Christopher Marlowe, Edward II

Eduardo Secondo





Texto utilizado para esta edición digital:
Marlowe, Christopher. Il regno travagliato e la lamentabile morte di Edoardo Secondo, re d’Inghilterra con la tragica rovina del superbo Mortimer. A cura di Raffaello Piccoli. Tradotto da Raffaello Piccoli. In: Piccoli, Raffaello (eds.) Drammi Elisabettiani. Bari : Gius. Laterza, 1914, vol. I, pp. 269-378.
Marcación digital para Artelope:
  • Soler Sánchez, Victoria

Elenco

RE EDUARDO SECONDO
Il principe EDUARDO, suo figlio, poi Re Eduardo Terzo
KENT, fratello di Re Eduardo Secondo
GAVESTON
Il Vescovo di Canterbury
Il Vescovo di Coventry
WARWICK
LANCASTER
PEMBROKE
ARUNDEL
LEICESTER
BERKELEY
MORTIMER il vecchio
MORTIMER il giovine, suo nipote
SPENCER il vecchio
SPENCER il giovine, suo figlio
BALDOCK
BEAUMONT
TRUSSEL
GURNEY
MATREVIS
LIGHTBORN
SIR GIOVANNI DI HAINAULT
LEVUNE
RICE AP HOWEL
L’ABATE
MONACI
Araldi
Signori, Poveri, Giacomo, un falciatore, il Campione, Messaggeri, Soldati e Servi.
LA REGINA ISABELLA, moglie di Re Eduardo Secondo.
La nipote di re Eduardo Secondo, figlia del Duca di Gloucester.
Dame

Atto I

SCENA I.

UNA VIA DI LONDRA.
Entra Gaveston, leggendo una lettera, portata a lui da parte del re.

GAV.
‘Mio padre è morto: vieni, Gaveston,
e dividi il regno col tuo più caro amico’.
Ah! parole che mi fan sazio di delizia!
Quale maggior felicità può toccare a Gaveston,
5
che di vivere come il favorito d’un re?
Dolce principe, vengo: queste, queste tue linee amorose
avrebbero potuto forzarmi a venir di Francia nuotando,
e a boccheggiare come Leandro sull’arena,
purchè tu sorridessi e mi prendessi fra le tue braccia.
10
La vista di Londra ai miei occhi esiliati,
è come l’Elisio ad un’anima nuova venuta:
non ch’io ami la città o gli uomini,
ma perchè essa ricetta colui ch’io tengo così caro,
il re, sul cui petto possa io morire,
15
e il mondo mi sia pur sempre nemico:
che giova al popolo artico amare la luce delle stelle,
se ad esso il sole risplende la notte come il giorno?
Addio, vile inchinarsi ai pari superbi!
Il mio ginocchio non si piegherà ad altri che al re.
20
Quanto alla moltitudine, che non sono se non faville
ricoperte dalle ceneri della loro povertà,
tanti: io prima piaggerò il vento,
che guizza sulle mie labbra e vola via.
Ma ve’, che son questi?

Entrano tre poveri.

POVERI.
25
Gente che desidera di servire vossignoria.

GAV.
Che sai fare tu?

1º POV.
Io so cavalcare.

GAV.
Ma io non ho cavalli. Che cosa sei tu?

2º POV.
Un viaggiatore.

GAV.
30
Vediamo, tu andresti bene
per servirmi a tavola, e contarmi bugie ad ora di pranzo.
E come il vostro discorrere mi piace, vi prendo.
E che sei tu?

3º POV.
Un soldato, che ha servito contro lo Scozzese.

GAV.
35
Ebbene, vi sono ospedali per la gente come voi.
Io non ho guerra, e perciò, signore, andatevene.

3º POV.
Addio, e possa morire per mano d’un soldato,
tu che li vorresti ricompensare con l’ospedale.

GAV.
Sì, sì, queste sue parole mi commovon tanto,
40
come se un’oca facesse il porcospino,
e vibrasse le sue penne, pensando di trapassarmi il petto:
ma pure non costa fatica dar agli uomini belle parole;
io voglio lusingarli e farli vivere in speranza.
Voi sapete ch’io son venuto or ora di Francia,
45
e ancora non ho veduto il re mio signore:
se le cose mi van bene, io vi terrò tutti al mio servizio.

OMNES.
Noi ringraziamo vossignoria.

GAV.
Io ho qualche affare, lasciatemi solo.

OMNES.
Noi aspetteremo qui intorno alla corte.

Exeunt.

GAV.
50
Va bene. – Questi non sono uomini per me.
Io debbo avere festevoli poeti, piacevoli ingegni,
musici, che col tocco d’una corda
possan trarre il principe arrendevole dove a me piaccia:
musica e poesia sono la sua delizia,
55
e perciò io avrò la notte maschere italiane,
dolci discorsi, commedie, piacevoli, spettacoli,
e il giorno, quand’egli andrà a passeggio,
come ninfe silvane saran vestitii miei paggi;
i miei uomini, come satiri, pascolando nei prati,
60
danzeranno coi loro pie’ di capra un grottesco ballo tondo.
Talvolta un amabile fanciullo in forma di Diana,
coi capelli che indorano l’acqua nel suo fuire,
coronette di perle intorno alle sue braccia ignude,
e nelle sue sollazzevoli mani una fronda d’ulivo,
65
per nascondere quelle parti che gli uomini si dilettano di vedere,
si bagnerà in un fonte, e quivi presso
uno, come Atteone, spiando di tra il boschetto,
sarà dalla dea adirata trasformato,
e correndo in figura d’un cervo,
70
sarà abbattuto da cani latranti, e parrà morire; –
cose come queste meglio piacciono a sua maestà,
il mio signore. Ecco viene il re e i nobili
dal parlamento. Io starò in disparte.

Entrano il Re, Lancaster, Mortimer senior, Mortimer iunior, Edmondo conte di Kent, Guido conte di Warwick, etc.

ED.
Lancaster!

LANC.
75
Mio signore.

GAV.
Questo Conte di Lancaster io l’aborro.

ED.
Non mi volete conceder questo? – A loro dispetto
io farò come voglio, e questi due Mortimer,
che così m’attraversano, sapranno ch’io sono offeso.

MORT. S.
80
Se voi ci amate, mio signore, abbiate in odio Gaveston!

GAV.
Quel ribaldo Mortimer, io sarò la sua morte.

MORT. I.
Mio zio qui, il Conte, ed io stesso
avevam giurato a vostro padre, alla sua morte,
ch’egli non sarebbe mai tornato nel reame:
85
e sappiate, mio signore, prima ch’io rompa il mio giuramento,
questa mia spada che dovrebbe nuocere a’ vostri nemici,
dormirà nella guaina quando tu n’avrai bisgono,
e sotto le tue bandiere marci chi vuole,
perchè Mortimer riporrà la sua armatura.

GAV.
90
Mort dieu.

ED.
Bene, Mortimer, io ti farò pentire di queste parole.
Conviene a te contradire al re?
Aggrotti a questo le ciglia, ambizioso Lancaster?
La spada spianerà le rughe della tua fronte,
95
e spaccherà queste ginocchia ch’ora son divenute così salde.
Io avrò Gaveston, e voi saprete
quale pericolo sia star contro al vostro re.

GAV.
Ben fatto, Ned!

LANC.
Mio signore, perchè provocate così i vostri pari,
100
che naturalmente vi amerebbero e onorerebbero,
se non fosse per quel vile e oscuro Gaveston?
Quattro contee ho io, oltre a quella di Lancaster,
Derby, Salisbury, Lincoln, Leicester:
io le venderò per dar le paghe ai miei soldati,
105
prima che Gaveston resti nel reame.
Perciò, se egli è venuto, espellilo subito.

ED.
Baroni e Conti, la vostra superbia m`ha fatto muto,
ma ora parlerò, e a buon conto, io spero:
io mi ricordo, ai tempi di mio padre,
110
Lord Percy del Nord, essendo profondamente agitato,
affrontò Mowbery in presenza del re;
per la qual cosa, se sua altezza non l’avesse amato assai,
egli avrebbe perduto la testa; ma dal suo sguardo
l’indomito spirito di Percy fu placato,
115
e Mowbery e lui furono riconciliati.
Pure osate voi affrontare il re a faccia a faccia.
Fratello, fanne vendetta, e fa che queste lor teste
predichino in cima ai pali per le colpe delle loro lingue.

WARW.
O, le nostre teste!

ED.
120
Sì, le vostre, e perciò io vorrei che voi cedeste.

WARW.
Frena la tua ira, nobile Mortimer!

MORT. I.
Io non posso, e non voglio: io debbo parlare.
Cugino, le nostri mani io spero proteggeranno le nostre teste,
e abbatteranno quella di chi fa che voi ci minacciate.
125
Vieni, zio, abbandoniamo il re demente,
e di qui innanzi parlamentiamo con le nostre spade ignude.

MORT. S.
La contea di Wilt ha uomini abbastanza per salvare le nostre teste.

WARW.
Tutta la contea di Warwick lo amerà per amor mio.

LANC.
E verso il nord Gaveston ha molti amici.
130
Addio, mio signore; e, o cambiate l’animo vostro,
o attendevi di vedere il trono, su cui dovreste sedere,
galleggiare nel sangue, e sul tuo capo folle,
la testa lusingatrice del tuo vile favorito, gettata.

Exeunt Nobiles.

ED.
Io non posso sopportare queste altere minacce:
135
son io un re, e mi s’ha a dettar legge?
Fratello, spiega le mie insegne in campo:
io terrò testa ai Baroni e ai Conti,
ed, o morrò, o vivrò con Gaveston.

GAV.
Io non posso più a lungo tenermi lontano dal mio signore.

ED.
140
Che? Gaveston! Benvenuto! Non mi baciare la mano,
abbracciami, Gaveston, com’io t’abbraccio.
Perchè dovresti inginocchiarti? Non sai tu chi sono io?
Il tuo amico, te stesso, un altro Gaveston!
Non Ila fu pianto da Ercole più
145
di quanto non sia stato pianto tu da me, dopo il tuo esilio.

GAV.
E da quando io ne venni di qua, nessuna anima in inferno
ha provato maggior tormento del povero Gaveston.

ED.
Io lo so. – Fratello, dà il benvenuto in patria al mio amico.
Cospirino pure ora i traditori Mortimer,
150
e quel conte di Lancaster dall’animo altero:
io ho quel che volevo, godendo della tua vista;
e prima il mare sommergerà la mia terra,
che regga il bastimento, che ti trasporti via di qua:
io qui ti creo Lord alto Ciambellano,
155
Primo Segretario dello Stato, e mio,
Conte di Cornovaglia, re e signore di Man.

GAV.
Mio signore, questi titoli di gran lunga avanzano il mio valore.

KENT.
Fratello, il minimo di questi titoli basterebbe bene
per un uomo di più alta nascita di Gaveston.

ED.
160
Cessa, fratello, perche io non posso sopportare queste parole.
Il tuo valore, dolce amico, è d’assai superiore ai miei doni,
perciò per agguagliarlo ricevi il mio cuore.
Se per queste dignità tu sarai invidiato,
io te ne darò altre, perchè solo per onorarti
165
Eduardo si piace del real reggimento.
Temi per la tua persona? Tu avrai una guardia.
Hai bisogno d’oro? Va al mio tesoro.
Vorresti essere amato e temuto? Prendi il mio sigillo,
grazia o condanna, e in nostro nome comanda
170
qualunque cosa muove il tuo animo o piace alla tua fantasia.

GAV.
Basterà a me godere del vostro amore,
e mentre io l’ho, mi ritengo grande
quanto Cesare cavalcante per le vie di Roma,
con re prigioneri dietro il suo carro di trionfo.

Entra il Vescovo di Coventry.

ED.
175
Dove va il mio signore di Coventry così in fretta?

VESC.
A celebrare le esequie di vostro padre.
Ma questo malvagio Gaveston è tornato?

ED.
Sì, prete, e vive per aver vendetta di te,
che fosti la sola causa del suo esilio.

GAV.
180
È vero, e se non fosse per reverenza a queste vesti,
tu non avanzeresti un piede di là da questo luogo.

VESC.
Io non feci più di quanto ero tenuto a fare
e, Gaveston, a meno che tu non ti sia corretto,
come allora io aizzai il parlamento,
185
così farò ora, e tu tornerai in Francia.

GAV.
Salva la vostra riverenza, voi mi devote perdonare.

ED.
Strappagli la sua mitra d’oro, straccia la sua stola,
e nella zanella battezzalo di nuovo.

KENT.
Ah! Fratello, non gli usare violenza,
190
perché egli se ne dorrà alla sede di Roma.

GAV.
Ch’egli se ne dolga alla sede d’inferno,
io mi vendicherò su di lui pel mio esilio.

ED.
No, risparmia la sua vita, ma impadronisciti dei suoi beni:
sii tu Lord Vescovo, e ricevi le sue rendite,
195
e fatti servir da lui come cappellano.
Io lo do a te, trattalo tu qui come vuoi.

GAV.
Andrà in prigione, e quivi morrà in ceppi.

ED.
Sì, alla Torre, alla Flotta, o dove vuoi.

VESC.
Per questo oltraggio sii tu maledetto da Dio.

ED.
200
Chi è là? Conducete questo prete alla Torre.

VESC.
Vero, vero.

ED.
Ma intanto, Gaveston, va
a prender possesso della sua casa e de’ suoi beni.
Vieni, seguimi, e tu avrai la mia guardia
205
per assisterti nella faccenda, e ricondurti salvo.

GAV.
Che dovrebbe farsi un prete d’una casa così bella?
Una prigione può convenire alla sua santità.

[Exeunt.]

SCENA II.

WESTMINSTER, PRESSO IL PALAZZO DEL RE.]
Entrano i due Mortimer, Warwick e Lancaster.

WARW.
È vero, il vescovo è nella Torre,
e dato corpo e beni a Gaveston.

LANC.
210
Che? Tiranneggeranno la Chiesa?
Ah! Malvagio re, maledetto Gaveston,
questo suolo contaminato dai loro passi,
sarà il loro sepolcro prematuro, o il mio!

MORT. I.
Bene, lasciate che quel francese perverso gli faccia buona guardia.
215
A meno che il suo petto non sia a prova di spada, egli morrà.

MORT. S.
Ebbene perchè è afflitto il Conte di Lancaster?

MORT. I.
Perchè è di cattivo umore Guido di Warwick?

LANC.
Quel ribaldo di Gaveston è stato fatto conte.

MORT. S.
Conte!

WARW.
220
Sì, e inoltre Lord Ciambellano del reame,
e segretario, anche, e signore di Man.

MORT. S.
Noi non possiamo, nè vogliamo soffrir questo.

MORT. I.
Perchè non partiamo subito di qui per assoldare uomini?

LANC.
‘Mio Lord di Cornovaglia’, ora, ad ogni parola;
225
e felice è l’uomo, cui egli concede,
per essersi tolto il berretto, un buono sguardo.
Così, a braccetto, il re e lui camminano:
anzi più, la guardia attende alla sua signoria,
e tutta la corte comincia ad adularlo.

WARW.
230
Così appoggiandosi alla spalla del re,
egli accenna e schernisce e sorride a coloro che passano.

MORT. S.
Nessuno si rivolta contro il miserabile?

LANC.
Tutti lo hanno in odio, ma nessuno osa dire una parola.

MORT. I.
Ah, questo rivela la loro viltà, Lancaster!
235
Fossero del mio animo tutti i Conti e Baronni,
noi lo trascineremmo dal seno del re,
e appiccheremmo alla porta della corte il villano,
che, gonfio del veleno d’un’ambiziosa superbia,
sarà la rovina del reame e nostra.

Entra il Vescovo di Canterbury.

WARW.
240
Qui viene sua grazia il Lord di Canterbury.

LANC.
Il suo aspetto rivela ch’egli è adirato.

VESC.
Prima i suoi paramenti sacri furono stracciati e lacerati,
poi essi poser le mani violente addosso a lui; in seguito
egli stesso fu imprigionato, e i suoi beni usurpati:
245
di questo informa il Papa; va, prendi un cavallo.

LANC.
Mio signore, prenderete le armi contro il re?

VESC.
A che serve ch’io le prenda? Iddio stesso è in armi,
quando s’usa violenza alla chiesa.

MORT. I.
Allora vi unirete con noi, che siamo i suoi pari,
250
per bandire o decapitare questo Gaveston?

VESC.
Che altro, miei signori? Perchè la cosa mi concerne da vicino:
il vescovado di Coventry è suo.

Entra la Regina.

MORT. I.
Signora, dove va vostra maestà così in fretta?

REG.
Alla foresta, nobile Mortimer,
255
per vivere in dolore e in funebre tristezza;
perchè ora, mio signore, il re non si cura di me,
ma è folle d’amore per Gaveston,
gli palpa le gote, s’appende al suo collo,
sorride sul suo volto, e sussurra nelle sue orecchie;
260
e quando io giungo, aggrotta le ciglia, come chi volesse dire:
‘va dove vuoi, poichè io ho Gaveston’.

MORT. S.
Non è singolare, ch’egli sia così stregato?

MORT. I.
Signora, tornate di nuovo alla corte;
noi esilieremo questo astuto Francese seduttore,
265
o perderemo la vita; e pure, prima che questo giorno venga,
il re perderà la sua corona, poichè noi abbiamo potenza,
e coraggio, anche, da trarre piena vendetta.

VESC.
Ma pure, non levate le spade contro il re!

LANC.
No, ma noi vogliamo levare di mezzo Gaveston.

WARW.
270
E la guerra sarà il mezzo, o egli resterà sempre.

REG.
Allora lasciate che resti; perchè piuttosto che il mio signore
sia sopraffatto dalle guerre civili,
io sopporterò una vita malinconica,
e lascerò ch’egli si sollazzi col suo favorito.

VESC.
275
Miei signori, per risolvere tutto ciò, udite soltanto le mie parole: –
noi e gli altri, che siamo i suoi consiglieri,
ci aduneremo, e con generale consentimento
confermeremo il suo bando con le nostre firme e sigilli.

LANC.
Quel che noi confermiamo, il re lo frusterà.

MORT. I.
280
Allora noi potremo legalmente ribellarci a lui.

WARW.
Ma ditemi, mio signore, dove sarà questa radunanza?

VESC.
Al Nuovo Tempio.

MORT. I.
Sta bene:
ed, intanto, io vi pregherò tutti
285
di passare a Lambeth, e quivi restare con me.

LANC.
Venite dunque, andiamo.

MORT. I.
Signora, addio.

REG.
Addio, dolce Mortimer; e per amor mio,
astieniti dal levar l’armi contro il re.

MORT. I.
290
Sì, se le parole serviranno; se no, io debbo.

[Exeunt.]

SCENA III.

UNA VIA DI LONDRA.
Entrano Gaveston e il conte di Kent.

GAV.
Edmondo, il potente principe di Lancaster,
che ha più contee di quante un asino possa portarne,
e i due Mortimer, due leggiadri uomini,
con Guido di Warwick, quel temuto cavaliere,
295
sono andati verso Lambeth: e quivi rimangano.

Exeunt.

SCENA IV.

IL NUOVO TEMPIO.
Entrano Nobiles.

LANC.
Ecco l’ordine dell’esilio di Gaveston:
piaccia a vostra signoria di sottoscrivere il vostro nome.

VESC.
Datemi la carta.

LANC.
Presto, presto, mio signore, io sono impaziente di scrivere il mio nome.

WARW.
300
Ma io sono ancor più impaziente di vederlo bandito di qui.

MORT. I.
Il nome di Mortimer spaventerà il re,
a meno ch’egli non si sia rivolto da quel vile bifolco.

Entrano il Re e Gaveston.

ED.
Chè? siete voi offesi che Gaveston segga qui?
Questo è il nostro piacere, noi vogliamo così.

LANC.
305
Vostra grazia fa bene a metterlo al suo lato,
perchè in nessun altro luogo il nuovo conte è così sicuro.

MORT. S.
Qual uomo di nobile nascimento può sofferire questa vista?
Quam male conveniunt!
Vedete che sguardo sprezzante lancia il villano!

PEMB.
310
Possono i leoni regali carezzare le striscianti formiche?

WARW.
Ignobile vassallo, che, come Fetonte,
aspiri a guidare il sole!

MORT. I.
La loro rovina è prossima, le loro forze abbattute.
Noi non vogliamo essere provocati e dispettati così!

ED.
315
Mettete le mani addosso a quel traditore Mortimer!

MORT. S.
Mettete le mani addosso a quel traditore Gaveston!

KENT.
È questo l’ossequio che voi dovete al vostro re?

WARW.
Noi conosciamo i nostri doveri – conosca egli i suoi pari.

ED.
Dove volete condurlo? fermatevi, o morrete.

MORT. S.
320
Non siamo traditori; perciò, non minacciare.

GAV.
No, non minacciare, mio signore, ma pagali di buona moneta!
S’io fossi re –

MORT. I.
Tu villano, perchè parli di re,
che a mala pena sei gentiluomo di nascita?

ED.
325
Foss’egli un contadino, essendo il mio favorito,
io farò inchinare innanzi a lui il più superbo di voi.

LANC.
Mio signore, voi non potete avvilirci così.
Via, dico, con questo odioso Gaveston!

MORT. S.
E col Conte di Kent che lo favorisce.

Gaveston e il Conte di Kent vengono allontanati.

ED.
330
Orsù, dunque, fate violenza al vostro re;
qui, Mortimer, siedi tu sul trono di Eduardo:
Warwick e Lancaster, portate voi la mia corona:
fu mai un re cui si dettasse legge in tal modo?

LANC.
Impara allora a governare noi meglio, e il reame.

MORT. I.
335
Ciò che noi abbiamo fatto, il sangue del nostro cuore lo sosterrà.

WARW.
Credete voi che noi possiamo sopportare la superbia di questo villan rifatto?

ED.
La rabbia e l’iraconda furia arrestano il mio parlare.

VESC.
Perchè siete voi irritato? siate paziente, mio signore,
e vedete quel che noi, vostri consiglieri, abbiam fatto.

MORT. I.
340
Miei signori, siamo ora tutti risoluti,
e, o s’ottenga quel che vogliamo, o si perda la vita.

ED.
Vi adunate per questo, superbi temerarî pari?
Prima che il mio dolce Gaveston si separi da me,
quest’isola fluttuerà sopra l’oceano,
345
e andrà errando fino alla remota India.

VESC.
Voi sapete chio sono legato del Papa;
per la vostra fedeltà alla sede di Roma,
sottoscrivete, come abbiam fatto noi, il suo esilio.

MORT. I.
Maledicetelo, s’egli rifiuta! e poi potremo
350
deporlo ed eleggere un altro re.

ED.
Sì, a questo egli mira! ma pure io non cederò:
maledicetemi, deponetemi, fate il peggio che potete!

LANC.
Allora non indugiate, mio signore, ma fate ciò subito.

VESC.
Ricordati come il Vescovo fu oltraggiato;
355
o bandisci colui che fu causa de ciò,
o io immediatamente scioglierò questi signori
dall’ossequio e dalla fedeltà dovuti a te.

ED.
Non mi giova minacciare, bisogna ch’io dia buone parole.
Il legato del Papa sará obbedito:
360
mio signore, tu sarai cancelliere del reame;
tu, Lancaster, alto ammiraglio della nostra flotta.
Il giovine Mortimer e suo zio saranno conti,
e voi, lord Warwick, presidente del Nord,
e tu, del Galles: se questo non vi accontenta,
365
fate diversi regni di questa monarchia,
e dividetela in parti eguali fra voi tutti,
purchè mi si lasci qualche cantuccio o angolo,
per godermela col mio carissimo Gaveston.

VESC.
Nulla ci muterà – noi siamo risoluti.

LANC.
370
Venite, venite, sottoscrivete.

MORT. I.
Perchè amereste voi colui che il mondo odia così?

ED.
Perchè egli ama me più che tutto il mondo;
o, non altri che uomini rozzi e d’animo selvaggio
possono desiderare la rovina del mio Gaveston;
375
voi che siete di nobile nascita dovreste aver pietà di lui.

WARW.
Voi che siete di nascita principesca, dovreste liberarvene:
vergogna! sottoscrivete, e fate partire il furfante.

MORT. S.
Sollecitatelo, mio signore.

VESC.
Siete voi contento di bandirlo dal reame?

ED.
380
Vedo che debbo, e perciò son contento.
Invece d’inchiostro, io lo scriverò con le mie lagrime.

MORT. I.
Il re è malato d’amore pel suo favorito.

ED.
È fatto! ed ora, maledetta mano, cadi giù!

LANC.
Datemelo, io lo farò pubblicare per le vie.

MORT. I.
385
Io vedrò ch’egli sia subito spacciato via.

VESC.
Ora il mio cuore è sollevato.

WARW.
E così il mio.

PEMB.
Questa sarà una buona novella per la gente comune.

MORT. S.
Sia o non sia, egli non indugerà qui.

Exeunt Nobiles.

ED.
390
Come veloci corrono a bandire colui ch’io amo!
essi non si moverebbero, se fosse per farmi del bene:
perchè dovrebbe un re esser soggetto a un prete?
Superba Roma, che covi servi così imperiosi,
per questi tuoi superstiziosi lumi di ceri,
395
de’ quali scintillano le tue chiese anticristiane,
io incendierò i tuoi rovinanti edifici, e costringerò
le torri papali a baciare l’umile terra;
faró ingrossare le acque del Tevere coi preti sgozzati,
ed elevarsi più alte le rive co’ loro sepolcri!
400
Quanto ai pari, che van così dietro al clero,
s’io sono re, non uno di loro vivrà.

Entra Gaveston.

GAV.
Mio signore, io sento sussurrar dappertutto
ch’io son bandito, e debbo fugire questa terra.

ED.
È vero, dolce Gaveston; o, fosse falso!
405
Il legato del Papa vuole che così sia,
e tu devi allontanarti, o io sarò deposto.
Ma io regnerò per trar vendetta di loro;
e perciò, dolce amico, prendi la cosa pazientemente,
vivi dove vuoi, io ti manderò oro abbastanza,
410
e non resterai a lungo, o se resterai,
io verrò a te: il mio amore non declinarà mai.

GAV.
Tutta la mia speranza s’è volta in questo inferno di dolore?

ED.
Non lacerare il mio cuore con le tue troppo penetranti parole:
tu da questa terra, io da me stesso son bandito.

GAV.
415
L’andar via di qui non addolora il povero Gaveston,
ma l’abbandonar voi, ne’ cui graziosi sguardi
rimane la beatitudine di Gaveston:
perchè in nessun altro luogo egli cerca la felicità.

ED.
E solo questo tormenta la mia anima sventurata,
420
che, voglia io o no, tu debba partire.
Sii governatore dell’Irlanda in mia vece,
e quivi dimora finchè la fortuna non ti chiami in patria.
Eccoti il mio ritratto, e dammi il tuo, ch’io lo porti adosso.
O, potessi io tenerti qui, come tengo questo,
425
sarei felice! ma ora sono assai disgraziato.

GAV.
È qualcosa avere la pietà d’un re.

ED.
Tu non partirai, io ti nasconderò, Gaveston.

GAV.
Sarò trovato, e quindi n’avrò maggior pena.

ED.
Benigne parole, e vicendevole conversare fanno la nostra pena più grande:
430
perciò, con un muto abbraccio, separiamoci.
Resta, Gaveston, io non posso lasciarti così.

GAV.
Per ogni sguardo il mio signore versa una lagrima:
poichè io debbo andare, non rinovatte il mio affanno.

ED.
Piccolo è il tempo che tu hai per restare,
435
e perciò dammi licenza di guardarti fino a saziarmi.
Ma vieni, dolce amico, io ti accompagnerò sulla tua via.

GAV.
I pari aggrotteran le ciglia.

ED.
Io non mi curo della loro rabbia. Vieni, andiamo!
O, così noi possiamo tornare come noi andiamo!

Entrano Edmondo e la Regina Isabella.

REG.
440
Dove va il mio signore?

ED.
Non carezzar me, meretrice di Francia; vattene!

REG.
E chi dovrei io carezzare se non mio marito?

GAV.
Mortimer, col quale, scortese regina –
più non dico, giudicate voi il rimanente, mio signore.

REG.
445
Dicendo questo tu mi fai torto, Gaveston.
Non basta che tu corrompa il mio signore,
e sii mezzano alle sue affezioni,
ma devi così mettere in questione il mio onore?

GAV.
Io non intendo questo, vostra grazia deve perdonarmi.

ED.
450
Tu sei molto familiare con quel Mortimer,
e per tua causa Gaveston è esiliato.
Ma io vorrei che tu mi riconciliassi i signori,
o tu non sarai mai riconciliata con me.

REG.
Vostra altezza sa che non è in mio potere.

ED.
455
Va via allora, non mi toccare! vieni, Gaveston.

REG.
Ribaldo, sei tu che mi rubi il mio signore.

GAV.
Signora, siete voi che mi rubate il mio signore.

ED.
Non le parlare; lasciala languire e struggersi.

REG.
In che, mio signore, ho io meritato queste parole?
460
Attestino le lagrime, che Isabella spande,
attesti questo cuore che, sospirando per te, si spezza,
quanto è caro il mio signore alla povera Isabella.

ED.
E attesti il cielo quanto tu sei cara a me:
ora piangi: perchè, finchè Gaveston non sarà richiamato,
465
sta certa, tu non verrai alla mia presenza.

Exeunt Eduardo e Gaveston.

REG.
O miserabile e sventurata regina!
Così, quando io lasciai la dolce Francia e fui imbarcata,
Circe incantatrice, camminando sull’onde,
avesse mutata la mia forma! o nel giorno nuziale
470
la coppia d’Imene fosse stata piena di veleno,
o da quelle braccia che s’avviticchiarono intorno al mio collo
fossi io stata soffocata, e non avessi vissuto per vedere
il re mio signore abbandonarmi così!
Come Giunone frenetica io empirò la terra
475
dell’orrendo sussurro de’ miei sospiri e de ‘ miei pianti,
perchè mai Giove non insanì per Ganimede,
com’egli per il maledetto Gaveston.
Ma questo esasperarà ancor più la sua collera;
io debbo supplicarlo, io debbo parlargli dolcemente,
480
e procurare il richiamo in patria di Gaveston:
e pur egli sempre vaneggerà per Gaveston,
e così son io per sempre mirserabile.

Entrano i Nobili dalla Regina.

LANC.
Guardate la sorella del re di Francia,
che siede qui torcendosi le mani, e battendosi il petto.

WARW.
485
Il re, io temo, l’ha maltrattata.

PEMB.
Duro è il cuore che ingiuria una tal santa.

MORT. I.
Io so ch’ella piange per causa di Gaveston.

MORT. S.
Perchè? egli è andato via.

MORT. I.
Signora, come sta vostra grazia?

REG.
490
Ah, Mortimer, ora si svela l’odio del re,
ed egli confessa che non mi ama.

MORT. I.
Siate pace, signora, dunque; e non l’amate.

REG.
No, piuttosto morrò mille morti:
e pure io amo in vano, egli non m’amerà mai.

LANC.
495
Non temete, signora; ora che il suo favorito è partito,
il suo folle umore sarà presto abbandonato.

REG.
O, mai, Lancaster! io son comandata
di supplicarvi tutti pel suo richiamo;
questo vuole il mio signore, e questo io debbo fare,
500
o altrimenti sarò bandita dalla presenza di sua altezza.

LANC.
Del suo richiamo, signora! egli non ritornerà,
a meno che il mare non rigetti il suo corpo naufragato.

WARW.
E per contemplare una così dolce vista,
non c’è qui nessuno che non farebbe correre il suo cavallo fino a ammazzarlo!

MORT. I.
505
Ma, signora, vorreste voi che noi lo chiamassimo in patria?

REG.
Sì, Mortimer, perchè finchè egli non sia restituito,
il re infuriato m’ha bandito dalla corte;
e pertanto, poichè tu m’ami e mi vuoi bene,
sii tu il mio avvocato innanzi a questi pari.

MORT. I.
510
Che? vorreste ch’io piatissi per lui?

MORT. S.
Piatisca per lui chi vuole, io son deciso.

LANC.
E così io, mio signore: dissuadete la regina.

REG.
O Lancaster, ditegli di dissuadere il re,
perchè contro la mia volontà egli ritornerebbe.

WARW.
515
Allora non parlate per lui, lasciate che il villano se ne vada.

REG.
Per me stessa io parlo, e non per lui.

PEMB.
Nessun discorso varrà, è perciò cessate.

MORT. I.
Bella regina, tralasciate di gittar l’amo al pesce,
che, pigliato, colpisce a morte colui che lo afferra;
520
io intendo quella vile torpedine, Gaveston,
che ora, io spero, galleggia sui mari d’Irlanda.

REG.
Dolce Mortimer, siediti un poco vicino a me,
e io ti dirò ragione di tal peso,
che tu subito sottoscriverai il suo richiamo.

MORT. I.
525
È impossibile; ma dite l’animo vostro.

REG.
Così dunque, ma nessuno l’udrà fuori di noi stessi.

LANC.
Miei signori, quand’anche la regina guadagnasse Mortimer,
sarete voi risoluti, e terrete dalla mia?

MORT. S.
Non, io, contro mio nipote.

PEMB.
530
Non temete, le parole della regina non possono farlo mutare.

WARW.
No, ma osservate con quanto ardore ella difende la sua causa.

LANC.
E vedete come freddamente i suoi sguardi fanno diniego.

WARW.
Ella sorride: ora, per la mia vita, egli ha cambiato d’animo!

LANC.
Io perderò la sua amicizia piuttosto che cedere.

MORT. I.
535
Bene, di necessità dev’essere così.
Miei signori, chi’io aborra il vile Gaveston,
io spero che i vostri onori non lo mettano in dubbio;
e perciò, benchè io patrocini il suo richiamo
questo non è per amor suo, ma per nostro vantaggio;
540
anzi per il bene del reame, e del re.

LANC.
Oibò, Mortimer, non ti disonorare!
Può questo esser vero, che fu bene bandirlo?
Ed è vero questo, (che sia bene) richiamarlo in patria?
Tali ragioni fanno bianco il nero, e la oscura notte, giorno.

MORT. I.
545
Mio signore di Lancaster, notate il motivo.

LANC.
Per nessun motivo possono i contrarî esser veri.

REG.
Pure, mio buon signore, udite che cosa egli può allegare.

WARW.
Tutto ciò ch’egli dice, è nulla; noi siamo decisi.

MORT. I.
Non desiderate voi che Gaveston sia morto?

PEMB.
550
Così egli fosse!

MORT. I.
Ebbene, mio signore, datemi solo licenza di parlare.

MORT. S.
Ma, nipote, non fare il sofista.

MORT. I.
Questo, di cui io vi supplico, viene da un ardente zelo
di correggere il re e far il bene del nostro paese.
555
Non sapete voi che Gaveston ha gran quantità d’oro,
che può in Irlanda acquistargli tali amici,
da poter egli fronteggiare il più potente di noi tutti?
E se egli vivrà e sarà amato,
sarà difficile per noi operare la sua rovina.

WARW.
560
Notate questo soltanto, mio signore di Lancaster.

MORT. I.
Ma s’egli fosse qui, detestato com’è
come facilmente si potrebbe subornare qualche vile schiavo
a riverire sua signoria con un pugnale!
e nessuno oserà biasimare l’assassino,
565
ma piuttosto lo loderanno per questa bella prova,
e registreranno il suo nome nella cronica,
per aver purgato il reame da tal morbo!

PEMB.
Egli dice il vero.

LANC.
Sì, ma com’è che non fu fatto prima?

MORT. I.
570
Perchè, miei signori, non ci si pensò:
anzi, più, quando egli saprà che sta in noi
di bandirlo e poi chiamarlo in patria,
ciò gli farà abbassare la bandiera della sua superbia,
e temerà di offendere l’ultimo dei nobili.

MORT. I.
575
Ma che faremo se egli non farà così, nipote?

MORT. I.
Allora potremo noi con qualche pretesto sorgere in armi;
perchè comunque noi giustifichiamo la cosa,
è un tradimento il contrastere al re;
così avremo il popolo dalla nostra parte,
580
che, per amore del padre di lui, sostiene il re,
ma non può sofferire che un fungo nato in una notte,
qual’è il mio signore di Cornovaglia,
debba calpestar noi della nobiltà.
E quando i comuni e i nobili s’uniscono,
585
non può il re far da scudo a Gaveston:
noi lo strapperemo dal più forte dei suoi castelli;
miei signori, se io sarò lento in far questo,
tenetemi per un vil servo come Gaveston.

LANC.
A questa condizione, Lancaster cederà.

PEMB.
590
E così Pembroke.

WARW.
Ed io.

MORT. S.
Ed io.

MORT. I.
In ciò io mi reputo altamente favorito,
e Mortimer rimarrà ai vostri comandi.

REG.
E quando Isabella dimentichi questo favore,
fate ch’ella viva derelitta e abbandonata.
595
Ma vedete, in buon tempo il mio signore il re,
avendo accompagnato il Conte di Cornovaglia,
è proprio ora tornato; questa notizia lo farà assai felice;
pure non quanto me; io amo lui più
ch’egli non possa amare Gaveston; così m’amasse egli
600
solo la metà di tanto, ed io sarei tre volte beata!

Entra Re Eduardo, lamentandosi.

ED.
Egli è partito, e per la sua assenza io così mi lamento.
Quale affano mai mi toccò il cuore,
come la mancanza del mio dolce Gaveston?
E se le rendite della mia corona potessero condurlo indietro,
605
io le darei liberamente ai suoi nemici,
e penserei di guadagnarci, comprando un così caro amico.

REG.
Udite com’egli s’indugia sul suo favorito!

ED.
Il mio cuore è come un incudine per l’affanno,
che vi batte su come i martelli dei Ciclopi,
610
e col rumore dà la volta al mio cervello stordito,
e mi rende frenetico per Gaveston.
Ah! fosse sorta dall’inferno qualche esangue furia,
e m’avesse colpito a morte col mio regio scettro,
quando io fui costretto a lasciare il mio Gaveston!

LANC.
615
Diablo! Come chiamate voi queste lamentazioni?

REG.
Mio grazioso signore, io vengo per portarvi novelle.

ED.
Che voi avete conferito col vostro Mortimer!

REG.
Che Gaveston, mio signore, sarà richiamato.

ED.
Richiamato? La notizia è troppo dolce per esser vera.

REG.
620
Ma mi amerete voi, se la troverete vera?

ED.
Se tale fosse, che cosa non farà Eduardo?

REG.
Per Gaveston, ma non per Isabella.

ED.
Per te, bella regina, se tu ami Gaveston,
io sospenderò una lingua d’oro intorno al tuo collo,
625
visto che tu hai difeso la sua causa con così buon successo.

REG.
Non sospendere al mio collo altri gioielli
che questi, mio signore; non mi dare maggior ricchezza
di quella ch’io posso attingere da questo ricco tesoro.
O, come un bacio ravviva la povera Isabella!

ED.
630
Ancora una volta ricevi la mia mano; e sia questo
un secondo matrimonio fra me e te.

REG.
E possa esso riescir più felice del primo!
Mio nobile signore, rivolgi qualche buona parola, a questi nobili
che umilmente attendono un grazioso sguardo,
635
e a ginocchi riveriscono la vostra maestà.

ED.
Animoso Lancaster, abbracia il tuo re!
E come i grossi vapori svaniscono pel sole,
proprio così fa che il tuo odio (svanisca) pel sorriso del tuo sovrano.
Vivi tu con me come mio compagno.

LANC.
640
Questo saluto riempie di gioia il mio cuore.

ED.
Warwick sarà il mio primo consigliere:
questi capelli d’argento adorneranno la mia corte più
che sfarzose sete o ricchi ricami.
Riprendimi, dolce Warwick, s’io mi svio.

WARW.
645
Ammazzatemi, mio signore, quando io offenda vostra grazia.

ED.
Nei trionfi solenni e nelle pubbliche parate,
Pembroke porterà la spada innanzi al re.

PEMB.
E con questa spada Pembroke combatterà per voi.

ED.
Ma perchè il giovine Mortimer cammina in disparte?
650
Sii tu comandante della nostra reale flotta;
o, se quest’ufficio elevato non ti piace,
io ti faccio qui lord maresciallo del reame.

MORT. I.
Mio signore, io sarò un tal maresciallo, verso i vostri nemici,
che l’Inghilterra sarà tranquilla, e voi sicuro.

ED.
655
E quanto a voi, lord Mortimer di Chirke,
le cui grandi imprese nella nostra guerra contro lo straniero,
meritano un posto non comune, una non piccola ricompensa,
sii tu il generale delle truppe reclutate,
che ora son pronte per assalire gli scozzesi

MORT. S.
660
Con ciò vostra grazia m’ha altamente onorato,
perchè con la mia natura la guerra assai s’accorda.

REG.
Ora è il re d’Inghilterra ricco e forte,
avendo l’amore de’ suoi famosi pari.

ED.
Sì, Isabella, il mio cuore non fu mai così leggero.
665
Segretario della corona, spedisci il nostro ordine
per Gaveston in Irlanda: Beaumont, vola
rapido come Iride o come Mercurio di Giove.

BEAU.
Sarà fatto, mio grazioso signore.

ED.
Lord Mortimer, noi vi lasciamo al vostro ufficio.
670
Ora andiamo dentro, e festeggiamo la cosa regalmente.
Prima che venga il nostro amico, il Conte di Cornovaglia,
noi avremo una giostra e un torneo generale;
e poi sarà celebrato il suo matrimonio.
Perchè, non sapete voi ch’io l’ho fidanzato
675
alla nostra cugina, l’erede del Conte di Gloucester?

LANC.
Tale notizia noi udimmo, mio signore.

ED.
Quel giorno, se non per lui, almeno per riguardo a me,
che sarò nel trionfo lo sfidatore,
non risparmiate le spese; noi ripagheremo il vostro amore.

WARW.
680
In questo o altro, vostra altezza ci comanderà.

ED.
Grazie, nobile Warwick: vieni, entriamo e facciam festa.

Exeunt.
Manent i Mortimer

MORT. S.
Nipote, io debbo partire per la Scozia: tu resti qui.
Cessa ora di opporti al re.
Tu vedi ch’egli è per natura mite e tranquillo,
685
e poichè il suo animo vaneggia così per Gaveston,
lascia che senza opposizione egli abbia quel che vuole.
I più potenti re ebbero i loro favoriti,
il grande Alessandro amò Efestione,
Ercole vincitore pianse per Ila,
690
e per Patroclo langui l’austero Achille;
e non i re soltanto, ma gli uomini più saggi:
il romano Tullio amò Ottavio,
il grave Socrate, l’impetuoso Alcibiade;
dunque lascia che sua grazia, la cui giovinezza è docile,
695
e promette tutto ciò che noi possiamo desiderare,
liberamente si goda quel vano conte, dalla testa leggera;
perchè gli anni più maturi lo svezzeranno da simili trastulli.

MORT. I.
Zio, il suo folle umore non mi addolora;
ma questo io ho a sdegno, che un uomo di così vile nascita
700
debba, pel favore del suo sovrano, divenir così petulante,
e far baldoria col tesoro del reame.
Mentre i soldati s’ammutinano per mancanza di paga,
egli porta adosso la rendita d’un lord,
e, simile a Mida, egli si pavoneggia nella corte,
705
con quei vili bravacci forestieri alle sue calcagna,
le cui superbe fantastiche livree fanno tal mostra,
come se Potreo, dio delle forme, apparisse.
Io non ho mai visto un lindo Jack così impertinente:
egli porta un corto mantello italiano col cappuccio,
710
lardellato di perle, e, sul suo barretto toscano,
un gioiello che vale più della corona.
Mentre altri cammina da basso, il re e lui
da una finestra si ridono d’uomini come noi,
e scherniscono il nostro seguito, e scherzano sul nostro abbigliamento.
715
Zio, questo è ciò che mi fa impaziente.

MORT. S.
Ma, nipote, ora vedete che il re è cambiato.

MORT. I.
E allora anch’io son mutato, e vivo per servirlo:
ma finchè io ho una spada, una mano, un cuore,
io non cederò a nessun villano riffato di tal sorta.
720
Voi conoscete il mio animo; venite, zio, andiamo.

Exeunt.

Atto II

SCENA I.

UNA SALA NEL PALAZZO DI GLOUCESTER.
Entrano Spencer e Baldock.

BALD.
Spencer, poichè il nostro signore, il conte di Gloucester, è morto,
quale de’ nobili intendi tu servire?

SPENC.
Non Mortimer, nè alcuno della sua parte,
perchè il re e lui sono nemici.
725
Baldock, impara questo da me: un signore fazioso,
difficilmente farà bene a se stesso, e molto meno a noi;
ma quegli che ha il favore del re,
può con una parola elevarci per la vita:
il liberale Conte di Cornovaglia è l’uomo
730
sulla cui buona fortuna si fonda la speranza di Spencer.

BALD.
Che, intendete voi dunque di farvi suo seguace?

SPENC.
No, suo compagno, perchè egli mi ama assai,
e una volta m’avrebbe raccomandato al re.

BALD.
Ma egli è bandito; c’è poca speranza per lui.

SPENC.
735
Sì, per un po’; ma, Baldock, osserva il fine.
Un amico mio mi disse in segreto
ch’egli è richiamato, e s’è mandato per farlo tornare,
e proprio ora venne un corriere dalla corte,
con lettere del re alla nostra signora;
740
e com’ella leggeva, sorrise; la qual cosa mi fa pensare
che si tratti del suo amante Gaveston.

BALD.
È assai probabile; perchè, da quando egli fu esiliato,
ella mai non esce di casa, nè si fa vedere.
Ma io avevo pensato che il fidanzamento fosse stato rotto,
745
e che il suo bando avesse cambiato l’animo di lei.

SPENC.
Il primo amore della nostra signora non vacilla:
la mia vita per la tua, ella avrà Gaveston.

BALD.
Allora io spero d’esser avanzato per suo mezzo,
avendola istruita fin da quand’era una bambina.

SPENC.
750
Allora, Baldock, voi dovete spogliarvi dello scolare,
e imparare a stare in corte como un gentiluomo;
non di certo un mantello nero e un piccolo collare,
una giubba col cappuccio di velluto, con le mostre di rascia,
e odorar tutto il giorno un mazzolino,
755
o tenere una pezzuola in mano,
o dire un lungo agimus in fine di tavola,
o piegar le gambe innanzi a un nobile,
o guardar basso con le palpebre chiuse,
e dire: ‘Davvero, se piace a vostro onore’,
760
vi possono acquistar favore presso i grandi:
voi dovete esser superbo, animoso, allegro e risoluto,
e di quando in quando usare il pugnale, quando l’occasione si presenta.

BALD.
Spencer, tu sai ch’io odio queste bagattelle formali,
e che non le uso se non per mera ipocrisia.
765
Il mio vecchio signore, mentre visse, era così meticoloso
che avrebbe trovato a ridire fin su’ miei bottoni,
e, fossero stati come capocchie di spilli, m’avrebbe rimproverato per la loro grandezza.
Questo mi fece simile a un curato nel vestire,
benchè internamente licenzioso assai,
770
ed atto a ogni sorta di scelleraggine.
Io non sono uno di quei comuni pedanti io,
che non san parlare senza il propterea quod.

SPENC.
Ma uno di quelli che dicono, quandoquidem,
ed hanno un dono speciale per formare le parole.

BALD.
775
Lasciate da banda questi scherzi, ecco la mia signora.

Entra la Signora.

SIGN.
Il dolore per il suo esilio non fu così grande,
com’è la gioia del suo tornare in patria.
Questa lettera viene dal mio dolce Gaveston:
che bisogno hai tu, amore, di scusarti così?
780
Io so che tu non potesti venire a visitarmi.
‘Io non starò a lungo lontano da te, dovessi morirne’:
questo dimostra tutto l’amore del mio signore.
‘Quand’io ti lascio, la morte s’impossessa del mio cuore’.
Ma posati qui dove Gaveston dormirà.
785
Ora la lettera del mio signore il re.
Egli vuole ch’io mi rechi alla corte
per incontrare il mio Gaveston; perchè mi indugio,
visto ch’egli parla così del giorno delle mie nozze?
Chi è là, Baldock?
790
Guarda che la mia vettura sia pronta, io debbo partire.

BALD.
Sarà fatto, signora.

Exit.

SIGN.
E mi venga incontro subito allo steccato del parco
Spencer, restate a farmi compagnia,
perchè io ho gioconde notizie da narrarti:
795
il mio signore di Cornovaglia sta per ritornare,
e sarà alla corte quando noi vi saremo.

SPENC.
Io sapeva che il re voleva che tornasse in patria.

SIGN.
Se tutte le cose riescono com’io spero,
il tuo servizio, Spencer, sarà considerato.

SPENC.
800
Umilmente ringrazio vostra signoria.

SIGN.
Vieni, fammi strada, io non veggo l’ora d’esser là.

[Exeunt]

SCENA II.

INNANZI AL CASTELLO DI TYNEMOUTH
Entrano Eduardo, la Regina, Lancaster, Mortimer, Warwick, Pembroke, Kent e i servi.

ED.
Il vento è buono, chissà perchè egli indugia:
temo che abbia fatto naufragio in mare.

REG.
Guarda, Lancaster, com’è appassionato il suo animo,
805
e sempre la sua mente corre al suo favorito!

LANC.
Mio signore!

ED.
Ebbene, quali notizie? Gaveston è arrivato?

MORT. I.
Null’altro che Gaveston! che intende vostra grazia?
Voi avete oggetti di maggior peso da meditare:
810
il re di Francia ha posto piede in Normandia.

ED.
Una bagattella! Noi lo cacceremo quando ci piacerà.
Ma dimmi, Mortimer, qual’è la tua divisa
pel solenne trionfo da noi decretato?

MORT. I.
Una comune, che non merita d’esser detta.

ED.
815
Ti prego, dimmela.

MORT. I.
Ma poichè siete tanto desideroso, è questa:
un alto cedro, bellamente florito,
sui cui rami di cima son posate aquile reali,
e per la corteccia un bruco vi s’arrampica
820
e giunge al ramo più alto fra tutti:
il motto: Aeque tandem.

ED.
E qual’e la vostra, mio signore di Lancaster?

LANC.
Mio signore, la mia è più oscura di quella di Mortimer:
Plinio riferisce che c’è un pesce volante,
825
che tutti gli altri pesci mortalmente odiano,
a che perciò, quand’è inseguito, prende l’aria:
non così tosto è su, che c’è un uccello
che lo ghermisce: questo pesce, mio signore, io porto,
e questo è il motto: Undique mors est.

KENT.
830
Superbo Mortimer! malnato Lancaster!
È questo l’amore che voi portate al vostro sovrano?
È questo il frutto della vostra riconciliazione?
Potete voi a parole far mostra d’amicizia,
e sui vostri scudi manifestare i vostri animi pieni di rancore?
835
Che nome date voi a ciò, se non di nascosta diffamazione
contro il Conte di Cornovaglia e mio fratello?

REG.
Dolco marito, siate tranquillo, essi tutti vi amano.

ED.
Non amano me quelli che odiano il mio Gaveston.
Io son quel cedro, non mi scrollate troppo;
840
e voi le aquile: non poggiate così in alto,
io ho i geti per tirarvi giù;
e quel bruco griderà Aeque tandem
al più superbo pari di Britannia:
benchè tu lo paragoni a un pesce volante
845
e gli minacci la morte, sia ch’egli s’elevi o che cada,
non il più smisurato mostro del mare,
nè la più sozza arpia lo inghiottiranno.

MORT. I.
Se nella sua assenza lo favorisce così,
che farà quando egli sarà presente?

LANC.
850
Questo vedremo; guarda, viene sua signoria.

Entra Gaveston,

ED.
Mio Gaveston,
benvenuto a Tynemouth, benvenuto presso il tuo amico.
La tua assenza mi faceva languire e intristire,
perchè come gli amante della bella Danae,
855
quand’ella fu rinchiusa in una torre di bronzo,
più la desiderarono, e divennero furiosi,
così è stato di me: ed ora la tua vista
è d’assai piu dolce, che non fosse la tua dipartita
amara e incresciosa al mio cuore singhiozzante.

GAV.
860
Dolce signore e re, il vostro discorso previene il mio,
e pure mi restano parole per esprimere la mia gioia:
il pastore agghiacciato dalla mordente rabbia dell’inverno,
non si rallegra più in vedere la dipinta primavera,
che non faccia io in contemplare vostra maestà.

ED.
865
Nessuno di voi saluterà il mio Gaveston?

LANC.
Salutarlo? sì: benvenuto, Lord Ciambellano!

MORT. I.
Benvenuto il buon Conte di Cornovaglia!

WARW.
Benvenuto, Lord Governatore dell’Isola di Man!

PEMB.
Benvenuto, Signor Segretario!

KENT.
870
Fratello, li udite voi?

ED.
Sempre questi Conti e Baroni mi tratteranno così?

GAV.
Mio signore, io non posso sofferire queste ingiurie.

REG.
Aimè, povera anima, quando questi cominciano a garrire!

ED.
Ricacciagliele in gola, io ti starò garante.

GAV.
875
Vili, stupidi conti, che vi gloriate del vostro nascimento,
andate a seder nelle vostre case, e a mangiare i buoi dei vostri vassalli,
e non venite qui a farvi beffe di Gaveston,
i cui sublimi pensieri mai non strisciarono così basso,
da dedicare uno sguardo a gente come voi.

LANC.
880
Pure io non ho a sdegno di far questo per voi.

[Si lancia con la spada contro Gaveston.]

ED.
Tradimento! Tradimento! Dov’è il traditore?

PEMB.
Qui, qui!

ED.
Conducete via Gaveston: lo vogliono assassinare.

GAV.
La tua vita espierà questo sozzo oltraggio.

MORT. I.
885
Ribaldo! la tua, se non manco il colpo.

REG.
Ah, impetuoso Mortimer, che cosa hai fatto?

MORT. I.
Non più di quello per cui risponderei, foss’egli ucciso.

ED.
Sì, più di quello per cui puoi rispondere, benchè egli viva.
Pagherete caro tutti e due questo atto sedizioso.
890
Fuori dalla mia presenza! Non vi avvicinate alla corte!

MORT. I.
Io non voglio essere escluso dalla corte per Gaveston.

LANC.
Noi lo trascineremo per le orecchie al ceppo.

ED.
Badate alle vostre teste: la sua è sicura abbastanza.

WARW.
Badate alla vostra corona, se voi lo spalleggiate così.

KENT.
895
Warwick, queste parole mal convengono a’ tuoi anni.

ED.
No, essi tutti cospirano per ostacolarmi così;
ma, se avrò vita, calcherò le loro teste
che pensano son sguardi alteri di calpestarmi in tal modo.
Vieni, Edmondo, andiamo a levar uomini:
900
la guerra deve abbattere la superbia di questi baroni.

Exit il Re.

WARW.
Andiamo ai nostri castelli, perchè il re è adirato.

MORT. I.
Possa egli essere adirato e perir nella sua collera!

LANC.
Cugino, non c’è da venir a patti con lui, ora:
egli intende di farci piegare con la forza delle armi;
905
e perciò dichiariamo qui uniti
di perseguire fino alla morte quel Gaveston.

MORT. I.
Pel cielo, l’abietto ribaldo non vivrà!

WARW.
Io avrò il suo sangue, o morirò cercandolo.

PEMB.
Il simile giuramento fa Pembroke.

LANC.
910
E così Lancaster:
ora mandiamo i nostri Araldi a disfidare il Re,
e facciam giurare al popolo d’abbatterlo.

Entra un messaggero.

MORT. I.
Lettere! da dove?

MESS.
Dalla Scozia, mio signore.

LANC.
915
Ebbene, cugino, come stanno tutti i nostri amici?

MORT. I.
Mio zio è stato fatto prigionero dagli Scozzesi.

LANC.
Noi lo riscatteremo, uomo, sta di buon animo.

MORT. I.
Essi pongono il suo riscatto a cinquemila sterline.
Chi dovrebbe sborsare il danaro se non il re,
920
poichè egli è stato fatto prigionero nelle sue guerre?
Andrò dal Re.

LANC.
Va, cugino, e io ti terrò compagnia.

WARW.
Frattanto, il mio signore di Pembroke ed io,
andremo qui a Newcastle per raccogliere un esercito.

MORT. I.
925
Mettevi all’opera, dunque, e noi vi seguiremo.

LANC.
Siate risoluti e pieni di segretezza.

WARW.
Vi garantisco.

MORT. I.
Cugino, e s’egli non lo riscatterà,
io tuonerò un tal fracasso ne’ suoi orecchi,
930
come mai suddito non fece al suo re.

LANC.
Sta bene, io farò la mia parte; olà, chi è costà?

MORT. I.
Sì, perdio, una guardia come questa è quel che ci vuole.

LANC.
Facci strada.

LA GUARDIA.
Dove vuole andare vostra signoria?

MORT. I.
935
Dove, se non dal re?

GUARD.
Sua altezza desidera restar solo.

LANC.
Ebbene, così sia, ma noi vogliamo parlargli.

GUARD.
Voi non potete entrare, mio signore.

MORT. I.
Non possiamo?

ED.
Ebbene, che rumore è questo?
940
Chì è là? siete voi?

MORT. I.
No, fermatevi, mio signore, io vengo a portarvi notizie:
mio zio è stato fatto prigionero dagli Scozzesi.

ED.
Riscattatelo, allora.

LANC.
Fu guerreggiando per voi; voi dovreste riscattarlo.

MORT. I.
945
E voilo riscatterete, o altrimenti –

KENT.
Che, Mortimer, voi non vorrete minacciarlo?

ED.
Calmatevi: voi avrete il gran sigillo,
per andare per tutto il reame a raccoglier danaro per lui.

LANC.
Il vostro favorito Gaveston v’ha insegnato questo.

MORT. I.
950
Mio signore, la famiglia dei Mortimer
non è tanto povera, ma se volesse vendere le sue terre,
potrebbe levar uomini abbastanza da recarvi molestia.
Noi non mendicheremo mai, ma usiamo preghiere di questa sorta.

ED.
Sarò io sempre così tormentato?

MORT. I.
955
No, ora che voi siete qui solo, io dirò l’animo mio.

LANC.
E così farò io, e poi, mio signore, addio!

MORT. I.
I vani trionfi, le mascherate, i lascivi spettacoli,
e i prodighi dono concessi a Gaveston,
han fatto secco il tuo tesoro, e te debole:
960
ed hanno esasperato il popolo malcontento.

LANC.
Guardati dalla ribellione, bada che sarai deposto:
le tue guarnigioni sono ricacciate di Francia,
e, mutilate e povere, giacciono gemendo alle porte.
L’indomito Oneyl, con sciami di fanti irlandesi
965
vive non soggetto a alcun freno entro il confine inglese.
Nelle mura di York gli Scozzesi s’aprono la via,
e senza resistenza ne traggono ricche spoglie.

MORT. I.
L’altero Danese impera sui mari angusti,
mentre in porto sono ormeggiati i tuoi vascelli sguerniti.

LANC.
970
Qual principe straniero ti manda ambasciatori?

MORT. I.
Chi t’ama, se non una folla d’adulatori?

LANC.
La tua nobile regina, unica sorella del Valois,
si lamenta perchè tu l’hai del tutto abbandonata.

MORT. I.
La tua corte è nuda, essendo priva di coloro
975
che fanno appparire un re glorioso nel mondo;
io intendo i pari che tu dovresti caramente amare:
si gettano sulla via libelli contro di te,
ballate e rime si fanno sulla tua rovina.

LANC.
Gli abitanti ai confini settentrionali, vedendo le loro case bruciate,
980
le loro mogli e i fanciulli uccisi, corrono qua e là,
maledicendo il nome tuo e quello di Gaveston.

MORT. I.
Quando fosti tu in campo con bandiera spiegata?
Sol una volta, e allora i tuoi soldati marciarono come commedianti,
con vesti sfarzose, e non armature; e tu stesso,
985
imbrattato d’oro, cavalcavi ridendo con gli altri,
accennando e scotendo il tuo cimiero scintillante,
da cui pendevano, come targhe, regali di donne.

LANC.
E da ciò venne, che gli Scozzesi beffardi,
a gran vergogna dell’Inghilterra, fecero questa giga:
990
‘Fanciulle d’Inghilterra, potete far gran duolo
perchè i vostri drudi han perso a Bannocksbourn,
con un ahì, ahò!
Che s’immagina il Re d’Inghilterra,
d’aver così presto vinta la Scozia?
995
con un rombelò!’

MORT. I.
Wigmore se n’andrà, per liberare mio zio.

LANC.
E quando sia ito, le nostre spade acquisteran dell’altro.
Se siete adirato, vendicatevi come potete;
attendetevi poi di veder noi con le nostre insegne spiegate.

Exeunt Nobiles.

ED.
1000
Il mio cuore gonfio si spezza per la stessa ira.
Quante volte son io stato provocato da questi pari?
e non oso vendicarmi, perchè il loro potere è grande.
Pure, il canto di questi gallettucci
spaventerà un leone? Eduardo, spiega i tuoi artigli,
1005
e fa che il sangue della loro vita estingua la fame della tua furia.
S’io sarò crudele e diverrò tiranno,
rendan ora grazie a se stessi, e troppo tardi se ne pentano.

KENT.
Mio signore, io vedo che il vostro amore per Gaveston
sarà la rovina del reame e vostra,
1010
perchè ora i nobili pieni di collera minacciano guerra;
e perciò, fratello, bandisci lui per sempre.

ED.
Sei tu nemico del mio Gaveston?

KENT.
Sì, e m’addolora d’averlo favorito.

ED.
Traditore, va via! a guaire con Mortimer.

KENT.
1015
Così farò, piuttosto che con Gaveston.

ED.
Fuori della mia vista, e non mi molestare più.

KENT.
Non è meraviglia che tu disprezzi i tuoi nobili pari,
quando io tuo fratello sono così respinto.

Exit.

ED.
Via!
1020
Povero Gaveston, che non hai altro amico che me!
Facciano quel che possono, noi vivremo qui in Tynemouth,
e, purchè io cammini con lui per la mura,
che m’importa se i conti ci assediano all’intorno?
Qui viene colei ch’è causa di tutte queste discordie.

Entrano la Regina, tre Dame, Baldock e Spencer.

REG.
1025
Mio signore, si crede che i conti siano in armi.

ED.
Sì, ed egualmente si crede che voi li favoriate.

REG.
Così sempre si sospettate senza cagione?

SIGN.
Dolce zio, parlate più benignamente alla regina.

GAV.
Mio signore, simulate con lei, parlatele gentilmente.

ED.
1030
Perdonatemi, dolce, io m’ero obliato.

REG.
Il vostro perdono è presto ottenuto da Isabella.

ED.
Il giovine Mortimer è divenuto così coraggioso,
che in faccia a me minaccia guerre civili.

GAV.
Perchè non lo mandate alla Torre?

ED.
1035
Io non oso, perchè il popolo l’ama assai.

GAV.
Ebbene, allora noi ce ne sbarazzeremo segretamente.

ED.
Così avessero Lancaster e lui tracannato tutti e due
una scodella di veleno, l’uno alla salute dell’altro!
Ma lasciali andare, e dimmi chi son questi.

SIGN.
1040
Due dei domestici di mio padre, mentre egli viveva;
piaccia a vostra grazia tenerli ora al suo servizio.

ED.
Dimmi, dove sei nato, quale è il tuo stemma?

BALD.
Il mio nome è Baldock, e la mia nobiltà
io la traggo da Oxford, non dall’araldica.

ED.
1045
Tanto più adatto tu sei, Baldock, pel mio scopo;
servimi, ed io procurerò che tu non abbia difetto di nulla.

BALD.
Umilmente ringrazio vostra maestà.

ED.
Conosci tu costui, Gaveston?

GAV.
Sì, mio signore,
1050
il suo nome è Spencer, egli ha un buon parentado;
per amor mio, fate ch’egli serva vostra grazia;
difficilmente troverete un uomo di maggior merito.

ED.
Allora Spencer, sii al mio servizio; per amor suo,
io ti concederò fra breve un titolo più alto.

SPENC.
1055
Titoli maggiori non potrei avere,
he il favore di vostra maestà!

ED.
Cugina, oggi sarà la festa del tuo matrimonio,
e, Gaveston, pensa ch’io t’amo assai,
per sposarti alla nostra nipote, la sola erede
1060
del Conte di Gloucester da poco defunto.

GAV.
Io so, mio signore, che molti m’avranno in uggia,
ma io non ho cura nè del loro amore nè del loro odio.

ED.
I caparbî baroni non mi faranno impedimento:
quegli che mi talenta favorire, sarà grande.
1065
Venite, andiamo; e quando il matrimonio sia celebrato,
dàlli ai ribelli e ai loro complici!

Exeunt omnes.

[SCENA III.

PRESSO IL CASTELLO DI TYNEMOUTH.]
Entrano Lancaster, Mortimer, Warwick, Pembroke, Kent.

KENT.
Miei signori, per amore di questa nostra terra nativa
io vengo a unirmi con voi ed abbandono il re:
e nella vostra contesa e pel vantaggio del reame,
1070
sarò il primo a rischiare la vita.

LANC.
Io temo che voi non siate mandato per astuzia,
a scavarci sotto il terreno con una manifestazione d’amore.

WARW.
Egli è vostro fratello, perciò noi abbiamo cagione
di suporre il peggio, e dubitare della vostra ribellione.

KENT.
1075
Il mio onore sarà l’arra della mia verità;
se questo non basterà, addio, miei signori.

MORT. I.
Resta, Edmondo; mai un Plantageneto non fu
falso della sua parola, e perciò noi ti crediamo.

PEMB.
Ma qual’è la ragione per cui voi lo abbandonereste ora?

KENT.
1080
Io n’ho informato il Conte di Lancaster.

LANC.
E questo basta: ora miei signori, sappiate
che Gaveston è segretamente arrivato,
e qui in Tynemouth si dà buon tempo col re.
Scaliamo con questi nostri seguaci le mura,
1085
e sorprendiamoli subito all’improvviso.

MORT. I.
Io darò l’assalto.

WARW.
Ed io ti seguirò.

MORT. I.
Questa lacera insegna dei miei antenati,
che sapazzò il lido deserto di quel mar morto,
dal quale noi togliemmo il nome di Mortimer,
1090
io la alzerò sulle mura di questo castello.
Tamburi, battete all’arme, svegliateli da’ loro sollazzi,
e suonate alto a morte per Gaveston!

LANC.
Nessuno sia così temerario da toccare il re;
ma non risparmiate nè Gaveston nè i suoi amici.

Exeunt.

[SCENA IV.

NEL CASTELLO DI TYNEMOUTH.
Entrano il re e Spencer, poi Gaveston, ecc.

ED.
1095
O dimmi, Spencer, dov’è Gaveston?

SPENC.
Io temo ch’egli sia stato ucciso, mio grazioso signore.

ED.
No, qui egli viene; ora predino pure e ammazzino.
Fuggite, fuggite, miei signori: i conti tengono il castello.
Imbarcatevi e andate a Scarborough.
1100
Spencer ed io partiremo per terra.

GAV.
O, restate, mio signore, essi non faranno oltraggio a voi.

ED.
Io non voglio affidarmi ad essi: via, Gaveston!

GAV.
Addio, mio signore.

ED.
Signora, addio.

SIGN.
Addio, dolce zio, finchè ci ritroviamo.

ED.
1105
Addio, dolce Gaveston; a addio, nipote.

REG.
Nessun addio per la povera Isabella, la regina?

ED.
Sì, sì, per amor di Mortimer, il vostro amante.

Exeunt omnes, manet Isabella.

REG.
Il cielo può attestare ch’io non amo altri che voi.
Così egli si scioglie da’ miei abbracci!
1110
O, che le mie braccia potessero serrare quest’isola all’intorno,
così ch’io potessi trar lui a me dove volessi!
O che queste lagrime, che piovigginano da’ miei occhi,
avessero potere di ammollire il suo cuore petroso,
che quando io l’avessi, potessimo non separarci mai!

Entrano i Baroni; all’armi.

LANC.
1115
Chi sa com’è sfuggito!

MORT. I.
Chi è questa, la Regina?

REG.
Sì, Mortimer, la miserabile Regina,
il cui cuore languente gli interni sospiri hanno distrutto,
e il corpo pel continuo piangere è consumato;
queste mani sono stanche di trascinare il mio signore
1120
lontano da Gaveston, dal malyagio Gaveston,
e tutto invano, perchè quando io gli parlo con dolcezza,
egli si volge dall’altra parte, e sorride al suo favorito.

MORT. I.
Cessa di lamentarti, e dicci dov’è il re.

REG.
Che vorreste voi dal re? lui voi cercate?

LANC.
1125
No, signora, ma quel maledetto Gaveston;
lungi sia dal pensiero di Lancaster,
usar violenza al suo sovrano.
Noi vorremmo soltanto liberare il reame da Gaveston:
dicci dov’egli si trova, ed egli morrà.

REG.
1130
Egli è andato per via d’acqua a Scarborough;
inseguitelo rapidamente, e non potrà sfuggire;
il re lo ha lasciato, e il suo seguito è piccolo.

WARW.
Non perdete tempo, dolce Lancaster: marciamo!

MORT. I.
Com’è che il re e lui sono divisi?

REG.
1135
Affinchè il vostro esercito, andando per diverse vie,
possa essere di minor potenza: e, con le forze
ch’egli intende ora raccogliere,
possa essere facilmente sgominato. Perciò, andate.

MORT. I.
Qui nel fiume è ormeggiato un vascelletto fiammingo:
1140
montiamo tutti a bordo, e inseguiamolo a tutta forza.

LANC.
Il vento che porta lui lontano di qui empirà le nostre vele:
venite, venite a bordo, non c’è che da navigare un’ora.

MORT. I.
Signora, rimanete qui in questo castello.

REG.
No, Mortimer, io andrò dal re mio signore.

MORT. I.
1145
No, piuttosto veleggiate con noi per Scarborough.

REG.
Voi sapete che il re è tanto sospettoso,
che s’egli ode ch’io ho soltanto parlato con voi,
il mio onore sarà messo in dubbio;
e perciò, nobile Mortimer, andate via.

MORT. I.
1150
Signora, io non posso fermarmi per rispondervi,
ma giudicate Mortimer com’egli merita.

REG.
Così bene hai tu meritato, dolce Mortimer,
che Isabella potrebbe vivere con te per sempre.
Invano io cerco l’amore dalle mani di Eduardo,
1155
e cui occhi non si fissano su altri che Gaveston;
pure ancora una volta io lo importunerò con le mie preghiere;
s’egli sarà freddo, e non curerà le mie parole,
mio figlio ed io passeremo in Francia,
e quivi farem lagnanza al re mio fratello,
1160
come Gaveston m’ha rubato il suo amore:
ma ancora io spero che i miei dolori avranno fine,
e che Gaveston in questo benedetto giorno sarà ammazzato.

Exeunt.

[SCENA V.

IN APERTA CAMPAGNA.]
Entra Gaveston, inseguito.

GAV.
Pure, gagliardi signori, io sono scampato alle vostre mani,
alle vostre minacce, ai vostri all’armi, ed ai vostri caldi inseguimenti.
1165
E benchè separato dagli occhi di re Eduardo,
ancora vive Pierce di Gaveston, non acchiappato,
respirando, nela speranza (malgrado tutte le vostre barbe,
che così reclutate ribelli contro il vostro re),
di vedere il suo real sovrano ancora una volta.

Entrano i Nobili.

WARW.
1170
Addosso a lui, soldati, disarmatelo!

MORT. I
Tu, superbo disturbatore della pace del tuo paese,
corruttore del tuo re, causa di questi tumulti,
vile adulatore, arrenditi! – E se non fosse vergogna,
vergogna e disonare sul nome d’un soldato,
1175
sulla punta della mia spada tu cadresti qui,
voltolandoti nel tuo sangue.

LANC.
Mostro degli uomini,
che, come la meretrice greca, hai indotto in armi,
e a sanguinose guerre, tanti valorosi cavalieri,
non t’aspettare altra sorte, scellerato, che la morte.
1180
Re Eduardo non è qui per farti scudo.

WARW.
Lancaster, perchè parli tu a questo schiavo?
Andate, soldati, portatelo via, perchè, per la mia spada,
la sua testa cadrà: Gaveston, un breve avvertimento
farà al tuo caso: per la causa del nostro paese,
1185
noi qui severamente faremo giustizia
sulla tua persona. Appiccatelo a un ramo.

GAV.
Mio signore!

WARW.
Soldati, portatelo via!
Solo perchè tu fosti il favorito d’un re
1190
avrai così grande onore dalle nostre mani.

GAV.
Io vi ringrazio tutti, miei signori: pertanto io veggo
che la decapitazione è una cosa, e un’altra l’impiccagione,
e in ogni caso si tratta di morte.

Entra il conte di Arundel.

LANC.
Ebbene, mio signore d’Arundel?

ARUN.
1195
Miei signori, il re vi saluta tutti per mio mezzo.

WARW.
Arundel, dite il vostro messaggio.

ARUN.
Sua maestà,
udendo che voi avevate preso Gaveston,
vi supplica per mio mezzo, ch’egli possa solo ancora
vederlo prima che muoia; perchè, egli dice,
1200
e ve ne dà parola, egli sa che morire deve;
e se voi di tanto compiacete sua grazia,
egli sarà memore della cortesia.

WARW.
Ebbene?

GAV.
Famoso Eduardo, come il tuo nome
1205
ravviva il povero Gaveston!

WARW.
No, non ancora;
Arundel, noi compiaceremo al re
in altre cose: egli ci deve scusare di questo.
Soldati, via con lui!

GAV.
Ebbene, mio signore di Warwick,
non susciteranno queste indugi le mie speranze?
1210
Io so, signori, che voi mirate aquesta vita;
pure concedete ciò a Re Eduardo.

MORT. I
. Stabilirai tu
quel che noi dobbiamo concedere? Soldati, via con lui:
così compiaceremo al re,
gli manderemo per tuo mezzo la sua testa; ch’egli dedichi
1215
le sue lagrime a questa, perchè essa è tutto ciò ch’egli può avere
di Gaveston, o altrimenti il suo tronco inanimato.

LANC.
Non così, mio signore, perch’egli non spenda più
in sepellirlo di quanto ha mai guadagnato.

ARUND.
Miei signori, questa è la richiesta di sua maestà,
1220
e sul suo onore di re egli giura,
ch’egli solamente parlerà con lui, e lo rimanderà.

WARW.
Quando? Potete dirlo? Arundel, no; noi sappiamo
che colui che neglige la cura del suo reame.
e trae i suoi nobili a questi estremi
1225
per Gaveston, se una volta lo vede,
violerà qualunque promessa per ritenerlo.

ARUND.
Allora se voi non vi fidate della parola di sua grazia,
miei signori, io sarò il pegno pel suo ritorno.

MORT. I
È cosa che ti fa onore il far quest’offerta;
1230
ma perchè noi sappiamo che tu sei un nobile gentiluomo
noi non ti faremo questo torto, di spacciare
un vero uomo per un ladro.

GAV.
Che intendi tu, Mortimer? Questo è troppo vile.

MORT. I
Via, vil servo, ladro della fama del re!
1235
Litiga co’ tuoi compagni e simili.

PEMB.
Mio Lord Mortimer, e voi, miei signori,
per compiacere in ciò la richiesta del re,
riguardo al mandare questo Gaveston,
perchè sua maestà così ardentemente
1240
desidera di veder quest’uomo prima della sua morte,
io sul mio onore mi sobbarcherò
a condurlo e a riportarlo indietro;
purchè voi, mio signore d’Arundel,
vi uniate a me.

WARW.
Pembroke, che vuoi tu fare?
1245
Cagionare ancor più spargimento di sangue? non è abbastanza
che noi l’abbiamo preso, ma dobbiamo ora
congedarlo con un: se avessi saputo!, e lasciarlo andare?

PEMB.
Miei signori, io non voglio troppo sollecitare i vostri onori,
ma se voi v’arrischiate ad affidare a Pembroke il prigionero,
1250
sulla mia parola, io lo ricondurrò indietro.

ARUND.
Mio signore di Lancaster, che dite voi di questo?

LANC.
Ebbene, io dico, lasciatelo andare sulla parola di Pembroke.

PEMB.
E voi, Lord Mortimer?

MORT. I
. Che ne dite voi, mio signore di Warwick?

WARW.
1255
Via, fate quel che vi piace, io so come finirà.

PEMB.
Allora datemelo.

GAV.
Dolce sovrano, ancora io vengo
a veder te prima di morire.

WARW.
Non ancora, forse,
se il senno e l’astuzia di Warwick prevalgono.

MORT. I
1260
. Mio signore di Pembroke, noi lo consegnamo a voi;
riconducetelo, sul vostro onore. Suonate, via.

Exeunt. Manent Pembroke, Arundel, Gaveston, e gli uomini di Pembroke,quattro soldati.

PEMB.
Mio signore, voi verrete con me,
la mia casa non è lontana di qui; fuori della via
un poco, ma i nostri uomini andranno innanzi.
1265
Noi che abbiamo graziose ragazze per mogli,
signore, non dobbiamo venir così vicino e deludere le loro labbra.

ARUND.
Avete parlato assai geltilmente, mio signore di Pembroke;
vostro onore ha un diamante di tal potenza
da attrarre un principe.

PEMB.
Così è, mio signore. Vieni qui, Giacomo;
1270
io affido a te questo Gaveston,
sii tu per questa notte il suo guardiano; domattina
noi ti scaricheremo di questo incarico; va.

GAV.
Infelice Gaveston, dove vai tu ora?

Exit cum servis Pemb.

LO STAFFIERE.
Mio signore, noi saremo presto a Cobham.

Exeunt ambo.

Atto III

[SCENA I.

IN APERTA CAMPAGNA.]
Entrano Gaveston, lamentandosi, e gli uomini del conte di Pembroke.

GAV.
1275
O Warwick traditore, che così fai torto al tuo amico!

GIAC.
Io vedo che la vostra vita perseguono queste armi.

GAV.
Senz’armi debbo cadere, e morire in ceppi?
O, deve questo giorno essere termine della mia vita?
Centro d’ogni mia felicità! Se voi siete uomini,
1280
correte dal re.

Entra Warwick e la sua compagnia.

WARW.
Uomini del mio signore di Pembroke,
non contendete più, io voglio questo Gaveston.

GIAC.
Vostra signoria fa disonore a se stessa,
e torto al nostro signore, suo onorevole amico.

WARW.
No, Giacomo, io seguo la causa del mio paese.
1285
Andate, prendete il ribaldo; soldati, venite via,
faremo le cose alla spiccia. Raccomandatemi al vostro padrone,
mio amico, e ditegli ch’io ho fatto buona guardia.
Vieni, e che la tua ombra vada a colloquio con Re Eduardo!

GAV.
Conte traditore, non vedrò io il re?

WARW.
1290
Il re del cielo forse, non altro re.
Via!

Exeunt Warwick e i suoi uomini con Gaveston. Manet Giacomo cum coeteris.

GIAC.
Venite, compagni, non giovava che noi contendessimo.
Andremo in fretta a informare il nostro signore.

Exeunt.

[SCENA II.

PRESSO BOROUGHBRIDGE NELLA CONTEA DI YORK.]
Entrano re Eduardo e Spencer, con tamburi e cornamuse.

ED.
Io attendo con ansia una risposta dai Baroni,
1295
riguardo al mio amico, il mio carissimo Gaveston.
Ah, Spencer, non le ricchezze del mio reame
possono riscattarlo! egli è segnato per la morte!
Io conosco la malizia del più giovine Mortimer,
Warwick io so ch’è aspro, e Lancaster
1300
inesorabile, ed io non vedrò mai
più il mio amabile Pierce, il mio Gaveston!
I Baroni mi sopraffanno col loro orgoglio.

SPENC.
S’io fossi il re Eduardo, sovrano d’Inghilterra,
figliuolo dell’amabile Eleanora di Spagna,
1305
rampollo del grande Eduardo Gambelunghe, sopporterei io
queste bravate, questa rabbia, e soffrirei che senza ritegno
questi baroni mi facessero tali affronti nella mia terra,
nel mio proprio reame? Mio signore, perdonate il mio discorso:
se voi serbaste la magnanimità di vostro padre,
1310
se voi curaste l’onore del vostro nome,
voi non soffrireste che così la vostra maestà
fosse manomessa dai vostri nobili.
Tagliate le loro teste, e mandateli a predicare sui pali!
Senza dubbio essi insegneranno agli altri tali lezioni.
1315
che questi trarranno gran profitto dalla loro predicazione,
e impareranno a obbedire al loro legitimo re.

ED.
Sì, nobile Spencer, noi siamo stati troppo miti,
troppo buoni con loro; ma ora abbiamo tratta la spada,
e se essi non mi mandano il mio Gaveston,
1320
noi proveremo l’acciaio sui loro cimieri, e raderemo le loro cime.

BALD.
Questa altera risoluzione conviene a vostra maestá,
di non restar legata alla loro volontà,
come se vostra altezza fosse ancora uno scolare,
e dovess’essere tenuta a segno e governata come un fanciullo.

Entra Ugo Spencer, un vecchio, padre del giovine Spencer, con la sua mazza, e soldati.

SPENC.
1325
P. Viva a lungo il mio sovrano, il nobile Eduardo,
in pace trionfante, fortunato in guerra!

ED.
Benvenuto, vecchio, vieni tu in aiuto d’Eduardo?
Allora di’ al tuo principe, d’onde, e chi tu sei.

SPENC.
P. Ecco, con una banda d’arcieri e di picche,
1330
alabardieri e scudieri, forte di quattrocento uomini,
giurati di difendere il diritto reale di Re Eduardo,
io vengo in persona alla vostra maestà,
Spencer, padre di Ugo Spencer costì,
legato a vostra altezza, eternamente,
1335
per il favore concesso, in lui, a noi tutti.

ED.
Tuo padre, Spencer?

SPENC.
Sì, piacendo a vostra grazia,
che versa, in cambio di tutta la bontà da voi mostrata,
la sua vita, mio signore, innanzi ai vostri piedi principeschi.

ED.
Benvenuto diecimila volte, vecchio, di nuevo!
1340
Spencer, questo amore, questa benevolenza verso il tuo re
dimostra il tuo nobile animo e disposizione:
Spencer, io qui ti creo conte della Contea di Wilt,
e di dì in dì t’arricchirò col nostro favore,
che, come il sole, risplenderà sopra di te.
1345
Inoltre, per più manifestare il nostro amore,
perchè sappiamo che Lord Bruce vende la sua terra,
e che i Mortimer sono in trattative con lui,
tu avrai da noi corone per offrir più dei baroni:
e, Spencer, non le risparmiare, ma offri sempre di più.
1350
Soldati, una largizione, e tre volte benvenuti a tutti!

SPENC.
Mio signore, qui viene la regina.

Entrano la Regina e suo figlio, e Levune, un francese.

ED.
Signora, quali nuove?

REG.
Nuove di disonare, signore, e di tristezza.
Il nostro amico Levune, fedele e fidato,
ci informa, per lettere e a voce,
1355
che Lord Valois, nostro fratello, re di Francia,
perchè vostra altezza ha trascurato di fargli omaggio,
s’è impadronito della Normandia.
Queste sono le lettere, questo il messaggero.

ED.
Benvenuto, Levune! Via, Sib, se questo è tutto,
1360
Valois ed io saremo presto amici di nuovo.
Ma del mio Gaveston: non di vedrò io mai,
mai non ti contemplerò, più? Signora, in quest’affare
noi ci varremo di voi e del vostro figliuoletto;
voi andrete a conferire col re di Francia.
1365
Ragazzo, vedete di condurvi da bravo presso il re,
e di eseguire il vostro messaggio con maestà.

PRINC.
Non commettere alla mia giovinezza cose di maggior peso,
che non convenga portare a un principe giovine come me,
e non temere, signore e padre – le grandi travi del cielo
1370
sulle spalle d’Atlante non poggeranno più sicure,
del vostro incarico commesso alla mia fede.

REG.
Ah, ragazzo, questa docilità fa temere a tua madre
che tu non sia segnato per molti giorni sulla terra.

ED.
Signora, noi vogliamo che voi siate in fretta imbarcata,
1375
e questo vostro figliuolo; Levune vi seguirà,
con tutta la prestezza con cui noi possiamo spedirlo di qua.
Scegliete fra i nostri signori per tenervi compagnia:
e andate in pace, lasciate noi nelle guerre in patria.

REG.
Guerre innaturali, nelle quali i sudditi sfidano il loro re,
1380
Iddio ponga una volta fine ad esse! Mio signore, io prendo licenza
per prepararmi a andare in Francia.

Entra Lord Arundel.

ED.
Che, Lord Arundel, vieni tu solo?

ARUND.
Sì, mio buon signore, perchè Gaveston è morto.

ED.
Ah traditori! hanno essi messo a morte il mio amico?
1385
Dimmi, Arundel, morì egli prima che tu giungessi,
o vedesti tu il mio amico prender la sua morte?

ARUND.
Nè l’una cosa, nè l’altra, mio signore; perchè come egli fu catturato,
cinto d’armi e di nemici all’intorno,
io feci il messaggio di vostra altezza a tutti loro;
1390
dimandando lui ad essi, supplicando anzi,
e dissi, sull’onore del mio nome,
ch’io mi sarei sobbarcato a portarlo
a vostra altezza, e a ricondurlo indietro.

ED.
E dimmi, mi avrebbero i ribelli rifiutato ciò?

SPENC.
1395
Superbi spergiuri!

ED.
Sì, Spencer, traditori tutti.

ARUND.
Io li trovai sulle prime inesorabili.
Il Conte di Warwick non voleva soffrire d’ascoltarmi,
Mortimer a mala pena; Pembroke e Lancaster
parlavano meno, e quando essi ebbero nettamente rifiutato,
1400
ricusando di ricevermi come pegno per lui,
il Conte di Pembroke benignamente così parlò:
‘Miei signori, poichè il nostro sovrano manda per lui,
e promette ch’egli sarà di certo restituito,
io voglio impegnarmi a farlo andare colà
1405
e a vederlo riconsegnato nelle vostre mani.

ED.
Bene, e come accade ch’egli non venne?

SPENC.
Qualche tradimento, o qualche ribalderia, fu la causa.

ARUND.
Il Conte di Warwick s’impadronì di lui lungo la via;
perchè, essendo stato consegnato agli uomini di Pembroke
1410
il loro signore calvalcò a casa sua pensando che il suo prigionero fosse al sicuro;
ma prima h’egli giungesse, Warwick si pose in agguato,
e lo mise a morte; ed in un fosso
gli tagliò la testa, e marciò al campo.

SPENC.
Una azione sanguinosa, palesamente contro la legge delle armi!

ED.
1415
O, parlerò io, o sospirerò e morrò?

SPENC.
Mio signore, affidate alla spada la vendetta
su questi baroni; rincorate i vostri uomini,
fate ch’essi non assassinino senza vendetta i vostri amici!
Avanzate il vostro stendardo, Eduardo, in campo,
1420
e marciate a cacciarli col fuoco dalle loro tane d’origine.

ED.
S’inginocchia e dice:
Per la terra, comune madre di noi tutti,
pel cielo, e per tutte le sue mobili sfere,
per questa mano dritta, e per la spada di mio padre,
e per tutti gli onori appartenenti alla mia corona,
1425
io torrò teste e vite per lui, quanti
ho manieri, castelli, città e torri.
Warwick traditore, traditore Mortimer,
s’io son re d’Inghilterra, in laghi di sangue
i vostri tronchi senza testa, i vostri corpi io trascinerò,
1430
che voi possiate bere a sazietà e tracannar sangue,
e macchiare il mio regio stendardo col medesimo,
che in tal modo i miei sanguinosi colori possano suggerire
la rimembranza della vendetta immortalmente
alla vostra maledetta progenie di traditori,
1435
voi ribaldi, che avete ammazzato il mio Gaveston.
E in questo luogo d’onore e di fede,
Spencer, dolce Spencer, io qui ti adotto:
e solamente pel nostro amore noi ti creiamo
Conte di Gloucester e Lord Ciambellano,
1440
a dispetto dei tempi, a dispetto dei nemici.

SPENC.
Mio signore, c’è qui un messaggero da parte dei baroni,
che desidera d’accesso alla vostra maestà.

ED.
Ammettilo alla mia presenza.

Entra l’Araldo (mandato) dai Baroni, con la sua cotta d’arme.

AR.
Viva a lungo Re Eduardo, legittimo signore d’Inghilterra!

ED.
1445
Così non vogliono coloro, io so, che ti mandarono qui:
tu vieni da Mortimer e da suoi complici;
una più sconcia turba di ribelli mai non vi fu.
Bene, di ‘il tuo messagio.

AR.
I Baroni levati in armi per mio mezzo salutano
1450
vostra altezza, con lunga vita e felicità,
e m’ordinano di dire, come supplicante, a vostra grazia,
che se senza effusione di sangue
volete che questo affanno abbia agio e rimedio,
dalla vostra nobile persona allontaniate
1455
questo Spencer, come un ramo marcescente,
che uccide la vite reale, le cui auree foglie
circondano il vostro nobile capo, il vostro diadema,
la cui lucentezza tali perniciosi villani rifatti offuscano,
essi dicono; ed amorevolmente ammoniscono vostra grazia
1460
di proteggere virtù e nobiltà,
e tenere in gran conto i vecchi servitori,
e scacciare i blandi simulanti adulatori:
concesso questo, essi, il loro onore e le loro vite,
sono a vostra atezza votate e consacrate.

SPENC.
1465
Ah traditori, mostreranno essi sempre la loro superbia?

ED.
Via, non attender risposta, ma va via!
Ribelli, fisseranno essi al loro sovrano
i suoi diporti, i suoi piaceri, e la sua compagnia?
Pure, prima d’andare, vedi com’io divido
1470
Abbraccia Spencer.
Spencer da me: ora recati dai tuoi signori,
e di’ loro ch’io verrò a castigarli
per l’assassinio di Gaveston; affrettati, vattene.
Eduardo con fuoco e spada segue alle tue calagna.
Mio signore, vedete voi come questi ribelli si gonfiano?
1475
Soldati, buoni cuori, difendete il diritto del vostro sovrano.
Perchè ora, ora appunto, noi marciamo per sottometterli.
Via!

Exeunt.
Allarmi, assalti, una grande battaglia, e una ritirata.

[SCENA III.

IL CAMPO DI BATTAGLIA A BOROUGHBRIDGE.]
Entrano il Re, Spencer padre, Spencer figlio e i nobiluomini della parte del re.

ED.
Perchè suoniamo la ritirata? Addosso a loro, signori!
Oggi io verserò la vendetta con la mia spada
1480
su questi superbi ribelli che son sorti in armi,
e affrontano e ostacolano il loro re.

SPENC. F.
Io non dubito, mio signore, che il diritto prevarrà.

SPENC. P.
Non è male, mio sire, per nessuna delle due parti
respirare un po’; i nostri uomini, dal sudore e dalla polvere
1485
tutti presso che soffocati, cominciano a venir meno pel caldo;
e questa ritirata rinfresca i cavalli e gli uomini.

SPENC. F.
Qui vengono i ribelli.

Entrano i Baroni, Mortimer, Lancaster, Warwick, Pembroke, cum coeteris.

MORT.
Guarda, Lancaster, là è Eduardo
tra i suoi adulatori.

LANC.
E lascialo star là
1490
finch’egli paghi cara la loro compagnia.

WARW.
E così sarà, o la spada di Warwick colpirà invano.

ED.
Che, ribelli, indietreggiate, suonate la ritirata?

MORT. I.
No, Eduardo, no, i tuoi adulatori vengon meno e fuggono.

LANC.
Essi avrebbero fatto meglio ad abbandonare te, e i loro seguiti,
1495
perchè essi ti tradiranno, traditori come sono.

SPENC. F.
Traditore in faccia a te, ribelle Lancaster!

PEMB.
Via, vile villan rifatto, provochi tu così i nobili?

SPENC. P.
Una nobile prova e un’onorevole azione,
non è dunque, pensate, l’adunar aiuti
1500
e il levar truppe contro il vostro re legittimo!

ED.
Per la quale cosa tra breve le loro teste pagheranno il fio,
per placare l’ira del loro re offeso.

MORT.I.
Dunque, Eduardo, tu vuoi combattere fino all’ultimo,
e piuttosto bagnar la tua spada nel sangue dei sudditi,
1505
che bandire quella perniciosa compagnia?

ED.
Sì, traditori tutti, piuttosto ch’esser così provocato,
farò delle città d’Inghilterra alti cumuli di pietre,
e farò passare gli aratri intorno ai cancelli dei nostri palazzi.

WARW.
Decisione contro natura e disperata!
1510
All’armi! alla battaglia!
San Giorgio per l’Inghilterra e il diritto dei Baroni!

ED.
San Giorgio per l’ Inghilterra e il diritto di re Eduardo!

[Exeunt.]

SCENA IV.

LA STESSA.]
Entra Eduardo coi Baroni prigioneri.

ED.
Ora, gagliardi signori, ora, non dalla sorte della guerra,
ma dalla giustizia della contesa e della causa,
1515
è abbassata la vostra superbia; mi par che voi chiniate le teste,
ma noi ve le alzeremo, traditori! Ora è tempo
di trar vendetta su voi di tutti i vostri affronti,
e dell’assassinio del mio più caro amico,
e quale assai ben sapevate che la nostra anima era congiunta,
1520
del buon Pierce di Gaveston, mio dolce favorito.
Ah ribelli, spergiuri, voi l’ammazzaste!

KENT.
Fratello, per riguardo a te e alla tua terra,
essi allontanarono quell’adulatore del tuo trono.

ED.
Così, signore, voi avete parlato; via, fuggite la nostra presenza.
1525
Maledetti furfanti, fu egli per riguardo a noi,
quando noi avemmo mandato il nostro messaggero per chiedere
ch’egli potesse essere risparmiato per venire a parlare con noi,
e Pembroke si fece mallevadore del suo ritorno,
che tu, superbo Warwick, tendesti l’agguato al prigionero,
1530
povero Pierce, e lo decapitasti contro la legge delle armi?
Per questo la tua testa guarderà gli altri dall’alto,
di quanto tu sopravanzasti gli altri in furore.

WARW.
Tiranno, io ho a sdegno tutte le tue minacce;
non è che temporale (la pena) che tu puoi infliggere.

LANC.
1535
Il peggio è la morte, e meglio è morire per vivere,
che vivere nell’infamia sotto un tal re.

ED.
Via con essi, mio signore di Winchester!
Questi gagliardi capi, Warwick e Lancaster,
io francamente vi do mandato – tagliate a tutti e due la testa!
1540
Via!

WARW.
Addio, mondo vano!

LANC.
Dolce Mortimer, addio!

MORT. I.
Inghilterra crudele verso i tuoi nobili,
gemi per questo dolore, guarda come sei mutilata!

ED.
Andate, conducete alla Torre questo altero Mortimer,
1545
quivi vedete ch’egli sia messo al sicuro; e quanto agli altri,
fate una spedita esecuzione di tutti loro.
Andate!

MORT. I.
Che, Mortimer, possono scabre pareti di pietra
murare la tua virtù che aspira al cielo?
1550
No, Eduardo, flagello d’ Inghilterra, non può essere.
La speranza di Mortimer supera d’assai la sua fortuna.

ED.
Sonate tamburi e trombe, marciate con me, amici miei:
Eduardo oggi s’è incoronato re un’altra volta.

Exit.
Manent Spencer filius, Levune e Baldock.

SPENC.
Levune, dalla fede che noi riponiamo in te
1555
dipende la pace della terra di Re Eduardo.
Perciò va via in fretta, e prudentemente
distribuisci questo tesoro fra i signori di Francia,
che da esso tutti incantati, come la guardia
che soffrì che Giove passasse in pioggia d’oro
1560
a Danae, ogni aiuto possa esser negato
a Isabella, la regina, che ora in Francia
si procaccia amici, per traversare i mari col suo giovine figlio,
e entrare nel reggimento del padre suo.

LEV.
A ciò questi baroni e l’astuta regina
1565
da lungo tempo ebbero la mira.

BALD.
Sì, ma, Levune, tu vedi
questi baroni pongon la testa sul ceppo insieme;
quello a cui essi tendono, il boia lo frustra netto.

LEV.
Non dubitate, miei signori, io m’adoprerò così segretamente
tra i signori di Francia con l’oro d’ Inghilterra,
1570
che Isabella farà in vano i suoi lamenti,
e la Francia sarà inflessibile alle sue lagrime.

SPENC.
Allora fa vela per la Francia! Levune, va,
proclama le guerre e le vittorie di re Eduardo.

Exeunt omnes.

Atto IV

[SCENA I.

PRESSO LA TORRE DI LONDRA.]
Entra Edmondo.

EDM.
Propizio soffia il vento per Francia; soffia, brezza gentile,
1575
finchè Edmondo non sia arrivato per il bene d’ Inghilterra.
Natura, favorisci in questo la causa del mio paese!
Fratello? No, carnefice de’ tuoi amici!
Superbo Eduardo, mi bandisci tu dalla tua presenza?
Ma io andrò in Francia, e conforterò l’oltraggiata regina,
1580
e dichiarerò qual’è la dissolutezza d’Eduardo.
Re contro natura, che trucidi i nobili
e proteggi gli adulatori! Mortimer, io attendo
la tua dolce fuga: sii graziosa, notte oscura,
al suo stratagemma.

Entra Mortimer travestito.

MORT. I.
Olà, chi cammina costà?
1585
Siete voi, mio signore?

EDM.
Mortimer, sono io.
Ma la tua pozione ha operato così felicemente?

MORT. I.
Sì, mio signore, le guardie tutte addormentate,
io le ringrazio, mi han dato licenza di passare tranquillamente.
Ma vostra grazia ha trovato da imbarcarsi per la Francia?

EDM.
1590
Non temere.

Exeunt.

[SCENA II.

PARIGI.]
Entrano la Regina e suo figlio.

REG.
Ah, fanciullo, i nostri amici ci abbandonano tutti in Francia:
i signori sono crudeli, il re malevolo;
che faremo noi?

PRINC.
Signora, torniamo in Inghilterra,
e contentiamo mio padre, e non curiamo un fico
1595
tutta l’amicizia di mio zio qui in Francia.
Io vi garentisco che in breve guadagnerò sua altezza,
egli ama me meglio che mille Spencer.

REG.
Ah, fanciullo, tu ti inganni, almeno in questo,
che pensi che noi possiamo ancora andar d’accordo;
1600
no, no, noi siamo troppo differenti. Valois scortese!
Infelice Isabella! quando la Francia respinge,
dove, o, dove volgi tu i tuoi passi?

Entra Sir Giovanni di Hainault.

S. GIOV.
Signora, come state d’animo?

REG.
Ah! buon Sir Giovanni di Hainault,
1605
non mai così disanimata, nè tanto angustiata.

S. GIOV.
Ho udito, dolce signora, della malevolanza del re;
ma non v’abbattete, signora; gli animi nobili sdegnano
la disperazione: vuol vostra grazia venir con me a Hainault,
e quivi attendere il vantaggio del tempo con suo figlio?
1610
Che ne dite, mio signore, volete voi andare coi vostri amici,
e dividere tutte le nostre fortune egualmente?

PRINC.
Se così piace alla regina, mia madre, e a me piace;
nè il Re d’ Inghilterra, nè la corte di Francia
mi toglieranno dal fianco della mia graziosa madre,
1615
finchè io non sia forte abbastanza da rompere una lancia;
e allora, dàlli alla testa del superbissimo Spencer.

S. GIOV.
Ben detto, mio signore!

REG.
O, mio amore, come io piango i tuoi torti,
e pure trionfo nella tua speranza, mia gioia!
1620
Ah, dolce Sir Giovanni, fino all’ultimo confine
d’Europa, o alla spiaggia del Tanai,
noi verremo con te a Hainault, così vogliamo.
Il Marchese è un nobile gentiluomo;
sua Grazia, oso presumere, mi darà il benvenuto.
1625
Ma chi sono questi?

Entrano Edmondo e Mortimer.

ED.
Signora, possiate vivere a lungo,
assai più felice che non i vostri amici in Inghilterra.

REG.
Lord Edmondo, e Lord Mortimer vivi?
Ben venuti in Francia! qui s’aveva notizia, mio signore,
che voi foste morto, o assai vicina la vostra morte.

MORT. I.
1630
Signora, l’ultima delle due era vera,
ma Mortimer, serbato a miglior sorte,
ha scosso la cattività della Torre,
e vive per innalzare il vostro stendardo, buon mio signore.

PRINC.
Che intendete? se il re mio padre vive?
1635
No, mio Lord Mortimer, non io, penso.

REG.
No, figlio! perchè no? – Vorrei che non ci fosse di peggio.
Ma, nobili signori, noi siamo senza amici in Francia.

MORT. I.
Monsieur le Grand, un nobile amico vostro,
ci disse al nostro arrivo tutte le notizie:
1640
come duri i nobili, come malevolo il re
s’è dimostrato; ma, signora, il diritto s’apre la strada
dove mancano le armi; e, benchè molti amici
siano stati ammazzati, come Warwick, Lancaster
ed altri della nostra parte e fazione,
1645
noi abbiamo ancora amici, assicuro vostra grazia, in Inghilterra,
che gitterebbero in aria i berretti, e batterebbero le mani per la gioia,
nel vederci colà, pronti in armi contro i nostri nemici.

EDM.
O se tutto andasse bene e Eduardo si correggesse,
per la pace, l’onore e la tranquillità dell’Inghilterra!

MORT. I.
1650
Ma questo, mio signore, dev’essere guadagnato dalla tua spada.
Il re non abbandonerà mai i suoi adulatori.

S. GIOV.
Miei signori d’Inghilterra, poichè il re scortese
di Francia rifiuta di dar soccorso d’armi
a questa angustiata regina sua sorella,
1655
benite voi con lei a Hainault; non temete,
noi troveremo appoggio, danaro, uomini e amici
in breve tempo, per sfidare il re d’Inghilterra.
Che ne dite, giovine principe? che pensate voi della partita?

PRINC.
Io penso che re Eduardo ci sconfiggerà tutti.

REG.
1660
No, figlio, non così; e voi non dovete scoraggire
i vostri amici, che sono così pronti al vostro aiuto.

EDM.
Sir Govanni di Hainault, perdonateci, prego:
questi conforti che voi date alla nostra afflitta regina,
ci legano tutti in cortesia al vostro comando.

REG.
1665
Sì, nobile fratello; e il Dio del cielo
favorisca la vostra felice proposta, buon Sir Giovanni!

MORT. I.
Questo nobile gentiluomo, ardito in armi,
nacque, io veggo, per essere la nostra presa d’àncora.
Sir Giovanni di Hainault,sia questa la tua rinomanza,
1670
che la regina e i nobili d’Inghilterra nella sventura
siano stati da te ristorati e confortati.

S. GIOV.
Signora, andate avanti, e voi, miei signori, con me,
che i pari d’Inghilterra possan vedere l’accoglienza di Hainault.

[Exeunt.]

[SCENA III.

IL PALAZZO REALE, LONDRA.]
Entrano il re, Arundel, i due Spencer, con altri.

ED.
Così dopo molte minacce d’iraconda guerra,
1675
trionfa Eduardo d’Inghilterra co’ suoi amici;
e trionfi Eduardo con i suoi amici, liberamente!
Mio signore di Gloucester, udiste la novella?

SPENC. I.
Quale novella, mio signore?

ED.
Ebbene, amico, dicono che una grande esecuzione
1680
si faccia per tutto il reame; mio signore di Arundel,
voi avete la lista, non è verò?

ARUND.
Dal Luogotenente della Torre, mio signore.

ED.
Vi prego di farcela vedere. Che c’è in essa?
Leggila, Spencer.
1685
Spencer legge i loro nomi.
Sta bene: essi abbaiarono forte or è un mese;
ora, per la mia vita, nè abbaieranno nè morderanno.
Ora, signori, le novelle di Francia: Gloucester, io credo
che i signori di Francia amino tanto l’oro d’Inghilterra,
che Isabella non ottiene di là nessun aiuto.
1690
Che resta ora? Avete voi bandito, mio signore,
una ricompensa per coloro che ci porteranno Mortimer?

SPENC. I.
Sì, mio signore; e s’egli è in Inghilterra,
tra poco l’avremo in mano, io non ne dubito.

ED.
Se, tu dicì? Spencer, vero come la morte,
1695
egli è sul suolo inglese; i nostri capitani dei porti
non sono così incuranti degli ordini del loro re.
Entra un Messaggero.
Ebbene, quali notizie porti? donde vengono?

MESS.
Lettere, mio signore, e novità di Francia,
a voi, mio signore di Gloucester, da Levune.

ED.
1700
Leggi.
Spencer legge la lettera.
Premesso il mio omaggio a vostro onore, ecc. Io ho, se-
condo le istruzioni in proposito, trattato coi signori del Re
di Francia, e ottenuto che la regina, tutta attristata e scon-
fortata, se n’è andata, se voi chiedete dove, con Sir Giovanni
di Hainault, fratello del Marchese, nelle Fiandre: con essi son
andati Lord Edmondo e il Lord Mortimer, avendo in loro com-
pagnia parecchi della vostra nazione, ed altri, e, come vien
costantemente riferito, essi intendono di dar battaglia a Re
Eduardo in Inghilterra, prima ch’egli non se l’aspetti.
Queste son tutte le nuove d’importanza.
Di vostro onore in ogni servizio,
Levune.

ED.
Ah ribaldi, quel Mortimer è fuggito?
Con lui è andato a collegarsi Edmondo?
E Sir Giovanni di Hainault guiderà il ballo?
Benvenuta, al nome di Dio, signora, e il vostro figliuolo;
1705
l’Inghilterra farà accoglienza a voi e a tutta la vostra turba.
Galoppa veloce, brillante Febo, pel cielo,
e, fosca notte, sul rugginoso carro di ferro,
tra voi due abbreviate il tempo, vi prego,
ch’io possa vedere quel desideratissimo giorno,
1710
in cui noi incontraremo in campo questi traditori.
Ah, nulla m’addolora, se non che il mio fanciulletto
sia così traviato a favorire i loro delitti.
Venite, amici, a Bristow, per quivi afforzarci,
e, venti, siate così equi nel ricondurli,
1715
come foste iniqui portandoli fuori!

[Exeunt.]

[SCENA IV.

PRESSO ORWELL, NEL SUFFOLK.]
Entrano la Regina, suo figlio, Edmondo, Mortimer e Sir Giovanni.

REG.
Ora, signori, nostri affezionati amici e compaesani,
ben giunti tutti in Inghilterra, con venti propizî!
I nostri più benigni amici li abbiamo lasciati nel Belgio,
per affrontare amici in patria; duro caso,
1720
quando s’unisce forza con forza, e la spada
nei torbidi civili fa congiunti e compaesani
trucidar l’un l’altro, e i loro fianchi
con le loro proprie armi trafiggere! Ma qual rimedio?
I re malgovernanti son causa di tutta questa rovina,
1725
e, Eduardo, tu sei uno di questi,
la cui dissolutezza ha esposta la tua terra al saccheggio,
e fatto gonfiare i rigagnoli del sangue
del tuo popolo: tu dovresti essere un protettore,
ma tu –

MORT. I.
No, signora, se voi siete un guerriero,
1730
non dovete così appassionarvi in discorsi.
Signori, poichè noi siamo per concessione del cielo
arrivati, ed armati pel diritto di questo principe,
qui per la causa del nostro paese giuramo a lui
ogni omaggio, fedeltà e zelo,
1735
e per i manifesti torti e le ingiure
che Eduardo ha fatte a noi, alla sua regina e alla sua terra,
noi veniamo in armi a farne vendetta con la spada;
affinchè la regina d’Inghilterra possa riacquistare
le sue dignità, i suoi onori: e insieme
1740
noi possiamo allontanare dal re questi adulatori,
che dànno il guasto alla ricchezza e al tesoro di Inghilterra.

S. GIOV.
Suonate le trombe, mio signore, e fateci marciare innanzi.
Eduardo penserà che noi veniamo per adularlo.

EDM.
Io vorrei che mai non fosse stato adulato di più.

[Exeunt.]

[SCENA V.

PRESSO BRISTOW.]
Entrano il Re, Baldock e Spencer figlio, fuggendo intorno per la scena.

SPENC.
1745
Fuggite, fuggite, mio Signore, la Regina è troppo forte:
i suoi amici si moltiplicano e i vostri vengon meno.
Dirigiamo il nostro corso in Irlanda per quivi trar respiro.

ED.
Che! era io nato per fuggire e scappare
e lasciarmi addietro i Mortimer vincitori?
1750
Datemi il mio cavallo, e rinforziamo le nostre truppe:
e moriamo in questo letto d’onore con (buona) fama.

BALD.
O, no, mio signore, questa principesca risoluzione
non conviene a questa occasione; via, siamo inseguiti!

Edmondo solo con spada e scudo.

EDM.
Di qui egli fuggi, ma io son giunto troppo tardi.
1755
Eduardo, aimè, il mio cuore s’intenerisce per te.
Superbo traditore, Mortimer, perchè incalzi
il tuo legittimo re, il tuo sovrano, con la tua spada?
Vile furfante! e perchè hai tu, fra tutti crudele,
portato le armi contro il tuo fratello e il tuo re?
1760
Piovi rovesci di vendetta sul mio capo maledetto,
tu, Dio, alla cui giustizia s’appartiene
di por fine a questa rivolta contro natura!
Eduardo, questo Mortimer mira alla tua vita!
O, fuggilo, dunque! Ma, Edmondo, calma la tua rabbia,
1765
simula, o sei morto; perchè Mortimer
e Isabella si baciano, mentre cospirano;
e pure ella ha davvero una faccia d’amore.
Vergogna a quell’amore che cova morte e odio!
Edmondo, via! Bristow al sangue di Gambelunghe
1770
è infida; non ti far trovare solo per non destar sospetti:
il superbo Mortimer spia da presso i tuoi passi.

Entrano la Regina, Mortimer, il giovine Principe e Sir Giovanni di Hainault.

REG.
Fortunate battaglie dà il Dio dei re
a coloro che combattono pel diritto e temono la sua collera.
Dacchè dunque noi abbiam prevalso,
1775
sian grazie al grande architetto del cielo, e a voi.
Prima che procediamo più innanzi, miei signori,
noi qui creiamo il nostro benemato figliuolo,
per amore e premura della sua real persona,
Lord Guardiano del reame, e poichè i fati
1780
han fatto il padre suo così sventurato,
agite, voi, miei signori, in quest’occorrenza, miei affezionati signori,
come al vostro senno par più conveniente.

EDM.
Signora, s’io posso chiedere senza offesa,
come vi comporterete con Eduardo nella sua caduta?

PRINC.
1785
Ditemi, buono zio, di quale Eduardo intendete parlare?

EDM.
Nipote, di vostro padre: io non oso chiamarlo re.

MORT. I.
Mio signore di Kent, a che serve questa domanda?
Ciò non è in potere suo, nè nostro,
ma, come el reame e al parlamento piacerà,
1790
così si disporrà di vostro fratello. –
Non mi piace questo umor tenero in Edmondo.
Signora, è bene badare a lui a tempo.

REG.
Mio signore, il Podestà di Bristow conosce l’animo nostro.

MORT. I.
Sì, signora, e non facilmente scampano coloro
1795
che hanno abbandonato il campo.

REG.
Baldock è col re.
Un bel cancelliere, non è verò, mio signore?

S. GIOV.
E con lui sono gli Spencer, il padre e il figlio.

EDM.
Questo Eduardo è la rovina del reame.

Entrano Rice ap Howell e il Podestà di Bristow, con Spencer padre.

RICE.
1800
Iddio salvi la regina Isabella, e il suo nobile figliuolo!
Signora, il podestà e i cittadini di Bristow,
in segno d’amore e d’omaggio a questa presenza,
presentano per mio mezzo questo traditore dello stato,
Spencer, il padre di quel folle Spencer,
1805
che, come lo sfrenato Catilina di Roma,
gavazzava sulla riccheza e sul tesoro d’Inghilterra.

REG.
Noi vi ringraziamo tutti.

MORT. I.
La vostra amorosa cura in questo,
merita principeschi favori e ricompense.
Ma dove son fuggiti il e l’altro Spencer?

RICE.
1810
Spencer il figlio, creato Conte di Gloucester,
è andato con quello scolare dalla lingua melata, Baldock,
è s’è imbarcato pur ora per l’Irlanda col re.

MORT. I.
Qualche turbine li porti indietro o li mandi tutti a fondo!
Essi saran cacciati di là, non ne dubito.

PRINC.
1815
Non vedrò io più il re mio padre?

EDM.
Infelice Eduardo, bandito da’ confini dell’Inghilterra!

S. GIOV.
Signora, che altro c’è? perchè siete pensosa?

REG.
Io deploro la mala sorte del mio signore, mà, aimè,
sollecitudine del mio paese mi chiamò a questa guerra.

MORT. I.
1820
Signora, tregua alla sollecitudine e al triste lamento;
il vostro re ha fatto oltraggio al vostro paese e a se
stesso, e noi dobbiamo cercare di ristabilire il diritto come possiamo.
Frattanto, conducete questo ribelle al ceppo.

SPENCER P.
Ribelle è colui che combatte contro il principe;
1825
non così combatterono quelli che combatterono pel diritto d’Eduardo.

MORT. I.
Portatelo via, egli ciarla. Voi, Rice ap Howell,
farete buon servizio a sua maestà,
essendo voi potente qui nel vostro paese,
inseguendo questi ribelli rinnegati.
1830
Noi in questo mezzo, signora, consiglieremo
come Baldock, Spencer e i loro complici
possano nella loro rovina esser inseguiti a morte.

Exeunt omnes.

[SCENA VI.

L’ABBAZIA DI NEATH.]
Entrano l’Abate, i Monaci, Eduardo, Spencer, e Baldock.

ABATE.
Non abbiate timore, mio signore, non abbiate paura,
noi saremo così silenziosi e solleciti
1835
nel custodire la vostra reale persona in salvo con noi,
libera dal sospetto, e dalla barbara invasione
di coloro che dan la caccia a vostra maestà,
voi, e questa vostra scelta compagnia,
come richiede il pericolo di questi tempi burrascosi.

ED.
1840
Padre, il tuo volto non dovrebbe celare alcun inganno.
O, fossi mai tu stato un re, il tuo cuore,
trafitto profondamente dal senso della mia disgrazia
non potrebbe non aver compassione del mio stato.
Magnifico e superbo, per ricchezze e per sèguito,
1845
altre volte io fui, possente e pieno di splendore;
ma chi è quegli cui il governo e l’impero
non abbiano o in vita o in morte reso miserabile?
Vieni, Spencer; vieni, Baldock; venite a sedere presso di me,
fate prova ora di quella filosofia
1850
che tu succhiasti da Platone e da Aristotele.
Padre, questa vita contemplativa è il cielo;
o, s’io potessi menare in pace questa vita!
Ma noi, oimè, siamo incalzati, e voi, miei amici,
le vostre vite e il mio disonore essi perseguono
1855
pure, nobili monaci, nè per tesoro, nè por oro, nè per compenso,
non tradite noi e la nostra compagnia!

I MON.
Vostra grazia può stare sicura, che nessun altro che noi
sa del vostro rifugio.

SPENC.
Nessuno al mondo, ma io forte sospetto
1860
d’un tristo individuo, in un prato laggiù.
Egli gittò un lungo sguardo dietro di noi, mio signore;
e tutta la terra, io so, è sorta in armi,
armi che perseguono le nostre vite con odio mortale.

BALD.
Noi c’eravamo imbarcati per l’Irlanda, miseri noi!
1865
Ma e venti avversi e grandi tempeste ci gittarono
sulla spiaggia, a languir qui per timore
di Mortimer e dei suoi confederati.

ED.
Mortimer! chi parla di Mortimer!
Chi mi ferisce col nome di Mortimer,
1870
di quell’uomo perverso? Buon padre, sulle tue ginocchia
io poso questo capo, oppreso da grave affanno.
O potess’io mai non riaprire questi occhi!
Non mai rialzare questo capo abbattuto!
O, mai più non alzare questo cuore morente!

SPENC.
1875
Guardate su, mio signore; Baldock, questa sonnolenza
non presagisce nulla di buono; anche qui noi siam traditi.

Entrano, con raffi gallesi, Rice ap Howell, un Falciatore e Leicester.

FALC.
Per la mia vita, questi son gli uomini che cercate.

RICE.
Basta, buon uomo. Mio signore, vi prego di far presto,
un chiaro mandato garantisce quel che noi facciamo.

LEIC.
1880
Il mandato della Regina, sollecitato da Mortimer.
Che cosa non può il galante Mortimer con la regina?
Oimè, vedete dov’egli siede, e non veduto spera
sfuggire alle mani che cercano di strappargli la vita.
Troppo è verò, Quem dies vidit veniens superbum,
1885
hunc dies vidit fugiens jacentem.
Ma, Leicester, cessa d’avere così compassione.
Spencer e Baldock, con non altri nomi che questi,
io qui v’arresto per alto tradimento.
Non badate ai titoli, ma obbedite all’arresto:
1890
è nel nome della Regina Isaabbabella.
Mio signore, perchè v’abbattete così?

ED.
O giorno ultimo d’ogni mia felicità in terra!
Centro d’ogni sventura! O mie stelle,
perchè v’abbuiate maligne sul re?
1895
Viene Leicester dunque in nome d’Isabella
a togliermi la mia vita, la mia compagnia?
Qui, uomo, squarcia questo mio petto ansante,
e prendi il mio cuore per riscatto dei miei amici.

RICE.
. Via con essi!

SPENC.
Pure ti converrebbe
1900
lasciarci prender congedo da sua grazia.

ABATE.
Il mio cuore s’affligge di pietà a questa vista:
un re soffrire queste parole e questi superbi comandi!

ED.
Spencer, ah dolce Spencer, così dunque dobbiamo separarci?

SPENC.
Dobbiamo, mio signore; così vogliono i cieli irati.

ED.
1905
No, così vuol l’inferno, e il superbo Mortimer;
i cieli cortesi non han che fare in ciò.

BALD.
Mio signore, è inutile addolorarsi o infuriarsi.
Qui umilmente noi prendiamo licenza da vostra grazia;
le nostre sorti son tratte; io temo, anche la tua.

ED.
1910
In cielo forse, in terra mai più non c’incontreremo:
e, Leicester, di’, che sarà di noi?

LEIC.
Vostra maestà deve andare a Killingworth.

ED.
Deve! è un po’ duro, che i re debbano andare.

LEIC.
Qui c’è una letigga pronta per vostra grazia,
1915
che attende il suo piacere; e il giorno declina.

RICE.
. Tanto vale andare, che restare ed esser sorpresi dalla notte.

ED.
Una letigga tu hai? ponetemi su una bara,
e portatemi di qui alle porte dell’inferno;
fate che le campane di Plutone suonino a morto per me,
1920
ed urlino le larve per la mia morte alla riva di Caronte,
perchè Eduardo non ha altri amici che questi, e questi,
e questi debbon morire sotto la spada d’un tiranno.

RICE.
. Mio signore, pónti in cammino, non ti curare di costoro,
perchè noi li accorceremo della testa.

ED.
1925
Bene, questo sarà, sarà; dividerci dobbiamo,
dolce Spencer, gentile Baldock, dividerci dobbiamo.
Giù questi finti panni! Non finte sono le mie parole.
Padre, addio! Leicester, tu aspetti per me,
e andare io debbo. Vita, addio, co’ miei amici!

Exeunt Eduardo e Leicester.

SPENC.
1930
O, gli è andato! il nobile Eduardo andato?
Partito di qui per non rivederci mai piu!
Squàrciati, globo del cielo! e, fuoco, abbandona la tua sfera!
terra, struggiti in aria! andato è il mio sovrano,
andato, andato, aimè, per non tornare mai!

BALD.
1935
Spencer, io veggo che le nostre anime stanno per involarsi di qui:
noi siam privati del sole della nostra vita:
prepàrati, uomo, a una nuova vita; innalza i tuoi occhi
e il cuore a le mani al trono immortale del cielo,
paga il tuo debito alla natura con lieto aspetto;
1940
riduciamo tutte le nostre lezioni a questo:
per morire, dolce Spencer, per ciò viviamo noi tutti.

RICE.
Venite, venite! serbate queste prediche per quando
sarete al luogo stabilito. Voi, e i vostri simili, avete
saggiamente operato in Inghilterra. Vogliono le vos-
tre signorie venir via?

FALC.
Vostra signoria, io confido, si ricorderà di me.

RICE.
. Ricordarmi di te, buon uomo? che più?
Seguimi alla città.

Exeunt.

Atto V

[SCENA I.

IL CASTELLO DI KILLINGWORTH.]
Entrano il Re e Leicester con un Vescovo per la corona.

LEIC.
1945
Siate paziente, mio buon signore, cessate di lamentarvi:
immaginate che il Castello di Killingworth sia la vostra corte,
e che voi dimoriate qui un po’ di tempo per piacere,
non per costrizione o neccesità.

ED.
Leicester, se le parole gentili potessero confortarmi,
1950
i tuoi discorsi già da gran tempo avrebbero alleviate le mie pene,
perchè benigno e amorevole sei tu sempre stato;
i dolori degli uomini privati son presto temperati,
ma non quelli dei re: il cervo della foresta, com’è colpito,
corre e un’erba che rimargina le refite;
1955
ma quando vengon trafitte le carni del leone imperiale,
egli le squarcia e lacera con la sua zampa iraconda,
ed altamente sdegnando che la umile terra
debba bere il suo sangue, s’innalza nell’aria.
E così accade a me, il cui animo intrepido
1960
l’ambizioso Mortimer cercherebbe di tener a freno,
e quella snaturata regina, la falsa Isabella,
che m’ha così rinchiuso e serrato in una prigione;
perchè tali oltraggi e patimenti mi sazian l’anima,
che con l’ali del rancore e del disdegno
1965
assai spesso io spicco il volo verso il cielo,
per lagnarmi agli dèi contro di loro due.
Ma quando io mi richiamo a mente ch’io sono un re,
mi par ch’io dovrei vendicarmi dei torti
che Isabella e Mortimer m’hanno fatto.
1970
Ma che sono i re, quando è perduto il reggimento,
se non perfette ombre in un giorno di sole?
I miei nobili governano, io porto il nome di re;
io ho in capo la corona, ma son dominato da loro,
da Mortimer, e dalla mia infedele regina,
1975
che macchia d’infamia il mio letto nuziale;
mentre io son albergato in questa grotta d’affanno,
dove il dolore sempre mi siede al fianco,
per acompagnare con tristi lamenti il mio cuore,
che sanguina dentro di me per questo singolare scambio.
1980
Ma dimmi, debbo io ora rassegnar la mia corona,
per far re l’usurpatore Mortimer?

VESC.
Vostra grazia sbaglia: per il bene d’Inghilterra
e pel diritto del principe Eduardo noi chiediamo la corona.

ED.
No, è per il capo di Mortimer, non per quello di Eduardo.
1985
Perchè egli è un agnello circondato dai lupi,
che fra poco gli abbrevieranno la vita.
Ma se il superbo Mortimer porta questa corona,
i cieli la volgano in una vampa di fuoco inestinguibile!
O come la ghirlanda di serpenti di Tisìfone,
1990
cinga le tempie del suo capo odioso;
così la Vite d’Inghilterra non andrà in perdizione,
ma il nome di Eduardo sopravvive, benchè Eduardo muoia.

LEIC.
Mio signore, perchè sprecate voi il tempo così?
Essi aspettano la vostra risposta: volete voi cedere la vostra corona?

ED.
1995
Ah, Leicester, pensa come mal possa soffrire
di perdere la mia corona e il mio regno senza causa,
di dare il mio diritto all’ambizioso Mortimer,
che come una montagna opprime la mia felicità,
dal quale eccesso il mio animo è qui assassinato.
2000
Ma a quel che i cieli fissano, io debbo obbedire.
Qui, prendi la mia corona; e la vita d’Eduardo anche:
due re in Inghilterra non possono regnare a una volta.
Ma attendi un poco, lasciami esser re fino a sera,
ch’io possa contemplare questa corona sfavillante:
2005
così riceveranno i miei occhi la loro ultima contezza,
il mio capo, l’ultimo onore ad esso dovuto,
e gli uni e l’altro uniti rinunceranno al loro desiderato diritto.
Dura tu sempre, tu, sole celestiale,
non lasciar mai che la silente notte s’impossessi di questa contrada:
2010
fermatevi voi, scolte del firmamento,
tempi e stagioni, arrestatevi tutti in un punto,
che Eduardo possa essere ancora re della bella Inghilterra!
Ma il brillante raggio del giorno svanisce rapidamente,
e di necessità io debbo rassegnare la mia desiderata corona.
2015
Creature inumane, allevate con latte di tigre,
perchè siete voi avide della rovina del vostro sovrano?
Del mio diadema, io dico, e della mia vita incolpevole?
Vedete, mostri, vedete, io porterò ancora la mia corona;
che, non temete voi la furia del vostro re?
2020
Ma, infelice Eduardo, tu ti conduci da stolto:
essi non si dan cura de’ tuoi crucci come pur ora facevano,
ma cercan di fare un re nuovo eletto;
la qual cosa empie il mio animo di strani pensieri,
i quali pensieri son martirizzati da infiniti tormenti,
2025
ed in questo tormento io non trovo conforto nessuno,
se non questo, di sentir la corona sulla mia testa.
E perciò lasciatemela portare ancora un poco.

TRUSSELL.
Mio signore, il parlamento deve aver subito
notizie, e perciò dite, volete voi abdicare o no?

Il re infuria.

ED.
2030
Io non abdicherò, ma finch’io viva sarò re.
Traditori, andate! e unitevi con Mortimer!
Eleggete, cospirate, distribuite gli uffici, fate que che volete:
il loro sangue e il vostro suggellerà questi tradimenti.

VESC.
Questa risposta noi riporteremo – ed ora, addio!

LEIC.
2035
Richiamateli, mio signore, e parlate ad essi gentilmente;
perchè se essi vanno, il principe perderà il suo diritto.

ED.
Chiamali tu indietro, io non ho forza di parlare.

LEIC.
Mio signore, il re è disposto a abdicare.

VESC.
Se egli non fosse, lasciate scegliere a lui.

ED.
2040
Così potessi! ma i cieli e la terra cospirano
per rendermi infelice! Qui ricevi la mia corona.
Ricevila? no, queste mie mani innocenti
non saran colpevoli d’un così turpe delitto.
Quegli fra voi tutti che più desidera il mio sangue,
2045
la prenda: che, siete voi commossi? avete pietà di me?
Allora mandate a chiamare l’inflessibile Mortimer,
ed Isabella, i cui occhi essendo conversi in acciaio,
potranno più presto mandar faville di fuoco che spandere una lagrima:
pure attendete, perchè piuttosto ch’io debba posar gli occhi su di loro,
2050
qui, qui! Ora, dolce Dio del cielo,
fammi disprezzare questa pompa transitoria,
e seder per sempre in trono in cielo!
Vieni, morte, e con le tue dita chiudimi gli occhi,
o, se io vivo, fammi dimenticar me stesso.

VESC.
2055
Mio signore –

ED.
Non mi chiamate signore; via, fuori dal mio cospetto:
ah, perdonatemi, il dolore mi fa pazzo.
Non lasciate che quel Mortimer protegga mio figlio:
v’è più sicurezza fra le zanne d’una tigre,
2060
che ne’ suoi abbracci. Portate questo alla regina.
[Dà loro un fazzoletto.]
bagnato dalle mie lagrime, e di nuovo asciugato dai sospiri:
se dalla vista di questo essa non sarà intenerita,
riportatelo indietro e immergetelo nel mio sangue.
Raccomandatemi al mio figliuolo, e ditegli che governi
2065
meglio di me: pure in che ho io peccato,
se non per troppa clemenza?

TRUSS.
E così, molto umilmente noi prendiamo congedo.

ED.
Addio! Io so che la prossima nuova ch’essi porteranno,
sarà la mia morte, e benvenuta essa sarà.
2070
Agli uomini sventurati morte è felicità.

Entra Berkeley.

LEIC.
Un altro messaggero? quiali notizie porta?

ED.
Quelle ch’io m’aspetto: vieni, Berkeley, vieni,
e di’ il tuo messaggio sul mio petto ignudo.

BERK.
Mio signore, non pensate che un pensiero così villano
2075
possa dimorare in un uomo di nobile nascita.
Per render servigio e omaggio a vostra altezza,
e salvar voi dai vostri nemici, Berkeley morrebbe.

LEIC.
Mio signore, il consiglio della regina ordina
ch’io rassegni la mia carica.

ED.
2080
E chi deve ora custodirmi? Voi, mio signore?

BERK.
Sì, mio graziosissimo signore, così è decretato.

[Mostra un breve.]

ED.
Da Mortimer, il cui nome è scritto qui.
Ben possa io lacerare il nome di colui, che mi lacera il cuore!
[Lacera il breve.]
Questa povera vendetta m’ha alquanto sollevato l’animo.
2085
Così possano esser stracciate le sue membra come questa carta!
Odimi, Giove immortale, e accorda anche ciò!

BERK.
Vostra grazia deve partir di qui con me per Berkeley subito.

ED.
Dove voi volete; tutti i luoghi sono eguali,
ed ogni terra è buona per la sepoltura.

LEIC.
2090
Favoritelo, mio signore, per quanto sta in voi.

BERK.
Tal sorte s’abbia la mia anima, com’io tratto lui.

ED.
Il mio nemico ha avuto pietà del mio stato,
e questa è la causa per cui io sono ora allontanato.

BERK.
E pensa vostra grazia che Berkeley sarà crudele?

ED.
2095
Non so; ma di questo son sicuro,
che la morte pon fine a tutto, e ch’io non posso morire che una volta sola.
Leicester, addio!

LEIC.
Non ancora, mio signore: io vi accompagnerò.

Exeunt omnes.

[SCENA II.

IL PALAZZO REALE, LONDRA.]
Entrano Mortimer e la Regina Isabella.

MORT. I.
Bella Isabella, ora abbiamo noi ciò che desideravamo:
2100
i superbi corruttori del re dal cervello leggero,
han fatto il loro omaggio alle alte forche,
ed egli stesso giace in prigionia.
Lasciati governare da me, e noi governeremo il reame.
In ogni caso sta in guardia contro la fanciullesca paura,
2105
perchè ora noi teniamo un vecchio lupo per le orecchie,
che, se ci sfugge, ci piglierà tutti e due,
e abbrancherà il feritore, essendo stato abbrancato lui stesso.
Pensate perciò, signora, che assai c’importa
di elevare (al trono) il vostro figliuolo con tutta la prestezza che possiamo,
2110
e ch’io sia protettore sopra di lui;
perchè il nostro vantaggio avrà il massimo prestigio,
quando potremo sottoscrivere col nome d’un re.

REG.
Dolce Mortimer, vita d’Isabella,
persuaditi ch’io t’amo assai,
2115
e pertanto, purchè sia salvo il principe mio figlio,
ch’io tengo così caro come questi miei occhi,
concludi contro suo padre quel che tu vuoi,
ed io stessa volentieri sottoscriverò.

MORT. I.
Prima vorrei aver la notizia ch’egli è stato deposto,
2120
e poi lascia a me la briga di trattarlo.
Entra un Messaggero.
Lettere, da dove?

MESS.
Da Killingworth, mio signore.

REG.
Come sta il re mio signore?

MESS.
In buona salute, signora, ma pieno di malinconia.

REG.
Oimè, povera anima, potess’io alleviare il suo dolore!
[Entra il Vescovo di Winchester con la corona.]
2125
Grazie, nobile Winchester: e voi, andate.

VESC.
Il re ha volentieri rassegnata la sua corona.

REG.
O felice novella! mandate per il principe mio figlio.

VESC.
Più tardi, prima che questa lettera fosse suggellata, venne Lord Berkeley,
così ch’egli è ora partito da Killingworth;
2130
e noi abbiamo udito che Edmondo ordiva un complotto
per liberare suo fratello; non altro che questo.
Il signore di Berkeley è pietoso non meno
di Leicester, che aveva cura di lui prima.

REG.
Allora fate che un altro sia il suo guardiano.

MORT. I.
2135
Lasciate fare a me; ecco il sigillo privato.
Chi è là? Chiamate Gurney e Matrevis,
per sventare il disegno dello stolto Edmondo;
Berkeley sarà privato della sua carica, il re allontanato,
e nessun altri che noi saprà dov’egli si trova.

REG.
2140
Ma, Mortimer, finchè egli continua a vivere,
qual sicurezza rimane per noi, o per mio figlio?

MORT. I.
Parla, dobbiamo subito sbarazzarcene e farlo morire?

REG.
Questo vorrei, purchè non fosse per opera mia.

Entrano Matrevis e Gurney.

MORT. I.
Basta, Matrevis, scrivi subito una lettera
2145
al signore di Berkeley da parte nostra,
ch’egli consegni il re a te e a Gurney;
e quando hai finito, noi firmeremo col nostro nome.

MATR.
Sarà fatto, mio signore.

MORT. I.
Gurney!

GURN.
Mio signore!

MORT. I.
Se tu intendi innalzarti per opera di Mortimer,
2150
il quale fa ora girar la ruota della fortuna come a lui aggrada,
cerca tutti i mezzi che puoi per farlo languire,
e non gli dare buona parola nè benigno sguardo.

GURN.
Io ve ne fo garanzia, mio signore.

MORT. I.
E questo, sopra tutto: siccome udiamo
2155
che Edmondo ha in animo di liberarlo,
trasferiscilo sempre di luogo in luogo di notte,
finchè da ultimo egli giunga a Killingworth,
e poi di lì di nuovo indietro a Berkeley;
e intanto per fare ch’egli sempre più si crucci,
2160
parlagli aspramente; e in ogni caso
non permettere che alcuno lo conforti, se mai egli pianga,
ma accresci il suo dolore con amare parole.

MATR.
Non temete, mio signore, noi faremo come voi comandate.

MORT. I.
Ed ora va’; affrèttati a tutta possa a quella volta.

REG.
2165
Dove va questa lettera? al re mio signore?
Raccomandami umilmente a sua maestà,
e digli ch’io m’adopero, e sempre in vano,
per alleviare il suo dolore e ridurlo in libertà;
e portagli questo come testimonio del mio amore.

[Gli dà un anello.]

MATR.
2170
Così farò, signora.

Exeunt Matrevis e Gurney. Manent Isabella e Mortimer.
Entrano il giovine Principe, e il Conte di Kent parlando con lui.

MORT. I.
Finamente dissimulato! fate sempre così, dolce regina.
Qui viene il giovine principe con Conte di Kent.

REG.
Egli sussurra qualcosa alle sue orecchie di fanciullo.

MORT. I.
S’egli ha un tale accesso presso il principe,
2175
le nostre trame e i nostri stratagemmi saran presto sventati.

REG.
Tratta Edmondo amichevolmente come se tutto andasse bene.

MORT. I.
Como sta il mio onorevole signore di Kent?

EDM.
In (buona) salute, dolce Mortimer; come sta vostra grazia?

REG.
Bene, se il mio signore vostro fratello fosse liberato.

EDM.
2180
Odo che pur ora egli ha abdicato.

REG.
Tanto maggiore è il mio dolore.

MORT. I.
E il mio.

EDM.
Ah, essi dissimulano!

REG.
Dolce figliuolo, vieni qui, io debbo parlare con te.

MORT. I.
Voi, essendo suo zio, e il più vicino per sangue,
attendetevi d‘essere il protettore del principe.

EDM.
2185
Non io, mio signore; chi dovrebbe proteggere il figlio,
se non colei che gli diede la vita? io intendo la regina.

PRINC.
Madre, non m’indurre a portar la corona;
lascia ch’egli sia re, io sono troppo giovine per regnare.

REG.
Ma contèntati, poichè è il piacere di sua altezza.

PRINC.
2190
Fate soltanto che prima io lo vegga, e poi mi contenterò.

EDM.
Sì, fa così, dolce nipote.

REG.
Fratello, voi sapete ch’è impossibile.

PRINC.
Perchè, è egli morto?

REG.
No, Dio non voglia.

EDM.
Vorrei che queste parole procedessero dal vostro cuore.

MORT. I.
2195
Incostante Edmondo, lo favorisci tu,
che desti mano al suo imprigionamento?

EDM.
Tanto maggior ragione ho io ora di far ammenda.

MORT. I.
Io ti dico, non è conveniente che un uomo così falso
debba star attorno alla persona d’un principe.
2200
Mio signore, egli ha tradito il re suo fratello,
e perciò non ti fidare di lui.

PRINC.
Ma egli si pente e se ne affligge, ora.

REG.
Vieni, figlio, con questo nobile lord e con me.

PRINC.
Con voi verrò, ma non con Mortimer.

MORT. I.
2205
Perchè, giovinotto, disdegni tu così Mortimer?
Allora io ti porterò via a forza.

PRINC.
Aiuto, zio Kent! Mortimer vuol farmi male.

REG.
Fratello Edmondo, non contendere; noi gli siamo amici;
Isabella è più vicina del conte di Kent.

EDM.
2210
Sorella, Eduardo è affidato a me, rendimelo.

REG.
Eduardo è mio figlio, ed io lo terrò.

KENT.
Mortimer conoscerà d’avermi fatto un torto.
Di qui io m’affretterò al Castello di Killingworth,
e farò scampare il vecchio Eduardo da’ suoi nemici,
2215
per trar vendetta di Mortimer e di te.

Exeunt omnes.

[SCENA III.

PRESSO IL CASTELLO DI KILLINGWORTH.]
Entrano Matrevis e Gurney col re.

MATR.
Mio signore, non state in pensiero, noi siamo vostri amici.
Gli uomini sono destinati a vivere nella miseria:
perciò venite, l’indugiare mette in pericolo le nostre vite.

ED.
Amici, dove deve l’infelice Eduardo andare?
2220
L’odioso Mortimer non fisserà alcun riposo?
Debbo io esser travagliato come l‘uccello notturno,
la cui vista è incresciosa atutti gli uccelli alati?
Quando si mansuefarà la furia del suo animo?
Quando sarà il suo cuore sazio di sangue?
2225
Se il mio gioverà, squarciate subito questo petto,
e date il mio cuore a Isabella e a lui;
è il segno più alto a cui essi mirino.

GURN.
Non così, mio sovrano: la regina ha dato ordine
di custodir vostra grazia in sicurezza:
2230
le vostre passioni accrescono i vostri dolori.

ED.
Questo trattamento accresce la mia miseria.
Ma può la mia aura vitale durare a lungo,
quando tutti i miei sensi sono angustiati dal fetore?
Entro una segreta il re d’Inghilterra è tenuto,
2235
dov’io son affamato per difetto d’alimento.
La mia dieta quotidiana è di singhiozzi che rompono il cuore,
che quasi lacerano la cameretta del mio cuore.
Così vive il vecchio Eduardo non ristorato da nessuno,
e così deve morire, benchè da molti compatito.
2240
O, acqua, gentili amici, per rinfrescar la mia sete,
e pulire il mio corpo dai sozzi escrementi!

MATR.
Qui c’è acqua di gronda, secondo c’è stato prescritto.
Sedete, e noi farem da barbieri a vostra grazia.

ED.
Via, traditori! che, volete assassinarmi?
2245
o affogare il vostro sovrano con acqua di pozzanghera?

GURN.
No, ma lavarvi la faccia e radervi la barba,
perchè non possiate esser conosciuto e così liberato.

MATR.
Perchè vi sbracciate così? la vostra fatica è in vano.

ED.
Il lui può lottare contro la forza del leone,
2250
ma sempre in vano: così vanamente io lotto
per trovar misericordia nelle mani d’un tiranno.
Essi lo lavano con acqua di pozzanghera e gli radon via la barba.
Immortali poteri, che conoscete le dolorose cure,
che assistono la mia povera angosciata anima,
rivolgete tutti i vostri sguardi su questi uomini temerari,
2255
che fan torto al loro signore e sovrano, re d’Inghilterra.
O Gaveston, per te io sono oltraggiato,
per me, insieme tu e i due Spencer moriste!
E per vostro amore mille oltraggi io riceverò.
Le ombre degli Spencer, dovunque esse dimorino,
2260
voglion bene alla mia; dunque via, per esse io morrò.

MATR.
Tra le loro (ombre) e la vostra non vi sarà inimicizia alcuna.
Venite, venite, via, ora spegnete le torce,
noi entreteremo a Killingworth nell’oscurità.

Entra Edmondo.

GURN.
Ebbene, chi vien qui.

MATR.
2265
Guarda il re al sicuro, è il conte di Kent.

ED.
O nobile fratello, aiuta a liberarmi!

MATR.
Tienili separati, caccia dentro il re.

EDM.
Soldati, lasciate ch’io gli dica solo una parola.

GURN.
Ponete le mani addosso al conte per questo attacco.

EDM.
2270
Ponete giù l’armi, traditori! rendete il re!

MATR.
Edmondo, arrenditi tu, o morrai.

EDM.
Vili ribaldi, perchè m’afferrate così?

GURN.
Legatelo e così conducetelo alla corte.

EDM.
Dov’è la corte se non qui? qui è il re,
2275
ed io voglio visitarlo: perchè mi fermate?

MATR.
La corte è dove lord Mortimer dimora.
Colà andrà vostro onore; ed ora, addio.

Exeunt Matrevis e Gurney col re. Manent Edmondo coi soldati.

EDM.
O, disgraziata è quella repubblica,
dove i signori tengon corte, e i re son serrati in prigione!

SOLD.
2280
Perchè aspettiamo? su, signori, alla corte!

EDM.
Sì, guitademi dove volete, anche alla morte,
poichè mio fratello non può esser tratto di prigione.

Exeunt omnes.

[SCENA IV.

IL PALAZZO REALE, LONDRA.]
Entra Mortimer solo.

MORT. I.
Il re deve morire, o Mortimer è perduto.
I comuni ora cominciano a aver pietà di lui:
2285
pure colui ch’è causa della morte di Eduardo,
è sicuro di pagarla quando il suo figliuolo è in età;
e perciò io farò la cosa con astuzia.
Questa lettera, scritta da un amico nostro,
contiene la sua morte, e pure ordina a loro di salvargli la vita.
2290
‘Edwardum occidere nolite timere, bonum est:
non temete d’uccidere il re, è bene ch’egli muoia’.
Ma leggetela così, e il senso è un altro:
‘Edwardum occidere nolite, timere bonum est:
Non uccidete il re, è bene temere il peggio’.
2295
Senza interpunzione com’essa è, la cosa andrà così,
che, quando sia morto, se fosse mai trovata,
Matrevis e gli altri sosterrebbero il biasimo,
e ne andremmo scevri noi, che avremo procurato che così si facesse.
In questa stanza è rinchiuso il messaggero
2300
che la porterà, ed eseguirà il resto:
e per un segreto segnale ch’egli porta,
sarà assassinato quando l’azione è compiuta.
Lightborn, vieni fuori!
Sei tu così risoluto com’eri prima?

LIGHT.
2305
Che altro, mio signore? e d’assai più rissoluto.

MORT. I.
Ed hai tu disegnato come compiere la cosa?

LIGHT.
Sì, sì, e nessuno saprà in che modo sia morto.

MORT. I.
Ma ai suoi sguardi, Lightborn, tu ti intenerirai.

LIGHT.
Intenerirmi? Ha, ha! ci vuol molto per intenerirmi.

MORT. I.
2310
Bene, fa la cosa bravamente, e sii segreto.

LIGHT.
Voi non avrete bisogno di dare istruzioni;
non è la prima volta ch’io ho ucciso un uomo.
Io imparai in Napoli ad avvelenare i fiori,
a strangolare con un lino gittato intorno alla gola,
2315
a forare la trachea con la punta d’un ago;
o, mentre uno è addormentato, a prendere un cannello
e soffiargli un po’ di polvere nelle orecchie;
o aprirgli la bocca e versar giù l’argento vivo.
E pure io ho un modo più eccellente di questi.

MORT. I.
2320
Quale è?

LIGHT.
No, mi perdonerete: nessuno conoscerà i miei artifizi.

MORT. I.
Non m’importa come sia, purchè non venga scoperto.
Consegna questa a Gurney e Matrevis.
Al fine d’ogni dieci miglia c’è un cavallo per te.
2325
Prendi questo: via! e non tornare mai più a vedermi.

LIGHT.
No?

MORT. I.
No, a meno che tu non mi porti notizia della morte d’Eduardo.

LIGHT.
Questo farò io rapidamente. Addio, mio signore.

MORT. I.
Il principe io governo, la regina domino,
2330
e con un umile inchino fino a terra,
i più superbi signori mi salutano quando passo;
io suggello, io cancello, io faccio quel che voglio;
temuto sono io più che amato, e temuto sia,
e tutta la corte, quando io corrugo il sopracciglio, impallidisca.
2335
Io guardo il principe con gli occhi d’Atistarco,
i cui sguardi eran come una staffilata per un ragazzo.
Essi gittano su di me il protettorato
e mi pregano per ciò ch’io desidero.
Quando sono alla tavola del consiglio, grave abbastanza,
2340
e non dissimile da un verecondo Puritano,
prima io deploro la mia imbecillità,
dicendo che è un onus quam gravissimum,
finchè, interrotto da’miei amici,
suscepi quella provinciam, com’essi la chiamano;
2345
e per concludere, ora io son Protettore.
Ora è certissimo che la Regina e Mortimer
governeranno il reame, il re, e nessuno governerà noi.
I miei nemici tormenterò, i miei amici avanzerò,
e chi osa opporsi a ciò che mi talenta d’ordinare?
2350
Major sum quam cui possit fortuna nocere.
E che questo sia il giorno dell’incoronazione,
piace a me e ad Isabella la regina.
Le trombe suonano, io debbo andare a prendere il mio posto.

Entrano il giovine Re, il Vescovo, il Campione, i Nobili, la Regina.

VESC.
A lungo viva re Eduardo, per grazia di Dio
2355
Re d’Inghilterra e signore d’Irlanda.

CAMP.
Se alcun Cristiano, Pagano, Turco o Giudeo
osi pur affermare che Eduardo non è vero re,
e vuol sostenere il suo detto con la spada,
io sono il campione che combatterà con lui.

MORT. I.
2360
Nessuno viene; suonate le trombe.

RE.
Campione, ecco per te.

REG.
Lord Mortimer, ora prendetelo nella vostra custodia.

Entrano Soldati con Conte di Kent prigionero.

MORT. I.
Qual traditore abbiamo qui con spade e picche?

SOLD.
Edmondo il Conte di Kent.

RE.
Che ha egli fatto?

SOLD.
Avrebbe voluto condur via il re con la forza,
2365
come noi lo portavamo a Killingworth.

MORT. I.
Avete voi tentato la sua riscossa? Edmondo, parlate.

EDM.
Sì, Mortimer; egli è il nostro re,
e tu costringi questo principe a portar la corona.

MORT. I.
Tagliategli la testa! egli sarà sottoposto alla legge marziale.

EDM.
2370
Tagliarmi la testa? vile traditore, io ti sfido.

RE.
Mio signore, egli è mio zio, e deve vivere.

MORT. I.
Mio signore, egli è vostro nemico, e deve morire.

EDM.
Fermi, ribaldi!

RE.
Dolce Madre, se io non posso dargli il perdono,
2375
supplica il mio signor Protettore per la sua vita.

REG.
Figlio, sta tranquillo, io non oso dire una parola.

RE.
Nè io, e pure mi pare che dovrei comandare,
ma poichè non posso, io supplicherò per lui:
mio signore, se voi lascerete in vita mio zio,
2380
io ve ne compenserò quando verrò in età.

MORT. I.
È per il bene di vostra altezza e del reame.
Quante volte debbo ordinare di portarlo via?

EDM.
Sei tu re? debbo io morire per tuo comando?

MORT. I.
Per nostro comando. Ancora una volta, via con lui!

EDM.
2385
Lasciatemi pur stare e parlare: io non andrò.
O mio fratello o il suo figliuolo è re.
e nessuno dei due ha sete del sangue d’Edmondo:
e perciò, soldati, dove volete trascinarmi?

Essi trascinan via Edmondo, e lo portano alla decapitazione.

RE.
Qual sicurezza m’attenderò io dalle sue mani,
2390
se questo mio zio sarà assassinato così?

REG.
Non temere, dolce fanciullo, io ti guarderò dai tuoi nemici;
se Edmondo fosse vissuto, avrebbe cercato di farti morire.
Vieni, figlio, noi cavalcheremo cacciando nel parco.

RE.
E mio zio Edmondo cavalcherà con noi?

REG.
2395
Egli è un traditore, non pensare a lui, vieni!

Exeunt omnes.

[SCENA V.

IL CASTELLO DI BERKELEY.]
Entrano Matrevis e Gurney.

MATR.
Gurney, io mi maraviglio che il re non muoia,
stando fin su alle ginocchia nell’acqua in un sotterraneo,
al quale scorrono tutte le grondaie del castello,
donde continuamente s’alza un vapore,
2400
che basterebbe ad avvelenare un uomo,
tanto più un re allevato così delicatamente.

GURN.
Ed io pure, Matrevis: ieri sera
io aprii appena la porta per gittargli il cibo,
e fui quasi soffocato dal puzzo.

MATR.
2405
Egli ha un corpo capace di sopportare
più di quel che noi possiamo infliggere: e perciò ora
assaliamo un altro poco il suo animo.

GURN.
Mandalo a torre di là, ed io lo farò adirare.

MATR.
Ma aspetta, chi è questi?

Entra Lightborn.

LIGHT.
2410
Il mio signor Protettore vi saluta.

GURN.
Che c’è qui? Io non so come costruire.

MATR.
Gurney, è stato lasciato senza interpunzione a bella posta:
Edwardum occidere nolite timere,
Questo è il significato.

LIGHT.
2415
Conoscete voi questo segnale? consegnatemi il re.

MATR.
Sì, attendi un poco, tu avrai subito la risposta.
Questo ribaldo è stato mandato per ammazzare il re.

GURN.
Io pensava lo stesso.

MATR.
E quando l’assassinio è fatto,
vedi com’egli deve venir trattato per la sua fatica:
2420
Pereat iste! Consegnagli il re.
Che più? ecco la chiave, questo è il fosso,
fate come v’è stato ordinato dal mio signore.

LIGHT.
So quel che debbo fare. Andate via.
Pure non vi tenete lontani, io avrò bisogno del vostro aiuto.
2425
Vedete che nella stanza vicina io abbia un fuoco,
e procuratemi uno spiedo e arroventatelo.

MATR.
Benissimo.

GURN.
Avete bisogno di qualcos’altro?

LIGHT.
Che altro? Una tavola e un letto di piume.

GURN.
È tutto.

LIGHT.
2430
Sì, sì; purchè, quand’io vi chiamo, portate tutto qui.

MATR.
Non temer di questo.

GURN.
Qui c’è un lume, per andare nella segreta.

LIGHT.
Così, ora
debbo curarmi di questa faccenda; mai nessuno non fu
2435
così bellamente trattato come sarà questo re.
Puah, quest’è un certo posto davvero, con tutto il mio cuore!

ED.
Chi è là? che lume è questo? perchè vieni tu?

LIGHT.
Per confortarvi e portarvi gioconde nuove.

ED.
Piccol conforto trova il povero Eduardo ne’ tuoi sguardi;
2440
ribaldo, io so che tu vieni per assassinarmi.

LIGHT.
Per assassinarvi, mio graziosissimo signore?
Lontano è dal mio cuore il farvi danno.
La Regina mi mandò per vedere come vi si trattava,
poichè essa s’intenerisce per questa vostra miseria.
2445
E quali occhi possono frenarsi dal versar lagrime,
vedendo un re in questo pietosissimo stato?

ED.
Piangi tu già? ascoltami un poco,
e poi il tuo cuore, fosse come quello di Gurney,
o de Matrevis, tagliato dal Caucaso,
2450
purè si fonderà, prima ch’io abbia finito il mio racconto.
Questa segreta dov’essi mi tengono è la sentina
in cui la lordura di tutto il castello cade.

LIGHT.
O ribaldi!

ED.
E quivi nella melma e nel fango son io rimasto
2455
per lo spazio di questi dieci giorni; e, perchè io non dormissi,
c’è uno che continuamente suona un tamburo.
Essi mi dànno pane ed acqua, essendo io un re;
così che per difetto di sonno e d’alimento,
il mio animo è sconvolto, e il mio corpo intorpidito,
2460
e s’io ho o non ho membra, io non so.
O, stillase il mio sangue da ogni vena,
come fa quest’acqua dalle mie vesti a brandelli.
Di’ a Isabella, la regina, ch’io non aveva questo aspetto,
quando per amor suo io corsi il torneo in Francia,
2465
e quivi scavalcai il Duca di Clermont.

LIGHT.
O, non parlate più, mio signore, ciò mi spezza il cuore.
Giacete su questo letto e riposatevi un poco.

ED.
Questi tuoi sguardi non possono celare che la morte:
io veggo la mia tragedia scritta nelle tue ciglia.
2470
Pure, un poco attendi, rattieni la tua mano sanguinosa,
e lasciami vedere il colpo prima ch’esso venga,
che proprio sul punto in cui io perderò la vita,
il mio animo possa essere più fermo nel mio Dio.

LIGHT.
Perchè vostra altezza diffida così di me?

ED.
2475
E tu, perchè dissimuli così con me?

LIGHT.
Queste mani mai non furon macchiate di sangue innocente,
nè ora si contamineranno esse con quello d’un re.

ED.
Perdona al mio pensiero d’avere un tal pensiero.
Un sol gioiello mi rimane; prèndilo tu.
2480
Ancora io temo, e non so qual’è la causa,
ma ogni giuntura mi trema mentre io te lo do.
O, se tu accogli l’assassinio nel tuo cuore,
fa che questo dono cambî l’animo tuo, e salvi la tua anima!
Sappi ch’io sono un re: o, a questo nome
2485
io sento un inferno di dolore: dov’è la mia corona?
Perduta, perduta! ed io rimango in vita?

LIGHT.
Voi siete stanco dalle troppe veglie; mettetevi a giacere e riposate.

ED.
Se non che il dolore mi tiene desto, io dovrei dormire;
perchè non ho chiuse per questi dieci giorni queste palpebre.
2490
Ora com’io parlo esse cadono, e pure per la paura
tornano a aprirsi. O perchè siedi tu qui?

LIGHT.
Se voi diffidate di me, io me n’andro, mio signore.

ED.
No, no, perchè se tu intendi assassinarmi,
tu ritornerai di nuovo; perciò resta.

LIGHT.
2495
Egli dorme.

ED.
O, non mi far morire ancora: aspetta, o, aspetta un poco!

LIGHT.
Ebbene, mio signore?

ED.
Qualcosa sempre ronza nelle mie orecchie,
e mi dice che se dormo non mi sveglio più;
2500
questa paura è quel che mi fa tremare così,
e perciò dimmi, perchè sei tu venuto?

LIGHT.
Per sbarazzarti della tua vita. Matrevis, venite!

ED.
Io sono troppo debole e fiacco per resistere:
assistime, dolce Dio, e accogli l’anima mia!

LIGHT.
2505
Correte per la tavola.

ED.
O, risparmiatemi, o spacciatemi in un istante.

LIGHT.
Così, ponete giù la tavola, e calpestatela,
ma non troppo forte, per non schiacciare il suo corpo.

MATR.
Io temo che questo grido giungerà alla città,
2510
e perciò prendiamo i cavalli, e via!

LIGHT.
Ditemi, signori, non è stato fatto assai bravamente?

GURN.
Eccellentemente: prendi questo per ricompensa.
Indi Gurney pugnala Lightborn.
Vieni, gettiamo il corpo nel fossato,
e portiamo quello del re a Mortimer nostro signore.
2515
Via!

Exeunt omnes.

[SCENA VI.

IL PALAZZO REALE, LONDRA.]
Entrano Mortimer e Matrevis.

MORT. I.
È fatto, Matrevis, e l’assassino è morto?

MATR.
Sì, mio buon signore; così non fosse!

MORT. I.
Matrevis, se ora tu ti fai prender dal pentimento,
io sarò il tuo padre spirituale; perciò scegli,
2520
se tu vuoi in questa cosa serbare il segreto,
o altrimenti morire per mano di Mortimer.

MATR.
Gurney, mio signore, è fuggito, e, temo,
ci tradirà tutti e due; perciò lasciatemi fuggire.

MORT. I.
Fuggi presso i selvaggi!

MATR.
Umilmente ringrazio vostro onore.

MORT. I.
2525
Quanto a me, io sto come l’alto albero di Giove,
e gli altri non son che arbusti al mio paragone.
Tutti tremano al mio nome, e io non temo nessuno;
vediamo chi oserà imputarmi la sua morte!

Entra la Regina.

REG.
Ah, Mortimer, il re mio figlio ha avuto notizia
2530
che suo padre è morto, e che noi l’abbiamo assassinato.

MORT. I.
E che importa? il re è ancora un bambino.

REG.
Sì, ma egli si strappa i capelli e si torce le mani,
e giura di vendicarsi di noi due.
Egli è andato nella camara del consiglio,
2535
per sollecitare l’aiuto e il soccorso de’ suoi pari.
Aimè! vedi ch’egli viene, ed essi con lui:
ora, Mortimer, comincia la nostra tragedia.

Entra il Re coi Signori.

SIGN.
Non temete, mio signore, sappiate che voi siete re.

RE.
Ribaldo!

MORT. I.
Ebbene, mio signore?

RE.
2540
Non credere ch’io mi spaventi delle tue parole.
Mio padre è stato assassinato per tuo tradimento;
e tu devi morire, e sulla sua funebre bara
la tua odiosa e maledetta testa giacerà
per testimoniare al mondo che per opera tua
2545
il suo real corpo è stato innanzi tempo sotterrato.

REG.
Non piangere, dolce figlio.

RE.
Non mi vietate di piangere; egli era mio padre,
e se voi l’aveste amato la metà di quanto io l’amava,
voi non potreste sopportare la sua morte così pazientemente:
2550
ma voi, io temo, avete cospirato con Mortimer.

SIGN.
Perchè non parlate voi al mio signore il re?

MORT. I.
Perchè io ho a sdegno d’essere accusato.
Qual’è l’uomo che osi dire ch’io l’ho assassinato?

RE.
Traditore, in me il mio amoroso padre parla,
2555
e chiaramente dice che tu l’hai assassinato.

MORT. I.
Ma non ha vostra grazia altra prova che questa?

RE.
Sì, se questa è la mano di Mortimer.

[Mostra una lettera.]

MORT. I.
Il falso Gurney ha tradito me e se stesso!

REG.
Io tanto temevo: l’assassinio non può restar nascosto.

MORT. I.
2560
È la mia mano; che inferite voi da questo?

RE.
Che tu mandasti colà un assassino.

MORT. I.
Quale assassino? Portane innanzi l’uomo mandato da me.

RE.
Ah, Mortimer, tu sai ch’egli è stato ammazzato,
e così sarai anche tu: perchè sta egli qui?
2565
Portatelo su un traino, trascinatelo fuori,
appiccatelo, dico, e squartatelo;
ma portatemi subito indietro la sua testa.

REG.
Per amor mio, dolce figlio, abbi pietà di Mortimer.

MORT. I.
Signora, non supplicate, io preferisco morire,
2570
che impetrar la mia vita da un povero ragazzo.

RE.
Via di qui col traditore, con l’assassino!

MORT. I.
Vile fortuna, ora io veggo che nella tua ruota
c’è un punto, al quale quando gli uomini aspirano,
cascano giù a precipizio: quel punto ho io toccato,
2575
e, poichè non v’era luogo per montar più alto,
perchè dovrei io affliggermi della mia rovinosa caduta?
Addio, bella regina; non piangere per Mortimer,
che disprezza il mondo e, come un viaggiatore,
va a scoprire contrade ancora ignote.

RE.
2580
Che, soffrite che il traditore indugi?

REG.
Come tu ricevesti la vita da me,
non versare il sangue del nobile Mortimer.

RE.
Questo dimostra che voi versaste il sangue di mio padre;
altrimenti non supplichereste per Mortimer.

REG.
2585
Io versai il suo sangue? no.

RE.
Sì, signora, voi; perchè tale rumore corre.

REG.
Questo rumore è falso; perchè ella t’ama,
si leva questa voce sulla povera Isabella.

RE.
Io non la credo tanto snaturata.

SIGN.
2590
Mio signore, io temo che si troverà esser troppo vero.

RE.
Madre, voi siete sospettata per la sua morte,
e perciò noi vi consegnamo alla Torre,
finchè si possa fare ulteriore giudizio della cosa.
Se voi foste colpevole, benchè io sia vostro figlio,
2595
non pensate di trovarmi molle e pietoso.

REG.
No, alla morte, perchè troppo ho vissuto,
se il mio figliuolo pensa d’accorciare i miei giorni.

RE.
Via con lei: le sue parole dan forza a queste lagrime,
ed io avrò pietà di lei, se parla un’altra volta.

REG.
2600
Non potrò io piangere pel mio amato signore,
ed accompagnarlo con gli altri alla tomba?

SIGN.
Così, signora, è la volontà del re che voi v’allontaniate.

REG.
Egli m’ha dimenticata; aspettate, io sono sua madre.

SIGN.
Questo non giova; perciò, nobile signora, andate.

REG.
2605
Allora vieni, dolce morte, e liberami da questa afflizione.

SIGN.
Mio signore, ecco la testa di Mortimer.

RE.
Andate a portare la bara di mio padre dov’essa deve esser posta,
e portate i miei abiti funebri: maledetta testa,
s’io avessi potuto far di te allora, il governo che ora ne faccio,
2610
tu non avresti ordito questo mostruoso tradimento!
Qui viene la bara; aiutatemi a lamentarmi, miei signori.
Dolce padre, qui, alla tua ombra assassinata,
io fo l’offerta della testa di questo malvagio traditore;
e queste lagrime stillanti dai miei occhi
2615
sian testimoni del mio dolore e della mia innocenza.