Texto utilizado para esta edición digital:
Cinzio, Giraldi. Orbecche. A cura di Renzo Cremante. En Teatro del Cinquecento. Milano: Riccardo Ricciardim, 1988, Tomo 1: La tragedia.
- Romeu Guallart, Luis María (Artelope)
- Burgos Segarra, Gemma (Artelope)
Dedicatoria
ALL’ILLUSTRISSIMO ET ECCELLENTISSIMO SIGNORE IL SIGNORE DUCA ERCOLE DA ESTI II DUCA IIII FERRARA
Dura cosa è, Illustrissimo Signore, a scrittori di qualunque sorte fuggire a questi tempi i morsi della invidia, la quale, come nemico armato, sta sempre co’ denti fuori per mordere e lacerare chi scrive. E posto che ciò sia difficile in ogni sorte di composizione, egli è sommamente difficile quando altri si dà a scrivere in quella maniera de poemi che sono stati per tanti secoli tralasciati ch’appena di loro vi resta una lieve ombra. Di qui è ch’io istimo che sia quasi impossibile che coloro i morsi d’essa invidia fuggano i quali si danno a comporre nuove Tragedie a questi tempi, l’uso delle quali, solo maestro di tutte le cose, per la gran lascivia del mondo, com’io credo, è in tutto mancato, et appresso e Greci, che la Tragedia trovaro, et appresso e Latini che, togliendola de essi, senza alcun dubbio assai più grave la fecero. Et ancora ch’Aristotile ci dia il modo di comporle, egli, oltre la sua natia oscuritade, la quale (come sapete) è somma, riman tanto oscuro e pieno di tante tenebre, per non vi essere gli auttori de’ quali egli adduce l’auttoritadi e gli essempi per confirmazione de gli ordini e delle leggi ch’egli impone a gli scrittori d’esse, ch’affatica è intesa, non dirò l’arte ch’egli insegna, ma la diffinizione ch’egli dà della Tragedia. Ciascuna di queste cose dunque da sé, non che tutte insieme, mi devea fare restare di por mano in cosa di tanta fatica e si facile a dare materia ad altrui di biasimarmi. Ma tanto hanno potuto in me i preghi di molti amici, e spezialmente del magnifico M. Girolamo Maria Contugo, gentiliss. giovane et ornato di molte virtù, ch’ancora ch’io mi conoscessi di deboli forze a così grande impresa e vedessi a che rischio i’ mi poneva, preposi ‘l volere degli amici ad ogni mio pregiudicio. Composta adunque ch’io ebbi questa Tragedia, che fu in meno di due mesi, avendole già parata in casa mia il detto M. Girolamo sontuosa et onorevole scena, fu rappresentata da M. Sebastiano Clarignano da Montefalco, il quale si puote sicuramente dire il Roscio e l’Esopo de’ nostro tempo, a voi Illustrissimo Signore e padron mio. E posto ch’ella e da V. Ecc. e da tutti quelli divini ingegni che seco la videro e l’udiro fosse meravigliosamente lodata, pure considerando io di ch’importanza fosse lasciare uscire nel cospetto del mondo cose tali, e quanto più agevol cosa è riprenderle che comporle, voleva che, standosi ella celata appresso di me, fosse contenta di quelle lodi ch’allora ebbe e tenesse meglio tra i confini della mia casa essere stata una volta lodata che, tratta da vana speranza, si ponesse a rischio di dispiacere e di essere a membro a membro lacerata da’ morsi de gli invidi nel publico. Ma poi che piacque all’Illustrissimo e Reverendissimo Cardinali Raavenna ch’ella facesse nuova mostra di sé innanzi S[ua] R[reverendissima] S[ignoria] e dell’Illustrissimo e Reverendissimo Cardinale Salviati, molti chiari Signori e pellegrini ingegni molte volte con somma instanza la mi hanno chiesta, tratti dalle lodi che e voi, Signor mio, tra tutti gli altri giudicioso et ornato di tutte quelle lodi et alte virtuti ch’ad eccellentissimo Signore e nobilissimo spirito si convengono, allora le deste e dopo insieme con voi le diero amendue que' Reverendissimi Signori, celebri e chiari ne gli studii di tutte le oneste discipline che nelle Greche e nelle Latine carte si contengono. Là onde non potendo io più far loro di ciò disdetto senza incorrere nel nome di villano, come i preghi de gli amici mi constrinsero a comporla, così anco le costoro continove dimande m'hanno sforzato a lasciarla uscire.
Devendo ella adunque pur uscir fuori, ho voluto, Illustrissimo Signor mio, ch'ella a voi, prima ch'a nessuno altro, reverentemente s'offra: sì perché facendosi schermo, contra chiunque assalir la volesse, dell'auttorità dell'illustre nome vostro, quasi da fortissimo scudo diffesa, più sicura si stia contra gli assalti loro; sì anco perché sia appresso voi, da quanto ella è, certissimo pegno della riverenza ch'io vi porto e chiaro testimonio della mente mia, a voi sempre divota. E s'ella fia da voi con quello animo accolta con cui la vostra rara virtude e molta cortesia mi promette che serà, io non dubito ch'ella non rimanga da ogn'invidia sicura, e mostrandomi, se non in tutto, almeno in parte verso di voi grato, non vi faccia ampia fede della sincera mia affezione e volontaria servitude, ond'io vi sono con somma osservanza astretto. Il che se fia, si darà ardire all'altre sue sorelle, Altile, Cleopatra e Didone, ch'ora timide appresso di me stano nascose, di lasciarsi vedere. Intanto, basciando a V. Ill. S. l'onorata mano, umilemente le mi raccomando. Alli dì XX di Maggio M. D. XLI.
D.V. ILL. S. Ser[vitore] Giovanbat. CInthio Giraldi.
[Noticia sulle rappresentazione]
FU RAPPRESENTATA IN FERRARA IN CASA DELL’AUTTORE L’ANNO M.D.XLI. PRIMA ALL’ILLUSTRISS. SIGNORE IL SIGNORE ERCOLE II. DA ESTI DUCA IIII. DI FERRARA. DOPO A GL’ILLUSTRISS. E REVERENDISS. SIGNORI. IL SIGNORE CARDINALE DI RAVENNA, ET IL SIGNORE CARDINALE SALVIATI. LA RAPPRESENTÒ M. SEBASTIANO CLARIGNANO DA MONTEFALCO. FECE LA MUSICA M. ALFONSO DALLA VIVUOLA. FU L’ARCHITETTO ET IL DIPINTORE DELLA SCENA M. GIROLAMO CARPI DA FERRARA.
L’ARGOMENTO
Orbecche figliuola di Sulmone Re di Persia, essendo fanciulla, fanciullescamente diede indizio al padre che Selina sua mogliera e madre di lei si giacea col suo primogenito. Sulmone, trovatigli 'nsieme, gli uccise. Dopo alcuni anni Orbecche, senza che 'l padre ne sapesse nulla, prese per marito un giovane d'Armenia, detto Oronte. Intanto volendola maritare Sulmone a un Re de' Parti, si scuopre l'occulto maritaggio e che sono nati d'essi due figli. Sulmone finge essere di ciò contento e dopo uccide Oronte et i figliuoli. Poi colla testa e colle mani del marito ne fa dono alla figliuola la quale, vinta dallo sdegno e dal dolore, uccide il padre e dopo sé stessa.
LE PERSONE CHE PARLANO
| NEMESI, Dea |
| FURIE, infernali |
| OMBRA di Selina |
| ORBECCHE, figlia del Re |
| NODRICE d’Orbecche |
| ORONTE, consiglieri |
| MALECCHE, consiglieri |
| SULMONE, Re |
| MESSO del Re |
| CORO |
| TAMULE |
| ALLOCCHE |
| MESSO |
| SEMICORO |
| DONNE DI CORTE d’Orbecche |
| Il Coro è di Donne di Susa. |
Atto
Atto I
SCENA I
SCENA II
[CORO][N]
X
Nota del editor digital
"[CORO]"
Introducimos esta anotación de referencia estructural ya que tiene una valor “de escena” y se distingue, de este modo, del “CORO” entendido como personaje colectivo
"[CORO]"
Introducimos esta anotación de referencia estructural ya que tiene una valor “de escena” y se distingue, de este modo, del “CORO” entendido como personaje colectivo
Atto II
SCENA I
SCENA II
SCENA III
SCENA IV
[CORO]
Atto III
SCENA I
SCENA II
SCENA III
SCENA IV
SCENA V
Atto IV
SCENA I
[CORO]
Atto V
SCENA I
SCENA II
SCENA III
[CORO]
Atto
