior vivanda d’Inghilterra?

SACRIPANTE
Sì.

DELYA
110
Che cosa è?

SACRIPANTE
Una schiena di bue inglese, vivanda da re
e da seguaci di re.

DELYA
È questo il miglior vino di Francia?

SACRIPANTE
Sì.

DELYA
115
Che vino è?

SACRIPANTE
Una coppa di schietto vino d’Orléans,
che mai s’accostò ai birrai d’Inghilterra.

DELYA
È questo il più pretto furfante di tutta la Spagna?

SACRIPANTE
Sì.

DELYA
120
Che, è egli un frate?

SACRIPANTE
Sì, un frate indefinito, e un furfante infinito.

DELYA
Allora vi prego, signor frate, ditemi prima d’andarvene, qual’è l’inglese più ingordo?

FRATE
Il miserabile e cupidissimo usuraio.

SACRIPANTE
Tienti costà, frate.
Exit il frate.
Ma adagio, chi abbiamo qui? Delya, via, va, via!
Entrano i due fratelli.
Delya, via, perché noi siamo circondati.
Ma cielo o inferno la scamperanno per me.

1o FRATELLO
Fratello, non fu che Delya apparve?
125
o soltanto la sua ombra era qui?

2o FRATELLO
Sorella, dove sei tu? Delya, ritorna;
quegli chiama, che della tua assenza si lamenta.
Chiama, Calypha, ch’ella possa udire,
e grida forte, perchè Delya è vicina.

ECO
130
Vicina.

1o FRATELLO
Vicina? O dove? Ne hai tu qualche notizia?

ECO
Notizia.

2o FRATELLO
Da che parte è Delya, allora, da quella a da questa?

ECO
Questa.

1o FRATELLO
135
E potremo noi giunger salvi dov’è Delya? (Sì?)

ECO
Sì.

2o FRATELLO
Fratello, vi ricordate dell’Orso bianco del bosco d’Inghilterra?
Non saltar da una banda a ogni pericolo;
non temere ogni straniero;
140
non sempre è quello che sembra.

1o FRATELLO
Fratello, allora perchè non entriamo coraggiosamente?

2o FRATELLO
Allora, fratello, trai la tua spada e seguimi.

Entra lo Stregone. Tuona e lampeggia.
Il 2o fratello cade a terra.

1o FRATELLO
Che, fratello, tu cadi?

SACRIPANTE
Sì, e tu pure, Calypha.
Cade il 1o fratello. Entrano due Furie.
Adeste Daemones: via con essi;
145
portateli subito alla cella di Sacripante,
perchè quivi dimorino in disperazione e tormento.
Questi sono i figli di Thenore di Tessalia,
che vengono per ricercare la loro sorella Delya;
ma, con una pozione ch’io le ho data,
150
le mie arti le han fatto dimenticar se stessa.
Rimuove una zolla e mostra una luce in un vetro.
Vedete qui ciò che prolunga la mia vita;
con questo incantamento io faccio qualunque cosa.
E finchè questo non venga meno, la mia sapienza sempre durerà,
e nessuno mai romperà questo piccolo vetro
se non colei che non sia nè moglie, nè vedova nè fanciulla.
155
Dunque sta di buon animo; questo è il tuo destino,
non morir mai, se non per mano d’un morto.

Exeunt.
Entrano Eumenide, il cavaliere errante, e il Vecchio presso la Croce.

EUMENIDE
Dimmi, Tempo, dimmi, giusto Tempo,
quando vedrò io Delya?
quando vedrò io la stella polare della mia vita?
160
quando il mio corso errante finirà con la sua vista,
o io pur mirerò la mia speranza, la gioia del mio cuore?
Padre, Iddio v’assista; se voi dete la fortuna, prego,
buon padre, ditemi la mia.

VECCHIO
Fingliuolo, io veggo nel tuo volto,
165
che la tua benedetta fortuna opera velocemente;
io scorgo che tu hai senno,
chiedi al tuo fato che lo governi;
perchè la saggezza governata dal buon consiglio,
rende molti fortunati e saggi.
170
Fa le tue elemosine, dà più che tutto,
finchè l’ossa dei morti vengano al tuo richiamo.
Salute, figlio mio, non sognare nessun riposo,
finchè tu non ti penta d’aver fatto il meglio.

Exit il Vecchio.

EUMENIDE
Quest’uomo mi ha lasciato in un laberinto:
175
egli mi dice di dare più che tutto,
finchè l’ossa dei morti vengano al mio richiamo;
egli mi dice di non sognare nessun riposo,
finchè non mi penta di fare il meglio.

Entrano Wiggen, Corebo, il Santesse e il Sacrestano.

WIGGEN
Voi dovreste vergognarvi, bastardi tignosi Sacrestano e Santese, se poteste provar vergogna su quelle vostre facce svergognate, di lasciare un pover uomo giacer così a lungo sopra terra insepolto. Peste a voi tutti, che non avete più compassione d’un buon diavolo, quand’egli se n’è ito!

SIMONE
Che, voi vorreste che noi io seppellissimo, e che ne rispondessimo noi alla parrocchia?

SACRESTANO
Che parrocchie e non parrocchie! pagatemi i miei diritti e lasciate correre il resto ne’ conti del trimestre, e mettetela giù come una delle vostre buone azioni, al nome di Dio! perchè io non sono uno di quelli che guardano ai meriti tanto pel sottile.

COREBO
Bastardo, faccia di pecora dalla testa bollita, un buon uomo farà alla parrocchia meno di servigi e più d’onestà, e voi, quand’è morto, non gli darete sepoltura cristale?

WIGGEN
Taci, Corebo, com’è vero che Jack era Jack, il più gaio burlone tra voi, ed io Wiggen il suo dolce fratello giurato, Jack avrà i suoi funerali o qualcuno di loro giacerà per questo sulla cara terra di Dio, una buona volta!

SANTESE
Wiggen, io spero che tu non farai più di quello per cui tu osi rispondere.

WIGGEN
Signore, signore, osare o non osare, più o meno, rispondere o non rispondere, fa questo, o piglia questo.

SACRESTANO
Aiuto, aiuto, aiuto!

Wiggen s’avventa contro la parrocchia con un’asta di picca. Eumenide si sveglia e viene a loro.

EUMENIDE
Le mani a posto, buon uomo!

COREBO
Potete voi biasimarlo, signore, s’egli piglia le parti di Jack contro questa schifosa parrocchia che non vuol seppellire Jack?

EUMENIDE
Bene, che era questo Jack?

COREBO
Chi Jack, signore, chi era il nostro Jack? il miglior uomo che mai camminasse su pelle di bue.

WIGGEN
Guardate, signore, egli diede novantanove vesti da lutto alla parrocchia, quando morì, e perchè non volle compire il centinaio, non l’han voluto seppellire; non fu questo un buon trattamento?

SANTESE
O Dio, signore, com’egli mente; ei non valeva un mezzo soldo, e si beveva tutti i suoi soldi: ed ora i suoi compagni ubbriaconi vorrebbero che noi lo seppellissimo a spesa della parrocchia. Se noi facciam molti di questi affari, possiamo abbattere il campa nile, vendere le campane, e coprir di paglia il coro. Egli giacerà sopra terra finchè non danzi una gagliarda sul sagrato, per Stefano Ghiozzo.

WIGGEN
Sic argumentaris, Domine Ghiozzo; — se noi facciam molti di questi affari, possiamo abbattere il campanile, vendere le campane, e coprir di paglia il coro: alla buon’ora, signori, e appiccarvi alle corde delle campane, quando avete finito. Domine oponens, praepono tibi hanc questionem, se voi romperete la terra, o avrete prima la testa rotta? Perchè una delle due cose sarà fatta sul momento, e per cominciar dalla mia, io ve la suggello sulla vostra cresta di gaio.

EUMENIDE
A posto le mani, ti prego, buon uomo; non aver troppa fretta.

COREBO
Voi faccia di cappone, noi vi cacceremo uno di questi giorni dalla parrocchia, senza nemmeno uno straccio sul culo; allora siete in peggior condizione di Jack.

EUMENIDE
In fede, ch’egli è cattivo assai. Questo buon uomo fa soltanto la parte dell’amico, per cercare di seppellire il suo amico; quanto ci vuole per seppellirlo?

WIGGEN
In fede, qualche quindici o sedici scellini circa basteranno per allogarlo onestamente.

SACRESTANO
Sì, appunto a un dipresso, signore.

EUMENIDE
Qui, tienili, e non mi restano che tre poveri mezzi soldi: ora mi ricordo le parole che il vecchio disse presso la croce: ‘ dà tutto quello che hai ’, — e questo è tutto, — ‘finchè l’ossa dei morti vengano al tuo richiamo’. Qui, tieni, e così addio.

WIGGEN
Dio, e ogni bene, sia con voi, signore. Anzi, cormorani, io voglio dedicare una scampanata a Jack a tutto mio costo e carico.

COREBO
Potete ringraziar Dio che la lunga asta e la lama della spada non v’abbiano trapassato le creste di gallo. Bene, andiamo al sagrato della chiesa, a bere un boccale, per stare allegri.

TUTTI É DUE.
Vieni, andiamo.

Exeunt.

FANTASTICO
Ma ascoltate, Comare, mi pare che questo Jack fosse un pezzo grosso nella parrocchia.

LA VECCHIA
Oh, questo Jack era un uomo maraviglioso; egli non era che un povero, ma molto amato: vedrete fra poco a che giungerà questo Jack.

Entrano i mietitori cantando, con donne per mano.

GAIO
Adagio, chi abbiamo qui? i nostri amorosi mietitori.

FANTASTICO
Sì, sì, sediamo tranquilli e lasciamoli fare.
Qui essi cominciano a cantare, la canzone ripetuta due volte.
Ecco qui noi veniamo mietendo, mietendo,
180
per mietere la nostra messe,
e così trascorriamo l’anno quant’è lungo.
e non mai stiamo in silenzio.

Exeunt i mietitori.
Entrano Huanebango e Corebo rustico.

GAIO
Adagio, chi abbiamo qui?

LA VECCHIA
O, questo è un collerico gentiluomo; tutti voi che amate la vostra vita, tenetevi lontani dall’odore della sua spada a due mani: ora si reca egli dallo Stregone.

FANTASTICO
Mi par che lo Stregone dovrebbe mettere il pazzo dentro una scatola magica.

HUANEBANGO
Fi, fa, fum! ecco l’ Inglese!
Vincetelo se potete. — Viene per la sua dama splendente,
185
per dimostrarsi cavaliere,
e guadagnarsi il suo amore in battaglia.

COREBO
Olà, signor Bango, siete voi qui? sentite, fareste meglio a sedervi qui e a chieder l’elemosina con me.

HUANEBANGO
Via di qui, vil minchione! Ecco quegli che comanda con la sua spada l’entrata e l’uscita, ed entrerà a suo talento, chiunque sia che dica no.

Una voce e una fiamma di fuoco. Huanebango cade a terra.

LA VOCE
No.

LA VECCHIA
Così con questo han baciato e guasto il filo della migliore spada a due mani in cui mai Dio ponesse vita; ora va dentro Corebo a dispetto dello Stregone.

Entra lo Stregone e acceca Corebo.

SACRIPANTE
Via con costui negli aperti campi,
che sia preda alla voracità dei corvi e degli avvoltoi.
Quanto a questo bifolco, lasciatelo errare su e giù
190
sempre nella tenebra a nella notte eterna.

COREBO
Ecco che tu hai ammazzato Huan, cavaliere di ventura,
e privato della sua vista il povero Corebo.

Exit.

SACRIPANTE
Via di qua, bifolco, via! — Ora a Delya io ho
data una pozione di dimenticanza,
195
che quando ella viene, non conoscerà i suoi fratelli.
Ve’ dov’essi lavorano, come servi della gleba,
con vanga e zappa su questo suolo incantato!
Ora io la chiamerò con un altro nome,
perchè mai ella non conoscerà se stessa un’altra volta,
200
finchè Sacripante non abbia tratto l’ultimo respiro.
Vedete, ella giunge.
Entra Delya.
Vieni qui, Delya, prendi questo pungetto.
Qui presso due schiavi lavorano e scavano oro.
Punzecchiali con questo, e tu n’avrai assai.

Egli le dà un pungetto.

DELYA
Buon signore, io non so che vogliate dire.

SACRIPANTE
205
Ella ha dimenticato d’esser Delya,
ma io le cambierò il nome.
Bella Berecinthia, cosi questo paese ti chiama,
va a stimolare questi stranieri. Fanciulla, essi scavano oro.

DELYA
O cieli! come son io obbigata a questo bel giovine!
210
ma io debbo stimolare questi stranieri al loro lavoro.
Ecco che vengono.

Entrano i due fratelli in camicia, con vanghe, scavando.

1o FRATELLO
O fratello, vedi dov’è Delya!

2o FRATELLO
O Delya, noi siam felici di vederti qui.

DELYA
Che m’andate dicendo voi di Delya, bifolchi ciarloni?
215
Io non conosco nessuna Delya, né so che cosa vogliate dire;
attendete al vostro lavoro, o andate a rischio di sentirvi pungere.

1o FRATELLO
Come, Delya, tu non conosci qui i tuoi fratelli?
noi veniamo dalla Tessalia a ricercarti,
e tu inganni te stessa, perchè tu sei Delya.

DELYA
220
Ancora di Delya? allora piglia questo, che ti frizza:
che, inventate espediente per differire il vostro lavoro?
lavorate, bifolchi, lavorate; oro voi scavate.

2o FRATELLO
Taci, fratello, taci, questo vile incantatore
ha tratto Delya di senno compiutamente,
225
ed ella dimentica d’esser Delya.

1o FRATELLO
Lascia, crudele, di far male al disgraziato;
scava, fratello, scava, perch’ella è dura come acciaio.

Qui essi scavano e scopron la luce sotto un monticello.

2o FRATELLO
Fermati, fratello, che cosa hai scoperto?

DELYA
Via, e non la toccate; è una cosa che il mio signore ha celato lì.

Essa la copre di nuovo. Entra Sacripante.

SACRIPANTE
Ben detto, tu sproni bene questi scavatori. Andate, ritiratevi, schiavi da lavoro.
ErrorMetrica
Vieni, Berecynthia, ritiriamoci anche noi,
230
a udire l’usignuolo cantar le sue note,

Exeunt omnes.
Entra Zantippa, la figliuola maledetta, alla Fontana con una brocca in mano.

ZANTIPPA
Eccomi qui per un marito e una casa; Dio ne mandi uno buono, o nessuno, prego Dio. Mio padre m’ha mandata alla fontana per l’acqua di vita, e mi dice che s’io dò belle parole, avrò un marito. Entra la ragazza brutta, alla Fontana per acqua, con una brocca in mano. Ma ecco Celanta, la mia dolce sorella; io starò qui a udire quel che dice.

CELANTA
Mio padre m’ha mandata alla fontana per acqua, e mi dice che s’io parlo bellamente, avrò un marito e non de’ peggiori. Bene, benchè io sia nera, son sicura che non tutto il mondo mi lascerà; e come dice il vecchio proverbio, bench’io sia nera, non sono il diavolo.

ZANTIPPA
Ti colga la peste! io so perchè tu parli così; ma vattene per la tua strada a casa, saggia come ne sei venuta, o ti metto io in casa alla malora.

Qui ella sbatte la sua brocca contro quella di sua sorella, e le rompe tutt’e due e se ne va via.

CELANTA
Io credo che questa sia la più maledetta pettegola del mondo. Voi vedete quel ch’ell’è, un po’ bella, ma superba come il diavolo, e la più gran brontolona che viva sulla terra di Dio. Pure, io la lascerò stare, e andrò a casa a prendermi un’altra brocca, e con tutto ciò me ne verrò alla fontana per acqua.

Exit.
Entran due Furie dalla cella dello Stregone e depongono Huanebango presso la Fontana di Vita.
Entra Zantippa con una brocca alla fontana.

ZANTIPPA
Ancor una volta per un marito, e in fede, Celanta, io ho il vantaggio su di voi. Forse i mariti crescono accanto alla fontana. Ora mio padre dice ch’io debbo frenar la mia lingua: ma, oimè, che son io allora? Una donna senza lingua è come un soldato senz’arme. Ma io prenderò la mia acqua e me n’andrò.

Qui ella si prova a calar giù la sua secchia, e una testa parla nella fontana.

TESTA
Immergete pian piano, ma non troppo profondo,
per timore che non facciate piangere la barba d’oro:
bella fanciulla, bianca e rossa,
carezzami, lisciami, pettinami la testa,
235
e tu avrai un po’ di pane di loglio.

ZANTIPPA
Che è questo? — Bella fanciulla, bianca e rossa,
carrezzami, lisciami, pettinami la testa,
e tu avrai un po’ di pane di loglio.
Tu lo chiami loglio, ragazzo? — Affè, ti darò io pane di loglio.

Ella rompe la sua brocca sopra la testa: allora tuona e lampeggia, e Huanebango si leva: Huanebango è sordo e non può udire.

HUANEBANGO
Phylida phyleridos, Pamphylida floryda flortos, pum pum pum! Scopia, dissero i cannoni, con un sulfureo sbuffo. Svegliato da una ragazza, vezzosa cara, vezzoso amore e mio dolce vezzoso occhio di porco; proprio al tuo lato siederà il soprannominato grande Huanebango. Secura fra le mie braccia io ti terrò, minacci Marte o tuoni l’Olimpo.

ZANTIPPA
Oibò, che sconcio essere è questo? Par ch’egli sia strisciato fuor di dietro alla fontana; e parla come un tamburo.

HUANEBANGO
Oh s’io potessi, (ma non posso — e perciò sia maledetto il mio destino!) baciare quello che abbraccio; ma non posso. Dimmi, mio destino, perchè?

ZANTIPPA
Olà! ora io ho quel che ho sognato: vedete mai una maraviglia grande come questa? Tre fave azzurre in una vescica azzurra fanno strepito, strepito in una vescica.

HUANEBANGO
Ora io comporrò il mio aspetto e le parlerò in prosa; forse questo rim ram ruff è un assalto troppo violento. — Lasciatemi, bella dama, se v’è a grado, sollazzarmi con la vostra dolcezza, e far onta a quel vigliacco stregone, che mi ha gettato, o piuttosto congelato, in un sogno maligno, ed ha contaminato la mia carcassa.

ZANTIPPA
Ridi, ridi, Zantippa, tu hai la tua fortuna, un pazzo e un marito in un sol uomo.

HUANEBANGO
Veramente, amor mio, com’io sembro, di circa vent’anni, proprio nell’aprile dell’età mia.

ZANTIPPA
Ebbene, che asino ciarlone è questo?

HUANEBANGO
240
Le sue labbra di corallo, il suo mento chermisino,
i suoi denti d’argento così bianchi là entro:
i suoi riccioli d’oro, il suo volubile occhio,
le sue vezzose membra, lasciamo andare!
oimè, m’hanno ferito,
245
ch’io debbo morire per veder questo giorno.

ZANTIPPA
Per l’ossa di Dio, tu se’ un ribaldo burlone! «Le sue labbra di corallo, il suo mento chermisino», dice.

HUANEBANGO
Vero, proprio mia, e proprio mia perchè mia, ah! ah! Più di mille sterline in possibilità, e cose convenienti al tuo desiderio, in possesso!

ZANTIPPA
Il balordo| crede ch’io domandi delle sue terre. Esser menato pel naso sia il tuo conforto; e cornuto, il tuo destino. Udite, signore; e se voi volete averci, fareste meglio a dirlo in tempo.

HUANEBANGO
Vero, amor mio, e farò regale la tua progenie con la mia nobiltà.

Exeunt omnes.
Entra Eumenide il cavaliere errante.

EUMENIDE
Misero Eumenide, sempre sfortunato,
invidiato dalla fortuna e derelitto dal fato;
qui languisci e muori, misero Eumenide.
Morire nella primavera, nell’aprile dei miei anni?
250
qui siediti, e pentiti di quel che hai fatto:
volesse Iddio che mai non avessi incominciato.

Entra Jack.

JACK
Ben trovato, signore!

EUMENIDE
Chi è questi?

JACK
Di gran cuore ben incontrato, signore.

EUMENIDE
255
Cessate, vi dico: chi è costui che si fa gioco di me?

JACK
Grazi’ a Dio, buon signore Eumenide, che siete in così buona salute come tutti i vostri amici, al momento presente; Dio vi dia il buon giorno, signore, non vi bisogna un destro, piacente e polito garzone, circa dell’età di quindici o sedici anni, che può correre allato al vostro cavallo, e al bisogno far gli stivali di vostra signoria neri come inchiostro, — che ne dite, signore?

EUMENIDE
Oimè, grazioso garzone, io non so come mantener me stesso, e assai meno un servo, mio grazioso ragazzo; la mia condizione è tanto cattiva.

JACK
State tranquillo, voi non sareste un padrone tanto cattivo, ch’io non sia un servo cattivo altrettanto. Oibò, signore, io vi conosco, benchè voi non conosciate me. Non siete voi, signore, (negatelo se potete, signore), colui che venne da uno strano luogo nella terra di Catita, dove comare scimmia vola con la sua coda in bocca, alla ricerca d’una dama bianca come neve e rossa come sangue; ah, ah, v’ho toccato, ora?

EUMENIDE
Io penso che questo ragazzo sia uno spirito.
Come sai tu tutto questo?

JACK
Orsù, non siete voi, signore, (negatelo se potete, signore), colui che diede tutto il danaro che aveva per far seppellire un pover uomo, e non gli restarono nella borsa che tre mezzi soldi? State tranquillo, signore, io vi servirò, quest’è chiaro.

EUMENIDE
Bene, ragazzo mio, poichè tu sei così insistente, io son contento di tenerti, non come servo, ma come compagno nel mio viaggio. Ma dove andremo noi? perchè io non ho altro danaro che tre nudi mezzi soldi.

JACK
Bene, padrone, state tranquillo, perchè se la mia divinazione non è finita, questi saranno spesi alla prossima locanda o birreria a cui verremo; perchè, padrone, io so che voi avete una gran fame; pertanto io andrò innanzi e provvederò il pranzo finchè voi non veniate: non v’ha dubbio che voi mi seguirete pian piano.

EUMENIDE
Sì, va innanzi, io ti seguirò.

JACK
Ma sentite, padrone, sapete voi il mio nome?

EUMENIDE
No, t’assicuro, non ancora.

JACK
Ebbene, io sono Jack.

Exit.

EUMENIDE
Jack! ebbene, così sia, allora.

Entrano l’ostessa e Jack, ponendo i cibi tavola, e vengono suonatori di violino a suonare. Eumenide cammina su e giù, e non vuole toccar cibo.

OSTESSA
Dite, signore, volete accomodarvi?

EUMENIDE
Ostessa, vi ringrazio, non ho grande appetito.

OSTESSA
Vi prego, signore, per quale ragione il vostro padrone è così strano? Questo cibo non gli piace?

JACK
Sì, ostessa, ma è usanza del mio padrone di pagare prima di mangiare; dunque, il conto, buona ostessa!

OSTESSA
Perdio, signore, l’avrete subito.

Exit.

EUMENIDE
Ebbene, Jack, che cosa intendi? Tu sai ch’ io non ho danaro: perciò, dolce Jack, dimmi che cosa farò.

JACK
Bene, padrone, guardate nella vostra borsa.

EUMENIDE
Via, affè, è una folia, perchè non ho danaro.

JACK
Via, guardate, padrone, fatelo per me.

EUMENIDE
Oimè, Jack, la mia borsa è piena di danaro.

JACK
‘ Oimè ’? padrone! conviene questa parola a un simile caso? Via, mi pare che v’avrei dovuto vedere gittar via il vostro mantello e allegramente ballare una gagliarda tutt’intorno alla stanza; ebbene, padrone, il vostr’uomo vi può insegnare maggior senno di questo. Venite, ostessa, confortate il mio padrone.

OSTESSA
Voi siete cordialmente il benvenuto; e se vi piace mangiare un grosso cappone, vossignoria non ha mai mangiato un uccello più bello, un uccello più squisito, un uccello più dolce, un uccello più morbido.

EUMENIDE
Grazie, mia vaga ed eloquente ostessa.

JACK
Ma udite, padrone, una parola tra via; siete voi contento ch’io sia per la metà in tutto ciò che voi otterrete nel viaggio?

EUMENIDE
Sì, Jack, ecco la mano.

JACK
Basta, padrone, più non chiedo.

EUMENIDE
Venite, ostessa, prendete il vostro danaro, e vi ringrazio pel mio buon trattamento.

OSTESSA
Voi siete di cuore il benvenuto, signore.

EUMENIDE
Vieni, Jack, dove andiamo ora?

JACK
Perdio, padrone, subito dallo Stregone.

EUMENIDE
Sta bene, Jack; ostessa, salute!

Exeunt omnes.
Entrano Corebo e Celanta, la ragazza brutta,alla Fontana per acqua.

COREBO
Vieni, anitra mia, vieni. Ora io ho una moglie; tu sei bella, non è vero?

CELANTA
Corebo mio, la più bella del mondo, non ne dubitare.

COREBO
Vieni, ragazza, siamo noi quasi alla Fontana?

CELANTA
Sì, Corebo, noi siamo ora quasi alla Fontana; io andrò ad attingere un po’ d’acqua: siediti mentr’io calo giù la mia brocca.

UNA VOCE
Immergete pian piano, ma non troppo profondo; per timore che non facciate piangere la barba d’oro.
Vien su una teste con spiche di grano, ed ella le pettina nel suo grembo.
Bella fanciulla, bianca e rossa,
pettinami, lisciami, carezzami la testa,
260
e tu avrai un po’ di pane di loglio.

[UN’ALTRA VOCE]
Immergete pian piano, ma non troppo profondo;
per timore che non facciate piangere la barba d’oro.
Bella fanciulla, bianca e rossa,
pettinami, lisciami, carezzami la testa;
265
e ogni capello sarà un covone,
e ogni covone un albero d’oro.

Vien su una testa piena d’oro, ella la pettina nel suo grembo.

CELANTA
Oh vedi, Corebo, io ho pettinato una gran quantità d’oro nel mio grembo, e una gran quantità di grano.

COREBO
Ben detto, ragazza; ora noi n’avremo quanto basta.
Dio ci mandi i coniatori per coniare il nostro oro.
270
Ma vieni, andiamo a casa, amore mio?

CELANTA
Sì, venite, Corebo, io vi guiderò.

COREBO
Così, Corebo, le cose sono andate bene:
tu hai acquistato ricchezza da ristorarti il senno.

Exeunt.
Entrano Jack e il cavaliere errante.

JACK
Venite via, padrone, venite.

EUMENIDE
Va innanzi, Jack, io ti seguirò. Jack, dicono che sia bene andar con le gambe di traverso e dir le proprie preghiere all’indietro: che ne dici tu?

JACK
Oibò, non abbiate mai paura, padrone; lasciatemi fare; sedetevi qui tranquillo, non dite una parola. E perchè non siate allettato da questi discorsi incantatori, con questa lana io vi turerò le orecchie: e così, padrone, sedete tranquillo perchè io debbo andar dallo Stregone.

Exit Jack.
Entra lo Stregone presso il cavaliere errante.

SACRIPANTE
Orsù, chi sei tu che siedi così triste?
275
Perchè miri tu questi alberi maestosi,
senza la licenza e la volontà di Sacripante?
Come, non una parola, ma zitto?
Allora, Sacripante, tu sei tradito.

Entra Jack invisibile, e toglie la corona di Sacripante dal capo di lui, e la sua spada fuor dalle sue mani.

SACRIPANTE
Qual mano assale il capo di Sacripante?
280
Quale odiosa furia invidia il mio felice stato?
Dunque, Sacripante, questi sono i tuoi ultimi giorni.
Oimè, le mie vene sono assiderate, i miei nervi si contraggono,
il mio sangue zampilla, il mio respiro s’invola,
ed ora la mia vita innanzi tempo è giunta al fine:
285
colui nella cui vita le sue azioni furono tanto sozze,
ora, nella sua morte, all’inferno discende la sua anima.

Egli muore.

JACK
Oh, signore, ve ne siete ito? Ora io spero che avremo qualche altro trambusto. — Ora, padrone, come vi piace questo? lo Stregone, egli è morto, e ci promette di non darci più noia. Ora recatevi dalla vostra bella Dama, e vedete che cosa potete fare con lei. Oimè, egli non m’ode intanto; ma io rimedierò a ciò.

Egli gli cava la lana dalle orecchie.

EUMENIDE
Ebbene, Jack, quali nuove?

JACK
Qui, padrone, prendete questa spada e scavate con essa a piè di questo colle.

Egli scava e scorge la luce.

EUMENIDE
Ebbene, Jack, che è questo?

JACK
Padrone, senza di questa lo Stregone non poteva far nulla, e fin quando questa luce sussiste, fin tanto dura la sua arte; e come questa è spenta, allora la sua arte decade.

EUMENIDE
Ebbene, Jack, io spegnerò subito questa luce.

JACK
Sì, padrone, e come?

EUMENIDE
Ma, con una pietra io romperò il vetro, e poi la soffierò.

JACK
No, padrone, voi potreste così rompere l’incudine del fabbro, come questa piccola fiala; nè il più grosso soffio che mai Borea soffiasse, può spegnere questa piccola luce; ma solo colei che non è nè fanciulla, nè moglie, nè vedova. Padrone, suona questo corno; e vedi che cosa succederà.

Egli suona il corno. Entra Venelia e rompe il vetro e spegne col soffio la luce, e di nuovo esce.

JACK
Così, padrone, come vi piace ciò? Questa è colei che correva pazza pei boschi, il promesso amore di colui che sta alla croce; ed ora, questa luce essendo spenta, tutti sono restituiti alla loro antica libertà. Ed ora, padrone, dalla Dama, che voi avete così a lungo cercata.

Egli solleva una cortina, e quivi Delya siede addormentata.

EUMENIDE
Iddio t’accompagni, bella fanciulla che siedi sola — e una volta!
Iddio t’accompagni, bella fanciulla — e due volte
Iddio t’accompagni, bella fanciulla — e sono tre!

DELYA
290
No, buon signore, poichè voi siete vicino.

JACK
Basta, padrone, ella ha parlato; ora io la lascerò con voi.

EUMENIDE
Tu, bellissimo fiore di queste contrade occidentali,
la cui bellezza così si riflette nel mio sguardo,
come uno specchio di cristallo nel sole:
295
per il tuo dolce amore io ho traversato il Reno gelato;
lasciando il vago Po, io navigai su pel Danubio
fino al Saba, le cui rigonfie correnti
dividono i Tartari dai Russi, —
questi ho io traversato per te, bella Delya:
300
concedimi dunque ciò ch’io così a lungo ho perseguito.

DELYA
Tu gentil cavaliere, la cui fortuna è così buona,
da ritrovar me e liberare i miei fratelli,
la mia fede, il mio cuore, la mia mano io ti dò.

EUMENIDE
Grazie, gentile madonna: ma ecco Jack; ringrazialo,
305
perch’egli è il migliore amico che noi abbiamo.

Entra Jack con una testa in mano.

EUMENIDE
Ebbene, Jack, che hai costà?

JACK
Perdio, padrone, la testa dello Stregone.

EUMENIDE
Via, Jack, questo è impossibile; egli era un giovine.

JACK
Ah, padrone, così egli ingannava coloro che lo guardavano: ma egli era un vecchio miserevole e curvo; benchè all’occhio d’ogni uomo apparisse giovine e fresco. Perchè, padrone, lo Stregone aveva preso la forma del vecchio che stava presso la croce: e quel vecchio aveva le fattezze dello Stregone. Ma pra, padrone, sonate il vostro corno.

Egli suona il corno; entrano Venelia, i due fratelli, e colui ch’era presso la Croce.

EUMENIDE
Benvenuto, Eresto, benvenuta, bella Venelia!
Benvenuti tutt’e due, Thelea e Calypha!
Ora io ho colei che ho così a lungo cercata;
così dice la bella Delya, se abbiamo il vostro consenso.

1o FRATELLO
310
Valoroso Eumenide, tu meriti bene
d’avere il nostro favore: rallegriamoci dunque
d’essere per tuo mezzo in libertà.
Qui possiamo godere ciascuno alla vista dell’altro,
e questa bella Dama avere il suo cavaliere errante.

JACK
Così, padrone, ora voi credete d’aver finito; ma io debbo dirvi una cosa. Voi sapete che voi ed io eravam compagni, ed io doveva aver la metà di tutto ciò che voi otteneste.

EUMENIDE
E tu l’avrai, Jack.

JACK
Allora, padrone, traete la vostra spada, dividete la vostra Dama, e datemene subito la metà.

EUMENIDE
Ma io spero, Jack, che tu scherzi; io ti promisi la metà di quel che ottenessi, ma non la metà della mia Dama.

JACK
Ma che altro, padrone? non l’avete voi ottenuta? Pertanto subito dividetela, perchè io ne voglio la metà: non c’è scampo.

EUMENIDE
Bene, prima ch’io manchi alla mia parola verso il mio amico, prendila tutta; ecco, Jack, io te la dò.

JACK
No, nè più nè meno, padrone, proprio la metà giusta.

EUMENIDE
Innanzi ch’io manchi alla mia fede verso il mio amico, io la dividerò; Jack, tu n’avrai mezza.

1o FRATELLO
Non esser così crudele verso la nostra sorella, gentil cavaliere!

2o FRATELLO
O, risparmia la bella Delya; ella non merita la morte.

EUMENIDE
State tranquilli; gli ho data la mia parola; pertanto prepàrati, Delya, perchè tu devi morire.

DELYA
Allora addio, mondo! Addio, Eumenide!

Egli fa per colpire e Jack lo arresta.

JACK
Fermatevi, padrone; è sufficiente ch’io abbia provata la vostra costanza. Vi ricordate voi ora di quando pagaste per la sepoltura d’un pover uomo?

EUMENIDE
Sì, benissimo, Jack.

JACK
Allora, padrone, ringraziate quella buona azione per questo buon servizio, e così Dio sia con voi tutti.

Jack salta giù nella terra.

EUMENIDE
315
Jack! che, te ne sei andato?
Allora addio, Jack!
Venite, fratelli e la mia vaga Delya,
Eresto, e la tua cara Venelia:
andremo in Tessalia con cuori giocondi.

TUTTI
D’accordo, noi seguiamo te e Delya.

Exeunt omnes.

FANTASTICO
Che, comare, dormi?

LA VECCHIA
Per la messa, figliuolo, è quasi giorno, e le mie finestre son chiuse al canto del gallo.

GAIO
Sentite, comare, mi pare che questo Jack avesse un gran potere tra di loro.

LA VECCHIA
O, uomo, questa era l’ombra di quel pover uomo, che ci fu così gran trambusto per seppellirlo, e questo fa ch’egli aiuti tanto il cavaliere errante. Ma venite, entriamo: prenderemo una tazza di birra e una fetta di pane abbrustolito, stamattina, e così ci separeremo.

FANTASTICO
Alllora, voi avete finita la vostra novella, comare?

LA VECCHIA
Sì, affè! Quando questo finì, io presi un pezzo di pane e formaggio, e me ne venni per la mia via; e lo stesso avrete voi, anche, prima d’andarvene, per la vostra colazione.

FINIS.