John Webster, The White Devil

Il diavolo bianco o Vittoria Corombona




Edición filológica utilizada:
John Webster, Il diavolo bianco o Vittoria Corombona, Luigi Gamberale (trad.), Agnone, Sammartino-Ricci, 1922
Procedencia:
Texto base
Edición digital a cargo de:
  • Soler Sasera, Eva (Artelope)

DRAMATIS PERSONAE

MONTICELSO, cardinale e poi Papa
FRANCESCO DE’ MEDICI, duca di Firenze
BRACCIANO, altrimenti duca di Bracciano, marito d’Isabella
GIOVANNI, suo figlio
CONTE LUDOVICO
CAMILLO, marito di Vittoria
FIAMINIO, fratello di Vittoria, segretario di Bracciano
MARCELLO, altro fratello di Vittoria, al seguito di Francesco de’ Medici
ORTENSIO
ANTONELLI
GASPERO
FARNESE
CARLO
PEDRO
DOTTORE
MAGO
AVVOCATO
GIACOMO
GIULIO
CRISTOFORO
ISABELLA, sorella di Francesco de’ Medici, moglie di Bracciano
VITTORIA COROMBONA, moglie di Camillo, poi di Bracciano
CORNELIA, madre di Vittoria
ZANCHE, cameriera di Vittoria
BADESSA DELLA CASA DELLE CONVERTITE
AMBASCIATORI
AMBASCIATORE INGLESE
MEDICI
UFFICIALI
GENTE DL SEGUITO

SCENA I

Roma. Forse una strada.
Conte Ludovico, Antonelli, Gaspero.

LUDOVICO
Bandito!

ANTONELLI
Quando udii questa senteza,
Ne provai gran dolor.

LUDOVICO
ridendo
Ha, ha, Democrito!
I tuoi Dii che governano l’intero
Mondo, danno i lor premi e le lor pene
5
A modo delle Corti. La Fortuna
È proprio una sgualdrina! Se ci dona
Qualcosetta talor, ce la frantuma,
Per righermirla tutta con un colpo
Di artiglio, a un tratto solo –Che vuol dire
10
Aver grandi nemici! Ecco il motivo
Del mio bando. Che Dio li ricompersi!
Ma il tuo lupo non appar più lupo
Che quando esso è affamato.

GASPERO
Ma costoro,
Che dici tuoi nemici, sono tutti,
15
Di grado principesco.

LUDOVICO
Ebben, per essi
Voglio pregare! Il fulmine è adorato
Da color che colpisce e taglia a pezzi

ANTONELLI
Eppure, o mio Signor, la tua condanna
È secondo giustizia. Dà una occhiata
20
Alla vita trascorsa: in sol tre anni
La più nobil contea tu l’hai distrutta.

GASPERO
Ingollarono te como una mummia
I tuoi seguaci; e poi, quando la nausea
Li prese per orribil medicina
25
Contro natura, in una morta gora
T’han vomitato.

ANTONELLI
Tutti i più dannati
Gradi di ubriachezza hai tu saliti
Barcollando; e de’ due belli manieri
Un cittadino ti chiamò signore
30
Sol perchè mangiò teco il caviale.

GASPERO
I nobili inviati alle tue mense
Scialacquatrici –solo la Fenice
Potè scampare dalle vostre gole –
Ora si beffan delle tua miseria;
35
E van dicendo aver pronosticato
Che eri qual meteoora, scoppiata
Fuor della terra e che presto per l’aere
Si dovea dileguare.

ANTONELLI
E dello spirito
Fanno sui fatti tuoi: che tu, in un’ora
40
Di terremoto fosti generato,
E che per questo la tua signoria
Doveva novinare.

LUDOVICO
Molto bene.
Ciò si adatta assai bene a due sechietti
Da pozzo, o l’uno o l’altro ho da cercare
45
Di vuotare.

GASPERO
Ma vi è di peggio ancora:
Efferati micidi sanguinosi
Hai tu commessi a Roma.

LUDOVICO
Erano pulci
Che pungean le mie carni. La mia testa
Perchè allor non la presero?

GASPERO
O Signore,
50
È la legge che fa talor l’ufficio
Di mediatrice, e che non sempre crede
Di affogare nel sangue i più violenti
Misfatti. Questa mite pena un fine
Segna ai delitti tuoi, e con l’esempio
55
Può far migliori questi tempi tristi.

LUDOVICO
E sia così! Però mi meraviglio
Che dall’estilo scampano taluni
Così detti grand’uomini: quel Paolo
Giordano Orsini, Duca di Bracciano,
60
Per esempio, che a Roma se la vive,
E con assiduo ruffianeccio cerca
Prostituir Vittoria Corombona.
O Villoria, un tuo bacio dato al Duca
Poteva farmi assolvere.

ANTONELLI
Ma sia
65
Un uomo dentro te tutto di un pezzo!
Nel loco, ove son nate, i più graditi
Frutti lor non producono le piante,
Ma li dan, trapiantate in altro sito.
Quanto più si stropicciano i profumi
70
Tanto più ci tramandano i graditi
Olezzi loro; e così anche il dolore
Più pienamente sue virtù distilla
S’esso è verace e non sofisticato.

LUDOVICO
Ma smettille coteste colorate
75
Consolazioni. Be’ come le tele
Ricamate in Italia io debbo l’epa
Succhiellar di costoro.

GASPERO
O mio Signore!

LUDOVICO
Ecco, son paziente. Ho visto alcuni,
Prossimi ad esser giustiziati, un guardo
80
Al carnefice volgere ed offrirgli
Danari e diventargli familiari.
Anch’io vo’ far così. Io li ringrazio;
Ma di più stimerei le grazie loro,
Se mi spacciasser con più fretta.

ANTONELLI
Addio.
85
Noi sapremo trovar l’ora opportuna
Per farti richiamar dal bando.

LUDOVICO
A voi
Sarò sempre obbligato. Ed è ben questa
La carità degli uomini. Vi prego
Adoptarla per me. Usano i grandi
90
Tosare, scorticar le pecorelle,
Venderme il vello e poi anche le carni
Per farle tagliuzzare a brani a brani
escono tutti

SCENA II

Roma. Casa di Camillo.
Dopo una festa notturna licenziandosi.
BRACCIANO, VITTORIA, FIAMINIO.

BRACCIANO
Il miglior de’ riposi a te, signora.

VITTORIA
95
Ed il migliore a te dei benvenuti
Miei, o signor. Più luni. Accompagnate
il signor Duca.

Vittoria esce insieme con Camillo.

BRACCIANO
Ora, o Fiaminio, sento
Che son disfatto.

FIAMINIO
No; abbi fiducia
100
In tutte le tue voglie. Al par di un lampo
Voglio servirti celere. La bella
Vittoria, mia sorella fortunata,
Ti consente un convegno, qui, a quest’ora.
Olà, signori, fate sull’istante
105
La carrozza partire. Deponete
Prima le torce vostre e andate via.
Così comanda il signor nostro, il Duca.

il seguito esce

BRACCIANO
Son così fortunato!

FIAMINIO
E non poteva
Avvenire altrimenti. Hai tu notato
110
Che questa notte, ovunque ti aggiravi,
Essa con gli occhi ti seguia? D’accordo
Son già con Zanche, la sua cameriera:
Essa è superba di aiutar la tua
Passïone, e di cuor brama servirti.

BRACCIANO
È una felicità che avanza ogni mia speranza, perchè avanza in mio merito.

FIAMINIO
Avanza ogni tuo merito! Discorriamcela un poco su questo avanzare i tuoi meriti. Di che dubiti tu? Della sua ritrosia? Ma questa è la corteccia della lussuria, onde s ammanta la maggior parte delle donne. Sì; perchè dovrebbero le donne arrossire, udendo dominare quello che non temono di maneggiare? Sono furbe ese! Capiscono che di tanto crescono le nostre fiamme di quanto sono più grandi le difficoltà di spegnerle: sanno bene che la sazietà smussa, stanca ed addormenta le passioni. Perchè vedi bene: se la porta della cánova, dove si conservano le bottiglie, si lasciasse sempre aperta, non vi si vedrebbe attorno, sempre, quell’affogato affollarvisi, nè quella arroventata smania di bere.

BRACCIANO
Oh! Ma suo marito è così geloso!

FIAMINIO
Sia impiccato quello là! Un doratore, il cui cervello siasi affogato nel mercurio, non ha il fegato più infreddolito di lui. A stare a quello che ne dice il suo medico, nessun elmo ebbe spiccate nei grandi tornei, tante penne quanti egli ha perduto Capelli: un giocoliere Irlandese che usa giocare tutto nudo, e poi si butta giù come vien viene, non è più fortunato; è così incapace di piacere a una donna che, come una camiccia assettata olandese, per tutto il dorso resta aggruppata ed entro le brache.
115
Chiuditi in tanto in questo camerino,
Signor mio; qualche tiro ho da trovarlo
Per tenere lontan questo cognato
Dalla sua bella compagna di letto.

BRACCIANO
E s’ella non venisse?

FIAMINIO
Ma io non voglio che Vostra Signoria mostri così poca saggezza in fatto di amori e la perseguitai con tante e tante fanciullesche proteste amorose, mentre tre o quattro galanti che se l’avevano goduta, avrebbero con tutto il cuore voluto laberarsi di lei. Tale e quale, come di un Uccello in gabbia, posta di està in un giardino: gli uccelli che sono fuori non hanno speranza si entrare in gabbia, e quelli che son dentro disperano e si consumano, perchè temono di non potere uscirne mai.
120
Su! Va’ via,
Va’ via! Non vedi dunque? È lui che giunge.
Bracciano esce. Fiaminio additando Camillo, che ancora è dietro le quinte.
Questo messere ha tutte le apparenze
Perchè altri lo stimi un baccalare;
ma chi il cervel gli stuzzica ritrova
125
che una pelle di cinco è il suo vestito.
Entra Camillo
Come? Di già? Già pronto a viaggiare
Della moglie tua bella al caldo letto?

CAMILLO
Fratello, no. Per più nordica plaga,
per più rigido clima è il mio cammino:
130
l’ultima volta che con lei mi giacqui
non la ricordo più.

FIAMINIO
Strano l’oblio
In computo siffatto!

CAMILLO
Non giacemmo
Insieme mai, che, prima del mattino,
non incrinasse un empito di vento
135
il compatto voler di tutti e due.

FIAMINIO
Però, parte di colpa ci l’avevi
In questa incrinatura.

CAMILLO
È ver; ma lei
Che ancor si vegga in me, le fa disgusto.

FIAMINIO
Di che si tratta?

CAMILLO
Il Duca, tuo padrone,
140
suol visitarmi spesso e lo ringrazio;
ma, come il giocator fa per la palla
da lui lanciata, ch’ei s’inchia e piega
verso colà dove si gira, e guarda
con molt’ansia, così...

FIAMINIO
Ma tu, si spera,
145
non penserai...

CAMILLO
Che giocano di frodo
Cotesto gentiluomini? In mia fede
Basta guardare l’alma del suo viso
Per capire a che tende. Un salterello
Vorria giocar con la signora mia.

FIAMINIO
150
Ma vuoi farla da asino, a dispetto
Di Aristotile tuo? Ma come? Becco?
Se dalle tue effemeridi tu sai
Sotto qual favorevol pianeta
Nascesti?

CAMILLO
Ma va’ là! Va’, non parlarmi
155
Di effemeridi mie, nè di pianeti;
anche durante il giorno, allor che gli occhi
son tramontati delle stelle, un uomo
può diventare un becco.

FIAMINIO
Iddio ti assista:
O il capo poserai sur un cuscino
160
Imbottito di corna.

CAMILLO
Fratel mio!

FIAMINIO
Che Iddio mi danni! Potess’io scaltrisrti
Come guardar tua moglie! Tu dovresti
Tenerla sotto chiave.

CAMILLO
È un buon consiglio.

FIAMINIO
E tenerla lontana dal mischarsi
165
In un’orgia qualsiasi.

CAMILLO
Un’eccellente
Precauzione.

FIAMINIO
E legarla con guinzaglio
Come un cane e, avvinghiata dall’un capo
A’tuoi calcagni, trascinarla a Chiesa.
Per Dio che tutto questo salverebbe
170
L’onor suo!

FIAMINIO
Ed allor puoi star sicuro
Che, non ostante queste tue cautele,
s’anco foss’ella un’innocente e casta,
in un quindici di te la farebbe:
e sarebbe allor ver quel ch’or ti sogni.
175
Questo il consiglio mio, e non ti chiedo
Paga per esso. Ma sii saggio alfine.

CAMILLO
Via, tu non sai come si aggrinza il mio
Berrettino da notte.

FIAMINIO
All’uso antico
L’hai da portar; n’escano fuor le lunghe
180
Orecchie. Ecco, con te sarò senza pietà.
Sì, toglie pure a tua moglie ogni suo divertimento; però le donne, quanto meno se ne diffida e la loro libertà è meno ristretta, tanto più si serbano caste con grazia e buona volontà. Queste astute cautele di clausura destano nella loro carne una ribellione maggiore di tutti gli afrodisiaci che i dottori hanno suggeriti dopo l’ultimo giubileo.

CAMILLO
Questo non mi guarisce.

FIAMINIO
Sembra che tu sii geloso: voglio mostrarti con un esempio familiare che in questo tu sbagli. Ho visto un par di occhiali fatti con tale arte di prospettiva, che, posti sur un tavolo non più che dodici pence, ecco che essi paiono come se fossero venti. Ora se tu te metessi un par di questi occhiali e ti accadesse di vedere tua moglie affibbiarsi le scarpe, ei ti parrebbe che venti mani si sforzassero a strappare le vesti di lei; e questo ti farebbe montare in furia orribile e senza motivo.

CAMILLO
Ma quest’inganno non sarebbe nella vista dell’occhio.

FIAMINIO
Vero; ma quelli che hanno l’itterizia credono che tutti gli oggetti che essi guardano sono gialli. Peggio è della gelosia: i suoi accessi danno all’uomo venti storti aspetti come fanno le bolle di acqua in un bacino. Spesso è l’aspetto suo che creagli sul capo una cresta puntuta. Vedi, essa è qui. Entra Vittoria. Ma qual motivo hai di essere geloso di questa creatura? Quale asino ignorante o farabutto adulatore potrebbe trovarsi, che scrivesse un sonetto sui suoi occhi e dicesse che la sua fronte è come la neve dell’Ida, o come l’avorio di Corinto, o paragonasse la sua schioma al rosso becco di un merlo, mente è più simile alle nere penne di un merlo? Questo è tutto: sii savio; io debbo rifarvi amici, e farvi andare insieme a letto. Ma, per bacco, questo non sei tu che devi richiederlo; a tutti i costi abbi fiducia e allontanati. (Camillo si allontana). Sorella, il mio signore ti aspetta nella sua casa a banchetto. Ma tuo marito è meravigliosamente dispiaciuto di te.

VITTORIA
Non feci nulla che gli potesse dispiacere. Durante la cena io scalcai per lui.

FIAMINIO
In fede mia tu non avevi necessità di trinciarlo: dicesi che sia già un capone. Debbo ora fintamente bisticciarmi con te. docchioso che, in questi ultimi venti anni, stette insieme con i più vili servitori, sulla serpe del cocchio del Duca, o fra gli sputi e le leccarde. (a voce alta) E deve un gentiluomo di così buona stirpe come Camillo... (a bassa voce a Vittoria) un servo pidocchioso che, in questi ultimi venti anni, stette insieme con i più vili servitori, sulla serpe del cocchio del Duca, o fra gli sputi e le leccarde.

CAMILLO
da lontano Ora la comincia a vellicare.

FIAMINIO
E poi (ad alta voce) è un dottorone assai bravo (a voce bassa per la sola Vittoria) uno che ha la testa ripiena di cervello di giovenzo, senza un grano di saggezza —implora da te ginocchioni l’alloggio per una notte? (a bassa voce) ha nei suoi popliti dell’erpete, che, come il fuoco nei gassometri, non se n’è potuto guarire in sette anni (a voce alta) Non è egli un gentiluomo della Corte? —quando indossa un bianco abito di satin, lo si prenderebbe con quel nero muso, per un animale diverso dal bruco —Ma tu che sei così coperta da un falso gioiello come è tuo marito, sembri la contrafflazione di un diamante.

CAMILLO
Ed ora le mostra quello che è in me.

FIAMINIO
Su! Il mio signore ti aspetta: tu devi andare a letto col mio signore.

CAMILLO
Ora ei viene al fatto.

FIAMINIO
Ha un così delicato gusto come l’ha un vignaiolo quando assaggia il vino nuovo — (a Camillo) Sto sponendo il tuo caso; ma è difficile.

CAMILLO
Sulla mia parola è un virtuoso fratello!

FIAMINIO
Egli ti darà un anello con su una pietra filosofale.

CAMILLO
Veramente sto studiando Alchimia.

FIAMINIO
Giacerai in letto imbottito di piume di tortorelle; tra lini, profumati da svenirne, come quel tale che fu soffocato tra le rose. Così perfetta sarà la tua felicità, che, come gli uomini che vanno per mare, credono che la terra, gli alberi e le navi si muovano per il verso in cui essi vanno, così ti parrà che cielo e terra procedano secondo il tuo viaggio. T’incontrerai con lui: ciò fu fissato con chiodi di diamante, perchè tu sei diventata una inevitabile necessità.

VITTORIA
Come si ha da fare per isbarazzarci di lui?

FIAMINIO
Gli porrò un tafano sotto la coda — per ora mettilo all’ambio. A Camillo. L’ho quasi lavorata e mi persuado che ci verrà; ma ho da darti ora questo consiglio; io non vorrei giacermi con lei questa notte: voglio stuzzicare il suo umore e renderla più mansueta.

CAMILLO
L’ho da fare? fare?

FIAMINIO
Questo farà parerti di senno superiore.

CAMILLO
Vero; ed è di natura che differisce dalle passioni tumultuarie; perchè qua negata grata.

FIAMINIO
Giusto: anche se tu ti tieni a distanza, sarai tu il magnete che attirerà a te.

CAMILLO
Una ragione filosofica questa.

FIAMINIO
Va’ da lei con fare da gentiluomo e dille che vuoi giacerti con lei al ritorno si un tuo viaggio pel ducato.

CAMILLO
avanzandosi Vittoria, io non posso essere persuaso, o, come altri direbbe, incitato...

VITTORIA
A far che cosa, sire?

CAMILLO
A giacere con te questa notte. I filugelli usano digiunare ogni tre giorni, ma nel prossimo che segue filano meglio. Domani a notte sarò da te.

VITTORIA
Filerai un bel filo, abbine fiducia.

FIAMINIO
Ma stammi a sentire; sarò io che ti trafugherò alla sua camera verso la mezzanotte.

CAMILLO
Tu la pensi così? Bé, guarda, fratello; perchè tu non abbi a pensare che io possa farti qualche beffa, prendi questa chiave, chiudimi nella stanza e sarai sicuro de’ fatto miei.

FIAMINIO
In verità, che voglio. Sarò il tuo carceriere un volta tanto; ma non avresti tu, per avventura, un porta falsa?

CAMILLO
Peste alle porte false, per quanto sono un cristiano. Domani però mi dirai quanto dispetto essa ha sentito per la mia partenza scortese.

FIAMINIO
Lo farò.

CAMILLO
Hai tu notato la celia del filugello? Buona notte: userò spesso questo giochetto.

FIAMINIO
Fallo, fallo, fallo. (Camillo esce e Fiaminio chiude la porta) Ora stai al sicuro. Ha, ha, ha! Ti sei chiuso nel tuo bozzolo proprio come un filugello.— Vieni, sorella: l’oscurità nasconde il tuo rossore. Le donne sono come i cani feroce: per umanità sono tenuti alla catena tutto il giorno, ma sulla mezzanotte sono sciolti: allora essi fanno o il maggior bene, o i maggiori misfatti. Chiamando. Mio signore, mio signore.

Rientra Bracciano; Zanche porta un tappeto, lo distende e vi pone su due cuscini. Vittoria e Bracciano vi si seggono.

BRACCIANO
Come vorrei che il tempo s’arrestasse
Calmo per sempre, e non avesse fine
Quest’ora e il nostro conversar; ma tutte
Rapidamente le delizie umane
185
Son destinate a divorar se stesse
Compare Cornelia alle loro spalle e porge l’orecchio per udire.
Dentro il tuo seno accoglimi, pietosa
Signora, aprimi il cuor; però non dirmi
Eloquenti parole e sol de’ miei
Voti m’hai da parlar. Non discacciarmi;
190
chè, se tu mi ributti, eternamente
sarò perduto.

VITTORIA
O sir, con tutto il cuore
Io ti desìo; non per pietà son teco.

BRACCIANO
Quale pietoso medico tu sei!

VITTORIA
Non parlar di pietade! Ogni noiosa
195
Crudeltà delle donne è come ai medici
Sono le molte morti: il nome loro
E il credito ne sfuma.

BRACCIANO
L’eccellente
Creatura che sei! Noi diamo il nome
Di crudeli alle belle, or di: qual nome
200
Si addice a te così pietosa?

ZANCHE
Guarda
Come tra lor si stringono!

FIAMINIO
Un’ unione
Molto felice!

CORNELIA
(a parte)
Piomban sul mio capo
I miei terrori. O povero cuor mio!
Mio figlio è il loro ruffiano! Adesso
205
Veggo a triste rovina esser disposta
La mia casa. Là dove i terremoti
Hanno infiurato, lascian ferro, o pietre,
o rame dietro se: ma la lussuria
doce gavazza lascia nulla.

BRACCIANO
Quale
210
Valore ha questo gioiello?

VITTORIA
È un povero
Ornamento di povera fortuna.

BRACCIANO
In fede mia, lo vo’ per me. Scambiare
Vo’ il tuo gioiel con questo mio.

FIAMINIO
Ma bravo!
Scambia pure col suo quel tuo gioiello
215
E glielo poni a posto.

BRACCIANO
Ch’io ti vegga
Portarlo.

VITTORIA
Qui, o signore?

BRACCIANO
No, più in basso:
più in basso esso va posto.

FIAMINIO
E questo è meglio
Il gioiello di lui tu devi, o donna,
collocarlo più in basso.

VITTORIA
Ad ingannare
220
Il tempo va’ narrare a Vostra Grazia
Quel ch’ho sognato nella scorsa notte.

BRACCIANO
L’udrò ben volentieri.

VITTORIA
Un sogno pazzo
E vano. Ei me parea che, a mezzanotte,
pel cimiterio passegiassi, e proprio
225
dove un alber di tasso le robuste
larghe radici nel terreno affonda:
sotto quel tasso mi sedetti triste,
appoggiata a una tomba, tra una fitta
di croci fatte di stremati stecchi;
230
quand’ecco, innanzi a me, furtivamente
trafugatisi là, la tua Duchessa
e mio marito stettero. Portava
l’una in mano una zappa arrugginata,
l’altro un piccone aguzzo. Con parole
235
ingiurose mi chiesero conto
de’ disegni che aveva circa quell’albero.

BRACCIANO
Qual albero?

VITTORIA
Ma quell’innocuo tasso.
Dissero che volevo quel si bello
Tasso sveller di là, per trapiantarvi
240
Uno spinoso e nero sterpo; ond’essi
Avean fatto perciò solenne voto
Si mise col piccon furiosamente
A scavare una fossa, e la Duchessa
Rabbiosamente diessi a sparpagliare
245
La terra smossa e l’ossa. O mio signore,
pensa come tremavo! Nondimeno
in si grande terrore io non potevo
pregare.

BRACCIANO
Ma sicuro! Nel tuo sogno
C’era il demonio.

VITTORIA
Allora in mio soccorso
250
Surse un potente turbine, che un grosso
Ramo schiantò da quell’albero santo,
che schiacciò tutti e due; e in quella fossa
giacquero. E ciò fu giusto.

FIAMINIO
Che demonio
Di donna! Con un sogno gli ha insegnato
255
Che de’spacciar dal mondo la Ducchessa
E il suo tristo marito.

BRACCIANO
Ecco: il tuo sogno
Interpreto così: da vigorose
Braccia sarai protetta, che le furie
Del geloso marito attutiranno
260
E la morbida invidia della mia
Flemmatica Duchessa. Oltri ogne voce
Di scandalo vo’ porti e d’ogni forza
Di legge. Volgi i tuoi pensieri a tutte
Le umane gioie e ai modi di goderle.
265
Nessuna forza di governo al mondo
Mi strapperà da te; starò diviso
Da te sol quanto tempo è necessario
Alle cure che avrò per elevarti
A grandezza e ad onori. Tu sarai
270
Il mio ducato, tu la mia salute,
tu la mia donna, il figlio, amici e tutto.

CORNELIA
facendosi innanzi
Tristi i cuor traviati! Alla rovina
Corrono incontro e sempre.

FIAMINIO
Ed or qual furia
Zanche esce.
Qui costei ha menata? Sgombra via.

CORNELIA
275
In questa morta ora di notte, o mio
Signor, che fai tu qui? Nella corolla
Di questi fior non è piovuta ancora
Gocciola di rugiada.

FIAMINIO
Torna, prego,
a letto, dunque; se pure di volta.
280
Non ti ha dato il cervello.

CORNELIA
Oh! Fosse questo
Giardino, or lieto di ridenti fiori,
fin dall’inizio suo, stato coperto
dell’erbe velenose di Tessaglia,
E di stregonerie fatto fucina;
285
e non una congiura da sepolcro
per seppellirvi l’onor vostro.

VITTORIA
O madre
Diletta.

CORNELIA
Tu mi fai chinare a terra
Gli occhi per la vergogna, e pria del tempo
Che li oppriman le forze di natura.
290
Sono un tristo retaggio i figli: vivi,
ci fan versar lagrime tante, morti,
lasciano noi per il destino loro
pallide di paura.

BRACCIANO
Andiamo, andiamo;
non voglio udirti.

VITTORIA
O mio caro signore!

CORNELIA
295
O adultero Duca, la Duchessa
Tua lo sai tu dove si trova? Poco
Sognasti tu che in questa notte stessa
È giunta a Roma.

FIAMINIO
Come? È giunta a Roma?

VITTORIA
Ahi! La Ducchessa! È giunta a Roma!

BRACCIANO
300
Meglio
Avrebbe fatto...

CORNELIA
Come gli orioli
Esser dovrian del principi le vite,
e aver com’essi i movimenti essatti;
poichè son essi a misurarci i lieti
giorni ed i tristi.

FIAMINIO
Ed ora vuoi finirla?

CORNELIA
305
Disgraziato Camillo!

VITTORIA
Una solenne
Promessa voglio far: se un casto niego
Od altra cosa, eccetto il versar sangue,
mitigare potranno i lunghi ardori
di questo...

CORNELIA
In questo estremo, il più doglioso
310
Innanzi a cui s’inginocchiò una madre,
starò con te: se disonori il letto
di tuo marito, corta sia la vita
tua, com’è corto il pianto ai funerali
che pe’ grandi si versa.

BRACCIANO
Ma cotesta
315
Femmina è pazza.

CORNELIA
Se il contego tuo
È come quel di Giuda, se tradisci
Anche tu con un bacio, in questa corta
Vita invidia farai, ma nell’eterna
Sarai compassionata qual perduta
320
Femmina.

Esce

VITTORIA
Ahimè! Son maledetta!

FIAMINIO
No,
non ti stranire, o mio signore: io vado
a ricercarla e la rimeno.

BRACCIANO
Niente.
Io voglio andare a letto. Il Dottor Giulio
Fai che tosto a me venga. Oh! La sconvolta
325
Femmina! Questo tuo rude parlare
Ha suscitato un paventoso turbine
Saturo di prodigi. E tu la causa
Sarai de’ mali che verranno appresso.

Esce

FIAMINIO
a Cornelia
Ed or che l’onor tuo tu l’hai difeso
330
Con siffatta bravura, hai tu pensato
Se in quest’ora notturna era opportuno
Che il Duca a casa ritornasse solo,
senza chi l’accompagni? Io sarei lieto
di sapere da te dove raccolto
335
giace il tesoro delle tue ricchezze
pel mio mantenimento, si ch’io possa
del mio signor portar sopra il livello
delle sue staffe alta la barba?

CORNELIA
E dunque,
perchè siamo de’ poveri, dovremo
340
esser anche viziosi?

FIAMINIO
Prego dirmi
Che mezzi hai tu raccolti e messi in serbo
Per tenermi lontan dalle galere
E dal capestro? Mio padre una vita
Visse da gentiluomo: le sue terre
345
Le vendé tutte, ed ebbe la ventura
Di morir prima che fosse sfumato
Tutto il danar che ne ritrasse. Allora,
io lo confesso, mi tirasti su
a padova; però per ben sent’anni
350
mi strascicai, per manco di danari,
dietro i calcagni e dietro le calzette
del mio tutore, e possono attestarlo
tutti i compagni di Università.
Conseguiti i miei gradi, entrai a corte
355
Al servizio del Duca, e ne tornai
Più manieroso è vero, e più corrto
Assai; ma non più ricco. Ed or dovrei,
avendo innanzi questa strada aperta
e preferita, ancor portare il marchio
360
del tuo pallido latte sulla fronte?
No; questo volto mio debbo affozarlo
E colorir con vino generoso,
ch’ogni vergogna, ogni rossor disfidi.

CORNELIA
Oh! Non ti avessi generato!

FIAMINIO
Anch’io
365
Questo vorrei. Vorrei dalla più trista
Cortigiana di Roma essere nato
E non da te. Pietosa la natura
Si mostra alle bagasce, se di scarsi
Figli le aggrava; eppur avrebber essi
370
Pluralità di padre e sicurezza
Che nulla ad essi mancherà — E or vai
A lamentarti col tuo gran signore,
il cardinale. Ei può avvenir che approvi
questi miei pensamenti. Anche Licurgo
375
ammirava coloro che di buoni
stalloni provedevan le cavalle,
sebben lasciasser sterili le belle
donne che avean per moglie.

CORNELIA
Oh! La miseria
Delle miserie!

Esce

FIAMINIO
Non mi gusta punto
380
Questo venir della Duchessa a Roma.
Impegnati noi siamo in un delitto,
e occorre andare a fondo e non per vie
note e diritte, ma per torte strade,
ma con avvolgimenti; al par de’ fiumi
385
che, ristretti tra argini, con molti
giri fluendo, ritrovano i mari.
Colui che aspira ad ascender le vette
Delle montagne, lo sa pria che strade,
troverà, che si giran pigre e lente
390
come fanno le serpi intorpidite
dal freddo tempo. E così noi dobbiamo
alla metà procedere. Chi vuole
praticar la politica sa bene
che per vie tortuose è il suo cammino

SCENA III

Roma. Una stanza nel palazzo Francesco de’ Medici.

FRANCESCO DE’ MEDICI
395
Da che sei giunta a Roma, l’hai veduto
Tuo marito, o sorella?

ISABELLA
Non ancora,
o sire.

FR. DE’ MEDICI
Affeddidio, meravigliosa
Gentilezza è la sua! Se della casa
Di Marcello, che pur è una meschina
400
Colombaia, foss’io signore, il fuoco
Vi appiccherei per distrugger la puzzola
Che l’infetta.
Entra il principe Giovanni
Sei tu, bel cuginetto?

GIOVANNI
Signor Duca, ricordi la promessa
Di donarmi un cavallo, e un’armatura?

FR. DE’ MED.
405
Sì, ricordo, promissi, o grazioso
Mio cugino. Marcello, a te la cura
Di accontertarlo.

MARCELLO
Mio Signore, il Duca
È qui.

FR. DE’ MEDICI
Ora va’ via, sorella. Ancora
Ei non t’ha da veder.

ISABELLA
Vado; ma imploro
410
Che tu usi con lui parole miti:
un tuo rude parlare inasprirebbe
i nostri crucci. Tutti i torti miei
gli perdono di cuor. Come del corno
dell’unicornio, in polvere ridotto,
415
un circolo si fa che ci preservi
dai veleni, ed al centro vi si pone
un ragno vil, così con queste braccia
vo’ fargli attorno un incantato cerchio
che scongiuri il velen ch’ora lo rode,
420
e lo tenga lontan dai traviati
folli desiri, e in castità.

FR. DE’ MEDICI
Ti possa
Tanto avvenir! Ma or va’ via da questa
Stanza.
Escono Isabella, Giovanni e un Moretto. Poi entrano Bracciano e Fiaminio.
Che sii il benvenuto, o sire!
Non vuoi sederti?
A Monticelso
Ho troppo gonfio il cuore:
425
parlargli tu per me: seconderò,
a mano a mano, il tuo parlare.

MONTCELSO
Prima
Ch’io cominci, prometta Vostra Grazia
Non irritar qualunque passione
Che il mio parlar potrà destare.

BRACCIANO
Puoi
430
Seguitare; starò silenzioso
Come se fossi a Chiesa.

MONTICELSO
Tu, nascendo,
un mirabile scettro ereditasti
e lo reggesti con mano sicura;
poscia l’età, gli studi e l’esperienza
435
crebbero i fregi che ti die’ natura;
ora però, che sei nell’età nova
l’augusto tron trascuri, e che tra molli
piume ti adagi d’insaziato letto
n’han meraviglia i tuoi nobili amici.
440
O mio signor, l’ubriacon che bevve
Le molte coppe, un’aridezza sente
Quando si desta, e si fa sobrio. Un giorno
Ti desterai dal tuo sonno lascivo
E il pentimento sentirai nel cuore,
445
come dente di vipera. Avvizzisca
nella corona lor, pure il più tenue
de’ fiori che l’adorna, o dallo scettro
loro si stacchi la menoma perla,
fanno naufragio i prenci. E, se d’allora
450
perdutamente la lor buona fama
dura vituperata, il nome loro
muore e i titoli lor muoion col nome.

BRACCIANO
È finito il tuo dire, o mio signore?

MONTICELSO
Dissi abbastanza; e devi aver compreso
455
Che non adulo la potenza tua.

BRACCIANO
a Fr. De’ Medici.
Ed ora a te che il suo secondo sei.
Che hai da dirmi? I giovani falchetti
Non osano levarsi a folli voli
Roteando per l’aere? E per i tuoi
460
Trastulli non si levano pe’ cieli
A voli pazzi e strani?

FR. DE’ MEDICI
Sì; ma nulla
Per questi voli hai da tener: vo’ solo
Risponderti, seguendo la tua stessa
Frase da falconiere. Destinata
465
È l’aquila a volare alta pe’ cieli
E gli occhi al sol drizzar; però, talora,
per una facil preda il suol radendo,
va ciuffando gl’implumi in mezzo ai loro
Escrementi. Conosci tu Vittoria?

BRACCIANO
470
Sì, la conosco.

FR. DE’ MEDICI
Ebben, non vai da lei,
quando hai sudato al giuoco del tennis,
a mutar la camicia?

BRACCIANO
Forse. Or segui.

FR. DE’ MED.
Di povera fortuna è suo marito,
Pur essa suol portar vesti di pregio.

BRACCIANO
475
E questo che vuol dir? Questo signore
Buon cardinal potrebbe domandarle,
nella prossima sua confessione,
da qual mar le pervengono.

FR. DE’MED.
Colei
È tua bagascia.

BRACCIANO
V’è della cicuta,
480
o incivile signor, nel tuo respiro,
questa è vera calunnia. Ma foss’ella
una delle mie drude, nè i cannoni
tuoi strepitosi, non i mercenari
svizzeri tuoi, non le galere tue,
485
non gli alleati tuoi potriano osare
di strapparmi da lei.

FR. DE’ MED.
Smettiamo questo
Reboante parlar. Tu hai per moglie
Una nostra sorella. Iddio volesse
Che avessi dato le sue bianche mani
490
Tutte e due alla morte, e la persona
Sua ravvolta in funebre lenzolo
E non a te sola una mano!

BRACCIANO
Avresti
Data un’anima a Dio!

FR. DE’ MED.
Ma se venisse
Lo spettro di tuo padre, ei non potrebbe,
495
pur dopo tante assoluzioni avute,
dir lo stesso per te.

BRACCIANO
Seguite pure
A sputar del velen.

FR. DE’ MED.
Non n’ho bisogno:
la libidine porta alla cintura
la frusta punitrice. Ma smettiamo
500
di suscitar nell’ira nostra i tuoni
ed i baleni.

BRACCIANO
Tuoni? Appena, appena,
Affeddidio, son fuochi d’artificio!

FR. DE’MED.
Dobbiam finirla co’ cannoni?

BRACCIANO
Eh! Lascia:
Che più ne buscheresti se non ferro
505
Nelle ferite, e polvere da sparo
Nelle narici?

FR. DE’ MED.
Molto meglio questo
Che profumi scambiar con empiastri.

BRACCIANO
Mi fai pietà. Fors’era molto meglio
Che tu avessi menato i condannati
510
Con te, e i servi, e gli arator novizi
Dal cruccioso cipiglio. A me dà il cuore
Di affrontar te, si pur tu sii cerchiato
Dalla più brava gente tua...

MONICELSO
Signori,
se non usare parole più miti,
515
queste ostre contesse han da finire.

FR. DE’ MED.
Volentieri.

BRACCIANO
Per poi ad alta voce
Gridare che un leone avete vinto
Con le lusinghe?

MONTCELSO
Mio signor!

BRACCIANO
Domato
Son io, domato!

FR. DE’ MED.
Ad una conferenza
520
Questo Duca invitai per far milizie
Contro i pirati, e mi disse: il Duca
È fuor di casa. Volli di persona
Andar dal duca e si rispose: il Duca
È occupato. Ma, dunque, è quando il Tevere
525
Potrà mostrare ai cacciator di frodo
Del branchi di selvagge anitre, nel tempo
Che sono in muda, che potrei trovarti
Certamente e parlarti?

MONTICELSO
Ed ora basta:
a metter fine alle discordie vostre
530
ecco il vero campione.
Entra il principe Giovanni.
È il figlio tuo,
è il principe Giovanni. In lui si accoglie
ogni vostra speranza, egli è l’astuccio
che custodisce le corone vostre.
Ed è un sennino omai. Or voi sapete
535
Che la via più diritta è più spedita
Per cui cammini un giovinetto prence,
e gli si formi il cuor, sono gli esempi,
non i precetti. Or quali esempi han forza
maggior di que di’ un padre? Oh! ch’abbia in te
540
di sua vita il modello; lascia a lui
un tesor di virtù che duri sempre,
se pur caggian le vele e l’alber fiacchi.

BRACCIANO
Qua la mano, fanciullo! Già un soldato
Stai diventando.

GIOVANNI
Donami una picca.

FR. DE’ MED.
545
Ma una picca potrai tu maneggiarla,
o vispo lioncello?

GIOVANNI
Hai da suppormi
Una rana di Omero che palleggi
Bravamente il suo giunco. Dimmi, prego:
non potrebbe un ragazzo di discreto
550
discernimento guidare un esercito?

FR. DE’ MED.
Sí, cugino, potrebbe un giovin prence
Di giudizio.

GIOVANNI
E sta ben, se tu lo dici
Udii talor che un vero generale
Non de’spesso artischiar la sua persona;
555
cossichè, se il cavallo innanzi ei sproni,
come un danese tamburino, ei suscita
confusione e tumulto. In verità
quest’è un gesto eccellente! S’ei non deve
pugnar, potrebbe bene il suo cavallo
560
guidar per lui l’esercito. S’io vivo,
vo’star sul fronte de’ soldat miei,
ed io, fra tutti il primo, i miei nemici,
i francesi, assalir.

FR. DE’ MED.
Che cosa?

GIOVANNI
565
Ai miei
Soldati non dirò: su, via, miei bravi,
avanti, io seguirovvi, ma: seguite
me voi.

BRACCIANO
Mio bel piviere, avanti;
570
anch’ei sul capo ha per cimiere un ciuffo.

FR. DE’ MED.
Gentil cugino!

GIOVANNI
Zio, la prima volta
Che per la guerra partirò, io voglio
Senza riscatto i prigioneri tutti
Liberare.

FR. DE’ MED.
Così? Senza riscatto?
575
E come allor compenseresti quelli
Che li fecer prigioni?

GIOVANNI
In questo modo,
o mio signor: darei ad essi in moglie
tutte le ricche vedove de’ morti
580
in quell’anno.

FR. DE’ MED.
Però negli anni appresso
Non troverai più uomini disposti
A partire con te per nuova guerra.

GIOVANNI
Ma no: farei marciar prima le donne,
glio uomini allor le seguiriano tutti.

MONTICELSO
585
Spiritoso fanciullo!

FR. DE’ MED.
Ecco che un buono
Esempio basta a trasformare in uomo
Un fanciullo, e un cattivo invece cambia
Un uomo in bestia.
(a Bracciano)
Senti: tu ed io
Dobbiam tornare amici.

BRACCIANO
Volentieri:
590
sarem com’ossa che si sien spezzate,
e che, rimesse dal chirurgo a sesto,
si rannodan più strette.

FR. DE’ MED.
(a Marcello)
Fa venire
Camillo.
(Marcello esce)
Dimmi: è giunta a te la voce
Che il conte ludovico s’è buttato
595
A corseggiare?

BRACCIANO

FR. DE’ MED.
Sto preparando
Delle galere per dargli la caccia...
Ma di questo ora basta. Ecco la tua
Ducchessa. Vi lasciamo. Sii gentile
Con lei.

(Escono Francesco de’ Medici, Monticelso, Giovanni e Fiaminio. Entra la Ducchessa)

BRACCIANO
Come stai ben, quanto a salute!
600
Si vede.

ISABELLA
Più della salute mia
Godo a veder che il mio signor sta bene.

BRACCIANO
Qual tempesta d’amore t’ha sospinta
A Roma?

ISABELLA
O mio signor, la devozione.

BRACCIANO
La devozione? E qual peccato aggrava
605
La tua coscienza?

ISABELLA
Forse troppi falli
Si aggravano su me: ma i nostri sogni
Saranno più divisi, se a contarli
Questi miei falli ci mettiamo.

BRACCIANO
Torna
Alla tua stanza.

ISABELLA
Sì, ci torno, o mio
610
Caro signor, non voglio che tu vada
In collera. Però l’assenza mia
Per due mesi da te, non merta il dono
Di un bacio almen?

BRACCIANO
Non uso dar de’ baci
E lo posso affermar con giuramento,
615
se vale un giuramento a sgomberare
la gelosia che ti martira.

ISABELLA
O molto
Amato signor mio, non son venuta
Per garrire con te. La gelosia?
Ma non comprendo che vuol dir cotesta
620
Italiana parola. Il benvenuto
Saresti a queste braccia desiose
Con’io, allor che venni alle tue braccia
Vergine.

BRACCIANO
Oh! Questo tuo respir! D’amaro
Sente il sapor, come se grati cibi
625
Sian conditi di farmachi. È la peste
Che da esso evapora.

ISABELLA
E pur fu tempo
Che queste labbra ti facean spregiare
E della cassia la fraganza acuta
E l’olezzo gentil della viola
630
Di primavera. E non son vizze ancora
Allegra esser vorrei! Quel tuo cipiglio
Ben ti si addice sotto un elmo: allora
Io l’amo tanto. Ma con me, ma in questo
Tranquillo conversar, son troppo rudi
635
Le aggrottate tue ciglia.

BRACCIANO
E simulare
Sai tanto tu? Non vai destando crucci
Contro di me? Con i parenti tuoi
Non ti sei tu lagnata, commettendo
La più vile impudenza?

ISABELLA
No! Non mai!

BRACCIANO
640
M’han da perseguitar? Ovvero il tuo
Strano giochetto di venire a corte
Fu d’incontrar qualche galante amanzo
Che potesse supplir l’assenza mia
In Roma?

ISABELLA
O sir, spezzami pure il cuore,
645
ma, quando sarò morta, il tuo compianto,
se non l’amor, mi segua.

BRACCIANO
Al corpulento
Duca, il fratello tuo, perchè Granduca,
morte di Dio! Non gli dovevo al giuoco
del tennis guadagnare, in poco d’ora,
650
cinquecento corone? Ebben cotesto
Viva ne’ suoi ricordi. Io l’ho in dispetto
Come s’ei fosse uno schiavo polacco,
sta nel suo guardaroba il reverendo
spirito suo; che, quando del suo grado
655
gli abiti indossa, solo allor qualcosa
pare. Perchè il fratello tuo possiede
delle galere e può talor con esse
assaltare e predar qualche costiero
navicello turchesco, egli ebbe modo
660
di unirci in matrimonio. Che le furie
tutte d’inferno gli straziino l’alma;
che maledetto sia l’infausto prete
che pel rito nuzial cantò la messa,
e carpi il mio consenso.

ISABELLA
Oh! Troppo atroce
665
Maledizione, troppa!

BRACCIANO
Vo’ baciarti
La mano, e questo sia l’ultimo segno
Dell’amor mio. Non giacerò più teco.
Per questo anello nuzial lo giuro
Non più con te mi giacerò. Con fede
670
Scrupulosa vedrai questo divorzio
Osservarsi da me, come se fosse
Di un tribunale la sentenza. Addio.
I nostri sogni son divisi.

ISABELLA
Iddio
Non scioglerà perciò la nostra unione,
675
benedetta in suo nome, I santi in cielo
ne sentiriano orrore.

BRACCIANO
L’amor tuo
Non ti renda un’incredula. Il mio voto,
sì, per l’anima mia! Questo mio voto
non sarà per morire in pentimento;
680
e arrabii pure tuo fratello il Duca
più ch’orrida tempesta, ovver battaglia
combattuta sui mari. Il voto mio
è fissato oramai.

ISABELLA
O mio lenzolo
Funebre, presto avvolgimi! O diletto
685
Mio signore, ripeti anche una volta
Quello che udir non mai avrei voluto.
Non più?

BRACCIANO
Nin più.

ISABELLA
Poco gentil tu sei!
Possan trovar mercede i tuoi peccati
Così, com’io dal vedovo mio letto
690
A Dio Signore pregherò per te;
se non, perchè tu volga gli occhi tuoi,
alla moglie dolente e al figlio tuo,
così pien di promesse, almen che a tempo,
verso il ciel te gli elevi.

BRACCIANO
Ed ora basta;
695
e vai pure, se credi, a lamentarti
col tuo Granduca.

ISABELLA
Non andrò. Ma come
Mi sforzerò tra voi di metter pace
Avrai prova immediata. Del tuo voto
Maledetto sol io voglio la colpa:
700
qualche motivo io l’ho, ma tu nessuno.
Per la pace de’ due ducati tuoi
Non dir, ti prego, che l’hai tu voluto
Questo divorzio. Che tutta la colpa
L’abbia la mia supposta gelosia;
705
però rifleti con qual triste cuore
compirò la mia parte.

BRACCIANO
Prendi pure
La via che vuoi.
(rientrano Francesco de’ Medici, Monticelso)
(a Fr. De’ Med.)
Fratello reverendo!

FR. DE’ MED.
Sorella mia!
(a Bracciano)
Ma non sta ben cotesto
Che hai fatto, o signor mio —Che c’è, sorella?
710
Tu non mertavi un rude benvenuto.

BRACCIANO
Di benvenuto parli? Un benvenuto
Rude mel dette lei.

FR. DE’ MED.
Ma sei tu pazza?
Via, su! Tergi le lagrime; chè i pianti
Ed i gemiti sono un ben modesto
715
Mezzo per migliorar cotesto niente
Che vi divide. Quel ch’or ci bisogna
È il ritornare in pace, o, per il cielo!
Non più m’impaccerò de’ fatto vostri.

ISABELLA
Non tentar questa pace, anche se a questa
720
Condizione, Vittoria si tramuti
In una donna onesta.

FR. DE’ MED.
Tuo marito,
Poichè noi ci partimmo, s’è mostrato
Altezzoso con te?

ISABELLA
Per la mia vita,
no, mio signore. Nè mi dà pensiero
725
se ho da perder tutto, te lo giuro;
ma le rovine tutte dell’antica
bellezza mia, non vanno esposte in mostra,
perchè n’esulti una bagascia.

FR. DE’ MED.
Vuoi
Starmi a sentire? Osserva l’altre donne
730
Con qual pazienzia soffron questi lievi
Torti e con quanta giustizia li ricambiano:
segui l’esempio loro.

ISABELLA
Oh! Fossi un uomo
Ed avessi il poter di soddisfare
Quanto ho nel cuor. Vorrei, se lo potessi,
735
sferzare qualcun con gli scorpioni.

FR. DE’ MED.
Sei
Diventata una furia?

ISABELLA
S’io potessi
Farla giacere in agonia per venti
Mesi, e gli occhi cavarle alla sgualdrina
E tagliuzzarle labbra e naso! E i putridi
740
Denti strapparle! E poi, come una mummia,
conservar le sue carni qual trofeo
della mia giusta collera. L’inferno
è quale acqua di neve ai crucci miei.
Fammi una grazia, o sire —o tu fratello,
745
o tu, signor mio cardinal, più presso
fatevi a me —di un bacio sol la grazia:
non più con te mi giacerò: lo giuro
sull’anello nuzial.

FR. DE’ MED.
Come? Giacerti
Non più con lui?

ISABELLA
Ed io questo divorzio
750
Osserverò così veracemente
Come se mille orecchie in affollata
Corte avesserlo udito e mille mani
Di giuristi l’avesser suggellato.

BRACCIANO
Non giacere più meco!

ISABELLA
E che l’antico
755
Mio pazzo affetto non ti faccia incredulo:
questo mio voto —per l’anima mia!—
non morirà per pentimento: manet
alta mente repostum.

FR. DE’ MED.
Per la mia
Nascita! —sei una sfrenata pazza,
760
una donna gelosa.

BRACCIANO
Ecco, vedete:
non la provoco in niente.

FR. DE’ MED.
Ed era questo
Il cerchio della polvere del corno
Dell’unicornio, onde eri certa il tuo
Marito ammaliare! Or solo il corno
765
ti rimane e sta ben: la gelosia
merita questo. Serva pure il voto;
ma torna alla tua stanza.

ISABELLA
No, signore;
immantinenti partirò per Padova.
Non un minuto indugerommi.

MONTICELSO
O buona
770
Signora mia!

BRACCIANO
Sarebbe ben lasciarla
Al presente umor suo. Con un viaggio
Di una mezza giornata la sua bile
Cadrà giù, lo vedrete, ed al suo nido
La vedremo tornar.

FR. DE’ MED.
Poi la vedremo
775
In ginocchio dinanzi al cardinale,
perchè la sciolga del suo matto voto.
Ne farem delle risa!

ISABELLA
O scortesia,
fa pur l’ufficio tuo; e tu ti spezza,
o mio povero cuore! I gran dolori,
780
che tormentano e uccidono, non sanno
trovar parole che li sveli al mondo.

(esce)
(rientrano Marcello e Camillo)

MARCELLO
È qui Camillo, o mio signore.

FR. DE’ MED.
Desti l’ordine per la commisione affidatagli?

MARCELLO
Eccolo.

FR. DE’ MED.
Dammi il sigillo.

(Francesco de’ Medici, Monticelso, Marcello si ritirano in fondo al palcoscenico.)

FIAMINIO
(a Bracciano) Stai notando, o signore, come susurrano tra loro? Bè, io manipoleròun farmaco più acre dell’aglio e più mortale dello stibio. Le cantaridi non sono quasi avvertite quando pungono le nostre carno, e fanno il loro lavoro sul cuore; e così con più silenzio e con invisibile accortezza farò questo.

BRACCIANO
Tu intendi dire dell’omicidio?

FIAMINIO
Vogliono spedirlo a Napoli, io però lo spedirò a Candia ma ecco un altro ausiliario.

(entra il dottore)

BRACCIANO
Oh il dottore!

FIAMINIO
Un miserabile farabutto, mio signore, un ciarlatano che vanta i suoi rimedi; uno che avrebbe dovuto essere frustato per le sue lascivie, e fu condannato ed ebbe un principio di pena. È capace, dice lui, di avvelenare un bacio, e che, una volta, preparò col pero di uno spagnolo un vapore così mortale, che avrebbe avvelenato tutta Dublino.

BRACCIANO
Fuoco di Sant’Antonio!

DOTTORE
Il tuo segretario è un uomo allegro, signore.

BRACCIANO
785
Basta. Ho bisogno de’ servizi tuoi,
onesto mio Dottore. Hai da partire
per Padova, ed usar per me qualcuno
de’ tuoi mirabili trovati.

DOTTORE
Sire,
io l’userò.

BRACCIANO
Ma per Camillo?

FIAMINIO
In questa
790
Notte morrà. Tale un giochetto astuto
Pensai, che egli parrà essere ucciso
Da una macchina sua. Ma per la morte
Della Duchessa?

DOTTORE
Si farà morire
Sicuramente.

BRACCIANO
I piccoli misfatti
795
Quando i più grandi avvengono, impuniti
Restano.

(escono Bracciano, Fiaminio, il Dottore)
(si avanzano dal fondo Francesco de’ Medici, Monticelso, Camillo, Marcello.)

MONTICELSO
(parlando a Camillo)
Vai, cugino: a te conviene
Cambiar aria. Marcello è stato scelto
Qual tuo compagno, per purgar le coste
Italiane dei corsari.

MARCELLO
Molto
800
Me ne tengo onorato.

FR. DE’ MED.
Addio, Marcello:
ogni fortuna di bravo soldato
ti arrida a bordo. Ecco l’augurio mio.

MONTICELSO
E anch’io da te buone notizia aspetto:
la tua partenza è così lieta!

CAMILLO
Lieta,
805
o mio signore! Per giustificare
l’umor di un capitano, questa notte
voglio molto trincar.

(escono Marcello e Camillo)

FR. DE’ MED.
Assai ben fatto;
la lussuria del Duca di Bracciano,
quando costui sarà lontano, un corso
810
sfrenato avrà.

MONTICELSO
Proprio così! Se questo
Non fosse stati il nostro scopo, un’onta
Non sarebbe per noi d’averlo eletto
Capitano di mare? Aggiungi poi
Che la voce che il Conte Ludovico
815
Fosse un corsaro è falsa. Egli si trova
A Padova.

FR. DE’ MED.
Davvero?

MONTICELSO
È una notizia
Molto sicura. Ho lettere di lui,
con le quali mi prega che il suo bando
sia revocato. Ei vuole alla Duchessa
820
chiedere una pensione.

FR. DE’ MED.
Molto bene:
non voglio che egli sia da me lontano
più di sei gioni. Oh! Quanto sarò lieto
che in un notorio scandalo rovini
il Duca di Bracciano! —I tristi amori
825
son maledetti, e non hanno possanza
che d’infamare gli onorati nomi,
senza speranza che li salvi. Un senso
lasciansi dietro d’immortal vergogna.

SCENA IV

(Roma — Palazzo di Vittoria Corombona)
(Bracciano, Mago)

BRACCIANO
Siamo nel cuore della mezzanotte,
830
e or hai da mantener la tua promessa.
Questo è il tempo prefisso per mostrarmi
Con l’arte tua come morrà Camillo
E l’odiosa mia Duchessa. Al fatto.

MAGO
Segga, la prego. Metta in capo questo
835
Berretto. Esso è incantato. L’arte mia
Sovrana, innanzi a lei farà passare
La Duchessa e vedrà com’essa muore.

SCENA MUTA

PRIMA VISIONE

PRIMA PARTE

(Si veggono entrare in una stanza, che si suppone essere nel palazzo abitato da Isabella, due uomini, cioè il Dott. Giulio e Cristoforo. Costoro garentisconsi le narici e gli occhi con larghi occhiali, poi, accostatisi a un ritratto del Duca di Bracciano, tirano la cortina che lo ricopre e vi bruciano innanzi de’ profumi che si spandono per tutta la tela. Bruciati i profumi, spalmano di un unguento le labbra del ritratto, spengono il fuoco con cui hanno bruciato i profumi e partono sghinazzando.)

SECONDA PARTE

(La stessa stanza. Entra Isabella Orsini, in veste da camera, come in procinto di andare a letto: la seguono il figlio Giovanni, Guidantonio, il Conte Ludovico e altri del seguito che portano dei lumi. Isabella si accosta al ritratto, tira la cortina, s’inginocchia, prega, fa delle riverenze innanzi al ritratto e lo bacia tre volte. Immediatamente vacilla e vien meno; facendo segni che nessuno le si accosti. Muore. Giovanni, il Conte Ludovico mostrano la loro costernazione. La Duchessa morta è portata via.)

BRACCIANO
Magnifico. Ella è morta!

MAGO
Avvelenata
Dai profumi bruciati. Il Dottor Giulio
840
Sapea l’usanza sua. Notte per notte,
prima di coricarsi, essa veniva
a consolarsi, innanzi a un’ombra morta,
guardandola e baciandola. La sparsa
velenosa miscela sul ritratto
845
l’ha soffocata.

BRACCIANO
Parmi aver notato
Il Conte Ludovico.

MAGO
Ei v’era. Il Conte,
a quel che dice l’arte mia, ha un grande
affetto, o Duca, per la sua Duchessa.

SECONDA VISIONE

(Si veggono entrare in una stanza Fiaminio, Marcello, Camillo e quattro capitani di mare: bevono, brindano, ballano. Poi due dei capitani escono, susurrando tra loro e menando seco Marcello. Camillo fa entrare un cavallo di legno e insieme a Fiaminio si mettono in machine di camicia, prendono posto ai due lati del cavallo, e si fanno reciproci complimenti a chi incomincia. Camillo cede; ma mentre esegue dei volteggi, Fiaminio gli dà un forte colpo sul collo e con l’aiuto dei due capitani rimasti glielo storcono. Accertatisi che il collo è spezzato, cacciano il corpo di Camillo, piegato in due, sotto il cavallo. Allora fanno mostra di chiamare aiuto. Entra Marcello che scoppia in pianto; accorrono Francesco de’ Medici e il cardinale Monticelso con delle guardie. Osservano il cadavere di Camillo, fanno atti di meraviglia ed ordinano che sia portato via. Fanno arrestare Fiaminio e Marcello, e con gesti intendere che bisognava arrestare anche Vittoria.)

BRACCIANO
Splendidamente fatto; ma di alcuni
850
Particolari non mi è chiaro il senso.

MAGO
Eppur tutto è ben chiaro. Comandata
Fu lor l’impresa di spazzar le coste
D’Italia dai pirati, ed essi, prima
Con tripudi di brindisi e di danze
855
Han finto festeggiar l’impresa; poi,
come per far durare ancor lo spasso,
Camillo quel cavallo da volteggio
Fe’ portar nella stanza. Il buon Marcello
Fu con astuzia allontanato. Il resto
860
Lei l’ha veduto ed ha compreso appieno
La lor trama diabolica.

BRACCIANO
Mi parve
Che arrestasser Fiaminio e ancor Marcello.

MAGO
Vero; li ha visti presi dalle guardie.
E or vanno ad arrestare la leggiadra
865
Vittoria, amante sua –Entro la casa
Siamo di lei, ed è prudente uscirne
Tosto per qualche uscio segreto.

BRACCIANO
Stretto
Tu m’hai a te, nobile amico mio;
meco sempre starai, come il sigillo
870
sta sempre meco nel mio dito. Addio!
Compenserotti.

(esce)

MAGO
Grazie, o mio signore.
Spuntano fiori e spini quando il sole
Diventa caldo; ed alla stessa stregua
Fanno i grandi o gran bene o grandi mali.

SCENA V

(Roma – Forse la corte dove ha da farsi la causa di Vittoria)
(entrano Francesco de’ Medici, Monticelso, un cancelliere)

FR. DE’ MED.
875
È stato bon questo consiglio tuo
D’invitare all’esame di Vittoria
I gravi ambasciatori residenti.

MONTICELSO
L’invito mio non fu davver cattivo:
perchè tu lo sai ben, sol vaghi indizi,
880
quanto alla morte del marito, abbiamo
contro di lei. Però gli ambasciatori
udranno prove della sua dannata
lussuria e ne faranno infame il nome
nei vicini reami. Ma sarei
885
trasecolato se il Braccian venisse
anche lui.

FR. DE’ MED.
Ma sarebbe un’impudenza
Troppo grave cotesta!

(escono)
(entrano Fiaminio, Marcello, un avvocato)

AVVOCATO
Eppure può provarsi che il Duca e lei stettero molto tempo da solo a solo in segreto.

FIAMINIO
Tu sei un asino stupido: invece si è detto che sieno stati molto in pubblico.

AVVOCATO
Può provarsi che si son baciati.

FIAMINIO
E questo che prova?

AVVOCATO
Il signor cardinale lo farà vedere.

FIAMINIO
Un cardinale, si spera, non vorrà farla da furetto da acchiappare dei comigli.

AVVOCATO
Perchè chi semina baci —nota quello che dico— chi semina baci, miete dissolutezza, ed io son convinto che una donna che sopporta dei baci è per metà vinta.

FIAMINIO
Sì, questa è una regola giusta, se si guarda la parte superiore di una femmina; ma se si vuol vincere anche l’inferiore, tu capisci quello che ne segue.

AVVOCATO
Ascolta: gli ambasciatori ne sono già informati.

MARCELLO
O disgraziata
Sorella! Ti avess’io spezzato il cuore
890
Col mio pugnale quando t’incontrasti
La prima volta con Braccian! Si dice
che tu fosti il cavallo insidiatore
per disfar la sorella.

FIAMINIO
Una viuzza
Soltanto io son che mi conduce a lei
895
E al mio avanzamento.

MARCELLO
E alla rovina
Di lei.

FIAMINIO
(ridendo)
Ha, ha! Tu sei bene un soldato!
Hai seguito il Granduca e le vittorie
Sue nutristi col tuo sangue: sogliono
Fare così le streghe con gli spirti
900
Che lor fanno servigio. Ebben che cosa
N’hai guadagnato, fuor di una manata
Di misera ricchezza che dal pugno
Chiuso per rattenerla è sgocciolata
Com’acqua tra le dita? E questo è stato
905
Il tuo fragile premio.

MARCELLO
Sire!

FIAMINIO
Ascolta:
è così, quando noi avrem stillato
tutto noi stessi nelle gran battaglie
pugnate per la loro ambizione
o per gli odiosi lor rancori, quale
910
compenso ne godrem? Come di raro
ci avvien di ritrovare il sacro vischio
che ci dia la salute o il saldo rovere
buono per costruir, senza che accanto
ad esse non si trovi l’obliosa
915
mandragora, così nelle richieste
di quel che ci si deve, appena un lembo
ci si concede e con disgusti amari
che ci spezzano il cuore. Ed è ben questa
una triste sapienza.

MARCELLO
Andiamo, andiamo.

FIAMINIO
920
E quando poi l’età, qual biancospino
In fior, ti avrà ridotto...

MARCELLO
Io t’interrompo.
Un cuore onesto e virtuoso devi
Portar. Di là dai tuoi disegni occulti
Hai da saltar. Chi più si avanza in essi,
925
più vi s’infetta. Se tuo padre io fossi,
come son tuo fratello, un patrimonio
migliore non sarei ambizioso
di lasciare per te.

FIAMINIO
Ci vo’ pensare.

(entrano gli ambasciatori, traversano il palcoscenico ed escono)

SCENA VI

(La scena è in Roma; Palazzo di Giustizia; i personaggi che vi prendono parte sono: DUCA FRANCESCO DE’ MEDICI, fratello d’Isabella. Cardinale MONTICELSO, zio o cugino del marito di Vittoria. VITTORIA COROMBONA, vedova di Camillo. GIOVANNI, figlio d’Isabella Orsini. FIAMINIO e MARCELLO, fratelli di Vittoria; il primo segretario del Duca di Bracciano, il secondo al seguito di Francesco de’ Medici. Conte LUDOVICO. PAOLO GIORDANO ORSINI, Duca di Bracciano. AVVOCATO accusatore. SEI AMBASCIATORI, residenti a Roma. GUARDIE.)

MONTICELSO
(al Duca di Bracciano)
Bada bene, signore: non vi è posto,
930
in mezzo a noi, per te. Questa faccenda
sua santità l’ha sottoposta al solo
giudizio nostro.

BRACCIANO
E ch’essa vi succeda
Prosperamente.

(stende sull’impiantito il suo mantello e vi si asside)

FR. DE’ MED.
Su! Recate un seggio
Pel Duca.

BRACCIANO
No. Permetti che rifiuti
935
Questa squisita gentilezza. Un ospite
Non invitato de’, come le donne
Di danimarca quando vanno a chiesa,
portar seco la scranna.

MONTICELSO
A tuo paciere.
(poi a Vittoria)
Allo sgabello, gentildonna. Ed ora
(all’avvocato accusatore)
940
Puoi cominciare a dire.

AVVOCATO
Domine Judex, converte oculos tuos in hanc pestem, mulierum corruptissimam.

VITTORIA
Ma costui
Chi è?

FR. DE’ MED.
L’accusatore.

VITTORIA
Ch’egli parli,
prego, in lingua volgare. Al suo latino
io non responderò.

FR. DE’ MED.
Ma tu l’intendi
Certamente il latino.

VITTORIA
Io certamente;
945
ma questa udienza può ignorarlo.

MONTICELSO
Tira
Via, avvocato.

VITTORIA
No, fate il favore.
Mi si accusa, e non voglio che le accuse
Restino avvolte nell’oscura nube
Di una lingua incompresa... Ha da capirle
950
L’assemblea tutta quanta.

FR. DE’ MED.
(all’avvocato)
Ebben, signore,
acconsenti. Perciò, non perderai
la tua fama di dotto e di eloquente.

MONTICELSO
Sì, nel nome di Dio! Così più larga
La tua riputazione, o gentildonna,
955
si spanderà tra gli uomini.

AVVOCATO
Toccata!

VITTORIA
Oh! No, valente sere! Io voglio pormi
Presso il bersaglio e segnalar se giusta
Sai prendere la mira, e come e in quarta
Vicinanza colpisci.

AVVOCATO
Miei signori,
960
e dottissimi giudici, vi piaccia
su questa debosciata, avida donna
volger l’acume del giudizio vostro,
e vagliar col pregiato e noto senno
vostro la serqua dei gravi delitti
965
da costei perpetrati. Tali e tanti
son, che, a estirparne la memoria, occorre
distrugger essa la malvagia pianta
e i suoi rampolli...

VITTORIA
Ma che cosa è tutto
Questo?

AVVOCATO
Conserva la tua calma. Enormi
970
L’ulceri sono dei peccati tuoi
E ci vuol ferro e fuoco.

VITTORIA
O miei signori,
sicuramente questo leguleio
ha ingollato parole di proclami
o ghirigori di turpi ricette
975
da farmacie. Ed or tornangli a gola
le indigeste, difficili parole
e le rece, qual falco le petruzze
che gl’ingozziamo per guarirlo. Il suo
non è latino, ma parlar furbesco.

AVVOCATO
980
Povera donna! Ignora le figure
E il luccichio de’ tropi! Ma imperfetta,
ne secondo grammatica è la sua
elocuzione, ne conforme ai sani
derivativi precetti accademici.

FR. DE’ MED.
985
(ironico)
Senti, sere: risparmia il faticato
Tuo vociare; e cotesta tua profonda
Eloquenza riserbala per altra
Congiuntura e per chi può degnamente
Valutarla e applaudirla.

AVVOCATO
Buon signore!

FR. DE’ MED.
990
Rinsacca pure nella tua valigia
Di fustagno le tue carte eloquenti
E sgombra via. Sa d’acre di cipolla
Il tuo parlare. E quando alla verbosa
Tua eloquenza, accetta il mio consiglio
995
E mettilo a profitto.

AVVOCATO
Umilmente
Ringrazio vostra signoria — So bene
Dove trovar stima maggiore.

MONTICELSO
Ed ora
Il mio parlar più semplice e spedito
Dipingerà le tue follie. Sferzare
1000
Voglio il tuo sangue; cosicchè più vivo
Diventi il rosso, onde colori il bianco
Delle tue guance.

VITTORIA
Tu t’inganni. Un sangue
Nobile ecciterai nelle mie vene
Pari, se mi, al sangue di tua madre.

MONTICELSO
1005
(frenandosi)
Io non debbo inveir... finchè le prove
Non ti gridin: “bagascia”! Innanzi a voi,
o nobili signori, ecco una donna
prodigiosa d’ingegno, e, per malvagia
vita, famosa...

VITTORIA
(interrompendo)
Dio! Com’è indicente
1010
Che un reverendo cardinal la faccia
Da mimo, e rappresenti la figura
Di un leguleio.

MONTICELSO
È pronta la tua lingua
Come il mestier che fai... Voi ben vedete
Quanta parvenza di gustoso frutto
1015
Ha questa donna; eppure essa somiglia
Ai pomi che nei campi di Gomorra
Maturano e di Sodoma. Alla vista
Deliziosi son, ma, se li tocchi
Pur con un dito, in polve ed in fuliggine
1020
Rapidi si trasmutano.

VITTORIA
Il contatto
Dei veleni del tuo laboratorio
Altrettanto farebbe.

MONTICELSO
In coscienza
Son convinto di questo: ove ci fosse
Da perdere un secondo paradiso,
1025
costei lo annullerebbe.

VITTORIA
O poverina
Carità, che sei tu? Raro ti ammanti
Di porpora.

MONTICELSO
E vi ha forse alcun che ignora
Come, notte per notte, di vistosi
Cocchi le porte della casa sua
1030
Usavano affollarsi? E, come, a sfida
Con le stelle del ciel, le stanze sue
Sfolgoravan di luci e di splendore,
quando costei, con musiche e banchetti
e con orgie stranissime, le corti
1035
contraffacea dei principi. Da santa
forse allora vivea questa baldracca?

VITTORIA
To’! “Baldracca”! E che è?

MONTICELSO
Vuoi che ti spieghi
Che cosa sia baldracca? Eccomi pronto:
una fedele immagine, un perfetto
1040
ritratto ne farò. Dolci vivande
son le baldracche al primo gusto: il tempo
poi le muta in veleno. Entro le nari
brucian dell’uomo profumi squisiti,
che sono alchimia traditrice: sono
1045
naufragio certo, anche se calmo è il mare.
Che sono le baldracche? Son gl’inverni
Della rigida Russia: senza vita,
sterili, come avesse la natura
obliato la bella primavera.
1050
Sono le incriniture dei contratti:
se una sillaba manca, ecco la legge
per quel rotto s’insinua, e la rovina
l’accompagna. Che sono le baldracche?
Sono delle campane ingannatrici
1055
Che, intonate ad un tono, con la stessa
Nota sonano a nozze e a funerale.
E le ricche baldracche? Son tesori
Che la rapina aduna e il maledetto
Sperpero sciupa. Sono assai peggiori
1060
Dei morti corpi che il chirurgo accatta
Dalle forche, e con essi insegna all’uomo
Quanto l’uomo è imperfetto. Una baldracca?
È una nometa falsa: il reo la stampa
A poi la spaccia; ma chi l’ha da lui
1065
Casca in un mar di guai.

VITTORIA
Un complicato
Ritratto il tuo, confuso assai: non giungo
A capirlo, messer.

MONTICELSO
Tu gentildonna!
Prendi tutte le bestie e i minerali,
strizzane i lor mortiferi veleni...

VITTORIA
1070
(interrompendo)
Strizza pure, ma poi?...

MONTICELSO
Come scaffale
Di farmacia, tu sei fatta ricetto
D’ogni veleno.

AMBASCIATORE FRANCESE
Qual pessima vita
Menò costei!

AMBASCIATORE INGLESE
È ver; ma il cardinale
Fu troppo amaro.

MONTICELSO
Voi sapete dunque,
1075
qual baldracca essa fu; ma poscia al demone
dell’adulterio il demone si aggiunse
dell’assasinio.

FR. DE’ MED.
(a Vittoria)
L’infelice tuo
Marito è morto.

VITTORIA
Or bene, è diventato
Un marito felice. Alla natura
1080
Nulla più deve.

FR. DE’ MED.
Un semplice trastullo
Di un volteggio l’uccise.

MONTICELSO
Fu un tranello
Iniquo. Egli saltò nella sua fossa.

FR. DE’ MED.
E notate prodigio: da un’altezza
Di sei piedi soltanto, ei, così snello,
1085
il collo si fiaccava.

MONTICELSO
Eppur, su molle
Impiantito sbattea.

FR. DE’ MED.
Notate ancora:
perdette immantinenti la parola,
e immantinenti giacque irrigidito,
senza moto vital, come se ucciso
1090
da tre di.

MONTICELSO
Questa donna era sua moglie,
pur, guardatela, venne innanzi a voi,
vestita d’impudenza e d’ironia,
non di gramaglie.

VITTORIA
Se la morte sua
A tempo avessi conosciuta, avrei
1095
Tosto ordinato un abito da lutto.

MONTICELSO
Codesta è furberia.

VITTORIA
Voi svergognate
Il vostro ingegno ed il giudizio vostro
A parlare così. Io mi difendo,
e voi chiamate la difesa mia
1100
furberia, impudenza. Io vo’ da questo
tribunale cattolico appellarmi
a un tribunal dei Tartari incivili.

MONTICELSO
Vedete: ora vitupera la nostra
Procedura.

VITTORIA
Con umile parola,
1105
avvilita qual sono, agli onorandi
ambasciatori residenti, il mio
modesto cor di femmina rivolgo.
Un’accusa mi fanno maledetta
Che mi ferisce l’anima. Per forza,
1110
come Porzia già fece, la difesa
deve assumer l’aspetto di un virile
ardire. Questo è il punto. Se son rea,
tagliatelo dal corpo il capo mio:
noi ci diremo addio da buoni amici,
1115
ma per le vostre o per le altrui preghiere,
sdegno impetrar la vita.

AMBASCIATORE INGLESE
In fè di Dio
Ecco un’anima brava.

MONTICELSO
Bene, bene:
spesso un falso gioiello ai veri toglie
credito.

VITTORIA
No; t’inganni. Tu sai bene
1120
Che tutti i vostri combinati colpi
Sulla miniera dei brillanti miei
Son martelli di vetro che in frantumi
Si ridurranno. Immaginati spettri
Son le mie colpe, demoni dipinti
1125
A sgomento di bimbi. Ma l’età
Per queste sciocche, inutili paure
È trascorsa per me. Quei tristi nomi
Di baldracca e assassina, dalla vostra
Bocca sputati contro vento, il vento
1130
Ve li ricaccia in viso.

MONTICELSO
Ebben, signora,
dà una risposta a questa mia domanda:
chi stava teco, nella casa tua,
in quella notte che il marito tuo
si ruppe il collo?

BRACCIANO
A questa tua domanda
1135
Debbo risponder io. In quella notte
Ci stavo io.

MONTICELSO
Perchè?

BRACCIANO
Per confortarla,
per mettere un assetto nell’azienda
della casa di lei. Perchè all’orecchio
mi era giunto che in debito il marito
1140
fosse con te.

MONTICELSO
Difatti.

BRACCIANO
E si temeva
Che volessi giuntarla.

MONTICELSO
E chi ti elesse
Provveditore di costei?

BRACCIANO
La stessa
Carità che dovria, come da polla
Generosa, sgorgar da tutti i cuori
1145
Nobili e franchi.

MONTICELSO
No; ma fu la tua
Lussuria.

BRACCIANO
Abbaia sempre più stizzoso
Il più codardo can. Birba di un prete!
Discorriamla tra noi, e stammi attento:
stai foggiando una spada di famosa
1150
tempra, lo vedo, ma nel ventre tuo
(si leva)
lo saprò inguainar.

SERVO
(porgendogli il mantello)
Signor, la veste.

BRACCIANO
Tu ti sbagli, cotesta fu mia scranna;
tienla pel tuo padrone. Fra gli arazzi
della casa farà la sua figura.
1155
Un Bracciano non è così mendico,
da involare una scranna in casa altrui.
Stendila sul suo letto, o, qual gualdrappa,
coprine il dorso a questo reverendo
mulo di Monticelso. È intenso? Nemo
1160
impune me lacessit.

(esce)

MONTICELSO
È andato via
Il guardiano tuo.

VITTORIA
Più agio il lupo
Ha di predar.

FR. DE’ MED.
Sicchè, riassumendo,
a me pare che molti e gravi indizi
stanno per l’assassinio, ma la prova
1165
convincente non c’è. Tengo per certo
che in costei non alberga una si nera
alma, da perpretare un si malvagio
fatto di sangue. Non si parli, dunque,
più di assassinio. Rivolgiamci invece
1170
a esaminar l’incontinente vita
di questa donna.

VITTORIA
Sotto le dorate
Pillole che tu m’offri, io ci sospetto
Molto veleno.

MONTICELSO
Or che partito è il Duca
Presento questa lettera. All’estiva
1175
Villa di un farmacista, sulle sponde
Del Tevere, si dettero convegno
Costei e il Duca. Si bagnaro; un pranzo
Sontuoso segui... e poi...ma il resto
Leggetelo da voi. Io n’ho rossore.

(si legge da tutti una lettera)

VITTORIA
1180
Si, fui tentata. Ebben, questo che prova?
La tentazione è forse l’atto? Casta
Est quam nemo rogavit. Ben sapete
Un’infocata proposta di amore,
ma non sapete il gel della risposta
1185
che egli n’ebbe.

MONTICELSO
Assai strano questo gelo
In que’ di di canicola!

VITTORIA
Potete
Voi condannarmi, se il Duca si accese
Di amor per me? Così, se un mentecatto,
vista una cristallina onda corrente,
1190
vi salti e anneghi, voi condannereste
quell’onda lusinghiera.

MONTICELSO
È proprio vero!
Annegavasi il Duca!

VITTORIA
Ora, sommate
Tutti i miei falli: è la bellezza mia,
è il mio cuore giocondo... è il mio gagliardo
1195
stomaco...sono gli abiti vistosi
che indossavo... son questi i falli miei.
In verità, signor, se tu tirassi
Contro le mosche colpi di pistola,
più nobile saria lo spasso tuo.

MONTICELSO
1200
Proprio bene!

VITTORIA
Ma prendi la tua via
Con fermezza, una volta. Cominciasti
A farmi da tutore; ora mi sembra
Che tu struggi a disfarmi. Ho case ancora,
qualche gioiello e qualche rimasuglio
1205
di doppie crociate. Se pietoso
ti può far tutto questo, e tu lo prendi.

MONTICELSO
Se il demonio prendesse umana forma...
Ecco il ritratto suo.

VITTORIA
Be’l questa sola
Virtù ti resta ancor, che non mi aduli.

FR. DE’ MED.
1210
Chi recò quella lettera?

VITTORIA
Non posso
Esser costretta a dirlo.

MONTICELSO
Il signor Duca
Non ti mandava, addi dodici agosto,
mille ducati?

VITTORIA
Sì; per riscattare
Tuo cugino dal carcere.

MONTICELSO
Piuttosto
1215
Per compensar la tua lussuria.

VITTORIA
Solo
Tu dici questo. Or bene, accusatore,
discendi da quel seggio e le tue prove
vieni a spacciarle qui. Le vaglieranno
questi signori. Se le orecchie tue
1220
fossero intelligenti e tu cortese
verso di me, se veritiera fosse
la lingua tua, mio signor cardinale,
potresti sciorinarli i miei pensieri
ad alta voce, a tutti, al mondo intero,
1225
ch’io non ci baderei.

MONTICELSO
Tiriamo via.
Dopo quel vano tuo pranzo glorioso
Voglio offrirti una pera che ti annodi
E ti stringa la strozza...

VITTORIA
Fu innestata
Da te cotesta pera?

MONTICELSO
Dai Vitelli
1230
Onorata famiglia di Venezia,
tu nascevi. Ora volle un triste fato
che ti sposasse mio cugin (quell’ora
sia maledetta!) Ti sposò? Comprotti
da tuo padre.

VITTORIA
Davvero?

MONTICELSO
In sol sei mesi
1235
Ei sperperava ben dodici mila
Buoni ducati, mentre tu per dote
Non gli recavi un giulio. Sì; la merce
Comprata era robetta assai ragnata
Ed un baiocco non valea; pur io
1240
Chiusi gli occhi su questo. Ma una fama
Di lasciva godesti al tuo paese
E qui l’hai conservata.

VITTORIA
Mio signore...

MONTICELSO
Stai a sentire: avrai tutto il tuo tempo
Per le due ciarle. Il Duca di Bracciano...
1245
Io non fo che ridir quanto a Rialto
Sanno e dicono tutti...T’hanno messa
In canzone...E persino sulle scene
T’avrebbero cacciata, ove di amici
Mancasse il vizio... Contro te Fiaminio
1250
E contro te, Marcello, il tribunale
Nulla trovò... Finora...; ma potrebbe
Sentir bisogno di citarvi ancora.
Chi malleva per voi?

FR. DE’ MED.
Io per Marcello.

FIAMINIO
E il Bracciano per me.

MONTICELSO
Per te, Vittoria,
1255
sono così notorie le tue colpe,
è così grave il tuo stato presente,
che non ci ha luogo la pietà. La tua
corrotta vita, la bellezza tua
son presagi di lutti; e son fatali
1260
come ai re le comete. Ecco la tua
condanna. Sarai chiusa in una casa
di convertite...tu...la tua mezzana...

FIAMINIO
(a parte)
Mezzana? Chi?

MONTICELSO
La Mora.

FIAMINIO
Questa volta
L’ho fatta franca.

VITTORIA
Dite: questa casa
1265
Di convertite che cos’è?

MONTICELSO
Un ospizio
Di bagasce pentite.

VITTORIA
Voi l’avete
Edificata per le mogli vostre,
o nobili di Roma. Ma non sono
moglie romana io, nè condannare
1270
voi mi potete a vivere con esse.

FR. DE’ MED.
Abbi pazienza.

VITTORIA
Abbi vendetta, gridami:
se guastate così l’anima vostra,
da che sperate la salute eterna?
Da parenti di Curia?

MONTICELSO
Fuori! Fuori!
1275
Conducetele via!

(i donzelli afferrano Vittoria)

VITTORIA
Al ratto! Al ratto!

MONTICELSO
Ma che grida costei? Al ratto? Come?

VITTORIA
Voi l’avete stuprata la giustizia!
Voi la state sforzando al piacer vostro!

MONTICELSO
È impazzita!

VITTORIA
Se un farmaco ti apprestino
1280
Da cui speri salute, ch’ei si cangi
In veleno e ti uccida. Che ti possa,
mentre siedi lassù, la tua saliva
soffocare!

MONTICELSO
È una furia!

VITTORIA
Possa il giorno
Del giudizio final così trovarti
1285
Come sei ora, e poi lasciarti il demone
Che fosti in vita. Insegnatemi voi,
sanguisuge malvage, la parola
del tradimento. Ahimè! Non ha la donna
che la sua lingua –un’arme senza punta-
1290
per le vendette sue. Pure non una
lacrima, innanzi a voi, io piangerò,
per implorare la giustizia vostra.
E or, menatemi pure a quella casa...
Qual è il suo nome attenuato?

MONTICELSO
Casa
1295
Di pentite.

VITTORIA
Non più sara chiamata
Delle pentite. La farò più sacra
Del palazzo del Papa, e maggior pace
Vi godrò che non ha l’anima tua,
sebben tu sii un cardinale. Sappilo
1300
questo, e n’abbi dispetto: un diamante
splendere suole di più viva luce
se una profonda tenebra lo avvolge.

(escono Vittoria, l’avvocato accusatore, le guardie, rientra Bracciano)

BRACCIANO
(a Fr. De’ Med.)
Ed or noi due siamo di nuovo amici:
stringere ci vogliam, sopra la tomba
1305
di un amico la man: quel santo luogo,
simbolo vero di sicura pace,
ogni odio smorzerà.

FR. DE’ MED.
Che intendi dire?

BRACCIANO
Che trarre sangue da cotesta amata
Faccia tua più non voglio. N’hai versato
1310
Già troppo. Addio!

(esce)

FR. DE’ MED.
Strane parole queste,
il cui senso remoto io non capisco.

FIAMINIO
(a parte) Bravo! È la prefazione all’annunzio della morte della Duchessa. Va per la spiccia lui! Quanto a me, poichè non posso simulare un miagolio di angoscia per la morte della mia signora, vo’ fingere di esser preso da un umore da pazzo per la disgrazia di mia sorella. Così scamperò dalla noia delle domande oziose. La lingua del tradimento ha una strana paralisi! Io parlerò ad ogni uomo, non porgerò orecchio ad alcun uomo, e per qualche tempo, voglio sembrare un pazzo politico.

(entrano Giovanni, figlio d’Isabella, il conte Ludovico a cortigiani)

FR. DE’ MED.
(a Giovanni)
Come, nobil cugino? Questa nera
Veste perchè?

GIOVANNI
Sì, zio. M’hanno insegnato
Ad imitar le tue virtù finora,
1315
e mi ci son provato. Or devi tu,
nelle tue vesti, le gramaglie mie
e me imitare. La mia dolce madre
È...

FR. DE’ MED.
Come? Dove?

GIOVANNI
Io non l’ho detto;
non volerla con me.

LUDOVICO
Sì, dessa è morta,
1320
o mio signore.

FR. DE’ MED.
Morta!

MONTICELSO
Benedetta
Sii tu, signora! Sopra i tuoi dolori
Ora tu sei!

GIOVANNI
Che fanno i morti, zio?
Non mangian essi e giocano e son lieti
Come noi che viviamo? Si divertono
1325
Con la caccia... la musica?

FR. DE’ MED.
No, caro:
essi dormono.

GIOVANNI
Dormono? Vorrei
Essere morto anh’io. Sono sei notti
Che non posso dormir. E quando, zio,
si sveglieranno?

FR. DE’ MED.
Quando vorrà Dio.

GIOVANNI
1330
Lascia pure che dorma la mia mamma,
O Dio del Ciel! L’ho vista cento e cento
Notti vegliare e piangere. Il cuscino
Su cui posava la sua testa bella
S’impregnava di lacrime. Io mi dolgo
1335
Con te, mio zio. Furono assai crudeli
Costoro, appena morta. In un lenzuolo
Di piombo l’hanno avvolta e di baciarla
Impedirono a me.

FR. DE’ MED.
L’amavi assai?

GIOVANNI
Fu lei che mi amò molto: del suo seno,
1340
come le principesse usan di raro,
volle nutrirmi; ond’io anche per questo,
molto l’amavo.

FR. DE’ MED.
Sol questo fanciullo
Di te mi resta, o povera sorella.
Per amore di Dio, nelle sue stanze
1345
Menatelo.

(Giovanni è menato via)

MONTICELSO
Signor!

FR. DE’ MED.
Non sono omai
Che la tomba di lei. La sua memoria
È in me sepolta, e vi starà per sempre.

(escono Monticelso e Fr. De’ Medici, rientra Fiaminio quasi fuor di sè)

FIAMINIO
Risentiam le percosse come il duro
Acciaio, ovver l’incudine le sente,
1350
finchè il dolor non fa sentir più pena.
Chi mi farà giustizia ora? Ed è questo il termine del mio servizio? Voglio piuttosto mettermi a divellere aglio, o a viaggiare per la Francia e farmi lo stalliere di me stesso, o portare per camicia una pelle di pecora, scarpe che puzzino di negrofumo, esser allistato nella nota de’ quarantamila rivenduglioli polacchi.
(rietrano gli ambasciatori)
Mi foss’io infradiciato in qualche casa di chirurgo, edificata saldamente con i guadagni fatti durante la peste, prima di entrare al servizio di Bracciano.

AMBASCIATORE DI SAVOIA
Tu meriti qualche compassione.

FIAMINIO
Le tue parole di compassione sono come gocce di miele: gradite alle bocche sane, ma dalla mia che è ferita, vanno giù come se vi fosse mischiato il pungiglione dell’ape: oh! Essi hanno conseguito i loro fini con tanta furberia, da far parere di aver agito senza malizia. In faccende simili gli uomini di stato imitano il demonio, come il demonio imita il cannone: dovunque va per compiere qualche misfatto, cammina con le spalle volte indietro, verso di te.

AMBASCIATORE FRANCESE
Pure le prove erano evidenti.

FIAMINIO
Prove? Fu corruzione! Qual Dio sei tu mai, o oro! E qual demonio sei tu, o uomo, che ti fai tentare da questo maledetto minerale! Tu, leguleio, carico di tutte brame, lo agogni; i miserabili ne diventano spie, così naturalmente come i vermi si cambiano in mosche. Però o con gli uni o con le altre si possono pescare i carpioni. Un cardinale! Vorrei che mi udisse: nulla vi ha di così santo, che il danaro non lo corrompa e lo imputridisca, proprio come avviene de’ cibi sotto l’equatore. In Inghilterra tu sei felice, mio signore; colà si vende la giustizia con la stessa efficacia con sui si spingono gli uomini alla forca.

AMBASCIATORE INGLESE
Vergogna, vergogna, Fiaminio!

(gli ambasciatori escono)

FIAMINIO
Già, le campane non sonano mai bene se non quando sono pienamente in alto, ed io ho la speranza che mai il cardinale avrà la grazia di pregar bene, se non quando giunga a pie’ del patibolo. Se essi fossero messi ora alla tortura per far che rivelino i sozi della loro combriccola –ma nobili vostri hanno il privilegio di non essere torturati- Religione, oh! Come s’intruglia essa con la politica! Il primo sangue versato nel mondo fu per la religione. Oh! Foss’io un Giudeo!

MARCELLO
Oh! Ve ne sono anche troppi!

FIAMINIO
Tu sei in inganno: non vi sono abbastanza Giudei, nè abbastanza preti, nè abbastanza gentiluomini.

MARCELLO
Come?

FIAMINIO
Te lo provo: se ci fossero abbastanza Giudei, molti cristiani non sarebbero usurai; se abbastanza preti, non si vedrebbe che un solo ha molte prebende; se abbstanza gentiluomini, tanti funghi primaticci, la cui nascita e crescenza è da letamai, non aspirerebbero a diventar gentiluomini. Addio! Lascia che altri viva di elemosina; sii tu uno di loro, o, come Wolner, fa il mestiere d’inghiottire ogni cosa che ti venga data. Ma avverti di prendere qualche purga che ti metta appetito, come avviene dopo l’opra nelle fosse dei segatori. Ed ora vado a udire gli stridi del gufo.

LUDOVICO
(che, stando da parte, ha udito)
Fu questi il galeotto di Bracciano;
ed è una cosa strana che, in sí nota
reità della adultera sorella,
egli osì dar la stura a de’ pensieri
1355
sì scandalosi! Ho da tenerlo d’occhio.

(rientra Fiaminio)

FIAMINIO
Com’è che ardisce ritornare a Roma
Questo conte bandito? Il suo perdono
Non è ancor pronunziato. E m’hanno detto
Che la morta Duchessa gli concesse
1360
Una pensione e ch’ei venne da Padova
In compagnia del principe. Qualcosa
Questo vuol dir. Ma i fisici dottori,
quando i veleni stan manipolando,
pensano sempre a preparar con cura
1365
i lor contravveleni.

MARCELLO
Oh! Guarda quale
Strano incontro!

FIAMINIO
(a Ludovico)
Trasmuta la tua bile
In veleno l’Iddio della tristezza.
Così le rughe sulla faccia tua
Si stendon come stimate d’infamia,
1370
come vedian nelle maree rubeste
frangersi, sopraffarsi impetuose
le ondate.

LUDOVICO
Grazie, o mio compagno. Branno
Liberalmente che per tutto l’anno
Durin per te, per tuo vantaggio, i giorni
1375
Canicolari.

FIAMINIO
Come, gracchia il corvo?
È dunque morta la buona Ducchessa
Nostra?

LUDOVICO
È morta!

FIAMINIO
Qual fato! Le disgrazie
Giungono, come ai giudici le brighe,
a folla a folla.

LUDOVICO
Non potrem noi due
1380
Diventar casigliani?

FIAMINIO
Contentone!
Creeremo con questo un’insociabile
Società.

LUDOVICO
Sederem tre giorni interi
A cicalar.

FIAMINIO
A falsar le facce nostre,
ed a dormir sotto le nostre gonne.

LUDOVICO
1385
E per cuscini usar mucchi di stecchi.

FIAMINIO
E di pidocchi.

LUDOVICO
Giacer entro lenzoli
Di taffettà. Sarebbe una delizia
Starsi a dormire tutto il giorno.

FIAMINIO
Come
Suole dormir la lepre melanconica
1390
Per poi cibarsi dopo mezzanotte;
ma guarda di là oltre; ecco quel paio
come attento ci osserva! Ha, ha, ha! Perdinci!

LUDOVICO
Che strana creatura è quando ride
Un pazzo. Par qual se creato fosse
1395
L’uom non per altro che a mettere in mostra
I suoi denti.

FIAMINIO
Ti debbo questo dire:
saria bene, se, invece d’uno specchio,
al sorgere del giorno, si assettasse
sul viso di ciascuno una salsiera
1400
con congelato sangue di una strega.

LUDOVICO
Il prezioso mascalzon che sei!
Non ci vogliam divider mai.

FIAMINIO
No, mai,
infino a quando la pezzenteria
de’ cortigiani, ovvero il malcontento
1405
de’ preti, o de’ soldati l’indigenza
o di quelli che pendono legati
peggio che alla tortura, sotto il mozzo
più basso della rota di fortuna:
alle nostre due vite abbiam mostrato
1410
come ha da farsi ad iscornar cotesto
mondo che i mezzi di viver ci nega.

(entrano Antonelli e Gaspero)

ANTONELLI
(a Ludovico)
Buone notizie, o mio signore. Il Papa
È sul letto di morte, e, a premurosa
Istanza del Granduca di Firenze,
1415
ha sottoscritto il tuo perdono.

LUDOVICO
Grazie
Per le notizie tue. Guarda, Fiaminio,
eccoti il mio perdono.

FIAMINIO
E perchè ridi?
Non c’era questo patto nell’accordo
Fatto tra noi?

LUDOVICO
Ah! Sì?

FIAMINIO
Non devi tu
1420
Apparir più di me pago e contento:
il nostro scopo tu lo sai; se vuoi
apparir più festoso, prendi almeno
l’aria e la posa di qualche grand’uomo
che si goda a guardare il suo nemico
1425
mentre che è giustiziato. E invero
questo saria per te, proprio un sollazzo;
e il mostreresti con la faccia cinica
di un politico sere.

LUDOVICO
Una dannata
Puttana è tua sorella.

FIAMINIO
Ah! Sì!

LUDOVICO
Pon mente;
1430
te lo dico ridendo.

FIAMINIO
E pensi sempre
Di ridirlo di nuovo?

LUDOVICO
Hai tu premura
Di udirlo ancor? Vendimi un quarant’once
Del sangue suo: vorrei l’erba mandragora
Innaffiarvi.

FIAMINIO
O mio povero sere,
1435
tu ti votasti a vivere una vita
di pidocchioso.

LUDOVICO
Sì?

FIAMINIO
Pari ad un uomo
Che si è giocata la luce del giorno
Per i debiti fatti.

LUDOVICO
(ridendo)
Ha, ha!

FIAMINIO
Non molto
Mi meraviglio, del patto che hai rotto:
1440
da tempo assai la vostra signoria
divenne dotto in questo. Ma vo’ dirti...

LUDOVICO
Che cosa?

FIAMINIO
Un qualche cosa che ti stampi
Sul viso un marchio che vi resti sempre.

LUDOVICO
Quanto amerei conoscerlo!

FIAMINIO
Quel riso
1445
È una macchia di lebbra alla tua faccia;
se di melanconia non vuoi saperne,
monta in collera almeno.
(percote Ludovico)
Ed or son io
Quello che rido.

MARCELLO
Questo è assai mal fatto,
vieni via, su, per forza.

LUDOVICO
Giù le mani.
(Fiaminio e Marcello escono)
1450
Sarò sempre costretto a vendicarmi
Di questo ruffiano.

ANTONELLI
Mio signore!

LUDOVICO
Per la mia morte! Come la mia spada
Potè fallirlo? Questi farabutti
Cui la vita è di peso, scampan sempre
1455
Dai più grandi perigli. Che la peste
Piombi su lui! La sua riputazione
E la bontà della famiglia sua
Non valgon la metà del terremoto
Che m’ha percosso. Un fulmine m’è parso
1460
Quel suo pugno.

GASPERO
Si vede.

LUDOVICO
Mai maestro
Di scherma m’insegnò simile botta.
Ma vo’ dimenticarlo: andiamo via
Mi farà ben di bere un po’ di vino.

(escono)

SCENA VII

(Roma – Palazzo di Francesco de’ Medici)
MONTICELSO, FRANCESCO DE’ MEDICI

MONTICELSO
Vieni, vieni, o signore: gl’impigliati
1465
Tuoi pensieri distriga e il disnoda
Come trecce di sposa. Avvelenata
Fa tua sorella!

FR. DE’ MED.
Dai pensieri miei
Sta lontano il desio della vendetta.

MONTICELSO
Sei tu ora di marmo?

FR. DE’ MED.
E che? Dovrei
1470
Sfidar colui e far gravar sul collo
Dei miei poveri sudditi, per tanti
Aggravi ora gementi, un’altra guerra
Che non potrei quetare a voler mio.
Oh! Tutti gli assassini ed i saccheggi
1475
Ed i furti commessi nell’orrenda
Libidin d’una guerra, chi per primo
La mosse ingiustamente, sulla tomba
Poi li ritrova e li trasmette ai figli.

MONTICELSO
Non questa strada ti consiglio. Guarda
1480
Il mio contegno e imitalo. Il cannone
Non è il solo a distrugger le difese;
ma più d’esso le mine. I torti tuoi
non li mettere in mostra; sii paziente
come fa la testuggine: cavalchi
1485
pure questo cammello sul tuo dorso
senza che il franga; fingi di dormire
come suole il leon, quando permette
ai folli topi di scherzar tra i suoi
sopraccigli, finchè giunga il momento
1490
di ghermirli e di ucciderli. Colui
devi guardar chiudendo un occhio, come
sogliono far tutte le belve astute
per ispiare l’agognata preda.

FR. DE’ MED.
O tu, innocenza mia, dai tradimenti
1495
Libera me! So ben che, su, lontano
Dagli occhi nostri, mugghia il tuono; io voglio
In sicurtà menar la vita e a quelli
Che aspirano a salir sopra le vette
Piegare le ginocchia. Oh! Io so bene
1500
Che il tradimento tesse la sua tela
Come i ragni alle mosche, infin che, colti
Nel lor folle lavor, vengono uccisi.
Smettiam questi pensieri. O mio signore,
ei mi fu detto che possiedi un libro
1505
nel qual tu hai segnato tutti i nomi
de’ più noti furfanti del paese.

MONTICELSO
Sì; l’ho, signor. Lo dicono taluni
Il libro nero, e il titol gli conviene;
ché, sebben non insegni la malvagia
1510
arte del tradimento, pur di molti
demoni i nomi vi stanno in agguato.

FR. DE’ MED.
Prego, fammel veder.

MONTICELSO
Vado a cercarlo.

(esce)

FR. DE’ MED.
Non ho di te fiducia, o Monticelso.
I miei disegni son così gelosi
1515
Qual di un forte assediato. Quel che penso
Di far, non giungi a intender tu. Se presto
S’infiamma, presto spegnesi la teda
Fatta di lino, ma se l’or si scalda
Lentamente, conserva il suo calore
1520
Ben lungo tempo.

(ritorna Monticelso con in mano un libro)

MONTICELSO
È questo, o mio signore.

FR. DE’ MED.
Prego, fammi veder prima le spie.

MONTICELSO
Stranamente cresciute son di numero;
e v’è qualcun creduto un uomo onesto.
Poi vengono i ruffiani ed i ribaldi
1525
Di tutte specie. Studia gl’inquilini
Delle carceri tutte e non verrai
A conoscerne tanti. Usalo, prego.

FR. DE’ MED.
Sicuramente vostra signoria
È un degno membro dello stato: hai reso
1530
Un prezioso servigio, rivelando
Tutti questi offensori delle leggi.

MONTICELSO
Sì, qualche cosa ho fatto; ma, o signore,
ora debbo lasciarti.

FR. DE’ MED.
Caramente
Ti ringrazio, mio sir. Se nella corte
1535
Ti domandan di me, puoi dir davvero
Che m’hai lasciato in compagnia di tristi.
(Monticelso esce)
Guarda l’uso malsano che de’ libri
Fanno taluni! Il chiericato, spinto
Da sanguinose fazioni, snuda
1540
Spade, suscita guerre ed ogni cosa
Buona sovverte. Or ben, la mia vendetta
Vuol più serio esemplare – Della mia
Sorella debbo richiamare il viso
Guardando il suo ritratto? No: le forme
1545
Di lei voglio evocar, solo pensando
Attesamente a lei, ad occhi chiusi,
e dolorando. Eccola innanzi a me...
(comparisce lo spettro d’Isabella)
Ecco, or la tengo. Assai gagliardamente
O fantasia, lavori! E come mai
1550
Inesistenze tu modelli? Innanzi
Viva mi sta! Se la veloce idea
Del mio spirito avesse un’adeguata
Perizia d’arte, la potrei dipingere
Come uno scaltro giocolier: la mente
1555
Vuole indagar di quanto ora mi avviene
Nelle forze che son sopraterrene
La ragione; però l’origin sua
È ben volgare: nella mia tristezza,
in questa malattia che mi consuma
1560
la sua causa si trova. Orsù, da morte,
dimmi, come sorgesti? – Oh! L’indolente
ch’ora mi mostro, rivolgendo in mente
queste domande all’indolenza mia!
Sognò l’uomo finora stando sveglio
1565
Un sogno pari a questo? Sia rimosso
Questo obietto da me; dal mio cervello
Sia discacciato! Che cosa ho da fare
Io con letti di morte, con sepolcri,
con funerale e lacrime? Pensare
1570
alla vendetta debbo.
(lo spettro svanisce)
Ecco è svanita,
come la fiaba d’una vecchia moglie.
Gli statisti confessan che sovente
Veggon visioni più strane che i pazzi.
Andiamo, su! Mettianci alle importanti
1575
Nostre faccende – Questa mia tragedia
Non dev’esser però senza una qualche
Allegrezza. Se no, non passerà.
Ecco, in amor son io: sono in amore
Con cotesta Vittoria Corombona.
1580
E la mia corte voglio farle in versi,
ancorchè zoppicanti. Raramente
mi ci sono provato.
(scrive)
Ecco il destino
De’ principi! Son io finor vissuto
Sempre e sempre fra tanti adulatori,
1585
si ch’ora che son sol, da me mi adulo.
Ma questo servirà.
(entra un servo)
Delle pentite
Reca alla casa questo figlio, e bada
Di consegnarlo proprio nelle mani
Di Corombona, ovver della Priora,
1590
quando vi sia qualcuno de’ seguaci
di Bracciano. Va’ via.
(il servo esce)
L’anima ha vuota
Chi vuol compiere tutto con la forza.
Quando la testa drizzasi ad un fine
Ogni membro del corpo ha da seguirla.
1595
L’anima esecutrice d’ogni cosa
Sarà l’audace conte Ludovico;
ma ci vorrà dell’oro per servirsi
di un ordigno siffatto. Già, nessuno
adescò mai col pugno vuoto un falco.
1600
Ed or, Bracciano, a noi. Eccomi pronto
A star di fronte a te. Come il selvaggio
Irlandese dicea, soltanto allora
Che al calcio giocherò con la tua testa,
crederò che sei morto veramente.
1605
Flectere si nequeo superos, Acheronta
Movebo.

SCENA VIII

Roma – Una stanza nella casa delle Convertite
PRIORA, FIAMINIO

PRIORA
Se il Duca risapesse le frequenti
Visite a tua sorella imprigionata,
forse me ne verria molto periglio.

FIAMINIO
1610
Stai pur senza sospetti. Il Papa giace
Nel suo letto di morte, e tutti attorno
Han le teste turbate, e ad altro intense
Che a far la guardia a una signora.

SERVO
Veggo
Che là oltre Fiaminio e la Priora
1615
Conferiscon tra loro.
(si avanza e dice alla Piora)
Mi permetta
Con lei poche parole. Ho da pregarla
Di consegnare alla bella Vittoria
Questa lettera.

PRIORA
Sì, consegnerolla.

SERVO
Con ogni diligenza e segretezza;
1620
poi tornerò per ringraziarla ancora
di questa cortesia.

(il servo esce)

FIAMINIO
Come? Che c’è?

PRIORA
È una lettera.

FIAMINIO
Ed è per mia sorella,
voglio vederla consegnar.

(entra Bracciano)

BRACCIANO
Che cosa
Stai leggendo, Fiaminio? Ahimè!
(legge la soprascritta “Alla molto sventurata e molto rispettabile Signora VITTORIA COROMBONA”)
Chi era
1625
Il messagger?

FIAMINIO
Non lo conosco.

BRACCIANO
No?
Chi l’ha mandato?

FIAMINIO
Ma perdio! Tu parli,
come se un uom potesse indovinare
qual cacciagione sta sepolta sotto
una schiacciata cotta al forno, prima
1630
ch’altri l’abbia scalcata.

BRACCIANO
Voglio aprirla,
fosse il cuore di lei! Ecco; è firmata
Fiorenza! Questo intrigo è grossolano
Ed evidente; ma scoperto ho alfine
Questo brutto maneggio.
(consegnando la lettera aperta a Fiaminio)
Leggi, leggi.

(Fiaminio legge)

FIAMINIO
1635
“In trionfo mutar voglio il tuo pianto
Se vieni a star con me,
or sei deserta e il tuo sostegno è infranto,
o vite, amor di principi e di re.
Tu avvizzirrai, tu morirai di stento
1640
Imprigionata qui;
sostienti sulla mia chioma d’argento,
sarai ricca, vivrai felice i di.
Le corone di salice piangente
Non mi convengon più:
1645
principi e dii però son della gente
che non perdono mai la gioventù.

FIAMINIO
Straccia cotesto foglio! Che la peste
Caschi sopr’esso. Per amor di Dio,
non mettiamci a creare altri ateisti.

BRACCIANO
1650
Morte di Dio! È lei che lacerare
Voglio a brani; è su lei, sul corpo suo,
sulle sue ciglia che voglio far scorrere
l’irregolar vento del Nord. Or dove
è cotesta sgualdrina?

FIAMINIO
Ma perchè
1655
Or la chiami così?

BRACCIANO
Se potess’io
Or folle diventare e prevenire
Il mal che essa mi apporta e che mi rende
I capelli caduchi! E dov’è dunque
Questo straccio si pronto a scolorire?

FIAMINIO
1660
Ha già sott’acqua orecchie e testa, e posso
Assicurarti che non vuol patire
Questi tuoi portamenti.

BRACCIANO
No, ruffiano?

FIAMINIO
Perchè così mi chiami? Sono forse
Un tuo cane?

BRACCIANO
Sì; bene un can da sangue.
1665
Ardisci tu bravarmi e collocarti
Contro di me?

FIAMINIO
Contro di te? Ma lascia
Che corran via color che son malati;
non ho bisogno di calcina.

BRACCIANO
A calci
Vuoi che ti prenda?

FIAMINIO
E a te che il collo infranto
1670
Ti sia! Non siamo in Russia, o caro duca!
La pelle mia deve serbarsi intera.

BRACCIANO
Non mi consci tu?

FIAMINIO
Sí, ti conosco,
e metodicamente, o mio signore:
vi è dei malanni di diverso grado
1675
in questo mondo, e v’è anche demoni
di differente grado. Tu sei duca,
io sono un tuo modesto segretario,
ed ogni giorno ho innanzi agli occhi miei od un fico spagnolo, o un’insalata italiana.

BRACCIANO
Smetti la tua ciarla.

FIAMINIO
Tutta la tua cortesia verso di me è simile a quella di Polifemo verso Ulisse: mi riserbi ad essere mangiato per ultimo. Tu vorresti scavare dalla mia fossa delle erbicine per nutrire le tue allodole. E questo sarebbe una musica per te. Vieni, voglio condutti a lei.

BRACCIANO
Vuoi tu starmi a fronte?

FIAMINIO
Io non vorrei andare contro un nemico politico con le spalle rivolte a lui, anche se dietro a me ci fosse un uragano.

(entra Vittoria)

BRACCIANO
Puoi tu legger, signora? Guarda questa
Lettera: non vi sono geroglifici
1680
Nè figure simboliche: non devi
Facci su dei commenti. Io sono omai
Riscotitor delle lettere tue.
Per Dio! Diventerai gran brava dama
E superba. Or non sei che una sgualdrina.

VITTORIA
1685
Che dici, sire?

BRACCIANO
Vieni, andiam nel tuo
Gabinetto, vediam quanto tesoro
Di lettere d’amor tu ci conservi.
Morte e Furie! Vederle tutte voglio.

VITTORIA
No, per l’anima mia! Non n’ho nessuna.
1690
Chi questa ti mandò? Fiorenza! È questo
Un traditor tranello, o mio signore;
egli non mai mostrossi innamorato
di me, nè io giammai mostraimi a lui
innamorata, nemmanco per sogno.

BRACCIANO
1695
Proprio così! È un traditor tranello
La tua bellezza! Dieci mila volte
Sia essa maledetta! M’hai menato
Ad eterna ruina, accompagnato
Da musica e da fior, come un pagano
1700
Sagrificio – La donna è all’uomo un Dio,
oppure un lupo.

VITTORIA
Mio signor!

BRACCIANO
Saremo
Sempre divisi, come due diamanti
Incapaci di unirsi. Or, perchè piangi?
Vuoi suscitar con le finzioni tue
1705
Dieci false parvenze? È la tua merce.
Bene; ti fornirò di funerali
Irlandesi con tutti i lor selvaggi
Ululati.

FIAMINIO
Signor, basta.

BRACCIANO
Che sia
Maledetta la mano che coprii
1710
Con de’ baci d’amore! O mia duchessa
Dolce, con affezione or ti ricordo!
Ma, come argento vivo, i miei pensieri
Allor si frantumavano. Stregato
Io era allor. Lo sai, che tutto il mondo
1715
Parla or male di te?

VITTORIA
Ciò non m’importa:
or tal vita vivrò, che tutto il mondo
si disinganni e muti il suo parlare.
Hai nominato la duchessa?

BRACCIANO
Iddio
Perdone a me la morte sua.

VITTORIA
Che Iddio
1720
Su te punisca la sua morte, o duca
Senza Dio!

FIAMINIO
Ed or son fra due furioso
Uragani!

VITTORIA
Da te che cosa mai
Ho guadagnato altro che infamia? Pensa:
l’immaculato onor della mia casa
1725
tu lo macchiasti, tu di là cacciasti
la società de’ miei nobili amici:
così color che affetti da paralisi,
e che tengonsi attorno puzzolenti
volpi, fuggiti son da chi più fine
1730
e delicate ha le narici. Dimmi:
come tu chiami questa casa? È questo
il tuo palazzo? I giudici una casa
di bagasce pentite l’hanno detta.
Chi m’ha cacciato in essa? Chi i’onore
1735
Ha di avere mischiata a tal convegno
D’impudiche Vittoria? Non sei tu?
Non è opera tua questa sì alta
Preferenza? Va’ pure a millantarti
Fra le tante signore ch’hai distrutte
1740
Come hai fatto di me. Addio, signore:
fa ch’io non oda più il tuo nome. Un brano
di me ebbi da un’ulcere distrutto,
ma ora l’ho reciso. Al cielo or voglio
piangendo, e con le grucce, incamminarmi.
1745
Tutto i tuoi doni renderotti. Oh! Fossi
Il carnefice tu de’ miei peccati!
Potessi in questo istante entro una fossa
Buttare me. Ma tu, per quel che merti,
non una sola lacrima versare
1750
più mi vedrai. Voglio scoppiar piuttosto.

(si butta sur un letto)

BRACCIANO
Bevvi or l’onda di Lete, o mia Vittoria,
O tu d’ogni delizia la più cara,
tu, Vittoria. Perchè tanto dolore?
Perchè piangi?

VITTORIA
Non vedi che rimpiango
1755
I pugnali?

BRACCIANO
Non sono miei questi occhi
Che non hanno gli uguali? Non è mio
Questo labbro?

VITTORIA
Vorrei piuttosto morderlo
Che darlo a te.

FIAMINIO
Ma guarda il mio signore,
buona sorella.

VITTORIA
Via di qua, ruffiano!

FIAMINIO
1760
Ruffiano! Son io forse l’autore
De’ tuoi peccati?

VITTORIA
È certo un vil ladrone
Chi un ladrone introduce alla tua casa.

FIAMINIO
Siamo buttati al vento tutti e due,
o mio signore.

BRACCIANO
Ascolta. Se una sola
1765
Volta geloso fui di te, ti dica
Questo che grande è l’mor mio. Non mai
Sarò geloso un’altra volta.

VITTORIA
O folle,
la tua grandezza ti travia lo spirto!
Osi voler quel ch’io soffrir non voglio:
1770
ch’io duri sempre la sgualdrina tua!
Meglio accendere un foco in fondo al mare
Potrai che questo.

FIAMINIO
Per amor di Dio!
Non fate giuramenti!

BRACCIANO
Ma non vuoi
Udirmi?

VITTORIA
No.

FIAMINIO
Qual fetido marciume
1775
È il voler d’una femmina! Strizzarlo
A nessuno è possibile. Signore,
qual vergogna è la tua! Debbon le donne
essere prese come le testuggini,
voltandole di schiena. Su, sorella:
1780
per questa mano! Al fianco tuo son io.
O mio signor, qual credenzon tu fosti!
Come potesti credere che il duca
Di Firenze l’amasse? Hai tu veduto
Comprare ancor da un merciaiol chi un tempo
1785
Stoffa n’ebbe ragnata e insudiciata?
Nondimeno, o sorella, questa rude
Ostinatezza tua mal ti conviene.
A lunga fuga i giovani leprotti
Resiston male, e ancor così dovrebbe
1790
Essere l’ira delle donne: un breve
Divagamento, e poi finirla: il pianto
Di un quarto d’ora, e poscia accovacciarsi.

BRACCIANO
E dovran gli occhi miei, che sul tuo viso
Si son posati per sì lungo tempo,
1795
restar privi di te?

FIAMINIO
Nessuna dama
Proprietaria di terre e di castella
Parlerebbe così con un castaldo.
Prendi la man di lei e dalle un bacio,
o mio signore, e tien salda la presa;
1800
non far come i furetti che la lasciano
alla prima minaccia.

BRACCIANO
Qua la mano
Diritta.

VITTORIA
Via di qua.

BRACCIANO
Ma in simil colpa
Più non cadrò per rabbia, nè per vino
Che mi renda dimentico di tutto.

FIAMINIO
1805
Questa è la buona via: tientici saldo.

BRACCIANO
Facciam la pace e poi venga il cannone
A minacciarmi.

FIAMINIO
Nota il pentimento
Del mio signor: son l’indoli migliori
Che agli errori più grossi sono tratte:
1810
se sono vinte dalla gelosia.
Succede lor quel che ai gagliardi vini
Suole avvenir, che nel più forte aceto
Morendo si trasmutano. Sai bene
Che più rude e rabbioso il mar si mostra
1815
Che le calme paludi; ma son queste
Men piacenti e men sane: acqua tranquilla
Suole scorrere cheta e un colpo buono
Allora si può far.

VITTORIA
Voi siete, o uomini,
tutti simulatori.

FIAMINIO
Lo succhiamo
1820
Dal seno delle donne e dall’infanzia
Questo difetto.

VITTORIA
E accumulate sempre
A miseria, miseria.

BRACCIANO
O mia dolcezza.

VITTORIA
Non sono bassa abbastanza? Come palla
Di neve è il tuo buon cuor, che d’altra neve,
1825
rotolando, s’accresca. L’amor tuo
è fredda neve diventato.

FIAMINIO
Oh! Via!
Un bravo cuor sa liquefar la neve,
o tutto il vin di Roma con la feccia
sarà misto e travolto per le vie.

VITTORIA
1830
Assai men del tuo falco o del tuo cane
Io fui rimunerata. Una parola
Sola più non dirò.

FIAMINIO
Deh, mio signore,
otturale la bocca con un bacio.
Or che in riflusso è la marea, la nave
1835
Meglio ci gira. Via! Un dolce abbraccio!
Ma siamo più gentili con le donne
Noi altri ricciutelli. E questo è bene.

BRACCIANO
E ne dovresti aver rimbrotti.

FIAMINIO
Sono
Assai piccini i focolari tuoi,
1840
ma buttano assai fumo. Per tuo conto
io ne vado in sudore. Una catena
dovrebbe unirvi; e voi stare in silenzio,
come stettero i Greci nel cavallo
loro di legno. O mio signor, tu devi
1845
alle promesse far seguire i fatti:
non tolgono la fame le pietanze
dipinte.

BRACCIANO
È vero. O ingrata Roma, addio.

FIAMINIO
Barbara Roma devi dire: un brutto
Sgarbo ci fece.

BRACCIANO
Stai tranquilla. Voglio
1850
Seguir io del Granduca di Firenze
(O che ei t’ami davvero oppur da burla)
Il disegno ch’ei fe’ di trafugarti.

FIAMINIO
Signore, nessun tempo è più propizio
Di questa notte. Il Papa è morto, e tutti
Son raccolti a conclave i cardinali
1855
Per eleggere il nuovo. In gran subbuglio
È la città. La vestirem da paggio,
la porremo in un cocchio e a gran carriera
andremo via.

BRACCIANO
Col principe Giovanni,
io sull’istante partirò per Padova;
1860
voi due, la vecchia madre, e, se potete,
con voi menate il giovane Marcello,
ch’or dimora a Firenze, mi seguite.
Io vi precedo. Il titol di ducchessa
Avrai, Vittoria.

FIAMINIO
Auguri, o mia sorella.
Ma fermati un pò, signore: voglio dirti un racconto: il coccodrillo vive nelle rive del Nilo ed ha nella bocca un verme che si nutre sui suoi denti e gli dà grandi dolori. Un picclo uccello, non più grande di un reattino è il barbiere-chirurgo del coccodrillo: vola esso tra le ganasce di lui, becca il verme e guarisce immediatamente il coccodrillo. Questi però, lieto della guarigione, ma ingrato, non volendo che l’uccello vada spargendo di non essere stato pagato, serra le mascelle con l’intenzione d’inghiottirlo e ridurlo a perpetuo silenzio. Ma la natura che riprova una simile ingratitudine ha armato il capo di questo uccello con una penna acuta, o spino, la cui punta ferisce il palato del coccodrillo, e lo costringe ad aprire la sua prigione sanguinaria; e allora il bel pulitore dei denti vola via dal suo crudele cliente.

BRACCIANO
1865
Comprendo: tu vuoi dire che non fosti
Rimunerato ancor pe’ tuoi servigi.

FIAMINIO
No, mio signore. Sei tu, o sorella il coccodrillo: la tua fama è ammalata, e il mio signore te la sana. Sebbene il paragone non combaci in tutte le sue minuzie, nondimeno osserva e ricorda qual bene l’uccello ti ha fatto col suo beccarti nella testa, per svergognare l’ingratitudine...
(a parte)
Ei può forse a qualcun parere ridicolo
Che così parli un pò di buono, un pazzo;
ma talvolta da lor qualche sentenza
1870
arida scatta, mista a qualche filo
di saggezza. Altretanto a me vien dato:
io mi trasmuto in varie forme. I poco
di buon diventan grandi, se de’ grandi
uomini a far la scimia hanno imparato.

SCENA IX

(Roma – Innanzi all’edificio in cui i cardinali sono raccolti per eleggere il Papa. Forse il luogo, come appare dal testo, è una chiesa. Però si sa che i luoghi del conclave erano il Vaticano o il Quirinale.)
(entrano Fr. De’ Med., Ludovico, Gaspero, sei ambasciatori)

FR. DE’ MED.
1875
Stai attento, o signor: mi raccomando
Alla tua diligenza. Guarda bene
Il conclave e non far che i cardinali
Conferiscan di fuor. L’ordine è questo.

LUDOVICO
Starò attento, o signor. Largo ai signori
1880
Ambasciatori.

GASPERO
Oggi vestiti sono
Molto mirabilmente. Perchè indossano
Abiti così vari?

(Fr. de’ Med. si ritira)

LUDOVICO
Cavalieri
Son d’ordini diversi. Quel che porta
Un manto nero con cuore d’argento
1885
È cavalier di Rodi; quello appresso
È cavalier di San Michele, e porta
Il vello d’oro; e poi ecco il francese:
È Cavalier dello Spirito Santo;
dopo è il sir di Savoia, Cavaliere
1890
dell’Annunciata; e poscia vien l’inglese,
il Cavaliere della Giarrettiera
tanto avuta in onore e dedicata
al lor santo, San Giorgio. Ben potrei
dirti la storia di questi Istituti
1895
e le leggi da cui son governati,
ma non è questo il tempo.

FR. DE’ MED.
(rientrando)
Il Conte
Ludovico dov’è?

LUDOVICO
Son qui, signore.

FR. DE’ MED.
Siamo all’ora del pranzo. Scruta, visita
Dei cardinali le vivande.

LUDOVICO
Sire,
1900
lo farò.
(entrano dei servitori con piatti coperti)
Fermi! A chi questa vivanda?

SERVO
Al cardinale Monticelso.

LUDOVICO
E questa?

SERVO
Pel signor cardinale di Borbone.

AMBASCIATORE FRANCESE
Perchè tanto frugar queste vivande?
Per osservare come son condite?

AMBASCIATORE INGLESE
1905
Non per questo, signor: vuolsi impedire
Che occultamente si trafughin dentro
Lettere per corrompere ed indurre
A favorir qualcun de’ cardinali.
Quando questi van dentro di pien dritto
1910
Entriam con lor noialtri ambasciatori
Di prenci, a procurar che sia prescelto
Chi meglio è in grazia de’ principi nostri.
Ma dopo, fino a che non sia compiuta
L’elezione, è vietato di parlare
1915
Con essi tutti.

LUDOVICO
Voi che i cardinali
State a servire, aprite la finestra,
e ricevete le vivande.

UN CARDINALE
(dalla finestra)
Via,
tornate indietro. I signor cardinali
stanno eleggendo il Papa: lo scrutinio
1920
è già compiuto ed in adorazione
sono tutti prostrati.

LUDOVICO
Andate, andate!

FR. DE’ MED.
Faccio scommessa di mille ducati
Che immantinenti udrete le notizie
Del nuovo Papa. Udite. Ecco il signore
1925
Cardinal d’Aragona sul portale
Del tempio.

ARAGONA
(stando al portale della Chiesa) Annuntio vobis gaudium magnum. Reverendissimus Cardinalis Lorenzo de Montecelso electus est in sedem apostolicam et elegit sibi nomen Paulum Quartum.

OMNES
Vivat sanctus pater Paulus Quartus.

(entra un servo che dice a Fr. De’ Med.)

SERVO
O mio signor, Vittoria...

FR. DE’ MED.
Ebbene,
che n’è?

SERVO
Fuggi dalla città.

FR. DE’ MED.
Ma brava!

SERVO
1930
Col duca di Bracciano.

FR. DE’ MED.
È proprio certo
Che sia fuggita? E di Giovanni, il prence,
che mi sai dir?

SERVO
Partia col padre suo.

FR. DE’ MED.
Si arresti, e tosto, delle Convertite
La Priora. Fuggita! Oh! La dannata!
(il servo esce)
1935
I desideri miei hanno fortuna. Solo
Per essi travagliai; volli scrivendo
Insegnargli la via del disonore:
prima il buon nome avvelenargli, e il modo
gl’indicai di sposare una bagascia.
1940
Vi può esser di peggio?! Quel che dopo
N’ha da venir... La mano or deve agire,
devo affogar questa procace lingua.
È una vergogna cicalar di torti,
quando porto una spada.

(entra Monticelso in abito di Pontefice)

MONTICELSO
Concedimus vobis apostolicam benedictionem et remissionem peccatorum.
O mio signore,
1945
mi han detto che Vittoria Corombona
fu trafugata dal Bracciano, e insieme
fuor della casa delle Convertite
son fuggiti e da Roma. È questo il primo
giorno del regno mio; ma il potere
1950
divino non potrei più sodisfare
che ributtando dalla santa chiesa
queste persone maledette. Scaglio
la scomunica mia su tutti e due,
e bandisco da Roma tutti quelli
1955
che appartengono ad essi.

(escono Monticelso, il seguito e gli Ambasciatori)
(entra Ludovico)

FR. DE’ MED.
O Ludovico
Caro, bien qua. Giurasti di aiutarmi
Nell’assassinio progetatto.

LUDOVICO
E al giuro
Serberò fde con costanza. Solo
Mi meraviglio che proprio in persona,
1960
si gran prence qual sei, ti cacci in questa
faccenda.

FR. DE’ MED.
Non cercare di stornarmi;
nella sua corte ho molti amici e alcuni
Sanno i disegni miei. Nobile amico,
in questa gesta ad un egual periglio
1965
dobbiamo esporci tutti e due. Permetti
che della gloria abbia una parte anch’io.

(esce)
(entra Monticelso)

MONTICELSO
(a Ludovico)
Per qual motivo il duca di Firenze
Si affanò tanto a farti torre il bando?

LUDOVICO
Forse di questo ti potrian chiarire
1970
Gli accattoni d’Italia: non per sè,
ma pel ben di color a cui si chiede
par che domandin carità. Se pure
il duca non largisce a piene mani
i suoi favori, come suol pe’ campi
1975
spander l’agricoltor le sue sementi.
Usan così talor, senza misura,
sparger lor doni i re; non già per merti
di chi riceve i doni, ma pel gusto
di compacier sè stessi.

MONTICELSO
Or vuoi giocare
1980
Con me di furberia. Dimmi; qual demone
Stai evocando?

LUDOVICO
Un demone, signore?

MONTICELSO
Io ti domando: qual servigio il duca
Vuole da te? Dev’esser di gran peso
Se il suo berretto fino alle ginocchia
1985
Scese, quand’ei parti.

LUDOVICO
Ma mi parlava
Di un cavallo restio di Barberia
Che alla corsa ed al gioco dell’anello
Vorria provare, e al salto. Or bene un raro
Fantin francese poss’offrirgli.

MONTICELSO
Bada:
1990
questa brenna potria farti spezzare
il collo. E credi tu sgattaiolarti
da me col trucco di un cavallo? Sbagli.
Sei una nera nuvola e minacci
Tempesta.

LUDOVICO
In aria e in alto le tempeste
1995
Scoppian sempre, ed io sono troppo in basso
Per bazzicar con esse.

MONTICELSO
Qual malvagia
Creatura sei tu! Sembri un mastino
Che una volta assaggiato il sangue umano,
n’ha poi continua brama. È un assassinio
2000
ch’or meditate. No?

LUDOVICO
Non voglio dirlo.
Però... Perchè ho ritegno a dirti tutto?
Ma col patto che parlo a un confessore;
così non puoi nulla svelare.

MONTICELSO
Sai?
Tu mi sorprendi.

LUDOVICO
Di passione intensa
2005
Ho amato la ducchessa di Bracciano,
e la seguii con lussuriosa foga;
essa però nol seppe mai. E poi
me l’hanno avvelenata. Assassinata
fu, per l’anima mia! E giuramento
2010
feci di vendicarla.

MONTICELSO
A chi? Al duca
Di Firenze il giurasti?

LUDOVICO
Proprio a lui.

MONTICELSO
Indegna creatura! Se ti ostini
In quest’opra, un peccato tu commetti
Di dannazione. Pensi che nel sangue
2015
Puoi scivolar, restando immacolato?
O qual pianta di triste e nero tasso
Affondar le radici entro le fosse
Dei morti e prosperar? Quella cultura
Che hai è ome pioggia che si versi
2020
Su indurito terren: serve a bagnarlo,
ma non trapela a fondo. Io t’abbandono
alle furie, finchè non hai rimosso
ogni pensiero di delitto e sangue
e scongiurato con le penitenze
2025
il demonio che t’agita.

(esce)

LUDOVICO
E dovrei
Lasciarla sol perchè costui la chiama
Opra di dannazione? Mi aspettavo
Per l’uccision del povero Camillo
Anche il consenso suo.

(si ritira in fondo alla scena)
(intanto entra Fr. De’ Medici e dice ad un servo che è con lui)

FR. DE’ MED.
Conosci tu
2030
Quel conte?

SERVO
Sì, o signore.

FR. DE’ MED.
Alla casa sua
Recati e gli consegna questi dieci
Mila ducati. E digli poi che Il Papa
Glieli manda.
(il servo esce)
Per certo più di ogni altra
Persuasion questa il terrà saldo.

(esce)

SERVO
Sire.

LUDOVICO
2035
Tu dici a me?

SERVO
Signor, ti manda il Papa
Dieci mila corone, e vuol, se mai
Tu ti metta in viaggio, di tenerlo
Tuo protettore e di dargli notizie.

LUDOVICO
Sempre suo servitore ai suoi comandi.
(il servo esce)
2040
Questo è il nocciolo. Bofonchiò, ma queste
Corone il suo pensier dicon più chiaro,
e mi rendon possibil la partenza.
E dir che le mandò pria che sapesse
Del mio viaggio! Oh! La modestia e l’arte
2045
Maliziosa di cotesti grandi!
Così le spose ai nuzial banchetti,
se spiffera qualcuno un motto appena
rischioso, torcon gli occhi, e di modestia,
di cui pare che gonfio abbian lo stomaco,
2050
avvampan, mentre tutti i lor pensieri
sono rivolti ai giochi di lussuria
per trastullarsi nella mezzanotte.
Oh! L’astuzia di lui! Però misura
Le mie profondità con un piombino
2055
D’oro. E questo va bene. Doppiamente
Eccomi armato! Ed or si corra al sangue.
Dicon che nell’Inferno, così ampio,
sono tre Furie sole, ma nel seno
de’ grandi ne dimorano tre mila.

SCENA X

(Padova – Appartamento nel palazzo del duca di Bracciano)
(passano sul palcoscenico, in corteo nuziale, il duca di Bracciano, Vittoria Corombona, Cornelia, Fiaminio, Marcello, Zanche, Ortensio. Vanno via tutti, eccetto Fiminio e Ortensio)

FIAMINIO
2060
Tra i tediosi minuti di mia vita,
fino ad ora non surse un di più lieto:
or gli sponsali della mia sorella
mi rendono felice.

ORTENSIO
Una sicura
Promessa certamente. Sai tu nulla
2065
Di quel moro venuto nella corte?

FIAMINIO
Ha conferito a lungo ed in segreto
Col duca. Mai non vidi un più gentile
Personaggio, nè mai con più sapiente
In negozi di Stato, o in più perito
2070
Di faccende di guerra m’incontrai.
Sette e sett’anni, è fama, egli ha servito
Venezia in Candia, e di felici imprese
Fu duce.

ORTENSIO
E i suoi compagni li conosci?

FIAMINIO
Sono due nobili Ungheresi, già al servizio dell’Imperatore col grado di capitanti; poi, contro l’aspettazione della corte, si fecero religiosi del rigido ordine de’ Capuccini. Ma non vi si trovarono bene, e lasciarono l’ordine, ritornando nella corte. Sentivano però rimorsi di coscienza: onde mutarono ancora, facendo voto di andare a combattere i nemici di Cristo. Così passarono a Malta, dove furono fatti cavalieri. Ora, per la solenità di questi sponsali, sono tornati qua; ma risoluti sempre di abbandonare il mondo e di entrare fra i Cappuccini di Padova.

ORTENSIO
Strano!

FIAMINIO
Un partiolare fa la cosa veramente strana. Hanno fatto voto di portar sempre, a carne nuda, la cotta d’arme con cui servirono.

ORTENSIO
Che aspra penitenza! E il moro è cristiano?

FIAMINIO
Sì.

ORTENSIO
E perchè ha offerto i suoi servigi al duca?

FIAMINIO
Perchè pensa che sia in vista qualche guerra tra noi e il duca di Firenze, ed ei spera di esservi adoperato.
Io non vidi giammai più baldanzoso
2075
Rigido sguardo e con quell’aria pregna
Di comando; nè udi con più distinta
Frase significar più conoscenza
O più disprezzo di cotesti vuoti
Sconclusionati cortigiani nostri.
2080
Parea che avesse visitato tutte
Le principali cristiane corti,
e volesse mostrare in ogni cosa
che con lui si discuta e ch’ei conosce,
che le glorie son simili alle lucciole:
2085
lucenti di splendor, viste da lungi,
ma poi, da presso, non si trova in esse
nè luce, nè calor. Ma ecco il duca.

(ripassa il corte, cioè Bracciano, il duca di Firenze, travestito da moro e col nome di Mulissar, Ludovico, Antonelli, Gaspero, Farnese, Carlo e Pedro che portano tutti spada ed elmo. Dopo passa Marcello.)

BRACCIANO
Nobilmente ti porgo il benvenuto,
o valoroso Mulissar. Ben tutte
2090
le compiute da te gesta onorate
contro il Turco ora so, e una pensione
decorosa ti assegno. Sol mi duole,
e assai profondamente, che, per voto,
non possono accettar le mie profferte
2095
questi due bravi che ti son compagni.
Essi han voluto quelle loro spade
Offrir per voto alla capella nostra,
e, come dono fatto a me, le accetto.
(ai due bravi compagni)
Assai vi prego assistere alla festa
2100
Della nostra duchessa, e alla barriera
Di questa notte prender parte.

FR. DE’ MED.
Tutto
Farò perchè vi sieno.

BRACCIANO
E allor sta bene.

(escono Bracciano, Fiaminio, Marcello e Ortensio)

CARLO
(al duca di Firenze)
Mio nobile signore, un fortunato
Benvenuto ti diamo; i nostri voti
2105
Suggellare li vogliam con giuramento:
seconderemo i tuoi disegni.

(i cospiratori si abracciano)

PEDRO
Tutto
È ora pronto: a questa sua rovina
Ei non poteva offrirci un’occasione
Miglior di questa.

LUDOVICO
Eppure no; non questa
2110
È quella strada che avrei preferita.

FR. DE’ MED.
È però la migliore.

LUDOVICO
Avvelenargli
Il libro di preghiera, o un par di chicchi
Del suo rosario, o il pomo della sella,
o gli occhili era meglio; e meglio ancora
2115
la sua racchetta al gioco del tennis:
forsechè, maneggiandola, poteva
all’inferno votarsi, e allo sbaraglio
metter l’anima trista. Avrei voluto
una trama esemplare ed ingenosa
2120
che fosse di ricordo agli avvenire,
non qualche cosa d’imitato.

FR. DE’ MED.
Un’altra
Via più spedita e breve ci è mancata.

LUDOVICO
All’opra dunque.

FR. DE’ MED.
Però ti comprendo:
questa nostra è una povera vendetta;
2125
quasi di furto gli togliam la vita
e gli diano la morte. Oh! Averlo preso
fra le sue tende in un accampamento
e menato a Firenze!

LUDOVICO
Un raro caso
Sarla stato; e colà, cintogli il capo
2130
Con una resta d’aglio acuminato
Torta in corona, al popolo mostrarlo
Qual tristo esempio di tutto lo scempio
Del suo governo, e di tutta la sua
Furia lussuriosa – Ecco Fiaminio.

(escono Ludovico, Antonelli, Gaspero, Farnese, Carlo e Pedro)
(rientrano Fiaminio, Marcello e Zanche)

MARCELLO
2135
(indicando Zanche)
Dimmi un poco: perchè questo demonio
Ti gira attorno?

FIAMINIO
Non lo so; per questa
Luce di sol, non l’evocai. Suol dirsi
Che ci vuol gran perizia a suscitare
Dall’inferno un diavolo; ma ora
2140
Uno ne abbiano qui che una maggiore
Perizia chiederla per ricacciarlo
Giù nel profondo.

MARCELLO
Per la tua vergogna
Nata è costei.

FIAMINIO
Ti prego perdonarla:
sono come le lappole le donne:
2145
dove l’amore le sospinge quivi
ci restano attaccate.

ZANCHE
(facendosi avanti e additando Fr. De’ Med.)
De’ miei luoghi
È questi ed una gran brava persona;
quando sarà più ad agio, vo’ parlangli
nel linguaggio nostrale.

FIAMINIO
Fallo pure
(Zanche esce)
(a Marcello)
2150
Gli è ver, bravo soldato!
(a Fr. De’ Med.)
Avess’io visto
Qualche giornata tua di ferro e fuoco!
Narraci, ti pregiam, qualche tua gesta.

FR. DE’ MED.
È una ridicola cosa farsi la cronaca della propria persona. Io non son uso risciacquarmi la bocca con le mie proprie lodi: temerei buttar fuori del fiato putrido.

MARCELLO
Tu sei troppo stoico. Il duca si aspettava ben altro discorso da te.

FR. DE’ MED.
Io non l’adulerò mai: ho studiato troppo gli uomini per potere far questo. Che differenza ci è tra il duca e me? Non più che tra due mattoni fatti della stessa creta: solo può succedere che l’uno sia collocato sulla sommità di una torre e l’altro al fondo di un pozzo: un mero caso. Se io fossi collocato così in alto come il duca, vi starei altrettanto ben calettato, e farei altrettamnto bella figura e porterei la medesima aria.

FIAMINIO
(a parte) Se questo soldato avesse il permesso di chiedere l’elemosina innanzi le chiese, egli allora le direbbe le sue storie.

MARCELLO
Anch’io ho fatto il soldato.

FR. DE’ MED.
E ci hai fatto fortuna?

MARCELLO
In fede mia molto miseramente.

FR. DE’ MED.
Questa è la miseria della pace: solo quelli che stanno in vista sull’imperiale, vengono tispettati. Come le navi che ci paiono tanto grandi sui fiumi e che poi sui mari sembrano molto piccole, così alcuni uomini di corte paiono colossi, se visti dentro una camera, ma se vengono in un accampamento ci fanno la figura di miserabili pigmei.

FIAMINIO
A me dà una bella camera ornata di arazzi, e poi un cardinale che mi tiri su per gli orecchi per farmi uno dei suoi favoriti prediletti.

FR. DE’ MED.
Sì; tu sei buono a dirla al diavolo questa tua voglia da villano.

FIAMINIO
Certamente.

FR. DE’ MED.
Giusto. Puoi veder però per i campi, nel tempo del ricolto, dei colombi, che, sebbene consumino molta biada, nondimeno il contadino non osa nemmanco cacciarli con lo spauracchio, perchè appartengono al signore del maniero; mentre i poveri passeri, che apartengono al Signore del cielo, vanno per questo al tegame.

FIAMINIO
Ed io voglio darti intanto un’informazione politica. Il duca ha detto volerti assegnare una pensione; ma questa è una semplice promessa; mettila sotto la tua mano. Perchè io so di taluni che hanno servito contro il Turco per tre o quattro mesi, ed hanno avuto una pensione sufficiente a comprarsi una gamba di legno nuova, un nuovo empiastro; e poi più nulla. Questa miserabile cortesia è come quella di un esecutore di giustizia che porge un caldo cordiale ad uno per tre quarti morto sotto la tortura, solo per sollevarne il miserabile spirito e fargli soffrire alri giorni da cane.

(Francesco de’ Medici esce)
(rientrano Ortensio e Zanche con un giovane signore e altri due)

FIAMINIO
Come la va ora, eleganti signori? Sono essi pronto per la barriera?

GIOVANE SIGNORE
Sì, stanno indossando la loro armatura.

ORTENSIO
Chi è costui?

FIAMINIO
Un nuovo favorito, che sa sacramentare come un falconiere, e sta all’orecchio del duca assiduamente, come un compilatore di almanacchi. Nondimeno riccordo che, quando giunse alla corte, puzzava peggio di un sottotenitore di tennis.

ORTENSIO
Toh! Guarda là oltre. Ecco la tua dolce innamorata.

FIAMINIO
Senti: tu sei amico mio per la vita e per la morte. Bè, ti confesso che l’amo per forza questa mora, questa strega. Proprio osì! L’amo come chi tene afferrato un lupo per e orecchie. Se non avessi paura che, lasciandola, mi salterebbe alla gola, la manderei al diavolo.

ORTENSIO
Mi hanno detto che ha la pretesa di essere sposata da te.

FIAMINIO
Sì, vero; le ho fatto questa nera promessa. Ora cerco svignarmela da cotesta strega, ma corro via, come un cane spaventato, alla cui coda abbiano attacato una bottiglia. Avrebbe esso ben voglia si atrapparsela a morsi, ma ha paurea di voltarsi indietro...
(alla mora che entra)
Ebbene, come la fa la mia preziosa zingara?

ZANCHE
(LA MORA) Eh, via! Il tuo amore per me, invece di riscaldarsi, va diventando più freddo.

FIAMINIO
Oh! No: io sono il più costante degl’innamorati, sebbene in paese molte giovanotte vadano gironzolando, pronte a montare in fregola alla spiccia.

ORTENSIO
E che ne pensi tu di coteste profumate cortigiane?

FIAMINIO
Le loro vesti di seta non possono salvarle: io ne ho piena fiducia, perchè hanno un sentore di appestate. Già chi dorme con cani si leva pien di pulci.

ZANCHE
Eppure, va! È un po’ di dipintura, è un abito sfoggiato ciò che ti fa amar me.

FIAMINIO
Come! Amar io una donna per la sua dipintura e per un abito sfoggiato! Voglio scatenarti addosso un esempio che fa per te. Esopo ci parla di un cane pazzo, che si lasciò scappare della vera carne per acchiapparne l’ombra.

ZANCHE
Ricordi tu i tuoi guiramenti?

FIAMINIO
I giuramenti degli amanti sono come le preghiere dei marinai quando si trovano in pericoli estremi: appena la tempesta è passata e che la nave non balla più, dal pregare si buttano al trincare. Nondimeno i gentiluomini pregano e trincano al tempo stesso; il che va così di accordo, come i calzolai e il prosciutto di Westfalia.

CORNELIA
(a Fiaminio)
È sempre teco questa negra strega,
fannullone?
(Battendo Zanche)
Va, corri a imbrodolarti
2155
Nella tua melma.

(Esce)

ZANCHE
Non è buona a nulla
Costei, salvo a lasciar le sue serventi
Dormir sole la notte ad infreddare.
Non osano pigliarsi in compagnia
Un piolo da notte per paura
2160
Delle mani di lei.

MARCELLO
(a Zanche dandole dei calci)
Una bagascia
tu sei, un’impudente.

FIAMINIO
A che calciarla?
Dimmelo un po’. È un albero di noce
Che bisogna bacchiarlo, perchè porti
Dei buon frutti?

MARCELLO
Non va spanpanando
2165
Che vuoi sposarla?

FIAMINIO
Ebbene, che sarebbe?

MARCELLO
Ma preferisco di vederla issata
Sopra una forca, in mezzo ad un giardino
Lavorato di fresco, a spaurire
Le cornacchie sue pari.

FIAMINIO
Occhio al tuo bracco,
2170
fanciullo pazzo. Fuor di minorenne
sono ormai.

MARCELLO
Che s’io la colgo ancora
Vicino a te, le taglierò la strozza.

FIAMINIO
Con ventaglio di piume?

MARCELLO
E questa folle
Tua fantasia la caccerò da te
2175
Con la sferza.

FIAMINIO
Ti ha colto uno stravaso
Di bile: vo’ purgarlo col rabarbaro.

ORTENSIO
Vergogna! È tuo fratello.

FIAMINIO
Ad impiccarsi
Vada questo fratello. Mi fa torto
Più di quel che dovria, quando mi offende
2180
Con siffatto disprezzo. Io vo’ pensando
Che mia madre giocava a un turpe gioco
Quando lo concepi.

MARCELLO
Per le più care
Spranze mie, lo giuro! Del tuo cuore,
del mio cuor, come già dei figli d’Edipo,
2185
si volgeranno per oposte vie
le fiamme fraticide. Tu dovrai
scontar, col sangue del tuo cuor, l’infamia
di coteste parole.

FIAMINIO
E, avanti, agisci
Come agirono l’oche nel viaggio
2190
Del re. Tu sai dove trovarmi.

MARCELLO
Molto
Bene.
(Fiaminio esce ad un giovane signore)
Tu sei un mio nobile amico.
Vuoi tu portargli la mia spada e dirgli
Che la lunghezza della spada tua
Vi adatti? Vuoi?

GIOVANE SIGNORE
La porterò, signore.

(escono tutti, meno Zanche)

ZANCHE
2195
(a parte)
Ed ecco ora quest’altro
(entra Francesco de’ Medici travestito da moro)
(a Fr. De’ Med.)
Insino ad ora
Non stimai un gran che questo mio corpo
Ma a te lo posso dire audacemente
Senza rossor di sorta: io t’amo assai.

FR. DE’ MED.
Tu hai seminato, fuor di tagione, il tuo amore. Certo, nel San Michele di settembre si suol risentire un po’ di primavera, ma è tutto una lustra sbiadita. Sono ormai giù con gli anni, ed ho fatto voto di non ammogliarmi.

ZANCHE
Povere noi figliole! Troviamo più facilmente amanti che mariti. Però tu non devi aver una notizia esatta delle mie ricchezze. Gli ambasciatori, quando sono inviati a far la corte ai principi, sogliono recare dei ricchi doni e un discorso preparato. E il principe, sebbene non gradisca nè gli ambasciatori, nè le ciarle loro, nondimeno gradisce assai bene i doni. Io voglio venire a te alla maniera stessa, e riuscirti gradita con la mia dote, se non posso con la mia virtù.

FR. DE’ MED.
Ci vo’ pensare.

ZANCHE
E pensaci. Per ora
2200
Non ti trattengo più; ma quando avrai
Più tempo ed agio, ti dirò tai cose
Da farti il sangue ingalluzzire. Intanto
Non pensar male della passione
Che t’ho svelata; che consunto muore
2205
Chi dentro il petto le sue fiamme cela.

(Zanche esce)

FR. DE’ MED.
Costei fra proprio al caso mio. Migliore
Informatrice non potrei trovare.
Caverò de’ pulcini assai curiosi
Da questo sozzo ed appestato nido.

(UN ALTRO APPARTAMENTO)

SCENA XI

(entrano Cornelia e Marcello)

CORNELIA
2210
Si susurra per tutto nella Corte
Che tu ci hai un duello. L’avversario
Chi è? Quale il litigio?

MARCELLO
Un ozioso
Susurro, mamma.

CORNELIA
Tu non sei sincero
Ora con me. Per certo è assai malfatto
2215
Spaventarmi così: ma ti conosco:
quando l’ira ti vince hai quello stesso
pallor nel viso che ci hai ora. Parla,
se cara t’è la mia benedizione,
o ch’io al duca...

MARCELLO
Questa tua paura
2220
Se si divulga, desterà le risa.
(additando un Crocifisso che Cornelia ha sospeso ad una catenella che le cinge il collo)
Dimmi: non era questo Crocifisso
Del padre mio?

CORNELIA
Sì.

MARCELLO
Madre, mi fu detto
Che a succhiarlo, una volta, tu lo desti
A mio fratello pargoletto, e che egli
2225
Lo prese in mano e lo spezzò.

CORNELIA
Sì, vero;
ma fu racconcio.

(in questo entra Fiaminio con in mano una spada sguainata, con la quale traspassa il petto di Marcello)

FIAMINIO
M’hai testè mandata
Questa spada. Ora, vè, ti la riporto.

CORNELIA
Orrore!

MARCELLO
In fe’ di Dio, l’hai raportata
Davvero a casa.

CORNELIA
Aiuto! All’assassinio!

FIAMINIO
2230
(a Cornelia)
Che? Ti monta la bile nella strozza?!
Io corro a un santuario. Là soltanto
Può trovarsi un chirurgo acconcio al caso.

(Fiaminio esce, entrano Carlo, Ortensio, Pedro)

MARCELLO
Addio! Ricorda, o madre, il Crocifisso!
Fu lui che lo spezzò. Vi son peccati
2235
Vendicatti da Dio su tutta quanta
Una famiglia. Ed il peccato nostro
Fu l’ambizione disonesta. Saldo
È quell’albero sol che non distende
Rami più larghi delle sue radici.

(muore)

CORNELIA
O me desolata per sempre!

ORTENSIO
Morto! Virtuoso Marcello! Non lo toccare, signora, e vieni con me.

CORNELIA
No; non è morto! È soltanto in catalessi. Chi può averci piacere a volerlo mortop? Fate che lo chiami io un’altra volta.

CARLO
(ad Ortensio) Volesse Dio Che tu ti fossi ingannato.

CORNELIA
Oh! Voi siete poco gentili, poco gentili, poco gentili con me. Quanti furono portati al cimitero per difetto di chi li osservasse! Sollevategli il capo, sollevatigli il capo: se no, il sangue che gli geme internamente lo soffocherà.

ORTENSIO
Ahi! È morto, signora! Guardatelo.

CORNELIA
Lasciate che me gli accosti io: consegnatelo a me così com’è. Se è morto, io gli darò il più caro dei miei baci; dopo, voi porrete a giacermi co lui, dentro la stessa bara. Ma intanto recatemi uno specchio; vediamo se il suo fiato l’appanna. Strappate una piuma dal mio cuscino e accostiamola alle sua labbra. Vogliamo noi perderlo, per rispiarmarci un po’ di pena?

ORTENSIO
Il più gentile ufficio che potete rendergli, signora, è di pregare per lui.

CORNELIA
Non ancora, non ancora è il tempo di pregare per lui. Forse è ancor vivo e sarà lui che deporrà me nella fossa e pregherà per me. Solo, lasciate che mi avvicini a lui.

(entrano Bracciano e Fiaminio)

BRACCIANO
(a Fiaminio) Questa fu opera tua?

FIAMINIO
Questa fu la mia disgrazia.

CORNELIA
Ei mente! Ei mente! Non fu lui che l’uccise; fu chi m’impedi di guardarlo da vicino.

BRACCIANO
Confortati, o mia afflitta madre!

CORNELIA
Oh! Il gufo del malaugurio!

ORTENSIO
Badate, signora, badate!

CORNELIA
Lasciatemi una buona volta; su, via, lasciatemi.
(si libera da quelli che la trattenevano e corre verso Fiaminio, brandendo un pugnale; ma giuntagli vicino, si lascia cadere il pugnale)
2240
Che ti perdoni Iddio dal cel! Se ora
Prego per te, non ti stupir: mi restano
Pochi istanti di vita e non li debbo
Spendere a maledir. Qui giace morta
Metà di te: che la tua vita duri
2245
Tanto che un oriuol tu possa empire
Delle ceneri sue, per misurare,
ora per ora, il pentimento tuo...
Quel che l’anima salva.

BRACCIANO
Dimmi, madre,
come sorse il litigio?

CORNELIA
Nelle vene
2250
Del mio figlio minor bollia gagliarda
La giovinezza, ebben... Prima fu lui
A dire aspre parole, a sguainare
La spada e...poi...e...poi...non so che avvenne...
Ero tanto perduta...ma sul seno
2255
Me lo sentii cadere...

PAGGIO
Non hai detto
La verità, signora.

CORNELIA
Pace, prego!
Brucata è l’una spica e verde è l’altra:
l’una non più rinvedirà, se ancora
l’altra divellerem.

BRACCIANO
Portate il corpo
2260
Entro le stanze della madre. Intanto
Nessun parli del caso alla Duchessa.
Ma, quanto a te, Fiaminio, il tuo perdono
Non posso assicurarti.

FIAMINIO
No?

BRACCIANO
Soltanto
Ti appigiono la vita, e sarà l’ultima
2265
Mia concessione; ma, sera per sera,
verrai a domandar ch’io la rinnovi
o sarai appiccato.

FIAMINIO
A tuo piacere
(Ludovico spalma l’elmo di Bracciano con veleno)
Il tuo volere adesso è legge, ed io
Non mi c’immischio.

BRACCIANO
Un giorno nella casa
2270
Di tua sorella mi facesti il bravo:
starai sempre in sospetto e pauroso.
Dov’è la mia gorgiera?

(Ludovico gliela porge, Bracciano esce)

FR. DE’ MED.
La tua morte
Hai domandata, o giovane signore.
È il tuo destin; ma ti compiango! Ed ora
2275
Si vada alla barriera. Ivi il passaggio
Tu troverai pel tenebroso lago
Dell’al di là. L’ultimo fatto tuo
Scusa questo assassinio.

(esce con Ludovico)

SCENA XII

(Padova –Palestra di scherma)
(entrano Bracciano, Vittoria Corombona, Giovanni, Francesco de’ Medici, Faminio con altri)
(si combatte alla barriera: assalti e grida: si battono prima a coppia, poi tre a tre)

BRACCIANO
(gridando)
Un armaiolo!
2280
Per la morte di Dio, un armaiolo!

FIAMINIO
Un armaiolo! Ov’è qualche armaiolo?

BRACCIANO
Strapparmi la gorgiera!

FIAMINIO
O mio signore,
sei tu ferito?

BRACCIANO
È il mio cervello in fiamma,
(entra l’armaiolo, Bracciano gli dice)
Avvelenato è l’elmo!

ARMAIOLO
O mio signore,
2285
io... per l’anima mia.

BRACCIANO
alla tortura
Costui! Ma in questo ha messo la sua mano
Chi è più in alto di lui e m’è dappresso!

VITTORIA
O mio dolce signore! Avvelenato!

FIAMINIO
Sbrattate via la sbarra: una sventura
2290
Fu cotesto torneo. Chiamate i medici.
(entrano due medici)
Che la peste vi colga! Un gran da fare
Ora ha qui l’arte vostra. Avvelenati
Temo che sian persin gli ambasciatori.

BRACCIANO
È finita per me. Scendon le fiamme
2295
Dal mio cervello al cuore. O cuor gagliardo!
Col mondo avevi un vincolo ben saldo
Che non vuole spezzarsi.

GIOVANNI
O padre mio!

BRACCIANO
Menate via questo fanciullo. O buona
Donna mia, dove sei? Se d’infiniti
2300
Mondi fossi signore, un picciol dono
Sarian per te. E or debbo abbandonarci?
Ebben, ditelo voi, gufi ululanti,
è mortale il velen?

MEDICI
Molto mortale!

BRACCIANO
Spesso un corrotto impiccator politico
2305
Dall’arte vostra è ucciso, ne vi occorre
Che leggiate ne’ libri; ma in difetto
Vi mostrate a salvar. Così di amici
Veri han difetto i principi. Ho concessa
Spesso la vita a poveri offensori
2310
Delle leggi dell’uomo e ad assassini
Ma non posso a me dar dodici mesi
Ora di vita. Nn baciarmi. Forse
Potrei avvelenarti. Quest’unguento
L’ha mandato il Granduca di Firenze.

FR. DE’ MED.
2315
Fatti coraggio!

BRACCIANO
O morte naturale,
spesso tu sei gemella del più dolce
dormir. Non dal ciel ti guata alcuna
cometa occhiuta dalla rozza coda,
non lo stupido gufo ti ripete
2320
incessante il suo ululo dal tetto,
non la carogna tua rabido lupo
viene a fiutare, e pietosi i venti
lambiscono il tuo corpo; ma pe’ prenci
è l’orror che li accerchia.

VITTORIA
Son perduta
2325
Per sempre!

BRACCIANO
Oh! Come è miseranda cosa
Morir tra l’ululato delle donne!
(entrano Ludovico e Gaspero travestiti da Cappuccini)
E costoro chi son?

FIAMINIO
De’ Francescani;
portan l’estrema unzione.

BRACCIANO
Che nessuno
Osi parlar di morte, or che agonizzo!
2330
Di là da essa è un mondo di terrore
Che mi aspetta – Portatemi al mio letto.

(escono tutti, eccetto Francesco de’ Medici e Fiaminio)

FIAMINIO
Ecco la solitudine che si fa attorno ai principi moribondi. Come essi spopolarono le città, scacciarono gli amici, ressero inospitali le loro grandi case, così –o Giustizia!- dove son ora i loro adulatori? Gli adulatori sono come l’ombrade’ corpi de’ principi: ogni più lieve nuvoletta li fa invisibili.

FR. DE’ MED.
Qui però si fa un gran compianto per lui.

FIAMINIO
Sì, per qualche poche ore la salsa delle lacrime scorrerà abbondante in ogni ufficio della corte; ma, credimi, coteste lacrime sono come quelle che si versano sulle fosse delle madrigne.

FR. DE’ MED.
Sarebbe a dire?

FIAMINIO
Che sono lacrime finte.

FR. DE’ MED.
Tu però te la sei passata bene con lui.

FIAMINIO
Fede di Dio! Come un lupo nel ventre di una donna gravida. Sì, sono stato cibato come un pollo, ma, quanto a danari – capascimi bene- ebbi la buona volontà di rubacchiarme, come fanno tutti gli altri ufficiali, ma non la capacità di farlo.

FR. DE’ MED.
Tu che opinione avevi di lui? Parlami francamente.

FIAMINIO
Era un uomo di stato che voleva sapere il numero delle palle di cannone tirate contro una città, ma solo per valutare, con questo metodo, la spesa, non per sapere quanti dei bravi e valorosi suoi concittadini fossero da esse stati uccisi.

FR. DE’ MED.
Oh! Parli proprio bene del duca!

FIAMINIO
Ho detto. Vuoi udire qualcuna delle mie savie osservazioni sulle corti? Ecco questa: dir male dei principi è pericoloso; lodarli eccessivamente è una palmare bugia.

(entra Ludovico)

FR. DE’ MED.
Come sta il duca?

LUDOVICO
Mortalmente male.
Dice stranezze, parla di battaglie,
di monopoli e tasse, ma divaga;
2335
e da ciò salta fuori un suo parlare
di delirio, tal quale è degl’infermi
cui la febbre travolta ha la ragione.
Il suo cervello lega insieme e stringe
Venti oggetti diversi, e il tutto un senso
2340
Fa di pazzia profonda. Un simil fine
È pauroso e può insegnare a quelli
Che sogliono portar alta la cresta
Che, se vivono vita assai felice,
il lor morir non è il miglior del mondo.
2345
L’intero suo ducato a tua sorella
Ha legato, finchè non giunge il prence
All’età sua matura.

FR. DE’ MED.
Un buon indizio
È in questo.

LUDOVICO
Ecco: vedete! Già la morte
È nel suo viso.

(si tira una traversa, cioè un sipario secondario, e si vede Bracciano a letto, prossimo a morire. Ludovico, Gaspero, travestiti da Capuccini, sono ai due lati del letto. Anche Vittoria Corombona è vicina al letto. E qui comincia la)

SCENA XIII

VITTORIA
O buono signor mio!

BRACCIANO
2350
(che parla delirando)
Abusasti di me. Fuor del ducato
Asportasti danari. Hai comperato
E venduto gli uffici, oppreso il povero
Senza che mai ne sospettassi. Rendi
I tuoi conti e va’ via. Vo’ di persona
2355
Curar le cose mie.

FIAMINIO
Abbi pazienzia,
o mio signor.

BRACCIANO
Davver merito biasmo.
Udisti mai dir mal dal negro corvo
Della negrezza sua? Chi vide mai
Il demonio assalire un animale
2360
Dal pie’ forcuto?

VITTORIA
O mio signor!

BRACCIANO
Su, via!
Preparate per me, per la mia cena,
qualche quaglia!

FIAMINIO
Mio sire, sarà fatto.

BRACCIANO
No. Meglio una frittura di mustele,
chè le quaglie si ciban di veleno.
2365
Oh! Quella vecchia politica volpe
Del duca di Firenze! Per cacciarlo
Vo’ trasformarmi, il giuro, in can da sangue.
Pur, guarda caso strano! Amico suo
Vo’ diventar, perchè notalo, sire,
2370
un cane immobil stassi, se ululare
ne sente un altro. Pace, pace! Oh! Guarda
che viene di là oltre un elegante
villan.

FIAMINIO
Da dove?

BRACCIANO
Da colà. Sul capo
Porta un berretto azzurro, e ha un par di braghe
2375
Con vistose brachette. Ha, ha! Pon mente:
tiene le brachette appuntate con spilli,
ed ogni spillo ha per capo una perla.
Non lo conosci tu?

FIAMINIO
No, mio signore.

BRACCIANO
È il demonio sai tu? Lo riconosco
2380
Alla gran nocca colore di rosa
Con cui stringa le scarpe ad occultare
Il suo piede forcutto. Quistionare
Voglio adesso con lui; che è un linguista
Raro.

VITTORIA
Signor, qui non vi è nulla.

BRACCIANO
Nulla?
2385
Strano! Nulla! Se un poco di danaro
Mi bisogna, ecco è vuoto il mio tesoro.
Non mi si tratti a questo modo.

VITTORIA
oh! Giaci
Tranquillo, o mio signor.

BRACCIANO
Guarda Fiaminio.
Eccolo, è lui! È lui quello che uccise
2390
Suo fratello! Ora balla sulla corda,
e ad ambedue le mai tien sospesi
due sacchi di danaro, per tenersi
in equilibrio. Teme di cadere
e di romperse il collo. E guarda ancora:
2395
un leguleio in veste di velluto
stretta ai fianchi, lo spia, se mai gli caschi
della moneta. Ve’ come sgambetta!
Gli si dovria gittare in collo un nodo
Scorsoio – E questa qui, chi è costei?

FIAMINIO
2400
Vittoria, o mio signore.

BRACCIANO
Ha, ha! Ma guarda;
la chioma sua tiene spruzzata tutta
con fior di luce. E par qual se peccato
avesse in mezzo alla farina –E questi?

FIAMINIO
Son sacerdoti, o mio signor.

(in questo momento Bracciano sembra vicino a finire. Ludovico e Gaspero in abito di Capuccini gli si mettono ai lati del letto e gli presentano un Crocifisso tra candele consacrate.)

BRACCIANO
Li scaccia;
2405
sono ubbriachi! Un pauroso segno
è il veder sacerdoti barcolloni
guarda: sei topi grigi ch’han perduto
la lor coda si striscian sul guanciale
chiama un gatto. Un miracolo ho da fare:
2410
del vermicaio d’ogni specie debbo
nettar la corte – Dove stai Fiaminio?

FIAMINIO
Non è di gusto io questi sentirmi
Chiamar per nome così spesso. È certo
Segno di corta vita sr dal letto
2415
Chi muor ci chiama. Ed ei sta per finire.

LUDOVICO
Prego, lasciate farci. Attende, Domine
Brachiane.

FIAMINIO
Guarda! Come ha fitto gli occhi
Sul Crocifisso.

VITTORIA
Tenetegli saldo
Innanzi agli occhi il Crocifisso: l’ira
2420
Forsi potria calmarsi e il refrigerio
Di una lacrima pia sulle pupille
Sentir sgorgarsi.

LUDOVICO
(mostrandogli il Crocifisso) Domine Brachiane, sollebas in bello esse tutus tuo clypeo; nunc hunc clypeum hosti tuo opponas infernali.

GASPERO
(gli pone innanzi la candela consacrata) Olim hasta valuisti in bello, nunc hanc sacram hastam vibrabis contra hostem animarum.

LUDOVICO
Attende, Domine Brachiane; si nunc quoque probas ea quae acta sunt inter nos, flecte capui in dextrum.

GASPERO
Esto securus, Domine Brachiane; cogita quantum habeas meritorum, denique memineris meam animam pro tua oppignoratam, si quid esset periculi.

LUDOVICO
Si nunc quoque probas ea quae acta sunt inter nos, flecte caput in laevum.
Ora sta per finir: di allontanarvi
Tutto facciam preghiera. Solo a lui
2425
Dobbiamo susurrare una privata
Meditazione che non è permesso
Dall’ordin nostro che s’oda da voi.

(a questo punto tutti vanno via a Ludovico e Gaspero si scoprono)

GASPERO
O Bracciano.

LUDOVICO
O Bracciano, sei dannato.

GASPERO
Eternamente.

LUDOVICO
Un qualche condannato
2430
E impiccato alle forche il tuo signore
E padrone sarà.

GASPERO
Sì, del demonio
In potere tu sei.

LUDOVICO
Malvagio arnese!
Politico famoso eri tenuto,
ma il tuo mestier fu propinar veleno.

GASPERO
2435
E la coscienza tua fu l’assassinio.

LUDOVICO
Prima di avvelenar la moglie tua,
tu macchinasti di fiaccarle il collo
giù per le scale.

GASPERO
Ci capisci ancora?
Costui è Ludovico.

LUDOVICO
E questi è Gaspero.
2440
Morrai come carogna.

GASPERO
E puzzerai
Con fetore di can, contaminato
Da escrementi di mosche.

LUDOVICO
Sarai
Dimenticato prima del sermone
Che si dirà per te.

BRACCIANO
Vittoria mia,
2445
Vittoria mia!

LUDOVICO
Per Dio! Questo demonio
Maledetto rinviene! Siam disfatti!

(entrano Vittoria Corombona, Francesco de’ Medici, Fiaminio e seguito)

LUDOVICO
(agli accorsi)
Vorreste ancora richiamarlo in vita
E a tormenti terribili? Sgombrate
Da questa stanza per amor di Dio!

(escono Vittoria Corombona, Francesco de’ Medici, Fiaminio e seguito)

GASPERO
2450
Strozzalo!

LUDOVICO
(gittando un nodo scorsoio sul collo di Bracciano)
Ciarli ancora! Eccoti il dono
D’amor del duca di Firenze.

(Bracciano è strozzato)

GASPERO
Hai fatto?

LUDOVICO
Ecco, il moccolo è spento. Ti so dire
Che nessuna massaia avrebbe fatto
Meglio e più presto, ancor se per sett’anni
2455
Fosse stata infirmiera in ospedali
Di appestati.
(rientrano Vittoria Corombona, Francesco de’ Medici e seguito)
Egli è morto.

OMNES
Pace sia
All’alma sua!

VITTORIA
Un vero inferno è questo
Luogo per me.

(esce)

FR. DE’ MED.
L’ha presa proprio a cuore
E per davver costei.

FIAMINIO
Oh! Sí, davvero!
2460
Se avessero due fiumi navigabili
Ne’ lor occhi le donne, certamente
Li verserebber tutti e due sugli uomini.
Io mi fo meraviglia qundo veggo
Desiderar per la città più fiumi;
2465
poichè vendon le donne a buon mercato
l’acqua. Son brevi imbrie di luna
i dolor delle donne e le paure;
e come fa la luna, hanno lor fasi
brevi e cangianti. Nulla a questo mondo
2470
si dissecca più presto che le lacrime
delle donne. Son io che vedo il termine
del mio ricolto. Non mi ha dato nulla!
Oh! Le promesse delle corti! I saggi
Le maledicon. Be’, mentre si vive
2475
Que’ che meglio le notan pagan peggio.

FR. DE’ MED.
Certo, in questo ci è il dito di Firenze.

FIAMINIO
Probabilmente. I colpi sulle mani
Son pesanti, ma quelli sulla testa
Danno la morte. Questa è ben rara
2480
Furberia machiavellica. L’han giunto
Non come suole un assassin volgare
Che si avvicina circospetto e il colpo
Mortal ti appoggia. No; l’han titillato
Fino a farlo morir, morir ridendo
2485
Come se avesse vivendo ingoiato
Una libra di croco. Un fatto è questo,
compiuto in un momento. Oh! Chi si mette
a educare le corti all’onestà,
fa come che spicasse un salto matto
2490
sul ghiaccio.

FR. DE’ MED.
Ora però può dar la stura
Il liberato popolo alle ciarle
Contro di lui, e ad accanirsi sopra
I suoi misfatti.

FIAMINIO
Oh! Quanta è la miseria
De’ principi! Per forza delle cose
2495
Vengono censurati. Nè soltanto
Biasimati essi son per tutto il male
Ch’han perpetrato, ma perchè non fecero
Tutto quello che tutti avrian voluto.
Meglio saria per lor se lavorato
2500
Avessero alla trobbia – Per la morte!
Riparlare vorrei anche una volta
Con questo duca!

FR. DE’ MED.
È morto!

FIAMINIO
Oh! Se potessi
Esorcizzando, richiamarlo in vita!
Ma se preghiere e sacramenti han forza
2505
Di farmi udire il suo parlar, sebbene
Un quaranta demoni con le loro
Livree di fiamma stessero a servirlo,
gli parlerei, gli scoterei la mano
ne dovessi restare abbacinato.

(esce)

FR. DE’ MED.
2510
Mio bravo Ludovico, l’atterriste
Negli aneliti estremi della morte?

LUDOVICO
Sì, ma così fiaccamente, che fu lui
Ad atterrirci.

FR. DE’ MED.
E come?

LUDOVICO
L’udrai dopo.
(entra Zanche)
Vedi: ecco che vien quella donnetta
2515
D’inferno. Ben vorria qualche giochetto
D’amor fare con te; ma questa è l’ora
Non di giochi di amor, ma ch’essa sveli
Il promesso segreto.

FR. DE’ MED.
(a Zanche)
T’ho incontrata
Con gran passione in questo basso mondo.

ZANCHE
2520
Io vorrei che tu fossi indifferente:
non si conviene a te nessun tributo
di pianto a questo pianto cortigiano.
Lascia che piangan essi il triste caso,
essi ch’ebbero parte ai suoi delitti.
2525
Seppi stanotte per un triste sogno,
questo atroce misfatto; nondimeno,
a dire il vero, questo sogno mio
riguardava anche te.

LUDOVICO
Stiamo cadendo
Nelle visioni!

FR. DE’ MED.
A far cosa di moda
2530
Vo’ sognar con costei.

ZANCHE
Ei mi pareva
Che al mio letto ti fossi trafugato,
o mio signor.

FR. DE’ MED.
Vuoi credermi, carina?
Per questa luce! Di salirti addosso
Sognai, e ti trovai senza camicia.

ZANCHE
2535
A me parea che mi giacessi allato.

FR. DE’ MED.
Anch’io così sognai; e per timore
Che prendessi un catarro, ti coprii
Con questo mio mantello.

ZANCHE
Veramente
Sognai che tu fossi alquanto audace
2540
Con me. Però veniamo al fatto.

LUDOVICO
Come?
Come? Mi spero che non vuoi venire
Al fatto qui?

FR. DE’ MED.
Sta ben, ma voi dovete
Udire il sogno mio.

ZANCHE
Ebben racconta.

FR. DE’ MED.
Allor che ti buttai sulla persona
2545
Il mantello irlandese, tu ridesti;
e forse troppo, a mio parere.

ZANCHE
Ah! Risi!

FR. DE’ MED.
E gridasti per giunta; che il pelame
Ti stuzzicò a solletico.

LUDOVICO
Volgi l’occhio
Su costei, prego; dalle labbra un riso
2550
Le pullula com’acqua insaponata,
con cui si sia lavata una cassetta
di carboni.

ZANCHE
Ti aspetta un’eccellente
Fortuna. Io ti promisi di svelarti
Un segreto, ed è questo. La duchessa,
2555
sorella del Granduca di Firenze,
fu avvelenata con profumi sparsi
sul ritratto del Duca di Bracciano,
suo marito; a Camillo fu spezzato
da quel dannato di Fiaminio il collo.

FR. DE’ MED.
2560
Molto strana vicenda.

ZANCHE
E molto vera.

LUDOVICO
Ora si è franto il nido delle serpi.

ZANCHE
Sono dolente confessar che anch’io
Ci ebbi una mano al nero fatto.

FR. DE’ MED.
Dunque
Tu conoscevi il lor disegno?

ZANCHE
Certo;
2565
ma ora, spinta dal rimorso, intendo
derubare Vittoria questa notte.

LUDOVICO
(a parte)
Ecco una giusta contrizione! Suole
Dormicchiar l’usuraio nella chiesa,
ascoltando il sermon, ma sogna il furto.

ZANCHE
2570
Per aiutar la nostra fuga ho chiesto
Il permesso di andarmene in campagna
Con qualcun, fino al di del funerale.
Fra contanti e gioielli cento mila
Corone ti darò.

FR. DE’ MED.
Qual preziosa
2575
Giovinotta tu sei!

LUDOVICO
Ed una parte
Di coteste corone avrolla anch’io.

ZANCHE
È una dote, mi penso! Certo è falso
Il proverbio che dice esser dal sole
Colorata la pelle. Un’Etiope
2580
Ritorna bianca se viene lavata.

FR. DE’ MED.
Ti laverò; ma or va’ via.

ZANCHE
Sii pronto
Per la fuga.

FR. DE’ MED.
Sta bene: un’ora avanti
Che faccia giorno.

(Zanche esce)

LUDOVICO
Che strana scoperta!
Non si sapean le circonstanze tutte
2585
Dell’una e l’altra morte.

ZANCHE
(rientrando)
Alla capella
Mi aspetterai a mezzanotte.

FR. DE’ MED.
Bene.

(Zanche esce ancora)

LUDOVICO
E or siam giustificati.

FR. DE’ MED.
Non parlarmi
Di giustizia! Che sfregio la giustizia
Ebbe da noi? Noi, come le pernici,
2590
le infermità purghiamo con l’alloro:
sarà la fama che l’impresa nostra
coronerà, togliendo ogni vergogna.

(escono)

SCENA XIV

(Padova – Appartamento di un palazzo)
(entrano da una parte Fiaminio e Gaspero, da un’altra Giovanni col seguito)

GASPERO
Vedesti mai un principe più nobile del duca?

FIAMINIO
Ho conosciuto il figlio bastardo di una povera donna, meglio favorito dalla natura: ora sta dietro di lui e in basso; ma ogni paragone faccia a faccia, riuscerebbe odioso. Un pavone che viveva in corte ed era il favorito di tutti, fu saggio. Alcune pavoncelle, un giorno, presero a lodarlo, dicendogli che era più bello dell’aquila reale. Ed il pavone disse: l’aquila è più bella, se non per le sue penne, per i suoi lunghi artigli. Be’, a costui si allungheranno, a suo tempo, gli artigli – O mio grazioso signore!

GIOVANNI
Prego di lasciarmi.

FIAMINIO
Ma Vostra Grazia deve stare allegro: sono io che ho ragione di piangere. Perchè sa lei quello che il piccolo figlio disse, quando cavalcava in groppa dietro al padre?

GIOVANNI
Be’, che disse?

FIAMINIO
Quando tu sarai morto, babbo, disse, spero di cavalcare io seduto sulla sella. Oh! È una bella cosa per un uomo sedere da solo! Può distendersi, poggiandosi sulle staffe, guardare attorno e vedere tutto in cerchio l’orizzonte. Or ecco: lei, signore, sta a sedere in sella.

GIOVANNI
Studia le preci tue: pentiti e pensa
Quello che fosti prima. Ho udito sempre
2595
Che l’ultimo de’ figli del peccato
È chiamato rimorso!

(esce)

FIAMINIO
Le mie preci!
Con una fare da prete ei mi minaccia.
Non me ne do pensiero, anche se, come anacarsi, fossi pestato a morte in un mortaio. Nondimeno una morte così starebbe meglio agli usurai: si avrebbe, a pestarli insieme col loro oro e fare con questo miscuglio – Un cordiale pel diavolo.
In sedicesmo è ver, ma il guardo fosco
Ha già del zio.
(entra un cortigiano)
E tu chi sei? Che rechi?

CORTIGIANO
2600
Il giovin duca, o sir, ti proibisce
Di presentarti a lui, e ti comanda
Di sgombrar queste stanze, ov’è dovere
Che gli s’abbia rispetto.

FIAMINIO
Il lupo e il corvo
Sono belli e folleggiano con grazia
2605
Nella lor prima età. Tu hai l’incarco
Di cacciarmi di qui.

CORTIGIANO
L’ordine è questo.

FIAMINIO
Veramente, signor maestro di corte, non bisogna spingere agli estremi ogni suo ufficio. Dire che una gentildonna fu, sulla mezzanotte, strppata dal letto e rinchiusa con la sola camicia nella più interna torre di Castel Sant’Angelo, non farebbe parer crudele un carceriere gentiluomo che affacciasse pretese su quel rimasuglio di vesti, glielo rovesciasse sul capo e sulle orecchie e la lasciasse ivi dentro nuda?

CORTIGIANO
Molto bene: tu sei allegro.

(esce)

FIAMINIO
Questo vuol dire che mi si ributta dalla corte? Un tizzo senza fiamma fa molto fumo. Soffocherò alcuni di essi.

(entra Francesco de’ Medici)

FIAMINIO
Come? Ti vedo afflitto.

FR. DE’ MED.
Un miserando
Spettacolo ho veduto.

FIAMINIO
Ed in un altro
Ora t’incontri: in un umiliato
2610
Dolente cortigian.

FR. DE’ MED.
La veneranda
Tua madre, in poco tempo, è diventata
Vecchia. La vidi che avvolgea nel funebre
Lenzolo il corpo di Marcello; dentro
La stanza si accoglieva una melode
2615
Solenne e pia: sospir dogliosi e lacrime
E accenti di corruccio, come fanno
Le vecchie quando nelle notti vegliano
Un cadavere. Fuori dalla stanza
Uscendo, gli occhi non sapean guidarmi,
2620
si carchi eran di lacrime.

FIAMINIO
Vederla
Voglio.

FR. DE’ MED.
Sei senza carità. La vista
Tua raddoppierà l’affanno suo.

FIAMINIO
Sì, voglio
Veder costoro e i lor supertiziosi
Ululati ascoltar. Essi stan dietro
2625
Questa traversa.

(tira la traversa e si veggono Cornelia, Zanche e tre altre dame occupate ad avvolgere in un sudario il corpo di Marcello)

CORNELIA
Questo ramerino
È avvizzito. Vi prego, un altro fresco
Recatemi. Vorrei che sulla fossa
Sua germogliasser queste pianticelle,
e quando sarò morta e imputridita,
2630
l’allietasser di fiori. Ramoscelli
sceglietemi d’alloro: una ghirlanda
che dai fulmini salvi il mio figliolo
voglio intessere attorno alla sua testa.
Questo lenzolo consacrai con preci
2635
Devote per venti anni e nol credevo
Destinato per lui.

ZANCHE
Signora mia,
guarda chi c’è di la.

CORNELIA
Porgimi i fiori.

ZANCHE
La signora è impazzita!

UNA DELLE DAME
Ancor travolto
Ha, pel dolor, del figlio il corpo.

CORNELIA
(a Fiaminio)
Sii
2640
Il benvenuto. Tieni un ramoscello
Di ramerino e...piangi. Da sollievo
Al cuor; tienlo di conto. N’ho lasciati
Più assai per me.

FR. DE’ MED.
Lo sai, buona signora,
chi è costui?

CORNELIA
So bene che tu sei
2645
Quel che scava le fosse.

ZANCHE
Egli è, non vedi?
Fiaminio.

CORNELIA
Vuoi proprio che impazzi? Guarda
Come ha bianca la mano! Così presto
Si lava il sangue? Be’, quando l’assiolo
Gridacchia sulla toppa del camino
2650
O salta e canta nella stufa il grillo,
sulle tue mani rivedrai le macchie
gialle; ed allora, tienilo per certo,
di un corpo morto udrai la voce. E già
ora, sei tutto maculato: un rospo
2655
maneggiasti – La primula è un buon fiore;
desta i ricordi. Comprane tre once
anche per me.

FIAMINIO
Vorrei esser lontano!

CORNELIA
Puoi ascoltarmi, sire? Voglio dirti
Una nenia. Soleva la mia nonna,
2660
quand’essa udiva una squilla lontana,
cantarla sul liuto.

FIAMINIO
Se tu vuoi,
dilla pur, dilla pure. Ecco t’ascolto.

CORNELIA
(cantando come se mentecatta)
Escano gli stornelli e reattini
Dagli ombrosi viali de’ giardini,
2665
e rechin erbe, ramoscelli e foglie
degl’insepolti a ricoprir le spoglie;
aiutino le talpe e le formiche
queste pietose funebri fatiche,
e, perchè di calore abbian conforti
2670
ammantino di terra i corpi morti;
ma scaccia il lupo dalla pia dimora,
perchè con l’unghie scaverlanli ancora.
Ed ora la sua merce è conteggiata,
sono finite le provviste. I ricchi
2675
non n’ebber più de’ poveri. La merce
è esaurita oramai. Chiudiam bottega.
Sii benedetta, o buona gente.

(escono Cornelia, Zanche, le dame portano via il cadavere di Marcello)

FIAMINIO
Sento
Entro l’anima mia un’assai strana
Cosa agitarsi, a cui non altro nome
2680
So dar che di pietà. Lasciami prego.
(Fr. De’ Med. esce)
Questa notte saprò della mia vita
L’estremo fato. Mia sorella è ricca
E può ben compensare i miei servigi.
Sí; vissi licenzioso come tanti
2685
Vivono in corte: se però splendea
Talor nella mia faccia un pieno riso,
sentivo in seno che la coscienza
tumultuava in confusione. Spesso
celam le gaie ed onorate vesti
2690
la tortura che strazia. Noi crediamo
che cantan per letizia gl’ingabbiati
uccelli, mentre il canto loro è pianto.
(appare lo spettro di Bracciano in sottana di cuoio, brache e stivli; è incappucciato: in mano ha un vaso pieni di gigli e sotto i fiori sta un teschio)
(allo spettro)
Sei qui. Ben posso fronteggiarti. Fatti
Più presso, ancor più presso. Quale afflitta
2695
Cera tu hai? Su, via, dimmi: in qual luogo
Ora ti trovi? Nella rifulgente
Galleria delle stelle, o nel profondo
Baratro uscuro? No? Non parli? Prego,
scioglimi un dubbio. In quale religione
2700
convien meglio morire? È nella tua
conoscenza? E puoi dirmi quanta vita
mi resta ancora? È questa la domanda
che più m’importa. Non rispondi? Sei
se,pre come que’ grandi che di du,
2705
di giù si muovon senza scopo. Dimmi...
(lo spettro gli rovescia addosso della terra e gli mostra il teschio)
Questo che è? Fatale! Rovesciata
M’ha addosso terra, e m’ha mostrato un teschio
In fondo al vaso: sotto le radici
Dei fior giacea quel teschio. Prego, sire,
2710
parlami. I nostri preto italiani
creder ci fan che i morti hanno colloqui
con i lor familiari e che sovente
vanno a trovarli a letto ed a mangiare
con essi.
(lo spettro svanisce)
Ora è partito! E i fior, la terra
2715
E il teschio e tutto son con lui svaniti:
questo sorpassa ogni dolor. Ma il fato
faccia pure il suo peggio. Oso sfidarlo.
Ed or da mia sorella. Intanto voglio
Al bilancio pensar di questi orrori.
2720
La disgrazia del duca che ha distrutto
Tutto l’essere mio, poi la pietosa
Vista del corpo del fratello morto,
poi l’eccessivo duolo di mia madre
e infin questa terribili visione:
2725
tutto questo dovria render benigno
il cuore di Vittoria; e, se non giova,
affogherò nel sangue suo quest’arma.

SCENA XV

(Ancora probabilmente Padova – Una via)
(entrano Fr. De’ Med. e Ludovico)

LUDOVICO
O mio signore, per l’anima mia,
non proceder più oltre. In questa bega
2730
immischiato ti sei soverchiamente,
nè fu senno l’entrarci. Io li ho pagati
i miei debiti tutti, e se dovessi
in rovina cascar, non cadran meco
i creditori miei. Ho fatto voto
2735
di lasciar tutto a questa ardimentosa
assemblea, a seguaci assai più bassi.
Ma tu, o signor, su via, presto abbandona
Questa città, o giuro che disdico
L’assassinio.

FR. DE’ MED.
Ti lascio. O Ludovico,
2740
addio. Se tu perisci in questa gesta
gloriosa, farò che le tue ceneri
tengan vivo il tuo nome.

(esce)

ORTENSIO
Qualche fosca
Impresa or qui si trama. Immantinenti
Voglio scendere giuso alla fortezza
2745
A cercar della forza. Quai torrenti
Che non conoscon soste sono queste
Cortigiane fazion, ma nella corsa
Spesso i cavalcator romponsi il collo.

(esce)

SCENA XVI

(Padova – Un appartamento della corte)
(Vittoria Corombona con un libro in mano, Zanche, Fiaminio che si avvicina ad esse)

FIAMINIO
Che? Tu stai a pregar? Ma tira via,
2750
smetti.

VITTORIA
Come, ruffiano?

FIAMINIO
Per mondane,
faccende vengo a te. Statti a sedere
statti a sedere; e tu, dal sol riarsa,
puoi stare e udir. Sprangate son le porte.

VITTORIA
Sei ubbriaco?

FIAMINIO
Sì, d’assenzio; e un sorso
2755
Tu pur ne ingollerai.

VITTORIA
Ma di che cosa
Vuol parlar questa Furia?

FIAMINIO
Che del duca
Tu sei l’esecutrice, e ch’io pretendo
D’esser pagato de’ servigi miei.

VITTORIA
De’ tuoi servigi?

FIAMINIO
Qui son penna e inchiostro:
2760
siedi e scrivi che cosa mi vuoi dare.

(scrive e poi fa per consegnare lo scritto a Fiaminio)

FIAMINIO
Come, già fatto? Un atto molto spiccio
Fu questa concessione.

VITTORIA
Ecco la leggo:
“A te e non ad altri ora concedo
Quella porzion per cui gemé d’affanno
2765
Cain, quando sgozzato ebbe il fratello”.

FIAMINIO
Perdinci! Ecco una tessera cortese
Con cui cercar la carità.

VITTORIA
Tu sei
Un farabutto.

FIAMINIO
Siamo giunti a tanto?
(tra sè)
Dicono che il terror placa le angosce.
2770
Un diavolo ha costei dentro il suo seno,
vo’ provar se da lei posso straparlo –
siedi tranquilla. Il mio signor, morendo,
mi consegnò due paia di gioielli,
che mi mettono in grado di beffarmi
2775
del tuo buon cuor. Vo’ farteli vedere.

(esce)

VITTORIA
Certo, è impazzito.

ZANCHE
Oppure è disperato:
per la nostra salvezza un più benigno
parlare usa con lui. Cerchiam soccorso.
(vedendo Fiaminio che rientra con due cassette di pistole, grida)
Aiuto! Aiuto!

FIAMINIO
Il gorgozzul con questa
2780
Prugna invernale tapperotti.

VITTORIA
Giacciono
Entro le fosse milioni di morti,
che al giudizio final risorgeranno
con stridore di denti.

FIAMINIO
Lascia stare
Cotesto tuo ciarlio e questi tuoi
2785
Lamenti che son roba da grammatica,
argomenti da femmina – Conosco
qualche orator che non esclamazioni
crede commuover meglio l’uditorio
che con ragioni e con sana dottrina.

VITTORIA
2790
Fragilità non altro è questa mia!
Ma mi son risoluta. O angosce, addio!
Guarda, Bracciano: mentre che vivevi
Tu eressi in cuore un fiammegginte altare
Per far de’ sacrifici al nome tuo;
2795
or però sono pronta ad offerirti
il cuor, me stessa e tutto. O Zanche, addio.

FIAMINIO
(minacciando con le pistole)
Sei pronta tu?

VITTORIA E ZANCHE
Siam pronte.

ZANCHE
Aiuto! Aiuto!

(entrano con fracasso Ludovico, Gaspero Pedro e Carlo)

FIAMINIO
Che chiasso è questo? Dunque del palazzo
Si son foggiate chiavi adulterine?

LUDOVICO
2800
Vi rechiamo un’allegra mascherata.

FIAMINIO
Mi sembrate davver de’ Mattaccini
A veder quelle spade sguainate.
Or gli uomini di chiesa si trasmutano
In compagnia di gente buffonesca.

(tutti si scoprono)

GASPERO
2805
Isabella! Isabella!

LUDOVICO
Ci conosci?

FIAMINIO
Gaspero e Ludovico!

LUDOVICO
Sì, e quel moro,
a cui Braccian concesse una pensione,
era il Granduca di Firenze.

VITTORIA
E allora
Noi siam perduti!

FIAMINIO
Deh! Non mi togliete
2810
Ch’io di costei faccia giustizia. Fate
Ch’io di mia man l’uccida. Fu ben dessa
Che ogni salvezza mi tagliò, soccorsa
Dai vostri acciari – Si fa beffe il Fato
Di noi, nè noi possiam combatterlo. Che resta?
2815
Se noi possiamo prevedere il fato,
non lo possiamo prevenir. Ma un grande
assioma ha il mondo che ogni premio vince:
nascere fortunati è meglio assai
che l’esser savi.

GASPERO
Legate costui
2820
A una colonna.

VITTORIA
Qual pietà gentile!
Ei fu tempo che vidi un nero merlo
Preferire un rifugio in grembo a un uomo
Per scampare da un falco.

GASPERO
Non t’inganni
Speranza alcuna.

VITTORIA
Se Fiorenza è in corte,
2825
mi uccida lui.

GASPERO
Richiesta pazza! I prenci
Largiscon doni con le mani loro,
ma con le mani altrui danno le morti
e i tormenti.

LUDOVICO
(a Fiaminio)
Ricorda: un di, di furto,
tu mi colpisti! Or io ti vo’ nel cuore
2830
rendere i colpi.

FIAMINIO
Agisci come un boia,
come un vil boia, e non da gentiluomo:
io non posso difendermi.

LUDOVICO
Tu scherzi?

FIAMINIO
Vuoi vedermi morir piagnucolando
Come piansi nascendo?

GASPERO
Raccomandati
2835
Al cielo.

LUDOVICO
Se potessi per quatr’anni
Farti morir quaranta volte al giorno,
ancor poco saria. Nulla mi afligge’,
più di questo, che sei un picciol cibo
per la mia fame di vendetta. Or dimmi:
2840
a che tu pensi?

FIAMINIO
O sire, a nulla
Di nulla. Lascia star queste domande
Oziose. Ora sto per avviarmi
Dove mi aspetta un silenzio infinito.
Ciarlare è proprio vano. Non ricordo
2845
Nulla; nè v’ha maggior dolore al mondo
Che ricordarsi de’ propri pensieri:
sono un peso terribil per chi muore.

LUDOVICO
(a Vittoria)
Ed ora a te, baldracca gloriosa:
s’io potessi tagliar dall’aer puro
2850
il sozzo fiato onde respiri e vivi,
vorrei succhiarlo e poi rigurgitarlo
in qualche letamaio.

VITTORIA
Sei tu il mio boia?
Non si direbbe al portamento, al viso,
troppo belli per boia. Ebben, sia pure.
2855
Su, fa da bravo il tuo mestier, ma prima
China i ginocchi e cercami perdono.

LUDOVICO
Quale cometa prodigiosa fosti!
Vo’ cominciar, tagliandoti la coda,
e spacciar pria questa tua mora.

VITTORIA
No;
2860
prima me, prima me. Eccoti il seno.
Fino all’estremo suo respiro deve
Una mia pari esser servita. Non
Toccar costei.

GASPERO
Brava così tu sei?!

VITTORIA
Voglio dare al tuo ferro il benvenuto,
2865
come i principi ai grandi ambasciatori:
che vangli incontro a metà vita.

LUDOVICO
Trenare
Tu dovresti al pensier che in aria e fumo
Stai per svanire.

VITTORIA
Troppo vera donna
Son io, nè vane immagini mi ponno
2870
Intimorir. Da me non una lacrima
Sola vedrai versar; nè impallidire
Mi vedrai per paura, ma soltanto
Per mancanza di sangue.

CARLO
(a Zanche)
O negra Furia,
qui per te ci sono io.

ZANCHE
Rosso è il mio sangue
2875
Al par del tuo. Vuoi tu verne una giccia?
Fa tanto bene alla salute. Oh! Come,
come orgogliosa son, perchè la morte
non può cangiarmi di colore. Il viso
non mi vedrete impallidire.

LUDOVICO
Assieme
2880
Tutti...a colpir! Su, colpi e colpi...

VITTORIA
(a Ludovico)
Bravo!
Un colpo assai ben dato. Un altro eguale
Danne, se mai ti avvenga assasinare
Un pargolo poppante. Allor famoso
Boia diventerai.

FIAMINIO
Gagliarda lama
2885
La tua! Fattura inglese o di Toledo?
Bene! Io sempre pensai che la cagione
Del mio morir l’avrebbe conosciuta
La punta di un pugnal, non un dottore.
Affonda il ferro ancor, stracciale ancora
2890
Le ferite che apristi.

VITTORIA
Nel mio sangue
Era il più grande de’ peccati miei
E lo purgo col sangue.

FIAMINIO
Una sorella
Brava tu sei. Così ti voglio bene.
Nutre la donna l’uomo, ma dovrebbe
2895
Nutrirlo ancor di gagliarda virile.
Molte donne lasciar nome famoso
Per virili virtù, che nel secreto
Furon sozze di vizi: ma un felice
Silenzio le salvò. Solo chi apprese
2900
A celar le sue colpe è senza falli.
Addio.

VITTORIA
Trascina una tempesta nera
L’anima mia, ma non so dove...

FIAMINIO
Butta
L’àncora a mar, sorella, e tienla salda.
Quando arridono all’uomo i di felici
2905
Se ne resta stregato. Ma, se giunge
L’avversità, l’uom si ritrova: il mare
Spumeggia e ride allora che agli scogli
Si accosta e sbatte. Ed or l’abbiam fiita
Coi dolori, o sorella. Or, più non siamo
2910
Schiavi della fortuna. Ora cessiamo
Di morire, morendo.
Sei tu morta?
O solor presso al fondo? È falsa storia
Che le donne gareggian con le nove
Muse, per viver nove volte? Sprezzo
2915
Chi verrà dopo me, chi venne prima:
me non solo: son principio e fine.
Se volgiam l’occhio al ciel, le conoscenze
Si confondono e annebbiano. Nel seno
Di un nuvolo mi sento.

VITTORIA
Oh! Fortunato
2920
Chi le corti non vide, e nessun grande,
se non perchè ne udla, conobbe mai!

(muore)

FIAMINIO
Come un lume, spegnendosi, rivive
Ad ora ad ora con guizzi di luce,
anch’io risento palpitar la vita.
Tutto ciò che appartiene ai grandi fa ricordare le tradizioni delle vecchie mogli, che cioè i leoni della Torre di Londra, anche se splende il sole, piangono nel di della Candelora pel doloroso inverno che ancora resta.
2925
Qualche cosa di buono la mia morte
Vi può insegnare. In un carnaio oscuro,
io la vita trascorsi e un raffreddore
me ne colse; e la voce vi smarrli,
senza speranza di rimedio – Addio,
2930
o gloriosi villani! Il faccendiero
commercio della vita è vanità;
vuol riposo il riposo, e pur da tutti
pena a pena si accumula. Pe’ miei
funerali non sonino campane
2935
adulatrici, e sol rimbombi il tuono
profondamente al mio ultimo addio.

(muore)

AMBASCIATORE INGLESE
(da dentro)
Per di qua, per di qua! Sfondate tutte
Le porte. Per di qua!

LUDOVICO
Siam noi traditi?
Ebben, si muoia con fermezza insieme.
2940
Un grande gesto abbiam compiuto, ed ora
Sfidiamo il peggio che ci apporta il fato;
noi non temiamo il sangue.

(entrano gli ambasciatori, Giovanni e guardie)

AMBASCIATORI INGLESE
Ritenete
Indietro il giovin principe. Sparate,
sparate.

(sparano, Ludovico cade)

LUDOVICO
Son ferito, ed ho paura
2945
Che per me l’è finita.

GIOVANNI
O sanguinario
Villan! Con quale autorità potesti
Compir questo massacro?

LUDOVICO
Con la tua.

GIOVANNI
Con la mia?

LUDOVICO
Fu tuo zio che l’ordinava,
di cui parte tu sei. Sono sicuro
2950
che mi conosci. Guarda, vedi: il conte
Ludovico son io. L’ultima notte
La passò nella corte travestito
Quel tuo zio nobilissimo. Era il moro,
cui tuo padre concesse una pensione.

GIOVANNI
2955
E or diventato è un assassino! Via
Voi altri; alla prigione e alla tortura.
Come spero nel ciel, chi prese parte
A questa strage sentirà l’amaro
Della giustizia mia.

LUDOVICO
Per me la gloria
2960
Sento di poter dir che questo fatto
È proprio mio. Sano riposo e sonno
I tormenti, i patiboli e la rota
Della tortuna mi daranno. Questo
Mio notturno lavor l’ho alluminato
2965
Ed è il miglior che ho fatto.

GIOVANNI
Questi corpi
Rimovete. Oronevoli signori,
da questa loro punizion traete
questo precetto: ricordare ai tristi
che sopra grucce di fragili canne
i delitti si appogiano nel mondo.