SCENA I
Sala in casa Florio, banchetto, intorno a cui stamo il Frate, Giovanni, Annabella,
Florio, Soranzo, Donato, Ricciardetto, la Governante, Vasques, Sonatori di oboe
Frate
Compiuti i sacri riti, ora la gioia
rallegri tutti, e tutto il giorno. Ai santi,
1165
che sono ospiti nostri, anche se l’occhio
mortale non li veda, ogni gioire
onesto piace. A voi, coppia felice,
duri per lungo tempo la letizia
di questo dí. Che l’uno all’altro sia
1170
fonte inesausto di contento.
Soranzo
Padre,
la vostra prece è accolta. D’un prezioso
gioiello la mia vita ora si adorna:
non n’ha la terra un simile. Sii lieta,
dolce amor mio! O miei signori e amici,
1175
vi unite al mio tripudio, e alla salute
di Annabella vuotiamo i generosi
calici.
Giovanni
Qual tortura! A tanto strazio
regger non so. Vedere in braccio a un altro
la mia dilette! Si rovesci e cada
1180
prima in frantumi il mondo e ch’io mi affronti
con mille morti.
Giovanni
Stai. Non ho bisogno
delle tue cortesie.
Florio
La tua sventura
oblia. Donato. Affogalo nel vino
il tuo dolore.
Soranzo
Su, porgimi, Vasques,
1185
una capace coppa. Ecco il tuo turno,
o fratello Giovanni. Ancor che sii
celibe, bevi alla salutate mia
e della tua sorella.
(beve e porge la coppa a Giovanni)
Annabella
1190
Non obbligarlo, se non vuol.
(si odono suoni di oboe)
Soranzo
Che cosa
vuol dir questo rumore?
Vasques
Dimenticai dirti, o sire, che alcune fanciulle di Parma,
per onorare il matrimonio di Annabella, ti recano i
loro auguri con una mascherata, ed umilmente ti pre-
gano di aver pazienza e star zitto.
Soranzo
Molto grati
noi siamo ad esse; e tanto piú siam grati
1195
ai loro auguri, quanto piú inattesa
vien la lor cortesia. Su, falle entrare.
Entra Ippolita seguita da molte donne vestite di bianco; tutte portano in mano corone
di salice tutte sono mascherate. Musica e danza.
Soranzo
Grazie, amabili vergini, ma dite:
a chi dobbiam di tanta gentilezza
essere grati? Noi dobbiam saperlo.
Ippolita
1200
(smascherandosi)
Sí; tu l’hai da sapere...Or che ne pensi?
Ippolita
Ben io. Non ne stupite.
Né tu arrossire, o giovane gentile
o sposa aggrazïata. Qui non venni
a rubarti il tuo uomo. Non è questa
1205
l’ora di ricordar tutta la ciarla,
onde su noi pe’circoli di Parma
si malignò. Scordiamo il cicaleccio,
che si gonfiò qual bolla di sapore,
e che qual bolla scoppierà. Mi volgo
1210
a te, soave creatura bella.
Qua la tua mano: forse ti fu detto
che su Soranzo, or tuo signore, io abbia
delle pretese. No; l’anima sua
sa quel che dovrei fare. Il mio dovere
1215
è verso te, dolce Annabella, verso
i tuoi nobili pregi. I miei pensieri
son volti a te. Prendi da me, Soranzo,
questa mano gentil. Questo ho da fare,
anche una volta. Voglio alla tua mano
1220
unirla, e confermar quel che la santa
chiesa ha sancito. Ho fatto bene, amici?
Soranzo
Tu ci obblighi ben tutti.
Ippolita
Ed ora un’altra
cosa soltando, dalla qual potrete
conoscere il mio cuore. Ogni interesse,
1225
che potrei reclamare, ogni promessa
tua ti remetto. Suggelliam la nostra
pace, brindando. Qua un bicchier di vino;
tocchiam, Soranzo.
(Vasques le porge una coppa con vino avvelenato)
A un tuo lungo riposo
(bevendo)
bevo, Soranzo.
( a Vasques)
Ci hai guardato bene?
Vasques
Non temere di nulla. Ci ho guardato.
Soranzo
1230
Io ti ringrazio, Ippolita. La pace
sarà tra noi; la fede mia ne impegno.
Per questa unione avventurata, in questa
mia nuova vita, lo prometto e giuro.
Qua del vino.
Vasques
Non beverne una goccia, né prometterle la tua fede.
Vasques
Sappilo finalmente, signora diavolessa: il tuo stesso
misfatto ti uccide. Io non ti sposerò.
Vasques
Con un tizzo ardente, o pazza, hai cercato bruciare
gli altri, ed hai arso te. Troppa speranza inganna.
Tu sei morta, e, se hai qualche grazia da chiedere a
Dios, implorala, pregando.
Vasques
Muori riconciliata, o donna perduta! Questo essere di malaugurio, questa donna cercò
di comperarmi con la
promessa di sposarmi, se io, dopo un’apparenza di ri-
conciliazione, avessi avvelenato il mio padrone, ed essa
avesse, in mezzo alla confusione, potuto ridergli in
faccia, nel giorno di festa per questo matrimonio. Pro-
misi, ma previdi quello che ne avrei guadagnato. Avrei
risparmiato la sua vita, se non avessi saputo qual pe-
ricolo ne sarebbe venuto dalla disposizione del suo
animo. Ora è stata pagata con moneta di suo conio.
Ecco... essa è... essa ha... Conchiudi in pace i tuoi
giorni, o turpe donna. Quanto a vivere non c’è spe-
ranza. Non ci pensare.
Ippolita
È vero:
1240
Sento venir l’ultimo istante. Avesse
tenuto fede alle promesse sue
questo vigliacco!...−miei fieri tormenti!...−
In quest’ora saresti tu, o Soranzo,
per morire... Un triste ardente fuoco
1245
infernale mi brucia... Io passo via...
La mia maledizion scaglio tra lei
e te. Che il letto marital si cangi
in letto di tortura, e t’arda il sangue
straziandolo...Ahimé, l’ardente fiamma
1250
mi sale al cuore, mi brucia... di bastardi
possa tu esser padre... che il suo grembo
ti generi dei mostri e poi la morte
vi colga nel peccato, in odio a tutti,
maledetti e scherniti. Ahimé!
(muore)
Florio
Fu sempre
1255
una vil creatura.
Soranzo
Vasques, or so la tua fedele
servitú, né avverrà che mai l’oblii.
Vieni, amor mio, andiamo a casa. Al cielo
pel mio scampo alzerem le nostre preci.
1260
Tronchiamo, amici, questa festa. È troppo
sconveniente il gioir.
Donato
Portate via
il corpo suo.
Frate
(a Giovanni)
Ahimé! Quale ominoso
presagio è questo! Pensaci, Giovanni!
Raramente è felice un maritaggio,
1265
se il banchetto nuzial viene macchiato
da sangue. Io v’ho sgomento. Andiamo.
SCENA III
Camera in casa di Soranzo
Soranzo entra in maniche di camicia trascinando Annabella
Soranzo
1300
Vieni, bagascia, veeni, svergognata
prostituta. Vorrei che del tuo sangue
adultero ogni goccia una distinta
vita nutrisse, e ch’io d’un colpo solo
le potessi annientar. Con ferrea faccia
1305
tu sapesti occultare i tuoi peccati,
o famosa sgualdrina. E in tutta Parma
dunque un altro non v’era che l’oscena
tua lussuria adescasse, un altro, a cui
la pleurisia de’ tuoi sozzi pruriti
1310
fosse dato saziar? Sceglier me solo
per ricoprire i depravati, occulti
giochi del tuo bellico? Io solo, il padre
esser chiamato del bastardo intruglio
sucido del tuo sen? Dimmi: perché?
Annabella
1315
Perché, uomo bestiale? Era il tuo fato.
Ti corteggiai fors’io? Certo pensai
che la tua Signoria, fremente amore,
a un mio diniego, impazzirebbe. Certo,
se tu mi avessi dato un po’ di tempo,
1320
confessato ti avrei lo stato mio;
ma tu incalzavi tanto!
Soranzo
Osi parlarmi
cosí, turpe puttana?
Annabella
E perché no?
Sul conto mio tu t’ingannasti. In vero,
non per amor, ma per l’onor ti scelsi.
1325
E or bada ben: se tu sarai paziente,
se tu vorrai celar la tua vergogna,
voglio sforzarmi, se potrò, di amarti
quando che sia.
Soranzo
L’indegna! E nel tuo grembo
non ci hai un figlio?
Annabella
E ciò che importa? Ozioso
1330
è questo. Ebben, confesso. Ho un figlio.
Annabella
Calma, signore. Nel baratto
nostro questo non c’entra. Eppur, se un detto
può sedar la tua bile, io voglio dirti
da chi. Fu un uomo, un superuomo, o sire,
1335
che generò questo fanciullo. Sai?
Gli è un maschio. Puoi gloriarti. Assicurato
hai per erede un maschio.
Annabella
Ma, se non vuoi udir, nemmeno un’altra
parola ti dirò.
Soranzo
Su, parla pure;
1340
sia per l’ultima volta.
Annabella
È un patto questo?
Un patto? Ebben ci sto. Pareva un angelo
in ogni sua fattezza quella diva
nobile creatura. Tanta gloria
di beltà l’adornava, che ogni donna
1345
in ginocchio gli avria chiesto di amarla.
Tu, senza vera adorazion, non udirlo
da qualcuno ti avvien, prostrati.
Annabella
Ancor non siam venuti a questo;
or ti basti la gloria di vantarti
1350
padre di un figlio che si divo padre
ha generato. In breve, ove non fosse
successo questo evento, io sol poteva
giunger a dir che tu vivevi. In quanto
poi a sposarti nemmeno per sogno
1355
mi poteva passar.
Annabella
Ah! Ahi! È tutto qui! Vuoi persuaderti?
Annabella
Giammai;
e ch’io sia maledetta, ove lo dica.
Soranzo
La svergognata! Strapperotti il cuore
1360
e ivi il leggerò.
Soranzo
A brani, a brani straccerò coi denti
il tuo ventre impudico.
Annabella
Oh, il molto allegro
uom che sei tu!
Soranzo
Tu ridi. Il nome suo,
o prostituta! O, in fede mia, le carni
1365
ti straccerò. Chi fu?
Annabella
(cantando)
“Che morte piú dolce che morire per amore?”
Soranzo
Cotesta chioma
ti svellerò; trascinerò l’infetto
tuo corpo, per libidine lebbroso,
1370
nella polve.
Annabella
(seguitando a cantare)
“Morendo in grazia dee morire senza dolore.”
Soranzo
Mi sfidi? Le ricchezze
di tutto il mondo non potran salvarti.
Venissero dei re per implorare
1375
in ginocchio da me la vita tua;
scendessero dal ciel gli angeli tutti
e piangendo pragassero per te,
la rabbia mia non ne saria placata.
Non tremi tu?
Annabella
Perché tremar? Morire!
1380
Cosa da poco. Sii boia valente!
Un saggio or ne puoi dar, colpendo a fondo.
Mi lascio dietro la vendetta, e tu
la sentirai.
Soranzo
Ma prima di morire
dimmi quel nome. Il padre tuo sa nulla
1385
di quel che hai fatto?
Annabella
Per l’anima mia,
nulla di nulla.
Soranzo
Se mi dici il nome,
risparmierò la vita tua.
Annabella
La vita
mia! Non la compro a cosí caro prezzo.
Soranzo
Oh! non s’indugi piú la mia vendetta.
(sfodera la spada)
Entra Vasques
Vasques
Che vuoi fare, mio signore?
Soranzo
1390
Non metterci parola. È una dannata
puttana, o Vasques; né per essa ha luogo
pietà.
Vasques
Che gl’Iddii la proteggano. Vorresti essere il suo car-
nefice e ucciderla in un tuo parosismo di rabbia? Sa-
rebbe molto disumano. È una giovane moglie ed ha
fallato, prima di sposar te: perciò i suoi peccati non
sono stati commessi contro te. Ahimé! povera signora!
Che ha essa fatto se non quello che avrebbe fatto ogni
donna italiana? Mio signore, fatti regolare dalla tua
ragione, e non dalla tua stizza. Sarebbe una cosa disu-
mana e bestiale.
Vasques
Via! Essa deve vivere. Tu vuoi sapere chi sono gli
autori delle sue disgrazie; ma questa tua vo-
glia è sciocca. Per quel che io ne penso, perderei la
stima che ho dei pregi di questa signora, se li dicesse.
Sí, mio Signore; di tutti i viventi, tu sei il solo che
non devi saperli. Torna in calma, mio buon signore.
Ahimé! La buona signora!
Annabella
Non voglio
1395
che tu preghi per me. La vita mia
la stimo un nulla. Se vuol fare il matto,
lascialo fare.
Vasques
Sí, odo, e per questo la lodo. Con ciò mostra la no-
bile e gagliarda sua anima, e io ne sono commosso
profondamente: il che non mi accade spesso
(a parte a Soranzo) Padrone mio, in ogni altro caso ti la-
scerei alla tua vendetta, ma ora, lascia a me chiarire le
ingiurie che ti son fatte. Per il rispetto che hai del tuo
onore, fatti guidare da me, o guasterai ogni cosa.
(alto) Sire, se i miei servigi ebbero mai qualche credito presso
te, non essere cosí violento nulla tua passione. Ti sei
appena sposato: ora questo fatto, se si pubblica, qual
gioia non darà altra pretendenti rifiutati? È umano
sopportare con pazienza i casi dolorosi; ma il perdo-
nare è divino.
Soranzo
O Vasques,
1400
in ogni fibra del suo corpo infetto,
nell’infedele sua bellezza avevo
posto tutto il mio cuore. O trista donna,
fossi tu stata di virtú ricolma
come sei di beltà, nessuna santa
1405
fida compagna, le supreme gioie
che da te mi aspettavo avriami date.
Ogni umano godere, ogni speranza
mia, persin di vivere la gioia
tu m’hai ucciso, e nell’immondo tuo
1410
ventre me vivo seppellito. Oh! quanto
caramente ti amai!
Vasques
(piano a Soranzo) Cosí va bene. Hai colto il tono giusto. Seguita cosí
e sempre con crescente passione; sii conciso e
commovente. Ciò serve ai nostre fini.
Soranzo
Che i tuoi pensieri
ed il tuo cuore delle mie parole
sien testimonio. Non pensasti mai
1415
all’alma mia che religiosamente
ti amava, e tanto?
Annabella
Sí, mi amasti molto
io lo confesso.
Soranzo
E potesti, Annabella,
cosí rimeritarmi? Chi ti spinse
in questo abisso di vergogna e d’onta
1420
superar mi potea nella lussuria,
non nell’amarti. La beltà che pinge
queste tue guance, all’avido suo sguardo
piacque: non io, che amai sempre il tuo cuore
ed i pregi che in esso immaginavo
1425
e l’adorai.
Annabella
Signor, le tue parole
m’apron ferite piú profonde assai
che la tua spada non faria.
Vasques
Io non posso consolarmi; nondimeno comincio a sen-
tirmi venir giú le lacrime, tanta è la compassione che
ho di lui. Sí, mia signora, io lo sapevo che, passato
l’accesso di rabbia, si sarebbe venuto a questo.
Soranzo
Perdonami,
Annabella. Da forza piú possente
1430
della tua gioventú fosti tentata
ed indotta a follia. Non so scordare
quanta felicità da te speravo,
né che son tuo marito, un nome questo
di natura divina. Ov’io ti trovi
1435
fedele a me nell’avvenir, ti assolvo
dei trascorsi tuoi falli, e nel mio seno
ti accoglierò.
Vasques
In fe’ di Dio, questo è un atto di nobile carità.
Annabella
(inginocchiandosi)
Signore, ai tuoi ginocchi...
Soranzo
Tu non devi prostrarti. Alla tua stanza
1440
vai, Annabella: cerca di apparire
immutata. Verrò presto a trovarti.
Fragilità, sei femmina ci dice
antico detto. Vai alla tua stanza.
(Annabella esce)
Vasques
Cosí va bene. Questo è qualche cosa pel nostro affare.
Che pensi ora del tuo cielo di felicità, sire?
Soranzo
In me rugge l’inferno: tutto il sangue
1445
m’arde e vuole vendetta.
Vasques
Potrai averla, ma sai come e su chi? Ahimé! Sposare
una gran dama e trovarsi poi in mano tizzo, è un
divertimento di uso oggi giorno. Sapere qual furetto
cacciò il tuo coniglio nella sua tana, qui sta il punto.
Soranzo
Il nome suo
saprò da lei.
Vasques
Ma che! Non la prendere su questo andare, e permet-
timi di persuaderti ad aver pazienza per un altro poco
ancora. Va da lei, trattala con mitezza, inducila a pren-
dere, se è possibile, volontariamente un tono piagnu-
coloso. Quanto al resto, se ogni cosa verrà meno, non
fallirò io il mio bersaglio. Prego, sire, entra da lei. Le
notizie che ti darò io saranno meravigliose.
Soranzo
Rimetter la vendetta,
rende piú grave la patita ofesa.
(esce)
Vasques
Ecco, per Bacco! Ci vuol del lavoro per pescare il
bandolo di questa matassa. Tempo fa mi girò per la
testa il sospetto di qualche cosa di tristo; ma, dopo,
qui a casa, il turpe contegno di madama, le sue parole,
pungenti come aculei di vespa, e l’aperta confessione
del suo fallo mi hanno fatto ricordare il proverbio che
“triste è quella casa, dove la gallina canta e il gallo
tace”. Accidenti! Se la perizia di una brava sarta riesce
a nascondete, mercé l’accorto lavoro sulle parti piú
basse di una gonna, il rigonfio di un busto, io non dirò
piú male, finché vivo, di un punto falso in una scarpa.
Su e su, e cosí ella svelta, per giunta! Ci vorrà gran
finezza per arrivare a sapere da chi. Ma dovrà sapersi,
ed io ci ho il mio progetto.
Entra la Governante piangendo Ecco la via, o nessum’altra. O mia vecchia signora,
perché piangi? Ahimé! Ahimé che non posso biasi-
marti. Abbiamo un padrone, Dio ci aiuti, che è matto
quanto il diavolo. Tanto maggior vergogna per lui.
Governante
O Vasques, non fossi mai nata, se dovevo veder que-
sto giorno! Anche te, Vasques, tratta cosí qualche
volta?
Vasques
Me? Fa di me come di un cane; ma se anche altri
fossero del mio animo, io so quello che dovremmo fare.
Come sono un onest’uomo, è certo che egli si lascerà
andare ad uccidere la mia signora con la sua ruvidezza.
Dice che essa è incita: or, è questa una cosa da bia-
simare in una giovane di quella età?
Governante
Ahi! povera anima! Ciò è contro il suo colere e ne è
tanto affitta.
Vasques
Oso giurare che tutta la pazzia di lui viene dal fatto
che essa non vuol dire da chi, ed egli vuol saperlo. Io
conosco tanto il suo umore, che, quando lo saprà, scor-
derà subito ogni cosa. Mi auguro che lei dica tutto in
chiare parole; perché, in vero, la sola via di uscita è
questa.
Governante
Cosí la pensi tu, Vasques?
Vasques
Bah! Penso cosí. Egli la potrebbe indurre a parlare
con la forza. Una volta gli venne in testa che tu
avresti potuto dirlo, e intendeva strappare questo se-
creto da te, ma io lo distolsi e calmai. Però son sicuro
che tu ne sai un gran tratto.
Governante
Che il cielo abbia pietà di noi. Io ne so un poco,
Vasques.
Vasques
E perché non dovresti saperne tu? Chi altri potrebbe?
Sulla mia coscienza, la signora ti vuol bene veramente,
e tu, per tutto il mondo, non vorrai mancarle, e farla
penare tanto.
Governante
No, Vasques! Per la mia fede e fedeltà, no; per tutto
il mondo, non vorrei.
Vasques
Sarebbe una gran colpa nella tua vita, se tu volessi.
Ora, tu potrai sollevar lei dagli attuali crucci, pla-
care il mio signore e guadagnarti durevole affetto e
preferenze.
Governante
Tu la pensi cosí, Vasques?
Vasques
Ne sono convinto. Certo fu qualche vicino e perfet-
tamente amico.
Governante
Vero; fu un caro amico, ma...
Vasques
Ma che? Non aver paura di dirme il nome. Fra te e il
pericolo metto la mia vita. In fede mia, mi penso che
non fu uno di bassa nascita.
Governante
Tu ti metti tra me e il mio pericolo?
Vasques
Ma sí! Sarebbe un pecacato fare altrimenti. Sarai ri-
compensata anche, credi a me.
Governante
Fu proprio non peggio che suo fratello.
Vasques
Chi? Come? Suo fratello Giovanni?
Governante
Proprio lui, Vasques. Il piú bravo gentiluomo che mai
baciasse donna. Oh! essi si amano tanto!
Vasques
(a parte) −Un bravo gentiluomo davvero!− Sí, la lodo per la
sua scelta. Meglio e meglio. Ma sei proprio sicura che
fu lui?
Governante
Sicura! E vedrai che non starà troppo tempo lontano
da lei.
Vasques
Sarebbe da biasimare se ci stesse. Ma posso crederti?
Governante
Credere a me? Pensi tu che io sia una Turca o una
Giudea? No, Vasques. Sono stata troppo a lungo spet-
tatrice del loro contegno, perché tema di calunniarli
ora.
Vasques
Olà! Dove siete voialtri? Qua, dentro, messeri.
Entrano dei Banditi
Governante
Che ci è ora? Chi sono costoro?
Vasques
Lo saprai subito. Venite, messeri, prendetemi questa
vecchia maledetta, imbavagliatela sull’istante e cava-
tele gli occhi. Su, alla svelta, alla svelta.
Governante
Vasques! Vasques!
Vasques
Turatele la bocca, dico. Per Dio, voi la lasciate sbrai-
tare. Che cosa vi trattiene? Ho da aiutarvi io, vecchie
carogne, cagne dal ventre pieno di rospi?
(i Banditi la imbavagliano). Ora andate a chiuderla nella carbo-
naia e cavatele gli occhi. Se strilla, spaccatele il naso.
Su, via: solleciti e risoluti
(i Banditi vanno via con la Governante). Ma sí, tutto questo è eccellente,
assai piú di quanto mi aspettavo. Il suo proprio fra-
tello!...Orribile! A qual profonda libertà di danna-
zione il demonio ha sommerso questo secolo! Suo fra-
tello! Bene! E non siamo che al principio. Ho prov-
veduto pel mio padrone i migliori punti di vendetta.
Ora vedo come a ogni ordinario racconto il diavolo ci
appicca la sua ordinaria cosa. Ma zito! Chi ci arriva
ora? È Giovanni! Proprio come desideravo. La mia
credenza mi rafforza, e divien certa come l’avvento
dell’inverno e dell’estate.
Giovanni
1450
(entrando)
Dov’è mia sorrella?
Vasques
Ebbe un altro svenimento, signore; sta un po’ma-
luccio.
Giovanni
Deve aver preso troppa carne, credo.
Vasques
Perdina, sire, che ci hai dato; ma virtuosa mia
signora...
Vasques
Nella sua stanza. Piacciati visitarla. Sta sola
(Giovanni dà a Vasques del danaro). La tua liberalità mi
ti fa doppiamente servitore. E cosí sarò sempre, sempre.
(Giovanni va via) Ma sí, son díventato un uomo ora.
Ho girato con astuzia e fortuna la mia coda.
(entra Soranzo) Sire, un colloquio a quattr’occhi, prego.
Soranzo
É entrato da lei ora il fratello,
saprà ogni cosa.
Vasques
E che la sappia pure. Li ho in mano ora e li tengo stretti.
Come ti sei comportato con la signora?
Soranzo
1455
Gentilmente, come
mi consigliasti. Ma ahi! l’anima mia
gira come un palèo. Nel suo corruccio
anela alla vendetta. Hai da sapere...
Vasques
Già, proprio cosí! Non ho da sapere altro io. È venuto
per te il turno di sapere. Non vorrei però parlare con
te cosí apertamente... Lascia che il giovane padrone
abbia tempo abbastanza, e vada via, quando gli piacerà.
Ormai è venduto alla morte e il diavolo non può ri-
scattarlo. Sire, prego, un colloquoi tra noi soli.