William Shakespeare, The Tragedy of Hamlet, Prince of Denmark

Amleto





Texto utilizado para esta edición digital:
Shakespeare, William. Amleto, principe di Danimarca. Tragedia. Tradotto da Carlo Rusconi. In: Teatro Completo di Shakspeare. Terza edizione. Torino: Cugini Pomba e Comp., 1852, volume II, p. 6-98.
Adaptación digital para EMOTHE:
  • Tronch Pérez, Jesus (Artelope)

Interlocutori

Claudio, Re di Dinamarca
Amleto, figlio d’altro Re, e nipote de Claudio
Polonio, Ciamberlano
Laerte, figlio di Polonio
Voltimando, Cortigiani
Cornelio, Cortigiani
Rosencrantz, Cortigiani
Guildensterno, Cortigiani
Osrico, Cortigiani
Un Sacerdote
Marcello, Ufficiali
Bernardo, Ufficiali
Francisco, soldato
Reynaldo, servo de Polonio
Un Capitano
Un Ambasciatore
L’ombra del padre di Amleto
Fortebraccio, Principe di Norvegia
Gertrude, Regina di Danimarca, e madre di Amleto
Ofelia, figlia di Polonio

Atto I

Scena I

Elsinoro. Plattaforma innanzi alla fortezza.
Francisco di scolta. Entra Bernardo.

Bernardo
Chi è là?

Francisco
Rispondi tu prima, e datti a conoscere.

Bernardo
Viva il re!

Francisco
Bernardo?

Bernardo
Quello.

Francisco
Venite esattamente alla vostr'ora.

Bernardo
Suonarono adesso le dodici; va a dormire, Francesco.

Francisco
Grazie del sollievo; è freddo assai, e il cuore mi trema.

Bernardo
Aveste buona veglia?

Francisco
Non un topo mi turbò.

Bernardo
Buona notte. Se vedete Orazio e Marcello, miei compagni di guardia, dite loro di affrettarsi.

Francisco
Parmi udirli. Entrano Orazio e Marcello
Fermatevi; chi è là?

Orazio
Amici di questa terra.

Marcello
E sudditi di Danimarca.

Francisco
Vi do la buona notte.

Marcello
Addio, onesto soldato: chi prese il vostro posto?

Francisco
Bernardo. Buona notte.

(esce)

Marcello
Olà, Bernardo!

Bernardo
Di': è quivi Orazio?

Orazio
Un brano di lui.

Bernardo
Benvenuto, Orazio; benvenuto, buon Marcello.

Orazio
Ebbene, la visione è comparsa anche questa notte?

Bernardo
Nulla ho veduto.

Marcello
Orazio dice che è un errore soltanto della nostra imaginativa; nè vuole accordar fede alla esistenza dello spaventoso spettro, che abbiam visto due volte. Perciò, dopo molte preghiere, l'ho indotto a venir nosco perchè vigilasse la notte, onde se l'apparizione ritorna, possa render giustizia a'nostri occhi, e favellarne.

Orazio
Prestigio, prestigio! non apparirà nulla.

Bernardo
Assidiamoci un istante; daremo novello assalto al tuo orecchio che si mostra incredulo al nostro racconto; incredulo di ciò che due notti abbiamo veduto.

Orazio
Ebbene, sediamo, e udiam, Bernardo, la tua storia.

Bernardo
La scorsa notte, nell'ora in cui quella stessa stella, che vedi laggiù risplendere all'occasso, avea descritto il suo circolo e illuminava quella parte di cielo in cui adesso scintilla, Marcello ed io, suonando un tocco l'orologio...

Marcello
Taci, interrompi; mira, essa ritorna!

(apparisce l’ombra)

Bernardo
Nella forma istessa del re morto!

Marcello
Tu sei dotto, Orazio; parlagli.

Bernardo
Non somiglia il re? Miralo, Orazio.

Orazio
Somiglia troppo...e mi empie di tema e di stupore.

Bernardo
Ei vuole gli si favelli.

Marcello
Parlagli, Orazio.

Orazio
Chi sei tu chi ususrpi a quest'ora di notte la forma nobile e guerriera di cui vedemmo rivestita la maestà del re sepolto? In nome del Cielo, favella.

Marcello
È offeso.

Bernardo
Vedi! S'allontana.

Orazio
Fermati, parla; parla, te l'impogno, parla.

(l'ombra svanisce)

Marcello
Partito, partito, e senza darci risposta.

Bernardo
Ebbene, Orazio? Eccoti allibito e trepido! Fu nostra imaginazione, e nulla più? Che ne di' tu?

Orazio
Per Idoio, non l'avrei potuto credere senza la testimonianza sensibile de'miei occhi.

Marcello
Non somiglia il re?

Orazio
Come tu somigli a te stesso. Tale era l'armatura che quello portava allorchè combattè l'ambizioso re di Norvegia; tale il volto minaccioso che mostrò quel dì in cui atterrò sul ghiaccio il guerriero polacco. Strano in verità.

Marcello
Ed ecco come per due volte durante la nostra guardia, appunto in quest'ora, fra le tenebre della notte, con passo marziale, c'è passato dinanzi.

Orazio
Quale intento avrà? Nol so; ma seguendo il filo delle mie congetture, questa cosa minaccia allo Stato alti disastri.

Marcello
Amici, sediamo, e dicami quegli di voi che lo sa, perchè guardie si esatte e severe affatichino nel più fitto delle tenebre i sudditi del re danese? Perchè tal fusione giornaliera di cannoni di bronzo, e tal creazione di macchine da guerra? Perchè la costruzione di tanti vascelli, a cui s'intende sempre, senza che il riposo separi la domenica dagli altri di? Quali disegni si fecero perchè convenga all'artefice sudante unir nelle sue opere le notti ai giorni? Chi di voi me lo potrà dire?

Orazio
Io: o almeno ti rapporterò le voci segrete che corrono. Il nostro ultimo re, di cui l'imagine dianzi ci apparve, fu, lo sai, sfidato in tenzone singolare da Fortebraccio di Norvegia, cui geloso orgoglio animava. In quel combattimento, el prodenostro Amleto (chè tale lo giudicò questa parte del nostro mondo conosciuto) uccise Fortebraccio. Per patto suggellato, stretto con tutte le formule, e confermato dalla legge delle armi, Fortebraccio cedeva al vincitore, colla vita, tutti i dominii di cui disponeva; avendo contr'essi il re nostro posto egual misura di terre, che sarebbero entrate nel retaggio del suo avversario, se ei fosse rimasto vincente. Oggi il giovine Fortebraccio, senza esperienza, d'un carattere vivo e pieno di sè, ha raggranellati in fretta sulle frontiere di Norvegia alquanti avventuriere, avidi, pel bisogno di pane, di ogni impresa disperata. Qui non può essere (come ognuno n'è convinto) che il divisamento di riprendere su di noi a mano armata e con aperta forza i perduti dominii. Ecco, secondo me, l'oggetto principale di questi grandi apparecchi, la cagione di queste notturne guardie, e di tutti gli armamenti che si fanno in Danimarca.

Bernardo
Credo, come voi, che non può esservi altra ragione; e ciò si concilia col prodigio di questa visione minacciosa, che viene tutta armata ad atterrirci, sotto la forma del defunto sovrano, autore di queste guerre.

Orazio
È Visione atta a turbar l'occhio della mente. Ne'tempi più floridi di Roma, pochi giorni prima della caduta del gran Cesare, le tombe vedovate rimasero senza ospiti; i morti co'loro lenzuoli vagolarono per le vie, mandando urli lamentevoli; le stelle dardeggiarono code fiammanti; una pioggia di sangui cadde delle nubi; segni funesti velarono il sole; e l'umido pianeta, sotto l'influenza del quale è posto l'imperio di Nettuno, andò soggetto ad una ecclisse simile a quella che oscurerà l'ultimo di del mondo. I medesimi precursori delle sventure della terra, araldi che precedono sempre i destini, preludi fatali dei terribili avvenimenti che ci pendono sopra, tali presagi si sono tutti veduti nella terra e nel cielo per avvertire il nostro popolo. Ma; taciamo : mirate!...eccolo...già ritorna! Vuò attraversagli la via...sebben m'agghiacci d'orrore. Fermati, apparizione!...e se hai una voce, se puoi render qualche suono, favella. -Ove abbi una inchiesta a fare; ove sia qualche servigio che possa sollevarti, e procacciarmi qualche grazia celeste, parlami. Se a parte sei delle sorti future (ricomparisce lo spettro)
Ma; taciamo: mirate!...eccolo...già ritorna! Vuo'attraversargli la via...sebben m'aghiacci d'orrore. Fermati, apparizione! E se hai una voce, se puoi render qualche suono, favella. Ove abbi una inchiesta a fare; ove sia qualche servigio che possa sollevarti, e procacciarmi qualche grazia celeste, parlami. Se a parte sei delle sorti future del tuo paese e di qualche sinistro avvenimento che con felice prescienza possa impedirsi...oh! favella!... Se durante la vita hai sepolto nel seno della terra un mal acquiatato tesoro, perocchè dicesi esser questa una delle cagioni per cui voi, spiriti, errate cosí dopo morte, fammelo palese... (il gallo canta)
Oh fermati, parla...Fermalo, Marcello.

Marcello
Gli darò io della mia partigiana in sulla testa?

Orazio
Fallo, se non vuol fermarsi.

Bernardo
Eccolo!

Orazio
Eccolo!

(l’ombra svanisce)

Marcello
È scomparso! Gli facciamo oltraggio, avendo aspetto si nobile e maestoso, a volerlo violentare. Egli è come l'aere invulnerabile, e i nostri colpi e le nostre vane minaccie non sono che una malignità impotente e risibile.

Bernardo
Voleva parlare, allorchè il gallo cantò-

Orazio
E in quel punto trasalì come un reo chiamato dalla voce di araldo formidabile. Udii dire che il gallo, annunziator del mattino, co'suoni acuti della sua voce roca e sonora sveglia il Dio del giorno, e avverte gli spiriti, che erranti o sul mare, o pel fuoco, o per la terra, o per l'aere, precipitano tosto nelle loro dimore. Il fantasma da noi veduto ci fa fede di ciò.

Marcello
Al canto del gallo scomparve. Alcuni affermano che nel tempo di quella stagione solenne, in cui è celebrata la nascita del Redentore, l'uccello dell'alba canta tutta la notte; e dicesi che allora nessuno spirito possa mostrarsi; che le notti son salubri; che verun pianeta ha influssi maligni; che ogni sortilegio torna vano; che l'arte del mago è senza potere; tanto quel sacro tempo è pieno di grazia celeste!

Orazio
Così io pure ho udito e in parte credo; ma, vedete? il matino, vestito con manto di porpora, calpesta la rugiada di quell'alto colle, là verso oriente. Terminiamo la nostra guardia, e , se vi piace di seguir il mio avviso, facciamo parte di quanto abbiam visto stanotte al giovine Amleto: perchè, sulla mia vita, lo spirito che fu muto per noi parlerà con esso. Acconsentite che ne l'istruiamo? È una confidenza che il nostro zelo per lui c'impone, e che il nostro dovere ci prescrive.

Marcello
Facciamolo, ve ne prego. Io so dove trovarlo questa mattina, e come parlagli in libertà.

(escono)

Scena II.

La sala del Consiglio.
Entra il Re, la Regina, Amleto, Polonio, Laerte, Voltimando, Cornelio, Grandi e seguito.

Re
Sebbene la ricordanza della morte di Amleto, nostro amato fratello, sia si recente ancora, che non possiamo sbandire la tristezza da'nostri cuori, e una benda di duolo cuopre la fronte di tutto il nostro regno; pure la ragione di Stato ha combattuta la natura, ed esige che, serbando per lui un dolor saggio e mite, non obbliamo la memoria di noi stessi. Perciò, regina, compagna nostra e un tempo nostra sorella, sovrana augusta di questo impero bellicoso, noi vi abbiamo scelta per consorte, compresi d'una gioia che sopprime il dolore, col sorriso della felicità sulle labbra, e le lagrime negli occhi, disposando le feste dell'imeneo al duolo de'funerali, l'imene dell'amore a quello della morte, e pesando su egual bilancia il piacere e l'affanno. Nèdi voi, o signori, abbiamo negletto i savi consigli, che dati liberamente, meritano le nostri grazie. Ora ci rimane a dirvi che il giovine Fortebraccio, portando di noi debole opinione, o imaginando che la recente morte del nostro fratello sciolti abbia tutti i legami dello Stato, e scossolo fin dalle fondamenta, sedotto forse dal sogno di sua superiorità, non s'è ristato dall'insultare il nostro paese con un messaggio intimante che gli si restituiscano le terre perdute da suo padre, e acquistate con tutte le solennità della legge dal nostro prode fratello. Questo basti di lui. Quanto a noi e all'oggetto che qui ci raduna: eccovelo. Abbiamo vergati dispacci pel re di Norvegia, zio del giovine Fortebraccio, che, infermo e prigioniero nel suo letto, appena ha udito parlare delle mire del suo nipote. Con essi noi l'invitiamo a porre argine a quelle, conoscendo esattamente dove e quali siano le schiere ordinate all'impresa. Voi, saggio Cornelio, e voi, Volti mando, deputiamo per recare il nostro saluto al vecchio sovrano, non concedendovi poteri personali per istringer trattati con esso, più di quelli che stan qui registrati. Partite, e la vostra diligenza ne faccia fede della vostra sommissione.

Voltimando
In questa e in ogni altra cosa mostreremo la nostra obbedienza a Vostra Maestà.

Re
Punto non ne dubitiamo; partite e abbiatevi il nostro sincero addio. (Voltimando e Cornelio escono)
Ora, Laerte, qual'è la vostra inchiesta? Una dimanda accennaste, di che avete brama? Voi non potete fare al re dei Danesi una inchiesta ragionevole e sperdere le parole. Che potete chieder, Laerte, che non vi sia afferto dal vostro re, piuttostochè da voi sollecitato? La mano non è più pronta a servir la bocca, la testa non è più sottomessa al cuore, che il trono di Danimarca nol sia a vostro padre: che desiderate, Laerte?

Laerte
Formidabile sovrano, il favor del vostro consenso per tornare in Francia. Io mi sono affrettato a venir qui per porgervi omaggio nel vostro coronamento; riempito questo debito, il dirò pure, i miei voti richiamanmi verso la Francia. Essi con umiltà sottometto all'indulgenza di Vostra Altezza, la di cui grazia imploro.

Re
Avete quella di vostro padre? Che dice Polonio?

Polonio
Ei tanto fece, signore, collle sue inchieste, che alfine mi ha estorto l'assentimento e la sanzione al suo voto. Vi prego di concedergli la facoltà di partire.

Re
Scegliete ora propizia alla partenza, e disponete di tutto ciò che può padecervi e rendervi pago. Ebbene, Amleto, mio parente e figlio...

Amleto
(a parte) Parente troppo, figlio non tanto.

Re
Perchè quelle nubi sulla vostra fronte?

Amleto
Oh no, signore, non son che troppo alla luce.

Regina
Caro Amleto, dirada quelle fosche, e l'occhio tuo giri sguardi amici sulla Danimarca. Non persistere a cercar sempre con quelle luci abbassate il nobile tuo padre nella polvere della tomba. Tu sai che è una legge comune che tutto ciò che vive, muore: e traversando questo mondo, passa all'eternità.

Amleto
Sí, signora, è una legge comune.

Regina
Se questo è, perchè ne sembri tanto mesto?

Amleto
Sembro, signora? No, sono; ignoro i finti sembianti. Non è solamente il nero colore di questo mantello, buona madre, queste gramaglie indossate per costume di solenne duolo, questi caldi sospiri d'alitar singhiozzante, questo rivo di lacrime, questa fronte squallida e abbatutta, e tante altre apparenze che possono manifestare il mio dolore; apparenze che ognuno può simulare; ma è qui, dentro di me, ch'esso s'asconde; nè il resto è altro che forma e pompa.

Re
Sensibilità e virtù lodevole in voi, l'accordar così a vostro padre ricordanze tanto sante; ma dovete sapere che il vostro genitore perdè un genitore, e che quel genitore un altro ne avea perduto: il figlio che sopravvive al padre è legato da dovere di tenerezza a mostrar per un tempo l'affezion sua verso le di lui ceneri: ma il perseverare in continuo dolore è segno d'empia tenacità, d'affanno sconvenevole all'uomo, di volontà ribelle ai decreti del cielo, di cuor senza forza, d'anima senza pazienza, di giudizio limitato e inesperto. Imperocchè per una cosa che sappiamo essere inevitabile, che comune è come ogni altra cosa più comune che il senso ferisca, perchè persisteremmo in disperato abbattimento? No, saria un delitto contro il Cielo, un'offesa contro l'estinto, un fallo contro natura, un'assurda ingiuria alla ragione, il cui più volgar precetto è la morte de'nostri padri, e che dal primo feretro in fino a quello dell'uomo spento oggi ci ha sempre gridato "tal'è l'inevitabile legge". Non vi preghiamo dunque di obbliare dolor sì volgare, e di averne in conto di padre; imperocchè sappia ognuno e rammenti che voi toccate più dappresso d'ogni altro al nostro trono, e che tutto l'amore virtuoso che il più tenero dei padri porta al figlio suo, noi lo sentiamo per voi. Quando al disegno vostro di tornarvene agli studi di Vittemberga, nulla è più contrario ai nostri desideri; e vi scongiuriamo di risolvervi a restar qui sotto ai nostri occhi, dove il nostro amore vi consolerà, voi primo di questa corte, parente nostro, e figliuolo.

Regina
Amleto, non far che tua madre preghi invano, rimanti con noi, non tornare a Vittemberga.

Amleto
Farò sempre ogni sforzo per obbedirvi in tutto, signora.

Re
Ecco una nobile risposta e dettata dal cuore. Siatevi tutto quello che noi stessi siamo in Danimarca. Signora, venite. Questo consentimento d'Amleto partito dal cuore, e dato sì affettuosamente, m'empie di dolce allegrezza; in ricompensa, non sarà fatto oggi in Danimarca gioioso brindisi, che la tuonante voce del cannone non l'annunzi alle nubi. Voglio che la volta del cielo,ripetendo gli scoppi dei folgori della terra, risuoni del plauso di tazze vuotate alla salute del re. Andiamo.

(escono tutti, tranne Amleto)

Amleto
Oh perchè questa massa di terra troppo indurita non può ella ammollirsi per dolore, e fondersi in flutti di lagrime? O perchè l'Eterno vibra egli le sue folgori contro coloro che si tolgono la vita? Dio! Dio! Come vane, incresciose e pallide mi sembrano tutte le gioie di questo mondo; come io le disprezzo e quanto nevo fastidito! Un campo è questo incolto che non si cuopre che di amari frutti di natura aspra e selvaggia... A tanto si è giunti!...Due mesi dopo la sua morte!...No, non ancora due mesi!!!... Re si virtuoso, ch'era appo questo quel che è un Dio presso un satiro; sì affettuoso per mia madre, che non permetteva neppure ai venti del cielo di molestarle il viso...Cielo! Oh Cielo! Eterna dunque mi resterà la memoria!...Ed ella a lui aderiva come se la sua passione si fosse accresciuta col possedimento, e nullameno nel lasso di trenta di... Non vuo' pensarci! Oh fragilità, a te e alla donna non si compete che un nome stesso!... Un mese appena!...Prima ancora che logorata avesse la calzatura con sui segui il corpo del mio povero padre, tutta in lagrime...Sì, ella, ella medesima!...Ah il bruto, privo d'idee e di ragione, avrebbe sentito più a lungo il suo dolore...Accoppiata a mio zio, fratello di mio padre, che a mio padre somiglia men di quello ch'io mi faccia ad Ercole... Nel lasso d'un mese...Prima che il rossore, di cui le sue perfide lagrime avevano infiammato i suoi occhi, si fosse disperse, ella s'è maritata!... Oh! Foga rea! Abbandono turpe e incestuoso!... Empio fu ciò, e andrà rivolto in cobardia. Ma spezzati, mio cuore, poichè sono costretto, poichè sono costretto d'imbrigliar la mia lingua!

(entrano Orazio, BErnardo e Marcello)

Orazio
Salute a Vostra Altezza!

Amleto
Godo di vederti in buono stato; Orazio?...Se non erro.

Orazio
Quello, principe, e debole vostro servo per sempre.

Amleto
Mio buon amico, questo titolo cambierò con voi. Qual motivo vi richiamò da Vittemberga?...Ah! Marcello?

Marcello
Mio buon signore...

Amleto
Son lieto di rivedervi; salute. Ma parlate, qual motivo vi fe'tornare da Vittemberga?

Orazio
La poca volontà di applicarmi, mio buon signore.

Amleto
Non vorrei che un vostro nemico lo dicesse, ne vorrete far violenza al mio orecchio costrigendolo a creder cosa detta in biasimo vostro. So che in voi non è ritrosia per la scienza; che dunque vi conduce in Elsinoro? Prima che di qui partiate v'insegneremo come si beve.

Orazio
Principe, venni per assistere ai funerali di vostro padre.

Amleto
Ti prego, non ischermirni, tu diletto compagno de'miei studi. Credo che fu piuttosto per assistere alle nozze della mia genitrice.

Orazio
È vero, signore, che in breve sono accadute.

Amleto
Parsimonia, parsimonia, Orazio: le vivande del banchetto funebre eran tepide ancora, e imbandite si sono a quello degli sponsali. Vorrei aver raggiunto in cielo il mio nemico più abborrito, prima che vedere un tal dì, Orazio!...Mio padre...È parmi ch'io lo vegga ancora.

Orazio
Dove, signore?

Amleto
Cogli occhi della mente, Orazio.

Orazio
Io l'ho veduto una volta, ed era generoso quel re.

Amleto
Generoso? Ah di tali la natura non ne produrrà più!

Orazio
Signore, credo d'averlo veduto ier notte.

Amleto
Chi?

Orazio
Principe, il re vostro padre.

Amleto
Mio padre?

Orazio
Calmate la vostra sorpresa un istante, e porgetemi ascolto, mentr'io, con la testimonianza di questi valenti amici, vi narrerò il prodigio.

Amleto
Per l'amor di Dio, ch'io t'oda.

Orazio
Due notti di seguito questi gentiluomini, Marcello e Bernardo, durante la loro guardia, nel più fitto delle tenebre, nell'ora più silenziosa, viddero fra il buio una figura somigliante a vostro padre, armata da capo a piedi, che con passo augusto e grave si fea loro maestosamente innanzi. Tre volte ella è passata sotto i loro occhi atterriti alla distanza del suo scettro; ed essi, irrigati di sudor gelido spremuto loro dall'altezza dello spavento, muti e inorriditi, la vedevano passare. In segreto mi fecero la terribile confidenza di ciò; ed io la seguente notte stetti con loro alla guardia. All'ora indicata, con tutte le circostanze di cui m'aveano posto a parte, lo spettro ritorna...ho conosciuto vostro padre; queste due mani non s'assomigliano di più.

Amleto
Ma dove accadde questo?

Marcello
Sulla piattaforma ove eravamo di guardia, mio principe.

Amleto
Ne vi provaste a parlargli?

Orazio
Si, gli parlai; ma nulla m'ha risposto. Nondimeno mi parve che sollevasse la testa, e s'accingesse a discorrere, quando l'uccello del mattino fe'intendere il suo grido, e al suono di quello la visione scomparve.

Amleto
Strana cosa questa!

Orazio
Come è vero che vivo, mio onorato principe, vi ho detta la verità, e credemmo che la nostra affezione per voi c'imponesse il carico di palesarvela.

Amleto
Oh! Si, miei amici, ma ciò mi empie di turbamento. Spetta a voi la guardia, stanotte?

Tutti
Spetta, signore.

Amleto
Armato, dite?

Tutti
Armato.

Amleto
Dal capo ai piedi?

Tutti
Principe, dal capo ai piedi.

Amleto
Ne avete veduto il suo volto?

Orazio
Oh si, ch'ei portava la visiera alzata.

Amleto
Ed era minaccioso?

Orazio
Più assolorato che minaccioso.

Amleto
Pallido, o acceso?

Orazio
Pallido pallidissimo.

Amleto
E fissò i suoi occhi su di voi?

Orazio
Intentamente.

Amleto
Vorrei esserci stato.

Orazio
Ne sareste rimasto sorpreso.

Amleto
Può essere. Si fermò lungo tempo?

Orazio
Quanto ne occorreva per contare lentamente dall'uno al cento.

Marcello e Bernardo
Più ancora, più.

Orazio
Non quando io lo vidi.

Amleto
Avea la barba grigia? No?

Orazio
Qual l'avea in vita: nera, screziata d'argento.

Amleto
Veglierò con voi stanotte; forse ritornerà.

Orazio
Tornerà, ve ne assicuro.

Amleto
Se si presenta a me sotto l'aspetto del mio augusto padre, gli parlerò, dovesse l'inferno, spalancando le sue voragini, impormi silenzio. Vi scongiuto tutti, se finora avete conservato il segreto su questa apparizione, conservatelo ancora, e checchè possa avvenire questa notte confidatelo al vostro pensiero ma non alla vostra lingua; da ciò conoscerò la vostra amicizia per me. Addio tutti; fra undici ore e mezzanotte vi raggiungerò al castello.

Tutti
Siamo devoti a Vostro Onore.

Amleto
La vostra amicizia, come voi avete la mia. Addio. (escono Orazio, Marcello e Bernardo)
L'ombra di mio padre armata! Qualche nera colpa si nasconde. Vorrei fosse notte; anima mia, aspettala in pace. I delitti atroci, quand'anche l'intera terra li coprisse, si rivelerebbono agli occhi degli uomini.

(esce)

Scena III

Una stanza nella casa di Polonio.
Entrano Laerte e Ofelia.

Laerte
Le mie bagaglie sono imbarcate; addio, sorella. Finchè i venti lo concederanno e il tragitto potrà operarsi, non siate negligente nel darmi vostre novelle.

Ofelia
Potete di ciò dubitare?

Laerte
Quando ad Amleto e a’ suoi frivoli amori, riguardateli come una moda effimera, una follía di bollente giovinezza, una primavera precoce ma passeggiera; uno splendore amabile che non ha durata; il profumo e il piacere di un istante e nulla più.

Ofelia
E nulla più?

Laerte
Null'altro, siatene sicura: imperocchè durante la nostra adolescenza non è soltanto il corpo che cresce in forza e in volume, il cuore si sviluppa con lui, e gli uffici interni dell'anima si estendono e si ampliano col tempio in cui essa risiede. Forse ei vi ama oggi; forse niuna frode ora, niuna macchia oscura i sentimenti suoi puri e virtuosi; ma voi dovete temere, risguardando all'altezza del suo grado, che la sua volontà non gli appartenga. Egli stesso è soggetto della sua nascita; ne può, come gli uomini del volgo, scegliere da sè la sua donna; perciocchè dalla sua scelta dipendono l'onore e la vita di tutto il regno, onde questa debbe esser guidata dal consentimento di tutto il corpo di cui è capo. Se dice quindi che vi ama, è proprio della vostra saviezza il non credere delle sue parole più di quello che ei stesso ne possa effettuare, nel luogo e colla dignità con cui è stato educato; e il suo potere, a questo proposito, non può mostrarsi senza il suffragio e la sanzione della più nobile parte di Danimarca. Vedete dunque e pesate quale sventura sarebbe la vostra se vi accadesse d'udire con orecchio troppo credulo i suoi discorsi allettatori, e di perdere il vostro cuore, o d'aprire il casto tesoro del vostro seno all'ascendente delle sue focose importunità. Temete una tale sventura, diletta sorella, temetela; mantenete sempre la vostra ragione dietro alla vostra inclinazione per vegliare su di lei: e rimanetevi fuori di tiro del pericoloso dardo del desiderio. La vergine circospetta è abbastanza liberale se svela la sua beltà ai raggi dell'astro della notte. La vistù stessa non isfugge ai colpi della calunnia; l'insetto rode le giovani rose di primavera, sovente ancora prima che l'odorota loro boccia siasi dischiusa; ed è nel mattino della giovinezza, all'ora delle dolci rugiade, che i soffi contagiosi sono più frequenti. Vegliate su di voi; la sicurezza migliore è posta in un timor prudente; la gioventù diviene spesso la nemica di se medesima quando pure non ha altri nemici dintorno.

Ofelia
Farò tesoro di queste savie massime, come d'altrettanti angeli salvatori. Ma, mio buon fratello, non siate come alcuni sacerdoti austeri e duri, non mi mostrate la strada aspra e spinosa che guida al cielo, mentre che, come abbri senza fede e senza pensier dell'avvenire, camminano essi stessi nella via fiorita del diletto, ne alcun conto tengono delle loro proprie ammonizioni.

Laerte
Non temiate ciò di me. Ma io m'intrattengo troppo. Ecco mio padre; (entra Polonio)
una doppia benedizione è una doppia grazia. L'occasione mi arride per chiedergli un secondo congedo.

Polonio
Ancor qui stai, Laerte! Vergogna; al mare, al mare. Il vento gonfia i fianchi delle tue vele e tu solo sei aspettato. Ricevi la mia benedizione: e pensa a consolidar nella tua memoria questi precetti."Non dar lingua a'tuoi pensieri, nè esecuzione ad alcuna idea mal maturata. Sii cortese e civile, ma non mai bassamente familiare. Gli amici che hai adottati dopo sperimento, avvincili all'anima tua con legami di ferro; ma non prodigar la tua mano e le sue frivole carezze ad ogni conoscenza novizia e di fresca data. Evita con cura d'entrar in contestazioni; ma una volta entrato in esse comportati in modo che il tuo avversario ti schivi a sua volta. Porgi orecchio a tutti gli uomini, ma conserva la tua voce per un piccol numero; accogli tutte le censure, ma sii riservato ne'tuoi giudizii. L'abito tuo sia bello quando la tua borsa lo può pagare, ma non mai strano o ricercato; ricco e non fastoso, avvegnachè l'abbigliamento indichi spesso l'uomo, e i signori di Francia più distinti per nobiltà e per cariche abbiano in ciò gusto squisitissimo. Non prendere a prestito nè prestare ad altrui; chè sovente il prestatore perde il prestito e l'amico; e il togliere a prestito spegne l'amor della parsimonia. Ma a questo sopratutto bada: sii sincero con te stesso, e per la necessità mercè cui la notte segue il giorno, non potrai mai esser falso cogli altri uomini." Addio; la mia benedizione faccia fruttificare questi precetti nella tua anima!

Laerte
Umilmente mi accomiato da voi, signore.

Polonio
Il tempo ti invita; va, i tuoi servi ti aspettano.

Laerte
Addio, Ofelia; ricordate quel che vi ho detto.

Ofelia
L'ho serrato nel cuore e voi ne avrete la chiave.

Laerte
Addio.

(esce)

Polonio
Che è ciò, Ofelia? che v’ha egli detto?

Ofelia
Non vi spiaccia, signore, qualche cosa che riguardava Amleto.

Polonio
In verità è a proposito. M'è stato narrato che da qualche tempo ei v'accorda in particolare i momenti del suo ozio, e che voi liberale, prodiga anzi, siete stata nel concedergli udienza. Se questo è vero, come mi si assicura, conviene, per cautela e per premunirvi, che vi rimostri come voi non mettiate nella vostra condotta tutta quella delicatezza che si addice ad una mia figlia e al vostro onore. Di che favellate voi insieme? Ditemi la verità.

Ofelia
Non ha molto, signore, ei mi fece mille proteste dell'affetto suo per me.

Polonio
Affetto? Follia? Voi parlate come una fanciulla senza cervello e senza sperienza in circostanza sì grave. Prestate forse fede alle sue proteste, come vi piace di chiamarle?

Ofelia
Non so, signore, quel ch'io debba pensarne.

Polonio
Io ve l'insegnerò. Rammentate che non siete che una giovine; che le sue dichirazioni son monete che non han corso; che voi valete più di esse, o, per seguire il corso d'una meschina allusione, io vi protesto che facendo ingiuria a voi mi rendereste insensato.

Ofelia
Mio signore, ei m'ha parlato del suo amore con modi pieni d'onestà.

Polonio
Modi, sì, modi, così potete chiamarli; ite, ite.

Ofelia
Ed ha afforzati i suoi voti, signore, con tutte le invocazioni che possono indirizzarsi al Cielo.

Polonio
Appunto, reti valevoli a prender le beccaccie. So quanto il cuore, allorchè il sangue bolle, prodiga voti alla lingua; tali voti son lampi, mia figlia, che diffondono più luce che calore; in breve l'una e l'altro s'estinguono, nè convien averli in conto di fiamma, neppure nel momento della promessa che sembrano voler compiere. Da questo istante siate più economa della vostra vergine presenza; ponete i vostri colloqui a maggior prezzo, nè vi arrendete sì facilmente alla sua volontà di favellarvi. Intorno ad Amleto dovete credere soltanto, ch'egli è giovine e può allentare le sue redini, e correre con maggior libertà che a voi non ne sia concessa. In breve, Ofelia, non prestate fede ai suoi giuramenti, perocchè sono spergiuri; del colore non sono di cui sembrano; vani intercessori d'inutili e profani desiderii e null'altro; e sebben vestano le apparenze e assumano il linguaggio più puro e santo, questo non fanno che per meglio ingannare. Per concludere e dichiararvi il mio pensiero intero, non vuò che all'avvenire abusiate più di alcun momento d'ozio per isperderlo a prodigar parole e a intrattenervi col principe. Pensate a ciò, chè espressamente ve l'impongo; ora rientrate.

Ofelia
Obbedirò, signore.

(escono)

Scena IV.

La piattaforma.
Entrano Amleto, Orazio e Marcello.

Amleto
L'aria punge aspramente; è assai freddo.

Orazio
È vero; la brezza è acuta e penetrante.

Amleto
Che ora è?

Orazio
Non ancor mezzanotte.

Marcello
Oh è suonata.

Orazio
Non l'ho intesa. In breve dunque sarà l'ora in cui l'ombra suol apparire. (s'odono al di dentro squilli di tromba e una salva d'artiglieria)
Che significa ciò, signore?

Amleto
Il re passa la notte in orgie, e a ciò accennano questi strumenti; ogni volta ch'ei tracanna flutti di Reno, i timballi e le trombe suonano ed acclamano la rigogliosa salute di Sua Maestà.

Orazio
È tale il costume?

Amleto
Sì, in verità, è tale; ma, secondo me, quantunque nato io sia in questo paese ed educato fra le sue usanze, è questo un costume che sarebbe più onorevole di infrangere che di seguire. Codesta crapula che abbrustisce l'uomo, ci fa notare e disprezzare dalle altre nazioni, dall'oriente all'occidente, che ne tassano di scostumatezza e ne assomigliano a maiali. Un tal rimprovero scema il pregio delle nostre virtù, per quanto grandi siano, e oscura lo splendore del nostro nome. E ciò che accade anche agli uomini, che per qualche vizio, per qualche macchia in essi naturale, come quella della nascita di cui non si può far loro un debito, avvegnachè la nascita sceglier non possa la propria origine; per qualche difetto sopravvenuto col tempo nel loro carattere, e che forzato avrà i limiti della ragione, o per qualche abito che s'allontana di troppo dalla forma ricevuta degli antichi costumi; perchè portano l'impronta d'un vizio unico contratto fin dal loro nascere, o impresso come segno accidentale dalla fortuna, malgrado tutte le loro altre virtù fossero così belle come la è la grazia del Cielo, così estese quanto un uomo può possederle, vanno soggetti alla censura pubblica per quall'unica e sciagurata imperfezione.

(entra lo Spettro)

Orazio
Guardate, signore, esso viene!

Amleto
Angeli e Ministri di grazia, difendeteci! Sii tu uno spirito benefico o uno spettro infernale, esalino intorno a te profumi celesti o vapori d'inferno; siano i disegni tuoi malvagi o pii, tu vieni sotto forma sì sacra per me, ch'io vuò parlarti!...Amleto ti chiamerò, re, padre, monarca danese. Oh rispondimi! Non far che il mio cuore si franga d'impazienza. Dimmi perchè le venerande tue ossa, sepolte nella terra, squarciarono il loro funebre lenzuolo? Perchè la tomba, dove pacificamente ti vedemmo deposto, sollevò il peso de'suoi marmi massicci per rigettarti nel turbine di questo mondo? Qual può essere l'oggetto di siffatto prodigio, che tu, corpo trapassato, di nuovo rivestito di ferro, rivegga ancora il pallido raggio della luna doppiando l'orrore della notte? E noi, trastulli di natura, perchè siam noi per te commossi da si orrenda agitazione, e contristati da pensieri che avanzano la latitudine delle nostre anime? Dì, perchè ciò? A quale oggetto? Che dobbiam fare?

Orazio
Ei vi accenna di seguirlo come se avesse qualche segreto da comunicare a voi solo.

Marcello
Vedete come col gesto vi incalza e vi invita in disparte: ah! Non andate con lui.

Orazio
No, non andate.

Amleto
Non vuole rispondere, onde lo seguirò.

Orazio
Nol fate, signore.

Amleto
Perchè? Qual timore me lo impedirebbe? Non do alla mia vita il prezzo d'un obolo, e alla mia anima qual male potrà venire essendo immortale come lui? Ei m'accenna e mi invita...Lo seguirò.

Orazio
Che! S'ei vi trascina verso il mare, signore, o sulla cima spaventosa della montagna che sporge sui flutti, e là, prendendo qualch'altra forma orribile, vi priva della ragione, e immerge gli spiriti vostri nel caos? Pensateci; il luogo solo, senza altra cagione, ispira il delirio della disperazione in una testa, la di cui vista, attraversando tanti stadii, s'inabissa nelle profondità del mare che mugge al disotto.

Amleto
Ei continua ad accernnarmi...Avanzati; ti seguirò.

Marcello
No, non v'andrete, principe.

Amleto
Lasciatemi.

Orazio
Restate; nol seguite.

Amleto
Il destino mi chiama e rende ogni più piccola fibra del mio corpo robusta come i muscoli d'un lione. Ei continua a chiamarmi...Lasciatemi, signori... Pel Cielo! Diverrò uno spettro per quello che vorrà fermarmi... Va, dico, va, ti seguirò.

(escono lo Spettro e Amleto)

Orazio
La sua imaginazione l'ha renduto disperato.

Marcello
Seguiamolo; non dobbiamo abbedirgli in questo.

Orazio
Andiamo. A che riescirà tutto ciò?

Marcello
V'è qualche molla corrotta nello Stato di Danimarca.

Orazio
Il Cielo lo guiderà.

Marcello
Seguiamolo dappresso.

(escono)

Scena V

Una parte remota della fortezza.
Rientra lo Spettro e Amleto.

Amleto
Dove vuoi condurmi? Parla; non verrò più lungi.

Spettro
Guardami.

Amleto
Ti veggo.

Spettro
L'ora è quasi venuta, in cui conviene ch'io piombi fra fiamme di zolfo divoratrici.

Amleto
Oimè, povera anima!

Spettro
Non commiserarmi, ma porgi attento ascolto a ciò che ti dirò.

Amleto
Parla, tenuto sono ad udirti.

Spettro
Tenuto del pari sarai alla vendetta quando m'avrai ascoltato.

Amleto
Che?

Spettro
Io sono l'anima di tuo padre, condannata per un tempo fisso ad errar la notte, e ad essere imprigionata il giorno fra fiamme, finché le impure colpe, che lordarono i miei dì nella vita mortale, consumate non siano e deterse dal fuoco. Oh! Se vietato non mi fosse di rivelarti i segreti del luogo della mia prigione, potrei farti un racconto, di cui ogni parola sconvolgerebbe la tua anima, agghiaccierebbe il tuo giovine sangue, farebbe scintillar gli occhi tuoi come due stelle; e la tua chioma, che que'nodi tengono costretta, si separerebbe rendendo ogni tuo capello irto al pari di uno spino! Ma quegli eterni misteri non son fatti per orecchie di carne e sangue! Ascolta, ascolta, oh ascolta!...Se mai tu amastiu il tuo tenero padre...

Amleto
Oh Cielo!

Spettro
Vendica il suo crudele, snaturato assassinio.

Amleto
Assassinio?

Spettro
Assassinio orribile, inaudito, feroce!

Amleto
Affrettati a palesarmelo, onde con ali rapide, quanto il concepimento, o i pensieri dell'amore, io possa volare alla vendetta.

Spettro
Parato ti trovo alle opere; ma fossi anche di natura si insensibile come lo è la pianta che putridisce sulle rive dello Stige, rimarresti commosso da quel ch'io ti dirò. Ascoltami, Amleto. È corsa voce che dormendo nel mio giardino un serpe mi pungesse. Le orecchie dei Danesi sono indegnamente schernite da questa favola. Sappi, nobile giovine, che il serpe che tolse la vita a tuo padre, ne porta oggi la corona!

Amleto
Oh mia profetica anima!... Mio zio!

Spettro
Sì, quell'incestuoso, quel mostro adultero, col prestigio infernale del suo spirito, e con doni traditori (oh spirito e doni nefandi che avete così potenza di sedurre!) seppe cattivarsi alla sua infame passione il cuore della mia adorata regina, di cui tutti i sembianti esterni mostravano la virtù. Ah Amleto, in quale abisso ella cadde allora, da me, il cui puro amore era sempre stato fedele al voto profferito nell'ora dell'imeneo, fino all'iniquo, le cui doti eran nulle accanto alle mie! Però in quella guisa che la virtù non soccomberebbe mai, quand'anche la lascivia venisse a tentarla con forme celesti; così la libidine, accoppiata foss'ella a un angelo splendente di bellezza, profanerebbe la sua divina dimora e si cuoprirebbe di obbrobrio. Ma è mi pare sentir già l'aria del mattino...Abbreviamo il colloquio. Addormentato nel mio giardino (era mio costume giornaliero), fra pacifico sonno tuo zio mi sorprese, munito d'una fiala di veleno ch'ei mi versò in un orecchio. Quel liquore è si nemico dell'uomo, che, sottile come l'argento vivo, corre e s'insinua per tutti i canali, per tutte le vene del corpo, e con attiva operosità condensa e agghiaccia il sangue più puro e più scorrevole. Fu così ch'egli assiderò il mio; così ch'io venni dormendo spogliato dalla mano di un fratello della vita, della corona, della mia sposa, e tolto dal mondo nella pienezza de'miei peccati, senza la grazia del Cielo; senza gli ultimi soccorsi della religione; senza le preghiere implorate dalla squilla dei moribondi; senza conto reso al Giudice Supremo; e al di Lui cospetto io mi trovai con tutti i miei falli cumulati sulla mia testa! Oh orribile, orribile, fieramente orribile! Se il sentimento della natura in te vive, non patirlo: il real letto della Danimarca non divenga quello dell'impurità e dell'incesto. Ma in qualunque modo tu voglia a ciò addivenire, non lordare il tuo cuore, non ordir nulla contro la madre tua!...Abbandonala al Cielo; lascia alle pungenti spine, che s'ascondono nel di lei seno, la cura di punirla!...Addio. Il lucido verme m'annunzia che il mattino è vicino, e lo splendor de'suoi fuochi comincia a impallidire. Addio, addio, addio! Ricordati di me!

(scomparisce)

Amleto
Oh voi tutte, legioni dei cieli! Oh terra!...Chi accoppierò vosco?...L'inferno?...Anima mia, raffrenati... E voi, muscoli del mio corpo, non invecchiate in questo istante; francheggiatemi e sostenete il mio peso sopra la terra. Ricordami di te! Sì, ombra adorata, finchè esisterà memoria in questo reo mondo. Ricordami di te!Sì, e dal deposito della mia mente cancellerò tutte quelle frivole e insensate ricordanze, tutte le sentenze de'libri, tutti i vestigi e le impressioni del passato, che la gioventù e la meditazione vi aveano scolpite; e il tuo comando solo sopravvivrà nel registro de'miei pensieri, puro e intemerato d'ogni altra vile mistura. Sì, il Cielo ne attesto! Oh donna colpevole! Scellerato, ipocrita e perverso scellerato! Le mie carte... Ben è ch'io vi scriva, che un uomo può piaggiare, sorridere, ed essere un malandrino. Almeno un tal uomo (scrivendo) può trovarsi in Danimarca...Buon zio, tu stai qui. Ora la mia parola sarà "addio, ricordati di me". L'ho giurato.

Orazio
(dal di dentro) Signore, signore...

Marcello
(egualmente) Principe Amleto...

Orazio
Lo protegga il Cielo!

Marcello
Il Cielo lo protegga!

Amleto
Così sia!

Marcello
Principe, principe!

Amleto
Vieni, amico, vieni

(entrano Orazio e Marcello)

Marcello
Ebbene, mio nobile Signore?

Orazio
Signore, quali novelle?

Amleto
Ah le più strane!

Orazio
Degno Principe; diteci...

Amleto
No; le rivelereste.

Orazio
Non io, signore, pel Cielo!

Marcello
Nè io, mio principe.

Amleto
Come dite voi dunque che il cuor dell'uomo avesse potuto pensarlo?...Ma sarete segreti?...

Orazio e Marcello
Sì, pel Cielo, signore.

Amleto
Non fu mai scellerato in tutta la Danimarca...Che malvagio non fosse.

Orazio
Non occorreva, principe, che uno spettro sorgesse dal sepolcro per dirne ciò.

Amleto
Avete ragione, avete ragione, e senza entrare in altri particolari, credo conveniente che ci diam la mano e ci separiamo, voi, per irvene dove i vostri negozi e le vostre inclinazioni vi chiamano (imperocchè ognuno ha negozi e inclinazioni, quali che siano), ed io per accudire alla mia trista parte. Ora andrò a pregare.

Orazio
Principe, queste sono parole scucite e senza ordine.

Amleto
Duolmi che vi offendano; sinceramente; sì, dal fondo del cuore.

Orazio
Non è in ciò offesa, signore.

Amleto
Sì, per san Patrizio, vi è offesa, e grave ancora, Orazio. Intorno alla visione... Fu un'ombra virtuosa; permettete che ve ne assicuri; questo posso dirvi. Pel desiderio che nutrite di saper quel che accadde fra lei e me, reprimetelo finchè potrete, e accordatemi, miei degni amici (chè amici mi siete, e uomini instrutti e guerrieri), accordatemi, dico, una debole grazia.

Orazio
Qual è, signore?

Amleto
Di non rivelar mai quel che vedeste stanotte.

Orazio e Marcello
Non mai, signore.

Amleto
Giuratelo.

Orazio
In nome della fede.

Marcello
In nome dell'onore, non mai, non mai.

Amleto
Giuratelo sulla mia spada.

Marcello
Abbiamo giurato.

Amleto
Sulla mia spada, sulla mia spada.

Spettro
(dal dissotto della terra con voce lugubre) Giurate!

Amleto
Ah, ah, ombra! Tu ancora? Sei là, regale spirito?...L'udiste dalle viscere della terra...Acconsentite a giurare.

Orazio
Proponete il giuramento, signore.

Amleto
Di non mai parlar di ciò che avete visto: giuratelo sulla mia spada.

Spettro
(come prima) Giurate!

Amleto
Hic et ubique? Via, mutiam terreno. Avvicinatevi, onesti amici, e ponete la mano su questo ferro. Fate sacramento di non mai parlare di quanto intendeste.

Spettro
(come prima) Per la sua spada, fatene sacramento.

Amleto
Ben detto, invisibil fantasma! E puoi tu sì presto, valente minatore, forar la terra e aprirti nelle sue viscere la strada? Mutiam loco anche una volta, miei buoni amici.

Orazio
Oh luce e tenebre! Il prodigio è meraviglioso!

Amleto
E perciò tenetelo nascosto come uno straniero che rifuggito si fosse sotto il vostro tetto. Sonovi, Orazio, nel Cielo e nella terra più cose che non ne imaginino i sogni di vostra filosofia. Ma venite. Qui, come prima, non mai, così il Cielo vi aiuti! per quanto strana o bizzarra possa parervi la mis condotta, non mai, dico, vi sfugga... noi sappiamo ... potremmo se volessimo ... se desiderio di parlare in noi fosse ... o simili altre frasi dubbie che valessero a far credere che v'è nota qualcosa di me. Giuratelo, e allora la grazia e la clemenza del Cielo vi soccorrano ne' vostri bisogni!

Spettro
(come prima) Giurate!

Amleto
Calmati, calmati, spirito fiero! Onde, onesti amici, mi accomando a voi dal fondo del cuore; e per auqnto impotente sia lo sfortunato Amleto ad attestarvi la sua affezione, Dio non vorrà che vi manchi una ricompensa. Rientriamo insieme, e sempre col dito sulle labbra, ve ne scongiuro. La natura è sconvolta...Maledizione su te, disordine!...Dovrò io essere nato per riformarti!...Venite, andiamo insieme.

(escono)

Atto II

Scena I.

Una stanza nella casa di Polonio.
Entrano Polonio e Reynaldo.

Polonio
Reynaldo, dategli questo danaro e queste polizze.

Reynaldo
Così farò, signore.

Polonio
Buon Reynaldo, prima d'andar da lui adoprerete saviamente chiedendo della sua condotta.

Reynaldo
Era mia intenzione, signore.

Polonio
Saviamente pensato, savissimamente. Prima di tutto di mandate quali Danesi sono a Parigi; dove, e come vivono; qual è la loro compagnia, quali i convegni. Quando poi con questi preliminari avrete saputo che mio figlio è conosciuto, andate direttamente al vostro scopo, e divenga egli stesso l'oggetto delle vostre inchieste. Comportatevi come s'ei non vi fosse ignoto, e dite "son familiare di suo padre,de'suoi amici; lui pure conosco un poco". Intendete, Reynaldo?

Reynaldo
Intendo, signore.

Polonio
"Lo conosco un poco, potrete aggiungere, non particolarmente; ma se è quello che voglio dire, è giovine leggiero, inchinato a questo o a quel vizio" e allora poi mettete sul conto suo tutto quello che vi piacerà d'inventare; ma siate cauto di non accagionarlo di colpe vergognose che potessero recargli disdoro; parlate soltanto di follie giovanili.

Reynaldo
Come il giuoco, per esempio.

Polonio
Sì, il giuoco, il vino, la scherma, i giuramenti, e le donne; fino a queste potete giungere.

Reynaldo
Ma con ciò si disonorerà.

Polonio
No; dipende dal modo con cui lo direte. Nol caricate di colpe troppo scandalose; non dite che è dedito interamente alle orgie; non è ciò ch'io intendo, no; ma sfiorate con destrezza cotesti difetti, onde attribuir solo si possano alla foga della gioventù, all'effervescenza del sangue.

Reynaldo
Ma, mio buon signore...

Polonio
Vorreste saper perchè dovete fare così?

Reynaldo
Appunto.

Polonio
Eccovi il mio scopo, e parmi che da savio io intenda ad esso. Imputando a mio figlio i lievi falli, che si possono reputar néi d'una bell'opera, vi cattiverete lo spirito di quello di cui volete scrutar i sentimenti. S'egli ha trovato i vizi da me detti nel giovine di cui parlate, siate certo che finirà per dirvi "mio caro signore, o mio amico, mio gentiluomo" secondo il titolo della vostra persona...

Reynaldo
Ebbene?

Polonio
E allora, signore, fa... Che voleva io dire? Per la messa, stavoper dir qualcosa... Dove ho lasciato?

Reynaldo
Finirà per dire...

Polonio
Ah! Sì, sì, finirà per dirvi questo: "conosco quel giovine, lo viddi ieri, o un altro giorno, col tale o il tale; e, come voi dite, la giuocò, qui fece crapula: ebbe una contesa; conversò con femmine di mal affare; e altre simili cose." Voi ben vedete ora che la vostra menzogna è un'esca per deludere, e pescare la verità, ed è così che noi, che abbiamo esperienza e senso, sappiamo con arte venirne ai nostri fini. Seguirete dunque queste istruzioni per ciò che riguardi mio figlio; m'intendete bene, non è vero?

Reynaldo
A meraviglia.

Polonio
Il Cielo vi conduca! Andate in pace.

Reynaldo
Mio nobile signore...

Polonio
Osservate da voi stesso le sue inclinazioni.

Reynaldo
Così farò.

Polonio
E lasciate che suoni la musica che vuole.

Reynaldo
Bene sta, signore.

(esce;
entra Ofelia)

Polonio
Addio! — Ebbene Ofelia? Che hai?

Ofelia
Oh! Mio signore, mio signore, rimasi atterrita.

Polonio
Di che, in nome del Cielo?

Ofelia
Mentre ricamavo nel mio studiólo sopravvenne il principe Amleto, Colle vesti in disordine, la chioma scapigliata, le gambe a metà ignude, pallido come la morte, colle ginocchia tremanti e urtantisi l'una contro l'altra, l'occhio fosco e feroce, quale potrebbe averlo un'ombra fuggita dall'abisso per venire ad annunziare ai mortali calamità orrende.

Polonio
Impazzato pel tuo amore?

Ofelia
Non so; ma lo temo.

Polonio
Che ti disse?

Ofelia
Mi prese la mano che strinse con violenza; poi allontanandosi di tutta la lunghezza del suo braccio, e ponendosi l'altra sulla fronte, fissò i suoi occhi sul mio volto, come se avesse voluto ritrarlo. Rimase lunga pezza in quella attitudine; quindi scuotendomi il braccio lievemente alzò e abbassò tre volte la testa e trasse dal profondo del cuore sospiro sì triste, sì doloroso, che parve che tutto il suo corpo volesse disciogliersi e terminar la sua vita. Poco dopo mi lasciò; e inoltrando col capo voltò a ritroso, parea trovar la sua via senza ministero d'occhi;...Così varcò la porta guatandomi e si allontanò da me.

Polonio
Vieni, vien meco; andrò a cercare il re. Tale è l'estasi appunto in cui ne immerge l'amore; l'amore colla sua violenza è sempre fatale a se stesso; ei ne trascina a imprese disperate più che ogni altra passione, che, sotto questo cielo, commuova la nostra debole natura. Mi duole del suo stato. Gli avresti forse detto in questi ultimi giorni qualche cosa aspra?

Ofelia
No, si gnore; evitai soltanto, come comandaste, la di lui presenza, e rifiutai le sue lettere.

Polonio
Ed ecco quello che gli avrà alienata la mente. Mi dispiace di non aver avuto la sagacità di meglio giudicare de'suoi sentimenti. Temevo che il suo amore non fosse che un giuoco fatale per te. Disgraziato sospetto! E'pare che il fallo sia della nostra età, lo smarrirci fra congetture, come difetto è della giovinezza il mancar di previdenza. Vieni; andiam dal re: convien fargli conoscere questo segreto. Sarebbevi più pericolo a nascondere un tal amore, che non vi sia da temer sdegno rivelandolo. Vieni.

(escono)

Scena II.

Una stanza nel palazzo regio.
Entrano il Re, la Regina, Rosencrantz, Guidensterno, e seguito.

Re
Ben giunto, caro Rosencrantz, e voi anche Guildensterno! Oltre il desiderio che avevo di vedervi, il bisogno che ho della vostra opera mi stimolò a chiamarvi presso di me. Udiste parlare della trasformazione d'Amleto? Dico trasformazione, perocchè nè nel suo esterno, nè nell'anima sua, ei rassomiglia più in nulla a quello che era. Qual cagione, fuorché la morte di suo padre, ha potuto intorbidare a tal punto la sua ragione? Io non ne saprei imaginare altra. Voi dunque, che foste educati con lui fin dalla fanciullezza, che siete sì strettamente uniti seco coi vincoli dell'età e delle passioni, voi prego di restar per qualche tempo a questa corte. La vostra compagnia potrebbe ricondurlo all'amor de'piaceri. Prendete tutte le occasioni di scoprire se qualche dolore è che lo consumi, di cui la cagione ci sia ignota, e al quale non possiamo portare alcun rimedio.

Regina
Buoni signori, egli ha parlato molto di voi, e sono convinta che non esistano due uomini in terra a cui egli sia più strettamente avvinto. Degnatevi di restar con noi qualche tempo per avverare la speranza che abbiamo concepita al vostro arrivo; e il guiderdone che ne riceverete risponderà a quello che può dare la riconoscenza d'un re.

Rosencrantz
Le Maestà Vostre Hanno potenza di comando su di noi: di questa usino anzichè pregarci.

Guildensterno
Obbediremo; e consacrandoci interamente ai vostri servigi, offeriamo qui lo zelo nostro e le nostre persone.

Re
Grazie, Rosencrantz, grazie, gentil Guildensterno.

Regina
Grazie, buoni signori. Vi scongiuro d'andare in questo istante stesso a veder mio figlio. Oimè, egli è ben cangiato! (al seguito) Ite, consucete questi signori dov'è Amleto.

Guildensterno
Il Cielo gli renda proficua la nostra presenza e i nostri uffici!

Regina
Così sia!

(escono Rosencrantz, Guildensterno e seguito;
entra Polonio)

Polonio
Gli ambasciatori di Norvegia sono felicemente ritornati, signori.

Re
Voi foste sempre il padre delle liete novelle.

Polonio
Non è vero, signore? Ah! Posso ben dichiararvi che il mio dovere e la mia anima sono consacrati al mio Dio e al mio re. Credo, se questa testa non ha smarrita la sagacità che soleva avere, credo di avere scoperta la cagione del turbamento d'Amleto.

Re
Oh ditela; ardo dal desiderio di conoscerla.

Polonio
Ascoltate prima gli ambasciatori. Quel ch'io vi narrerò poi sarà come la dolce frutta di un buon banchetto.

Re
Fate voi stesso gli onori e introduceteli (Polonio esce)
Mia cara regina, ei dice che ha scoperta l'origine del male che travaglia vostro figlio.

Regina
Dubito che questa sia la morte di suo padre, e il nostro maritaggio sollecito.

Re
Fra poco udiremo. (rientra Polonio con Voltimando e Cornelio)
Salute, degni amici. Dite, Voltimando, che vi disse il nostro fratello di Norvegia?

Voltimando
Ci affidò di ricambiarvi le vostr felicitazioni e i vostro saluti. Seguito appena il nostro arrivo colà, ei comandò s'interrompessero le leve di soldati che facea suo nipote, sotto pretesto d'una spedizione contro la Polonia, ma che, ben riguardati, trovaronsi dirette contro Vostra Maestà. Sdegnato che si abusasse così dell'età sua e de'suoi mali, fece significare i suoi comandi a Fortebraccio, che, intimorito dalle minaccie del re, si sottomise giurando che non avrebbe mai più alzate le armi contro di voi. Il vecchio re, compiaciuto della di lui promessa, gli ha assegnato tre mila scudi di rendita, concedendogli di capitanar le schiere levate da lui contro la Polonia. Ora ei vi prega di dar libero passaggio pei vostri Stati a quell'esercito, sotto le garanzie di sicurezza che stan qui notate.

(dandogli un foglio)

Re
V'acconsento volontieri; leggerò questo scritto quando avrò tempo di esaminarlo e di pensare alla risposta che vi debbo fare. Per ora vi ringrazio delle cure che con tanto buon successo vi addossaste. Ite a riposarvi; questa sera farete parte della mia festa; vi riveggo con vero diletto.

(escono Voltimando e Cornelio)

Polonio
Questa bisogna è felicemente compiuta. Signore, e voi, madonna, far lunghi discorsi per saper ciò che esiga la maestà dei re, i dritti del sudditi; perchè il giorno sia giorno, la notte notte, il tempo tempo, sarebbe spendere invano e tempo e giorno e notte. Dunque, poichè la concisione è l'anima dello spirito, e nulla è più mortale delle circonlocuzioni e delle perifrasi, sarò breve. Il vostro nobile figlio è demente: demente oso dirlo; perocchè la follia a ben definirla altro non è che insensatezza. Ma lasciamo ciò.

Regina
Più cose e meno arte.

Polonio
Signora, vi giuro che alcuna non ne adopero. Che insensato ei sia, è pretta verità; verità è che tal cosa è dolorosa, e doloroso che tal cosa sia vera. Frivola è l'antitesi! Obbliamola, perocchè adoperar non voglio alcuna arte. Conveniamo perciò che è insensato; resta ora a penetrarsi la cagione di tal effetto; perocchè questo effetto, o direi meglio difetto, ha un cagione. Ora badate a quel che rimane; a quel che mi rimane da dire; seguitemi con attenzione. Ho una figlia (l'ho finchè mi appartiene) che per dovere ed obbedienza mi ha data questa lettera; uditela e concludete. "Alla celeste, alla vaghissima della mia anima, alla divina Ofelia". La frase ne è cattiva; ma badate al resto. "Al di lei candido seno questi ecc."

Regina
Le fu addirizzata da Amleto tal lettera?

Polonio
Apettate, buona signora: sarò fedele.
(legge) "Dubita che le stelle sian di fuoco; dubita che il sole si muova; dubita che la verità sia verità, ma non dubitar del mio amore. Oh cara Ofelia, questi versi aggravano il mio affanno: io non ho l'arte di rendere eloquenti i miei sospiri; ma ch'io ti ami teneramente, credilo. Addio, addio. Il tuo, mia cara fanciulla, finchè questo corpo sarà animato, Amleto." Questa lettera mi ha mostrata mia figlia per dovere d'obbedienza; e m'ha dichiarate di più tutte le preghiere che Amleto le ha fatte e tutte le circonstanze di tempo, di mezzi e di luogo.

Re
Ma come accolse ella il di lui amore?

Polonio
In qual conto m'avete voi?

Re
In conto d'uomo d'onore e fido.

Polonio
Godo di potervi provare che son tale. Ma che potreste pensare, se, allorquando ho veduto l'ardente sua fiamma divampare (poichè debbo dirvi che avvisto me ne sono, anche prima che mia figlia me lo avesse detto), che potreste pensare e che penserebbe la Regina che m'ode, se cooperato avessi a quella passione; se incoraggita l'avessi col mio silenzio; se rimasto ne fossi tranquillo spettatore, che avreste pensato si me? No, no, andai diritto al fatto e favellai alla fanciulla così: "Il principe Amleto è troppo al disopra di te; la cosa non avrebbe buon fine". E le ho imposto di starsene racchiusa e di astenersi dal ricevere lettere o doni. Mia figlia ha tratto buon profitto dall'insegnamento: e per abbreviar l'istoria, il principe, che s'è visto negletto, è caduto in malinconia, di malinconia in ambascia, e per progresso in quel delirio che ci fa tutti addolorati.

Re
Credete che la cosa accadesse così?

Regina
È probabile.

Polonio
Fu mai tempo, vorrei saperlo, in cui fermamente assicurassi, la cosa è questa, e che poi fosse diversa?

Re
Per vero dire non me ne rammento.

Polonio
Togliete questo da queste (indicando il proprio capo e le spalle) se la cosa non è quella ch'io dico. Per poco che le circonstanze mi favoreggino, scoprirò dove si cela la verità; sì, fosse ella nascosta nel centro della terra.

Re
E come pervenire a ciò?

Polonio
Voi sapete che il principe passeggia sovente quattro ore per questa galleria?

Regina
Ebbene?

Polonio
Ebbene: nel momento in cui vi sarà lascierò venir qui mia figlia, e noi celati distro quelle cortine assisteremo al colloquio. Se egli non l'ama, se l'amore non è la cagione del suo male, ch'io più non sia una delle colonne del vostro Stato; ch'io perda quanto posseggo, e mi si mandi in un podere a condur l'aratro.

Re
Faremo l'esperimento.

(entra Amleto, leggendo)

Regina
Eccolo: oh! Dolorosa vista! Lo sfortunato s'avanza leggendo.

Polonio
Andatevene, ve ne scongiuro, entrambi; allontanatevi, io gli parlerò. (escono il Re, la Regina e il seguito)
Come vi sentite, buon principe Amleto?

Amleto
Bene, per bontà di Dio.

Polonio
Mi conoscete, signore?

Amleto
Sì: siete un mercante di pesce.

Polonio
Non io, signore!

Amleto
Allora vorrei che foste un così onest'uomo.

Polonio
Onesto, principe?

Amleto
Sì, amico, essere onesto, nel modo come va il mondo, è un essere eletto in mezzo a dieci mila.

Polonio
Questo è vero, signore.

Amleto
Imperocchè, se il sole genera gli insetti in un cane morto, e, quantunque Dio, diffonde la benefica sua luce sopra un cadavere fracido... Avete voi una figlia?

Polonio
Sì, mio signore.

Amleto
Non la lasciate errare di mezzodì... Comprendere e concepire è una benedizione del Cielo; ma non nel modo che potrebbe concepire vostra figlia... Siate cauto, amico.

Polonio
Che volete dir con ciò, signore? (a parte) Sempre col pensiero fermo in mia figlia. Nullameno ei non mi riconobbe in principio e mi reputò un mercante. I suoi spiriti sono perduti. A me pure in giovinezza l'amore fece soffrir gravi tormenti, quasi come i suoi. Convien che gli favelli di nuovo. Che leggete, signore?

Amleto
Parole, parole, parole!

Polonio
Di che è questione, signore?

Amleto
Fra chi?

Polonio
Intendo qual'è la materia del libro che leggete?

Amleto
Calunnie, signore. Cotesto malvagio e satirico autore dice che i vecchi han la barba grigia; che il loro volto è aggrinzito; che i loro occhi stillano un'ambra densa come la gomma del susino; che han pochissimo cervello e ogni fibra indebolita.Sebbene anch'io ciò sappia per mia esperienza e lo creda così fermamente come umana cosa può credersi, pure riguardo sì fatti scritti come poco onesti; avvegnachè voi pure, signore, al par di me invecchierete, quand'anche trascorreste a ritroso la vostra vita.

Polonio
(a parte) Quantunque questo discorso sia quello d'un insensato, v'è metodo, vuol convenirsene. Principe, vi volete toglier da quest'aria?

Amleto
Entrando nel sepolcro?

Polonio
(a parte) Questo infatti sarebbe un togliervisi per sempre. Quanto ingegno è nelle sue risposte! Tal ventura incontra spesso la follia, mentre la ragione più sana non saprebbe scoccare simili quadrelle. Vuo'lasciarlo per preparare il colloquio di mia figlia. Onorevole signore, prendo umilmente commiato da voi.

Amleto
Voi non potete prendere, signore, alcuna cosa da me ch'io volontieri non vi dia; eccetto la mia vita, eccetto la mia vita, eccetto la mia vita.

Polonio
Addio, signore.

Amleto
Sono noiosi questi vecchi!

(entrano Rosencrantz e Guidensterno)

Polonio
Voi venite in traccia del principe Amleto: eccolo.

Rosencrantz
Iddio vi salvi, signore!

(a Polonio che esce)

Guildensterno
Onorato principe!...

Rosencrantz
Mio caro Amleto!...

Amleto
Miei degni e fidi amici! Come state, Guildensterno? Come voi, Rosencrantz? Virtuosi giovani, in qual modo conducete la vita?

Rosencrantz
Figli volgari della fortuna, noi non abbiamo a lodarci o a dolerci di lei.

Guildensterno
Fortunati di non esser troppo fortunati; sul berretto della sorte, non sul dosso suo.

Amleto
Ne sotto le sue calzature?

Rosencrantz
Nè l'uno nè l'altro, signore.

Amleto
Allora ve ne state al di lei cinto, o in mezzo a'suoi favori?

Guildensterno
A'suoi più privati, in fede.

Amleto
A'suoi più privati favori? Oh è vero; essa è una meretrice. Quali novelle?

Rosencrantz
Alcuna, signore; se non che il mondo è divenuto onesto.

Amleto
Il giorno del giudizio non è dunque lontano; ma la vostra notizia non è sicura. Permettete che vi faccia più particolari dimande, miei buoni amici; che cosa avete fatto alla fortuna perch'ella vi mandi qui in carcere?

Guildensterno
In carcere, principe?

Amleto
La Danimarca è un prigione.

Rosencrantz
Il mondo intero allora lo è?

Amleto
E ben vasta, e vi si trovano ferri e segrete; una di queste infaustissima è la Danimarca.

Rosencrantz
Così non crediamo, signore.

Amleto
Per voi nol sarà; perocchè nulla è bene o male fuorchè per la nostra immaginazione; ma per me è una prigione.

Rosencrantz
La vostra ambizione ve la farà sembrar tale; chè troppo angusta sarà forse per la vostr'anima.

Amleto
Ah Dio! Potrei esser annicchiato nel cavo d'un albero e credermi re di un immenso spazio se turbato non fossi da sogni funesti.

Guildensterno
E tali sogni sono appunto quelli dell'ambizione; perocchè la sostanza di cui si pasce l'ambizioso non è che l'ombra di un sogno.

Amleto
Un sogno non è ugualmente che un'ombra.

Guildensterno
Certo; ed estimo l'ambizione sì vana e sì leggiera che non la reputo appunto che l'ombra di un'ombra.

Amleto
Onde i nostri mendichi son corpi; e i nostri re e i nostri grandi eroi non ne divengono che le larve. Andiamo in Corte? Poichè, in fede, non mi sento in istato di ragionare.

Rosencrantz e Guildensterno
Vi seguiremo, signore.

Amleto
No; non vuo'porvi nel novero de'miei servitori; perchè a parlarvi onesto, ne ho di terribili intorno a me. Ma palesatemelo colla schiettezza dell'amicizia: che venite a fare ad Elsinoro?

Rosencrantz
A vedervi, signore; non ad altro.

Amleto
Oh sfortunato ch'io sono, povero mi trovo anche di ringraziamenti; ma abbiateveli, quali che si siano, sebbene in verità, miei amici, per quanto poco cari vengano estimati, lo saran sempre di troppo. Ma mandati non foste qui? Veniste spontanei? Ditelo ingenuamente; su via, parlate.

Guildensterno
Che possiamo dire, signore?

Amleto
Tutto; ma al proposito. Voi foste qui inviati, ne veggo la dichiarazione ne'vostri occhi e non avete bastante artificio per dissimularla. So che foste mandati dal nostro buon re e dalla regina.

Rosencrantz
A qual fine, signore?

Amleto
Voi vel saprete; non io. Ma vi scongiuro, per tutti i dritti dell'amicizia; per la conformità dell'età nostra; pei doveri di un inviolabile affetto; pei nodi infine più cari che possansi attestare, d'essere aperti e sinceri con me; dite se foste mandati qui.

Rosencrantz
(a Guildensterno) Che rispondete a ciò?

Amleto
La confessione ne ho diggià nei vostri sguardi. Se mi amate, non li contraddite.

Guildensterno
Ebbene, signore, è vero; fummo mandati.

Amleto
Ora io vi dirò con quali intenti, e con ciò preverrà la confidenza che mi fareste, senza che il segreto che dovete al re e alla regina venga punto rimosso. Da qualche tempo bo perduto, non so come, tutta la mia giovialità, ho negletti tutti i miei esercizi; e in verità, il mio umore è divenuto sì malinconico, che la terra, ammirabile globo, non mi par più che uno sterile promontorio; il firmamento, divino padiglione teso sulle nostre teste, maestosa voltà seminata di stelle brillanti, che uno schifoso ricettacolo di vapori pestilenziali. Qual capo-lavoro è l'uomo! Come nobile egli è per la sua ragione, e infinito per le sue facoltà! Qual'espressione ammirabile e commovente nel suo volto e nel suo gesto! Un angelo alloorchè apera; eguale quasi a Dio cuando pensa! Splendido ornamento del mondo! Re degli animali!...E nullameno, per me, che è questa quinta essenza di polvere? L'uomo non ha più allettamenti pel mio cuore, e neppure la donna; sebbene, col vostro sorriso, sembriate sospettare del contrario.

Rosencrantz
Signore, tal frivolezza non m'entrò in pensiero.

Amleto
E perchè sorrideste quando dissi che l’uomo non ha più allettamenti per me?

Rosencrantz
Pensavo che se l’uomo non vi alletta più, i commedianti che, non ha molto, incontrammo che veninvano per offerire i loro servigi a Vostra Altezza, non avrebbero ricevuto da voi un accoglimento molto propizio.

Amleto
Quegli che fa le parti di re sarà il ben accolto; e Sua Maestà otterrà un tributo da me. L'avventuroso cavaliere potrà far brillare la sua spada e il suo scudo: l'amante non sospirerà indarno; il pazzo oterrà l'obolo della demenza, e l'innamorata chiarirà liberamente i propi sensi, se l'energiaca pausa de'versi interrotti non parlerà per lei. Or chi son costoro?

Rosencrantz
Que'medesimi che con tanto piacere ascoltavate; gli attori della città.

Amleto
E come viaggiano? È dovrebbero rendersi stazionari, e ne sentirebbero profitto dal lato della gloria e delle sostanze.

Rosencrantz
Credo che una legge vieti ciò ad essi.

Amleto
Son sempre estimati come erano quando io gli intesi?

Rosencrantz
No, mio signore.

Amleto
E perchè? Han forse degenerato?

Rosencrantz
Non credo; ma una schiera di fanciulli, ampollosi declamatori, toglie loro ogni vanto. Da questi soli si accorre, e questi si son preso tanto pensiero di denigrare gli antichi attori, che i nostri più prodi cavalieri, spaventati dalla penna de'loro scribi, non osano più andare agli altri teatri.

Amleto
Che! Fanciulli sono? E chi li sostiene? Chi li paga? Continueranno essi la loro professione finchè fatti sian mutoli? Se non pervengono ad essere che volgari comici (ciò che facilmente accadrà, poche essendo le loro doti) non diranno essi poscia che gli scrittori che li esaltano, fanno ad essi ingiuria, inducendoli a declamare contro i successori?

Rosencrantz
In fede mia molti piati son già accaduti, e la Nazione non si cura di manetenere la divisione fra di loro. Fu un tempo in cui un autore non poteva essere pagato della sua produzione che dopo essersi ben battuto coi commedianti.

Amleto
Possibile?

Guildensterno
Molto sangue fu già sparso.

Amleto
E i fanciulli vinsero?

Rosencrantz
Sì, principe; ed Ercole ancora avrebbero vinto.

Amleto
Non è sorprendente; poichè mio zio è re di Danimarca, e quelli che durante la vita di mio padre si beffavano di lui, spendono ora venti, quaranta, cinquanta, anche cento ducati per avere il suo ritratto in miniatura. V'è in ciò qualche cosa che non è naturale, se la filosofia potesse scoprirlo.

(Suoni di trombe al di dentro)

Guildensterno
Ecco i commedianti.

Amleto
Signori, siate i benvenuti ad Elsinoro; venite: datemi mano. I segni ordinari d'un buon accoglimento sono le felicitazioni e le cerimonie. Permettete che in siffatta guisa vi tratti, per tema che i miei riguardi verso gli attori (che costretto sono, ve ne prevengo, di ben accogliere in apparenza) non sembrino maggiori di quelli che uso a voi. Siate i benvenuti. Ma mio zio, che mi è padre, e mia madre, che m'è zia, sono ben decaduti!

Guildensterno
In qual guisa, signore?

Amleto
Non son pazzo che dal lato del nord, allorchè spira libeccio; e so ben discernere un falco da una cornacchia.

(entra Polonio)

Polonio
Salute, gentiluomini!

Amleto
Udite, Guildensterno...e voi ancora;...Ad ogni orecchio un ascoltatore. Quel gran bimbo che là vedete, non è ancora escito di fascie.

Rosencrantz
Forse v'è rientrato; perocchè dicesi che un vecchio sia due volte fanciullo.

Amleto
Vi predico ch'ei viene a parlarmi de'comici; attendete. Avete ragione, signore, così accadde lunedì mattina.

Polonio
Signore, ho novelle da dirvi.

Amleto
Signore, io pure ne ho. Allorchè Roscio era attore in Roma...

Polonio
Gli attori son venuti, principe.

Amleto
Ciancie, ciancie!

Polonio
Sul mio onore...

Amleto
Ognun d'essi venne sul proprio asino...

Polonio
I migliori attori del mondo per la tragedia, la commedia, la pastorale, la comico-pastorale, la istorico-pastorale, tragico-istorico, tragico.comico-istorico-pastorale, scena indivisibile, poema illimitato. Seneca on può essere troppo forte, nè Plauto troppo umile per loro. In materia di Spirito non la cedono ad alcuno.

Amleto
Oh Jefte giudice d'Israel...Qual tesoro hai tu!

Polonio
Qual tesoro ha egli, signore?

Amleto
Una bella figlia, e non altro, che con passione amava.

Polonio
(a parte) Ognora su mia figlia.

Amleto
Non ho io ragione, vecchio Jefte?

Polonio
Se mi chiamate Jefte, principe, ho una figlia che in verità amo con passione.

Amleto
No, non segue così.

Polonio
Che segue dunque, signore?

Amleto
Ciò che chimiam sorte è volontà di Dio; e quando accade debbe accadere. La prima linea della canzone del Natale ve ne dirà di più. Ecco il mio corollario. (entrano tre o quattro commedianti)
Benvenuti, signori; godo di vedervi bene; benvenuti, buoni amici! Oh, oh, antico compagno, il tuo volto s'è bene allungato dacchè veduto non ti avea. Vieni tu in Danimarca per isfidarmi?...Che! Mia giovine signora ed amica! Per la Madonna, vossignoria è più vicina al cielo di quando io la viddi l'ultima volta diritta sulle galoscie. Prego Dio che la vostra voce si mantenga, nè rimanga svergognata come una moneta falsa nel crogiuolo. Amici, siete i ben accolti; andremo al nostro termine come falchi francesi che volano sulla prima punta che si presenta a'loro occhi. Su, su, un saggio del vostro ingegno; un bello e patetico discorso.

1º commediante
Quale, signore?

Amleto
Una volta t'intesi declamarne uno, non mai pronunziato in teatro, perchè apparteneva ad una composizione non fatta per piacere alla moltitudine, non di suo gusto, quantunque eccellente. Così io la giudicavo, come anche alcuni altri, il di cui giudizio era migliore del mio. Scene bene ordinate, scritte con molta arte e decenza. Mi ricordo che un uomo diceva che non v'era nei versi alcun sale per condire il soggetto; che le frasi eran parole vuote di senso e non mostravano nessun gusto nell'autore, a cui non concedeva che il merito dell'orditura. Eravi però fra gli altri un passo in quella composizione che mi piaceva assai; il racconto di Enea a Didone, particolarmente quando le narra l'uccisione di Priamo. Se ancora stanno nella vostra memoria, cominciate da quel verso...Aspettate, aspettate che me ne rammenti: "Il feroce Pirro simile a tigre d'Ircania...". No, no, non è così; comincia con Pirro. "Il feroce Pirro che, rivestito d'armi nere come i suoi disegni, somigliava alla notte, quando giaceva entro i fianchi del colosso fatale, ha cangiata la sua tinta spaventosa e indossa divisa anche più orribile. Dalla testa ai piedi egli è color di propora; la sua armatura è luridamente tinta del sangue de'padri, delle madri, delle fanciulle, e de'lattanti divenuti preda delle fiamme, la cui vampa infernale rischiara le crudeltà de'barbari omicidi. Il mostro, coperto tutto d'un umor livido e rappreso, colla rabbia nell'anima e gli occhi scintilanti quali carbonchi, l'orrendo Pirro cerca il venerabile Priamo". Ora seguitate.

Polonio
Pel Cielo, signore, avete declamato a meraviglia! Qual accento! Qual enfasi!

1º commediante
"E in breve ei s'offre a'suoi occhi, alzando contro i Greci una debole mano, e la sua antica spada si rifiuta all'usato ministerio; vacilla e cade. Pirro s'avanza all'ineguale combattimento. Nell'ira sua, va contro Priamo, vibrando all'aria fieri colpi. Il solo fischio della sua spada abbatte il languido vecchio; l'insensibile Ilio, che pare fatto accorto del grande omicidio, cade col suo re, e gli infiammati edificii crollano fino dalle fondamenta. L'orrendo strepito di quelle ruine ferisce l'orecchio di Pirro; e gl'incatena il braccio. Mirate! La sua spada, in procinto di scendere sulla canuta testa del monarca, sembra sospesa per l'aere. Simile a tiranno dipinto, Pirro senza intento e volontà rimane immobile.
Ma, in quella guisa che vedesi la calma succedere alla tempesta, allorchè gran silenzio regna pei cieli, e le nuvole stanno immote, allorchè i venti taciono, perchè placata ne è la rabbia, e il globo della terra è divenuto silenzioso come la morte, e repentinamente il folgore squarcia di nuovo le nubi e fa rivivere gli echi della terra, così Pirro, dopo breve, riacceso di furore, ripiglia il corso di sua feroce vendetta. Non mai i martelli de'Ciclopi caddero con minori rimorsi o pietà sull'acciaio, di cui costituiscono l'eterna armatura di Marte, come la spada d lui sanguinosa scende sulla fronte di Priamo. Oh Fortuna, Dea prostituta, sii annientita! Oh Numi, congiurate insieme contro di lei, e deponetela dal suo soglio. Distruggete i raggi della sua ruota e precipiti dalla sommità del cielo negli abissi del Tartaro."

Polonio
È troppo lungo.

Amleto
Così potrebbe dire anche il barbiere della vostra barba. Continuate, vi prego; a lui piacciono le danze, o i racconti licenziosi; in altra guisa s'addorme. Continuate: venitene ora ad Ecuba.

1º commediante
"Ma oimè me! Se veduta aveste la velata regina..."

Amleto
La velata regina?

Polonio
Il quadro è bello.

1º commediante
"Correre coi piedi nudi fra le fiamme che il torrente delle sue lagrime parea volesse estinguere; coperta il capo, che ornava prima un diadema, si miserabili bende; cinta con vil coltre presa a ventura fra quella desolazione; se veduta l'aveste, la lingua vostra avrebbe profferite contro la fortuna le anvettive più amare, e rimproverato le avrebbe il suo crudo tradimento. Se gli Dei contemplata l'avessero in quello stato deplorabile, allorchè le apparve Pirro indegnamente insultante al sanguinoso cadavere del suo sposo, o insensibili ei sono alle miserie dei mortali, o lo sfogo subitaneo delle sue lamentevoli grida avrebbe intenerito fin l'ardente occhio del cielo, e fatto provare agli immortali le passiono dell'uomo".

Polonio
Guardate come ha mutato colore, come i suoi occhi sono gonfi di lagrime! Pregoti, non più.

Amleto
Basta; terminerete questa sera. Signore, sia vostra cura di bene alloggiarli; intendete? Siano ben trattati. Questi uomini sono un compendio della storia di tutti i tempi; sarebbe meglio per voi avere un cattivo epitaffio dopo morte, che esser da loro diffamato durante la vostra vita.

Polonio
Signore, saran trattati come meritano.

Amleto
Oh! Vi prego, molto meglio; perocchè se trattate ognuno a seconda del proprio merito, chi anderà esente da castigo? No, trattateli come ve lo consiglia la probità della vostra anima. Quanto meno merito avranno, tanto più ve ne sarà nelle grazie che loro impartirete. Guidateli con voi.

Polonio
Venite, signori.

(esce con alcuni commedianti)

Amleto
Amici, seguitelo. Vedremo oggi una delle vostre rappresentazioni. Odi, mio vecchio amico, potresti tu recitarne La tragica morte di Gonzago?

1º commediante
Potrei, signore.

Amleto
Ebbene, apparecchiati a farlo dimani sera. Saprai anche imparare a memoria, spero, dieci o dodici versi che inserirò nella tua parte. Di'nol saprai?

1º commediante
Così ciò mi valga la grazia vostra, signore.

Amleto
Bene. Seguite qual gentiluomo e non vi beffate di lui lungo la via. (escono i commedianti)
(a Rosencrantz e Guidensterno) Miei buoni amici, vi lascio; ci rivedremo stanotte. Siate intanto i benvenuti ad Elsimoro.

Rosencrantz
Mio buon signore!

Amleto
Dio sia con voi. (escono Rosencrantz e Guidensterno)
Eccomi alfine solo. Oh qual uomo indegno e insensibile io sono! Non è egli mostruoso che, per una sventura imaginaria, per un vano sogno di passioni, quel commediante esalti la sua anima al livello della sua imaginazione e ne dipinga tutti i moti sull'infiammato suo volto? Occhi umido di pianto; dolore scolpito sopra ogni lineamento; voce interrotta da singhiozzi; gesto patetico e conforme allo stato in cui finge essere, e tutto ciò per nulla! Per Ecuba! Che ha egli di comune con Ecuba? Che cosa è Ecuba per lui perchè le dia così le proprie lagrime? Che farebbe dunque se fosse al mio luogo? Se dovesse compiere, come me, una parte di dolor vero, egli inonderebbe il teatro de'suoi pianti; spaventerebbe l'orecchio degli spettatori colle sue grida e co'suoi gemiti; recherebbe il terrore nel cuor del colpevole; farebbe impallidire l'innocente; empirebbe di stupore l'anima più volgare, e presenterebbe agli occhi e all'orecchio un oggetto meraviglioso di orrore e di compassione. Ed io, melanconico e stolto pensatore, inerte e grave volume di materia, io resto muto, senza sentimento della causa che debbo vendicare, e nulla dico...Nulla per un re che ha perduta la corona e la vita pel più nero tradimento! Son io adunque un vile? Chi osa chiamarmi traditore?...E nondimeno il patirei: perocchè è impossibile ch'io non abbia un cuor vile; che il mio sangue non sia agghiacciato entro le mie vene, lasciando assopire così entro di me il sentimento della vendetta, forte del quale avrei diggià abbandonato agli avoltoi il corpo dello scellerato. Oh perfido assassino! Vile incestuoso! Anima senza rimorsi! Traditore empio! Qual uomo inetto son io! Ah! Ben si addice a me, al figlio d'un tenero padre ucciso, mentre il cielo e l'inferno m'esortano alla vendetta, il contentarmi, come vil femmina, di esalare così l'ira mia con basse contumelie o stolte imprecazioni! Vergogna, obbrobrio a me!...Pure udii dire che vi furono delinquenti seduti al teatro, i quali rimasero così scossi dall'arte della scena, che acclamarono da loro stessi i loro delitto...E il delitto, sebbene senza lingua, si tradirà da sè e parlerà...Voglio che questi attori rappresentino qualche dramma che ritragga la storia della morte di mio padre, dinanzi a mio zio. Osserverò i suoi moti, scruterò addentro nelle pieghe del suo cuore. Se lo veggo fremere, conosco il dover mio...Il fantasma che ho incontrato potrebbe essere uno spirito d'inferno, e il demonio può rivestir la forma di un oggetto che ne è sacro. Chi sa? Ei forse abusa della mia debolezza, della mia malinconia, per condurmi al delitto col potere che esercita sulle imaginazioni della mia tempera. Abbisogno di prove più sicure, e un dramma è il laccio a ciu prenderò la coscienza del re.

(esce)

Atto III

Scena I.

Una stanza della reggia.
Entrano il Re, la Regina, Polonio, Ofelia, Rosencrantz e Guildensterno.

Re
Nè voi potete col discorso familiare ricavare da lui qual sia la ragione che lo fa parere sì alienato di mente e turba la pace de'suoi dì con dellirio tanto funesto?

Rosencrantz
Egli medesimo confessa di essere distratto; ma per qual ragione ciò avvenga non vuol dire.

Guildensterno
Nè ci sembra disposto a lasciarsi scrutare; argutamente ne sfugge sempre con qualche atto di pazzia quando cerchiamo di indurlo alla confessione de'suoi mali.

Regina
Vi accolse cortese?

Rosencrantz
Da ottimo principe.

Guildensterno
Ma mostrando nel suo contegno un po' di turbamento.

Rosencrantz
Avaro di dimande, ma libero nelle risposte.

Regina
L'invitaste a qualche sollazzo?

Rosencrantz
Il caso volle che c'imbattessimo in alcuno commedianti, di cui gli abbiamo parlato, e parve che tal discorso lo allietasse. Costoro sono albergati a poca distanza dalla reggia e han ricevuto il comando di prodursi dinanzi a lui stasera.

Polonio
È vero, e supplicommi anzi con ardore che esortassi la Maestà Vostra a volere assistere alla rappresentazione.

Re
Con tutto il cuore; sono ben contento di scoprire in Amleto tale inclinazione. Degni signori, avvivate anche di più una tal tendenza e invogliatelo viemaggiormente di quel diporto.

Rosencrantz
Così faremo, signore.

(esce con Guildensterno)

Re
Amata regina, lasciatene voi ancora. Abbiamo fatto avvertire segretamente Amleto di venir qui, nostro disegno essendo di fargli trovare Ofelia. Il di lei padre ed io, legittimi spiatori, ci porremo in luogo da vedere senz'esser visti, onde potere giudicar sanamente del loro colloquio, e sapere da lui medesimo, secondo la condotta che terrà, se è mal d'amore, o no, che turba così la sua ragione.

Regina
Obbedisco ai vostri desideri e bramo che i pregi vostri, Ofelia, siano la felice cagione del delirio di Amleto. Avrei così la speranza che le vostre virtù potessero ricondurlo al suo stato ordinario con grand'onore d'entrambi.

Ofelia
Signora, desiderio che ciò accada.

(la Regina esce)

Polonio
Ofelia, restate qui. Grazioso Sire, se vi piace, andiamo ad appiattarci. Prendete e questo libro (ad Ofelia) e leggete; l'onestà di tale occupazione darà un colore alla vostra solitudine. Spesso noi abbiamo rimproveri da farci; e non è che troppo provato che col volto della devozione e l'aspetto della pietà tentiam di ingannare anche il demonio.

Re
(a parte) Oh ciò è troppo vero! Qual dardo velenoso tale riflessione immerge nella mia coscienza! La guancia imbellettata d'una vecchia meretrice non è più odiosa, scevra del rosso che la colora, che nol sia il mio delitto veduto in tutta la sua orrenda nudità. Oh pesante fardello!

Polonio
L’odo venire; ritiriamoci, signore.

(esce col re;
entra Amleto)

Amleto
Essere o non essere, ecco il gran problema...Ma è più nobile all'anima il patire i colpi dell'ingiusta fortuna, o ribellandosi contro tanti mali, apporsi al torrente e finirli? Morire...Riposare...Null'altro, e con tal sonno, dire: noi poniamo un termine alle angoscie della vita, e a quella seguenza interminata di dolori che sono retaggio della carne...Tal porto, ove tutto cessa, dovrebbe essere desiderato con ardore...Morire... Riposare... Riposare? Sognar forse; ecco l'idea terribile! Quali sogni sopravverranno in quel letargo di morte? Spogliati di questo inviluppo mortale, qual'altra vita rimane?... Questo dubbio è quello che dà si lunga durata all'infortunio;... perocchè qual uomo vorrebbe sopportar le ingiure del tempo, le ingiustizie dei tiranni, gli oltraggi de'superbi, le torture dell'amore disprezzato, le cabale della legge, l'insolenza dei grandi, e i rabbuffi infami che la virtù paziente tollera dai viziosi appressori; allorchè con un breve ferro potrebbe procacciarsi il riposo? Chi vorrebbe sopportare tante some, e sudare e gemere sotto il peso di una laboriosa vita, se il timore di un avvenire dopo morte...Paese sconosciuto da cui niun viaggiatore ritorna...Non immergesse gli spiriti in una spaventpsa perplessità, facendone preferire il patimento di angoscie che sopportiamo, al fuggire verso altre angoscie tuttavia ignote? Così la coscienza ci rende vili; e tutto il fuoco della risoluzione più ferma si scolora e si annienta dinanzi alla pallida luce di questo pensiero. Le imprese concepite colla maggiore energia, deviano a tal considerazione dal determinato corso, e ricadono nel nulla della imaginativa. Basta...La vaga Ofelia?... Oh vergine, nelle tue orazioni non siano dimenticate le mie colpe.

Ofelia
Mio buon principe, come viveste in tutti questi giorni?

Amleto
Vi ringrazio umilmente: bene.

Ofelia
Signori, ho alcuni vostri doni che da molto tempo bramo restituirvi. Vi prego, riceveteli ora.

Amleto
Io, non mai; nulla vi ho dato.

Ofelia
Mio signore, io so ben che me li avete dati, e accompagnati da parole dolci e graziose che ne accrescevano il prezzo. Oggi che han perduto quel dolce profumo, riprendeteli; perocchè per un'anima nobile i più ricchi doni diventano poveri e senza merito, allorchè il cuore che li diede diviene indifferente.

Amleto
Ah, ah, siete voi onesta?

Ofelia
Signore?

Amleto
Siete bella?

Ofelia
Che intende Vostra Altezza?

Amleto
Che se siete onesta e bella, non dovreste mai fare allusione alla vostra beltà.

Ofelia
Con chi meglio che colla onestà può, o signore, la bellezza aver commercio?

Amleto
È vero, è vero; perchè la bellezza ha ben più potero per trasformar la virtù in vizio, che la virtù non n'abbia per trasformare in bellezza la deformità. Quest'era un tempo un paradosso ma ora ne abbiamo ad ogni istante la prova. Un tempo io vi amai.

Ofelia
Almeno, signore, me lo faceste credere.

Amleto
Non dovevate credermi, perchè la virtù ha un bel trascorrere per le lubriche vie delle nostre inclinazioni; un po' d'amore ne conserviamo sempre. Io non vi ho mai amata.

Ofelia
Fui dunque schernita.

Amleto
Rotorati in un chiostro. Perchè vorresti divenir madre d'altri peccatori? Io pure sono alquanto onesto, e nullameno potrei accusarmi di colpe gravi abbastanza per desiderare che mia madre non mi avesse mai generato. Orgogliosissimo sono, vendicativo, ambizioso, con più offese in pensier mio, che parole io non abbia per esprimerle, o imaginazione per dar loro forma, otempo per farne la narrativa. Qual bisogno hanno sciagurati quale sono io di strisciar qui fra il cielo e la terra? Noi siamo tutti miserabili. Non credere ad alcuno di noi. Va, ritirati in un chiostro. Dov'è vostro padre?

Ofelia
A casa, signore.

Amleto
Gli si chiudan dietro le porte, onde non reciti che nell'interno della sua dimora la parte dello stolto. Addio.

Ofelia
Oh aiutalo, pietoso cielo!

Amleto
Se ti mariti darò questa maledizione per dote: fossi tu casta come il ghiaccio, pura come la neve, non isfuggirai alla calunnia. Entra in un chiostro, addio, addio...O se è pure necessario che ti disposi, maritali ad un pazzo; perocchè i savi sanno qual destino loro prepariate. Al chiostro, e tosto...Addio.

Ofelia
Potenze celesti, rendetegli la ragione.

Amleto
Ho udito anche dire che fate uso di minio. Dio vi ho dato un volto, e voi ve ne componete un altro. Danzate ancora, lo so, e schernite le creature del Signore colorendo la vanità vostra col nome d'ignoranza. Andate; non vuo'più fermarmi su questa idea: ella mi ha reso insensato. Vi dico che non vi saranno più matrimoni. Quelli che son già maritati vivranno tutti, eccetto uno; ma gli altri resteranno come sono. Al monastero; ite, ite.

(esce)

Ofelia
Oh qual nobile anima miseramente travolta! Egli era l'occhio dei saggi, la lingua de'cortigiani, la spada de'guerrieri, la speranza e il più bel fiore di questo regno, lo specchio degli eleganti modi, il modello del civil vivere, l'esempio di tutti coloro che intendonno al be fare... Ed ora...Ah! Ora tutto è finito! Di quante fanciulle esistono, io sono la più travagliata; io che gustai le dolcezze de'suoi teneri voti, or veggo quella nobile mente turbata, ne veggo rotta l'armonia, come in melodioso strumento, i cui suoni discordi infastidiscono l'orecchio; e veggo quella incomparabile forma, que'bei lineamenti nel fior della giovinezza, appassiti e sfigurati dalla demenza! Oh! Sventura a me! Per aver visto quello che vidi, e per veder ciò che vedo!

(entrano il Re e Polonio)

Re
Amore! Non è da tal parte che sono rivolte le sue affezioni, e quanto disse, sebbene mancasse un po'd'ordine, non era follia. È qualche idea nel suo cervello, su di cui posa e da cui trae alimento la sua malinconia, e ben temo che il frutto, che ne vedrem nascere, non debba riescirci funesto. Per prevenirlo mi determino a questo. Parta ei tosto per l'Inghilterra, dove chiederà il tributo che ne vien ricusato. Forse i mari e i diversi climi, colla varietà de'nuovi oggetti, dissiperanno quel sentimento che io ignoro, ma che debbe essere profondamente radicato nel di lui cuore, esaltandolo sì fattamente. Che dite di tal disegno?

Polonio
Potrà essere buono, ma persisto a credere che l'origine prima del suo dolore derivi da un amor disprezzato. Ebbene, Ofelia? Non occorre che ci narriate quello che vi disse il principe; abbiamo inteso tutto. Sire, accogliete l'idea che più vi piace: ma se lo giudicate a proposito, dopo la rappresentazione la regina sola lo stimoli a palesare i suoi dolori; essa lo scruti profondamente; mentr'io, se il concedete, starò in luogo dove possa intender tutto il loro colloquio. Se la madre pure non giunge a scoprir nulla, inviatelo allora in Inghilterra o rilegatelo in quel paese che la vostra prudenza riputerà più idoneo.

Re
Questo vuo'fare; chè la follia ne'grandi vuol essere sorvegliata con molta cura.

(escono)

Scena II

Altra stanza.
Entra Amleto con alcuno commedianti.

Amleto
Ripetete questo discorso, vi prego, come l'ho profferito innanzi a voi con tuono facile e naturale; che se lo declamaste con enfasi, come fanno la maggior parte de'nostri attori, amerei meglio averlo affidato a un banditore della città. Non fendete l'aria coi gesti, sian dolci tutti i vostri moti; imperocchè, fra il torrente, fra la tempesta, e potrei dire, fra il turbine della passione, dovete pensar sempre a conservar bastante moderazione e calma per addolcirne la foga. Nulla più mi fastidisce e m'indispone che l'udire uno Stentore in parrucca, dotato di tenaci polmoni, quarciare una passione in brani ch'ei rece nelle orecchie d'un uditorio ignaro e imbelle, cui solo i gridi talentano e le esagerazioni. Vorrei flagellare quel Vostro Termagante onde insegnargli il modo di comportarsi. L'Erode del teatro non sia più furioso dell'Erode della storia; evitate, ve ne prego, un tal difetto.

1º Commediante
Così farò, ne impegno il mio onore.

Amleto
Nè siate tampoco freddo; ma la intelligenza vi serva di guida; comparate l'azione al discorso e il discorso all'azione, badando di non varcare i limiti della decenza e della verità. Chi si allontana da tal regola, si allontana dallo scopo della rappresentazione drammatica, scopo che fu, fin dalla sua origine, ed è anche oggi, quello di riflettere, come in uno specchio, la natura, di mostrare la virtù colle sue vere sembianze, il vizio colla sua turpe imagine, conservando ad ogni secolo, ad ogni tempo, la forma, il colorito, l'impronta che gli son proprie. Se tal pittura è esagerata o fiacca, farà ridere gl'ignoranti e soffrire i giudiziosi, la cui censura deve trionfar sempre nell'opinion vostra sugli applausi della moltitudine. Sonovi attori che ho veduti ed intesi encomiare con lodi eccessive, per non dir sacrileghe, i quali non avevano nè l'accento, nè il portamento da cristiano, o da pagano, e che s'enfiavano e muggivano in modo sì orribile, che gli ho presi per simulacri umani, sbozzati grossolanamente da qualche villano artefice nelle officine della natura; così male imitavano l'uomo!

1º Commediante
Oso sperare che noi non cadremo in tal difetto.

Amleto
Oh! Evitatelo con cura; e quelli che compiono parti giocose, non aggiungano nulla del proprio a ciò che debbono recitare. Ne vedrete taluni che ridono da disperati per provocar le risa di una folla di spettatori senza gusto, mentre debbe seguirsi il filo di più grave interesse. Ciò fa orrore e chiarisce la più stolta ambizione nell'insensato che si permette tanta licenza. Ite ad apparecchiarvi. (escono i commedianti mentre dall'altra parte entrano Polonio, Rosencrantz e Guildensterno)
Ebbene, signori? Assisterà il re alla rappresentazione?

Polonio
Sì, e la regina pure, e in questo medesimo istante.

Amleto
Comandate agli attori di far presto. (Polonio esce)
Vorrete voi pure andare per sollecitarli.

Rosencrantz
Così faremo, signore.

(escono)

Amleto
Oh! Sei tu, Orazio?

(entra Orazio)

Orazio
Sì, buon principe, e parato ai vostri servigi.

Amleto
Orazio, tu sei l'uomo più probo in cui io mai mi abbattessi.

Orazio
Oh, mio caro principe...

Amleto
No, non creder che ti aduli, perchè qual vantaggio ne trarrei da te, che senza beni di fortuna, altra eredità non hai sulla terra che le tue buone doti? Adulerebbesi fors'anche il povero? No, le lingue di miele vadano a blandire la stupida ricchezza, e il ginocchio del vile pieghi solo laddove può ricavar la mercede della sua genuflessione. M'intendi tu? Dacchè la mia anima ha avuta potenza di scegliere, e ha saputo distinguer gli uomini, ella ti ha eletto e vergato col suo suggello perchè tu fossi di lei, avvegnachè sii tale che con egual sorriso sapesti vedere e i giusti favori e gl'ingiusti rabbuffi della sorte. Felici coloro in cui la ragione e le passioni s'accoppiano sì perfettamente, nè sono fra le mani della fortuna uno strumento che rende tutti i suoni che piace al di lei capriccio di far vibrare! Mostrami un uomo che sia mondo di sue libidini, e lo porterò nel fondo del cuor mio, nel cuor del mio cuore, come porto te... Ma troppo mi dilungo. Avrà luogo una rappresentazione stasera innanzi al monarca; evvi una scena che riproduce molte delle circonstanze che t'ho esposte sulla morte di mio padre. Ti prego,. allorchè vedrai quell'atto, risveglia tutta la penetrazione della tua anima, osserva, e indaga mio zio. Se, a certo passo del dramma, il suo delitto non esce dalle latebre del suo cuore dov'è nascosto, lo spettro che vedemmo fu uno spirito infernale e perverso, e tutte le mie presunzioni son livide come le fucine di Vulcano. Affliggi in lui il tuo sguardo vigilante, ch'io m'imprimerò nella memoria il suo volto, e dopo la recita reuniremo le nostre osservazioni per giudicare, dal suo esteriore, della sua coscienza.

Orazio
Lo farò, signore; e s'ei ne ruba un solo de'suoi pensieri durante il corso del dramma, pagherò il furto.

Amleto
È vengono; riassumo la mia parte. Ite ad appostarvi.

(Marcia danese; squillo di trombe; entrano il Re, la Regina, Polonio, Ofelia, Rosencrantz, Guildensterno, ed altri)

Re
Come state, cugino Amleto?

Amleto
Bene, in verità; vivo del cibo del camaleonte; mi pasco d'aria e di speranze. Non potreste nudrir così i vostri uccelli?

Re
Non intendo tal tisposta, Amleto; queste parole non s'indirigono a me.

Amleto
Nè a me tampoco. (a Polonio) Signore, voi avete recitato quand'eravate all'università, mi diceste?

Polonio
Sì, principe; e riputato fui buono attore.

Amleto
E in qual dramma, se vi piace?

Polonio
Ho fatta la parte di Giulio Cesare, ucciso in Campidoglio. Bruto mi assassinò.

Amleto
Fu un'azione brutale l'uccidere in sì fatto luogo una tal vittima. Ma costoro non vengono?

Rosencrantz
È non attendono che il vostro cenno.

Regina
Avvicinati, mio caro Amleto, siedi al mio fianco.

Amleto
No, mia buona madre, v'è qui calamita più attiva.

Polonio
(al re) Oh, oh! Udiste ciò?

Amleto
Signora, potrò io riposarmi nel vostro grembo?

(assidendosi ai piedi di Ofelia)

Ofelia
No, signore.

Amleto
Intendo col capo?

Ofelia
Sia, signore.

Amleto
Credeste che intendessi di farlo villanamente?

Ofelia
Nulla credo, signore.

Amleto
È un bel pensiero quello di corcarsi ai piedi di una fanciulla.

Ofelia
Che volete dire, signore?

Amleto
Nulla.

Ofelia
Siete ilare, signore.

Amleto
Chi, io?

Ofelia
sì, principe.

Amleto
Oh! Non cerco che di allettarvi. Che altro debbe esser l'uomo, se non gaio e giovale? Guardate come il contento traspira dagli occhi di mia madre, e nullameno non son che due ore che mio padre è morto.

Ofelia
Son due mesi, signore.

Amleto
Tanto tempo? Allora Satana resti in gramaglie, ch'io per me vuo'portare un bell'abito d'ermellino. Oh cielo! Morto già da due mesi, e non per anco dimenticato! In tal caso è a sperarsi che la memoria d'un grand'uomo possa sopravvivergli almeno un mezzo anno. Ma, per la Madonna, convien ch'egli abbia erette chiese, altrimenti non vivrà nella ricordanza degli uomini più di quello che nol faccia l'animale sepolto il cui epitaffio è: "Qui si corrompe una bestia di cui s'ignora il nome"

(Suonano le trombe; e incomincia la pantomima. Entra un Re e una Regina che si prodigano mille carezze. Ella s'inginocchia e dichiara con effusione il suo amore; ei la rialza e declina il capo sul di lei seno; poi s'assidono entrambi sopra una zolla di fiori dove il re s'addormenta ed à da lei lasciato. Un altro uomo sopraggiunge che toglie la corona regia, la bacia, e versata una fiala di veleno nell'orecchio del dormiente, s'allontana. La regina ritorna; trova il re morto e simula grave dolore. L'avvelenatore, con due o tre persone del suo seguito, rientra e unisce i proprii ai lamenti di lei. Il cadavere è portato via. L'avvelenatore corteggia con doni la regina, la quale si mostra in principio renitente e avversa, ma finisce coll'accettare il di lui amore. Escono)

Ofelia
Che significa ciò, signore?

Amleto
Pare, in verità, un avvelenamento, e accenna a qualche catastrofe.

Ofelia
Forse questa pantomima compendia il soggetto della rappresentazione.

(entra il prologo)

Amleto
Lo saprem da custoi; i comici non possono tener nulla segreto; e'dicon tutto.

Ofelia
Ne dirà egli ciò che la pantomima significa?

Amleto
Sì, e qualunque altra cosa che vorrete dimandargli. Non arrossite delle vostre inchieste, ed ei non arrossirà del loro significato.

Ofelia
Siete maligno, siete maligno...Vuo'badare al dramma.

Prologo
"Per noi e per la nostra tragedia imploriamo umilmente l'indulgenza vostra e vi chiedamo attenzione".

Amleto
È questo un prologo, o il motto di un anello?

Ofelia
È breve, signore.

Amleto
Come l'amore della donna.

(entrano un Re e una Regina)

Commediante Re
Trenta volte il carro di Febo ha nel suo corso abbracciato il liquido impero di Nettuno e il rotondo globo della terra; trenta volte dodici lune hanno rischiarato il mondo colla loro luce di riflessione, dacchè l'amore avvince i nostri cuori e l'imeneo le nostre mani, con nodi mutui e sacri.

Commediante Regina
Possa il sole e l'astro delle notti farci contare altrettante rivoluzioni, prima che il nostro amore sia estinto. Ma, infelice ch'io sono, la vostra salute da qualche tempo è si languida; voi siete divenuto così straniero alla gioia; tanto rimesso avete del vostro antico vigore, che non posso astenermi dal nutrir timori sull'avvenire; e nullameno tali timori della mia tenerezza non debbono, signore, punto iscoraggirvi; il timor delle donne, come il loro amore, va sempre agli estremi. Sempre le loro passioni o son nulle, o eccessive. Qual sia il mio amore per voi, l'esperienza debbe avervelo insegnato; e la grandezza dell'affetto che vi porto è la misura del mio timore. Per chi ben ama il più lieve sospetto divien terrore, e l'amore s'alimenta nell'anima in cui s'ingingantiscono le più lievi paure.

Commediante Re
Ah! Sì; m'è forza il lasciarti, amica mia, e fra poco. Le mie membra e le mie stanche facoltà si rifiutano ai loro uffici, tu vivrai dopo di me in questo bel mondo onorata e diletta; fors'anche troverai un altro tenero sposo.

Commediante Regina
Maledizione su tutti gli altri uomini! Un tale amor nel mio seno sarebbe un tradimento. POssa un secondo consorte divenire la mia ruina! Non mai donna s'accoppiò ad un secondo uomo che non avesse fatto perire il primo.

Amleto
Veleno è questo!

Commediante Regina
I motivi, che possono indurre ad un secondo matrimonio, debbono essere d'interesse, non mai d'amore. Infliggerei una seconda morte al mio sposo già estinto il dì che m'accogliesse nel suo letto un secondo marito.

Commediante Re
Credo che ora pensiate quello che dite; ma ciò che promettiamo un giorno lo violiamo spesso nell'altro. I propositi umani son servi della memoria; vigorosi nel nascere, in breve indeboliscono e muoiono. Oggi, s'attengono possentemente all'albero come i frutti verdi; ma dinami, fatti maduri, cadono di per loro. Noi dimentichiamo ineviltabilmente di pagare il debito che non abbiam contratto che con noi, e i disegni formati nell'ardor della passione, si sperdono con essa, quando la passione finisce. Il dolore, o la gioia troppo violenti struggono con se medesimi la loro propria opera, i loro computamenti e le loro risoluzioni. Nel momento stesso in cui la gioia si abbandona a'suoi più vivi trasporti, in cui il dolore esala i suoi più profondi gemiti, la gioia piangerà, e il dolore sorriderà al più lieve avvenimento. Il mondo non deve durar sempre; e strano non è che le nostre affezioni mutino colle nostre fortune: imperocchè è pur anche una cosa indecisa se sia l'amore che guida la fortuna, o la fortuna che conduce l'amore. L'uomo potente, una volta abbattuto, rimane abbandonato dall'uomo da lui più diletto; e il povero salendo all'opulenza fa de'suooi nemici altrettanti amici; ond'è che in ogni caso è l'amore che va dietro alla fortuna. Colui che non ha bisogno d'amici non ne avrà mai difetto; e quegli, che nel suo bisogno vuole indagare nel cuor vuoto di un falso amico, subito lo trasforma in nemico. Per conchiudere quindi logicamente su tal subbietto, i nostri desiderii e i nostri destini seguono correnti sì contrarie, che ogni nostro proposito rimane sempre frustato. I nostri pensieri ci appartengono; ma il loro fine, e il loro compimento non dipendono dall'uomo. Così voi pensate che non isposerete mai un secondo marito; ma tal pensiero morrà, allorchè il vostro primo sposo sarà estinto.

Commediante Regina
Oh terra , rifiutami il tuo nutrimento! Cielo, rifiutami la tua luce! Il riposo e il piacere mi sfuggano il dì e la notte, le sventure tutte, che fanno impallidire la fronte della gioia, assalgono ogni mia felicità e l'annientino; un turbine, un eterno caos mi investano qui in terra e mi caccino infine da questo mondo, se, una volta vedovata, ridiverrò mai sposa!

Amleto
(a Ofelia) Se potesse violare tal giuramento...

Commediante Re
Ecco un giuramento solenne! Mia cara, lasciami qui per qualche istante; gli spiriti miei si assopiscono, e desidererei d'ingannare queste lunghe ore del dì con alcuni momenti di riposo.

(si addorme)

Commediante Regina
POssa il sonno più profondo render la calma a tutti i vostri sensi, e non mai sventura alcuna valga a separarci.

(esce)

Amleto
Come vi piace questa rappresentazione, signora?

Regina
La regina promette troppo, mi sembra.

Amleto
Oh! Ma essa terrà la sua parola.

Re
Avete inteso il soggetto del dramma? V'è nulla che possa offendere?

Amleto
Nulla: è celiano: il veleno è simulato.

Re
Come s'intitola questa produzione?

Amleto
La rete dei topi, parlandone figuratamente. Questo dramma rappresenta un omicidio commesso a Vienna. Gonzago è il nome del re; Baptista quello della sua sposa. Vedrete fra poco; è un intrigo d'inferno! Ma che ne cale di ciò? Alla Maestà Vostra e a noi, puri di coscienza, tal cosa non interessa. I perversi ne rimangano commossi; noi ne sorrideremo. (entra Luciano)
Questi è un nipote del re.

Ofelia
Voi supplite al coro, signore.

Amleto
Potrei farla da interprete fra voi e il vostro amante se vi vedessi recitare insieme co'burattini.

Ofelia
Siete mordente, principe; mordente troppo.

Amleto
Vi costerebbe un singhiozzo profondo il voler rendere ottusa la mia lingua.

Ofelia
Sempre peggio.

Amleto
Sì, di peggio in peggio: così è appunto che molte del vostro sesso scelgono gli sposi. Animo, comincia, uccisore; desisti da'tuoi gesti infausti, solleva la tua maschera infernale, e comincia. Vieni; il nero corvo chiede a gran gridi vendetta.

Luciano
Foschi pensieri, mani pronte all'opera, succhi efficaci, ora propizia, desiderata stagione, e niuno per vederlo. Tu, nera mistura, spremuta a mezzanotte da erbe selvatiche, tre volte infette, tre volte compenetrate dai veleni di Ecate; tu, magica pozione, somministrata dalla natura; ingredienti crudeli, assiderate tosto le sorgenti della sua vita.

(versa il veleno nell'orecchio del dormiente)

Amleto
È l'avvelena nel giardino per usurpargli gli Stati. Il nome di costui è Gonzago; la storia ne è estesa, e scritta in buono italiano. Voi vedrete fra breve come l'assassino si captivi l'amore della moglie dell'ucciso.

Ofelia
Il re s'alza.

Amleto
Che! È teme di un falso fuoco!

Regina
Che avete, signore?

Polonio
Cessate dalla rappresentazione.

Re
Un lume... Esciamo!

Polonio
Lumi, lumi, lumi!

(escono tutti, tranne Amleto ed Orazio)

Amleto
Il cervo tocco da dardo mortale innalzi i suoi gridi lamentevoli; e la damma innocente saltelli per la pianura. Conviene che gli uni veglino, mentre gli altri dormono. Così va il mondo. Ebbene, amico, questi versi, con un pennacchio in testa e due screzi di provincia nella calzatura non potrebbono, se la fortuna mi riguardasse benigna, frami aggregare ad una schiera d'istrioni?

Orazio
Così potrebbero.

Amleto
Io pur lo credo. Imperocchè tu sai, mio caro Damos, che questo regno vidde cadere il suo trono, per opera di Giove stesso, e sai che oggi vi regna un nero serpe.

Orazio
Avreste potuto far la rima.

Amleto
O buon Orazio, avrò oramai le parole dello spettro in conto di pura verità. Vedesti tu?

Orazio
Assai bene, signore.

Amleto
Allorchè si parlò dell'avvelenamento...

Orazio
Ben me ne accorsi.

Amleto
Ah!...Venga la musica; vengano i rammentatori... Perocchè se il re non ama la commedia, è perchè... (entrano Rosencrantz e Guildensterno)
Venga la musica

Guildensterno
Mio buon signore, concedetemi di dirvi una parola.

Amleto
Anche un'intera istoria, se vi piace.

Guildensterno
Il re, signore...

Amleto
Ebbene, che gli accadde?

Guildensterno
Sta solo nelle sue stanze molto conturbato.

Amleto
Dal vino, signore?

Guildensterno
No, principe, dalla collera.

Amleto
Avreste mostrata maggior prudenza correndo ad avvertire il di lui medico, perocchè io non sono adatto per curare il suo male.

Guildensterno
Mio buon signore, ponete qualche ordine nei vostri discorsi, e non deviate così bizzarramente dal soggetto.

Amleto
Son pronto, signore; dite.

Guildensterno
La regina vostra madre, nella maggior desolazione dello spirito, mi ha inviato verso di voi.

Amleto
Siete il ben venuto.

Guildensterno
No, mio buon principe, tal cortesia non è schietta. Se vi piace di darmi una sana risposta eseguirò il di lei comando, se no, col perdono vostro, me ne ritornerò, e così finirà il mio messaggio.

Amleto
Signore, non posso.

Guildensterno
Che cosa, principe?

Amleto
Darvi una risposta sana; la mia mente è inferma; ma quello che potrò dirvi non avrete che a chiedermelo, o piuttosto, come voi vi esprimete, la regina non avrà che da comandarmelo. Perciò, senz'altre digressioni, veniamo al fatto. Mia madre, cominciaste...

Rosencrantz
Ecco ciò che dice: la vostra condotta l'ha empita di stupore, e di ammirazione.

Amleto
Oh figlio meraviglioso, che sai così sorprendere tua madre! Ma null'altro v'è dunque che segua questa ammirazione materna? Dite.

Rosencrantz
Ella desidera di parlarvi nel suo gabinetto prima che vi corichiate.

Amleto
L'obbediremo, foss'ella dieci volte nostra madre. Avete null'altro?

Rosencrantz
Signore, voi mi amaste un tempo.

Amleto
E così faccio ancora, lo giuro per queste mani.

Rosencrantz
Mio buon principe, qual'è la cagione della vostra infermità? Voi, al certo, serrate la porta alla vostra guarigione, se rifiutate di far parte de'vostri dolori a che vi è amico.

Amleto
Signore, manco di avanzamento.

Rosencrantz
Come può essere questo allorchè avete il voto dello stesso re per sucedere al trono?

Amleto
Sì, signore, ma mentre il fieno cresce...Il proverbio è alquanto rancido. (entrano i commedianti e i suonatori)
Oh, i suonatori... Ch'io li vegga...Venirme con voi?...Perchè girarmi così intorno, e investirmi come se voleste spingermi entro un laccio?

Guildensterno
Ah principe, se il mio dovere mi fa essere ardito, l'amore che vi porto mi rende anche incivile.

Amleto
Non intendo ciò. Volete suonar questo flauto?

Guildensterno
Signore, non posso.

Amleto
Ve ne prego.

Guildensterno
Credetemi, non posso.

Amleto
Ve ne supplico.

Guildensterno
Non ne ho l'abito.

Amleto
È così facile come lo è il mentire: coprite questi fori colle vostre dita, date fiato alla bocca, e intuonerete un'eloquante musica. Mirate, queste sono le chiavi.

Guildensterno
Ma non posso far render loro veruna armonia; non ne ho l'abitudine.

Amleto
Ebbene, vedete dunque qual essere dispregievole vorreste fare di me. Su di me voi vorreste suonare, facendo sembiante di conoscere i tuoni della mia anima, onde strapparmi dal cuore il mio segreto, per conosciermi come uno strumento, dalla nota più acuta alla più grave, e nullameno sono in questo piccolo organo mille voci dolcissime, che non sapete risvegliare. Pel Cielo! Credeste ch'io potessi essere trattato con più facilità d'un flauto? Chiamatemi quell'istrumento che vi piacerà, ma da me non trarrete mai alcun suono. (entra Polonio)
Iddio vi salvi, signore.

Polonio
Principe, la regina vorrebbe parlarvi tosto.

Amleto
Vedete quella nube che simula quasi la forma di un cammello?

Polonio
Per la messa, è infatti come un cammello.

Amleto
Parmi somigli anche a una donnola.

Polonio
È come una donnola.

Amleto
E della balena pur ritrae.

Polonio
Pur della balena.

Amleto
Verrò tosto da mia madre. Costoro mi spingerebbero all'estremo della pazzia. Verrò fra poco.

Polonio
Così dirò.

(esce)

Amleto
Fra poco è facile a dirsi. Lasciatemi solo. (tutti escono)
Ecco l'ora della notte consacrata ai neri malefizi; ecco l'ora in cui i sepolcri si spalancano, e l'inferno soffia i suoi veleni sul mondo. Ora potrei ber sangue fumante, e commettere orribili atti che il giorno puro, e santo, fremerebbe di vedere. Vadasi da mia madre. O mio cuore, non ismarrire la tua bontà ingenita; non lasciar entrare nel mio seno l'anima di Nerone. Ch'io sia crudele, ma non snaturato; siano i pugnali nelle mie parole, ma non nelle mie mani; la lingua mia e la mia anima dissimulino, e la di lei sentenza tuoni nella mia voce, senza che mai la mia volontà consenta ad eseguirla!

(esce)

Scena III.

Una stanza nello stesso palagio.
Entrano il re, Rosencrantz e Guildensterno.

Re
Nol vengo con piacere; nè si può, senza pericolo per la nostra sicurezza, lasciar libero il campo alla sua folia: perciò ammannitevi. Vo tosto a far spedire i vostri dispacci, e partirà con voi per Inghilterra. L'interesse del nostro Stato non ci permette di esporci così da vicino ad un pericolo che cresce ogni giorno cogli eccessi del suo delirio.

Guildensterno
Ci appresteremo alla partenza. È un timor sacro e religioso quello ch'è nudrito per la salute di tante migliaia d'uomini che non vivono che per Vostra Maestà.

Rosencrantz
È un dovere pel semplice cittadino l'armare tutto il coraggio e tutte le forze della sua anima onde difendere l'isolata sua esistenza contro tuttociò che può nuocere; per più forte ragione un dovere è per l'anima sovrana, su di cui posa e si fonda la felicità e la vita di un intero popolo.Un re non muore solo; come torrente, ei trascina seco tutto che lo circonda. Vasta ruota è, fissata sul culmine di una montagna, a'cui immensi raggi s'attengono innumerevoli esistenze; ov'ella cada, cade e si frange tutto ciò che su di lei riposava. Non mai re gemè un sospiro che non producesse grande ululato, e lamento universale.

Re
Preparatevi, vi prego, per questo immediato viaggio. Vogliamo sosprendere i progressi del terrore che ci minaccia, e si fa più grande ad ogni istante.

Rosencrantz
Saremo solleciti

(escono)
(entra Polonio)

Polonio
Signore, ei va nelle stanze della regina; mi celerò dietro le tende per udire il loro colloquio. Son certo ch'ella gli farà acri rimproveri; e come ho detto, e saviamente detto, è bene che, da luogo da ciò, un altro testimoni(rendendo la natura tutte le madri parziali) oda tal conferenza. Addio, signore; verrò a trovarvi prima che vi ritiriate, e vi instruirò di ciò che ho saputo.

Re
Grazie, mio caro signore.

(Polonio esce)

Re
Oh la colpa mia è atroce; essa grida vendetta al Cielo, e porta seco la maggiore di tutte le maledizioni. L'omicidio di un fratello!...Oimè! Non posso neppur pregare; il mio delitto distrugge ogni sforzo della mia volontà. Come uomo incalzato da due voci che lo minacciano, esito, medito, e ignoro ciò che io mi debba fare...Ebbene? Quand'anche questa mano maledetta fosse più contaminata che non lo è del sangue di un fratello, quel dolce cielo non ha egli pioggie abbastanza per renderla tersa come la neve? A che vale la misericordia, se essa non può perdonare l'offesa? E quale è la virtù della preghiera, se non ha la doppia forza di prevenire le nostre cadute, o di rialzarcene detersi? Solleviamo dunque gli occhi verso il cielo, e il mio fallo scompaia...Ma oimè! A qual forma di preghiera avrò riscorso? Perdonami il mio omicidio orribile...Ma poss'io otternerne perdono, quando fruisco ancora degli aggetti per cui lo compiei, la mia corona, la mia sposa, la mia ambizione? Può ottenersi perdono rimanendo nel delitto? In questo mondo corrotto, la mano dorata del colpevole può respingere la giustizia, e si vede spesso il suo oro perverso comprar la legge; ma lassù non è così; nè frode alcuna evvi. È là che l'azione si mostra qual è; là che siamo costretti di palesare i nostri falli, e di rappresentarli interi, nudi, e senza viluppi...Che mi rimane dunque?...Facciam prova del pentimento. Che non può egli?...Ma che giova questo ancora per un uomo che non può pentirsi? Oh stato deplorabile! Oh coscienza nera come la morte! Oh anima inceppata dai delitti, che, quanto più si dibatte per isgravarsi dalle catene, tanto più se ne avvince! Angeli, soccorretemi, fate su di me prova della vostra potenza. Piegatevi, ginocchia ribelli; e le tue fibre di ferro, o mio cuore, divengano molli e tenere come i nervi di un lattante. Tutto può condonarsi.

(s'inginocchia;
entra Amleto)

Amleto
Ecco l'ora propizia; ei prega!...L'ucciderò. Sì, ma in tal guisa, se ne va in cielo: ed è ciò vendicarmi? A questo vuol badarsi. Uno scellerato mi uccide il padre, e per ricompensa, io, suo unico figlio, mando l'omicida in cielo? Una grazia sarebbe, non una vendetta. Il traditore sorprese mio padre mentre esciva dai piaceri del banchetto, pieno di peccati come il maggio lo è di torrenti...E il conto ch'ei doveva rendere...Chi losa fuor del cielo?...Ma, per quanto le congetture nostre possono estendersi, certo pare che un rigoroso giudizio pesa sulla sua anima. Sarà dunque un risarcire l'offesa l'infligger morte al suo assassino nel momento in cui egli purifica il suo cuore, e si appresta pel passaggio all'altra vita?...Rientra nel fodero, mia spada, e aspetta momento meno pio; aspetta che immerso ei sia nel vino, nel sonno, nella collera, o nei piaceri di un letto incestuoso, commettendo qualche opera nemica di salute; e allora ferisci... perchè reietto dal cielo cada nell'abisso, e la sua anima, condannata, sia turpe come l'inferno in cui debbe dimorare. Mia madre mi aspetta. Va, questa tregua che ti accordo, prolunga solo per te giorni infaustissimi.

(esce;
il re s'alza)

Re
Le mie parole, senza i miei pensieri rimangono in terra, nè mai parole, senza pensieri e cuore, pervennero al cielo.

(esce)

Scena IV.

Altra stanza.
Entrano la Regina e Polonio.

Polonio
Verrà fra poco. Pensate a fargli vivi rimproveri; ditegli che ha spinte troppo lungi le sue stranezze, che sono divenute intollerabili; ditegli che Vostra Maestà ha prese le sue difese, e s'è posta tra lui e il corruccio del re. Io mi starò costà silenzioso; pregovi, parlategli con fermezza.

Regina
Ve lo prometto, non temete; ritiratevi, l'odo venire.

(Polonio va a nascondersi;
entra Amleto)

Amleto
Ebbene, madre, che volete?

Regina
Amleto, tu hai molto offeso tuo padre.

Amleto
Signora, voi pure offendeste gravemente il padre mio.

Regina
Cessate, non mi rispondete inutili cose.

Amleto
Ite, ite, voi m'interrogate con lingua maligna.

Regina
Ebbene, Amleto?

Amleto
Che volete dire?

Regina
Avete dimenticato chi sono?

Amleto
No, per la croce, no; voi siete regina, siete la moglie del fratello del vostro sposo, e...Così non fosse!...Siete madre mia.

Regina
Ebbene, risponderete a quelli che vi sapranno interrogare.

Amleto
Venite, venite, assidetevi; di qui non vi muoverete; non escirete di qui prima che io abbia posto innanzi a'vostro occhi uno specchio fedele in cui possiate contemplarvi.

Regina
Che intendi tu fare? Non vorrai già uccidermi? Oh, soccorso, soccorso!

Polonio
(dal di dentro degli arazzi ove s'è nascosto) Che avviene? Oh, oh, soccorso!

Amleto
(sguainando la spada) Come! Un topo? Un ducato, che ei morirà.

(traspassa gli arazzi colla spada)

Polonio
(di dietro) Oh, sono ucciso.

(cade e muore)

Regina
Oimè! Che mai facesti?

Amleto
Nol so; era forse il re?

(solleva gli arazzi e tira a sè il cadavere di Polonio)

Regina
Oh atto crudele e sanguinoso!

Amleto
Sanguinoso infatti...E quasi tanto reo, buona madre, quanto lo è l'uccidere un re per isposare il di lui fratello.

Regina
Uccidere un re!

Amleto
Sì, donna, l'ho detto. (verso Polonio) Addio, te sfortunato, temerario, pazzo, che volevi intrometterti nelle altrui bisogne; te, io avea creduto qualcosa di meglio; subisci la tua condanna, e apprendi che è pericolosa la soverchia attività. Voi, cessate di stravolgervi le mani, assidetevi in silenzio, e lasciate ch'io snudi il vostro cuore, onde vedere se è ancora sensibile, o se ree abitudini l'hanno indurito tanto da perdere ogni sentimento.

Regina
Che feci io dunque per intender da te parole sì feroci?

Amleto
Un'opera che contamina tutte le grazie del pudore, che fa chiamar la virtù ipocrisia, che svelle la rosa dell'innocenza dalla fronte dell'amor virtuoso, e v'imprime la macchia del delitto! Un'azione che rende i giuramenti dell'imeneo falsi come quelli de'giuocatori; che annulla la fede de'contratti, e cambia la dolce e santa religione in una vana rapsodia di accenti! Un'azione che ha svegliata l'ira del cielo e costernata la terra come nel dì del giudizio del mondo!

Regina
Oimè! Qual'è dunque cotesta azione di cui m'accusi con sì tremenda voce?

Amleto
Mirate questo ritratto, e riguardate quello; due fratelli rappresentano. Mirate l'uno...Quante grazie risplendono su la sua augusta fronte! È la capigliatura svolazzante d'Apollo, la fronte di Giove, l'occhio di Marte, che comanda o minaccia, l'attitudine del messaggero degli Dei, novellamente disceso sopra una montagna, la di cui cima baci il cielo; forma maestosa, sulla quale ognuno degl'immortali aveva, di concerto, impresso il suo suggello, per mostrare al mondo tutta la grandezza dell'uomo: questi era il vostro sposo. Considerate ora dall'altro canto; eccovi un novello consorte che come arista corrotta da golpe, infetta e avvelena il fratello che alimento avea tratto sul suo medesimo gambo. Avete voi occhi? Poteste rinunziare a vivere su questo ridente colle per venire a respirare gli appestati vapore di tal palude? Ah! Occhi ben avete, nè potete far credere la vostra risoluzione opera d'amore; imperocchè, all'età in cui siete, il sangue ha perduto la sua foga, sta sottomesso alla ragione; e qual donna, dotata di ragione, discesa sarebbe da quell'uomo a questo? Avete sensi al certo; altrimenti non avreste idee; ma tal sensi languono in letargia; avvegnachè la stoltezza stessa caduta non fosse in tanta assurdità. Non mai sensi furono sì schiavi al delirio, che non restasse loro qualche dose di senno per saper scieglere fra tanta differenza. Gli occhi senza il tatto, il tatto senza gli occhi, l'udito solo, o un senso anche più ottuso, bastavanp per preservari da tal cieca e stolta risoluzione. Ah qual demone pose dunque sui vostri occhi benda sì fitta? Oh modestia! Dov'è il rossor tuo? Inferno, ribelle inferno, se accendere tu puoi tanta passione nel cuore della vecchiezza, la virtù dovrà fondersi come cera ai fuochi della gioventù, e assolvere conviene da ogni pecca il giovine che segue l'impulso del suo ardore; poichè il ghiaccio stesso arde di tanto fuoco, e la ragione prostituisce il senso.

Regina
Oh! Amleto, cessa, per pietà. Tu rivolgi i miei occhi sulla mia anima, e in essa io discerno macchie nere e feroci che non si cancelleranno mai più.

Amleto
Che! Per vivere nei piaceri impuri d'un letto incestuoso, prostituita in seno alla corruzione, e prodigante i più teneri baci dell'amore sopra una bocca impudica e perversa!

Regina
Oh cessa; le tue parole penetrano il mio orecchio come altrettanti pugnali; cessa, mio Amleto!

Amleto
Un omicida, uno scellerato!...Un vile che alla centesima parte non risponde del vostro primo consorte; simulacro di re, usurpatore di un trono, ei rubò un prezioso diadema, e sel nascose sotto il mantello.

Regina
Cessa, non più.

(entra lo Spettro)

Amleto
Un re da scena...Salvatemi, angeli celesti; proteggemi sotto l'ombra delle vostre ali...Che chiede la larva sotto aspetto sì mite?

Regina
Oimè, egli è insensato!

Amleto
Vieni tu forse per garrire tuo figlio, che, troppo lento e pietoso, neglesse l'esecuzione de'tuoi ordini tremendi? Oh parla!

Spettro
Non obbliarli; cotesta mia apparizione non la feci che per rianimare in te l'ardore quasi estinto. Ma, mira, il terrore opprime tua madre! Oh! Poniti fra lei e la commozione della sua anima; ne'corpi deboli l'imaginazione agisce con maggior violenza. Parlate, Amleto.

Amleto
Ebbene, signora, a che pensate?

Regina
Oimè, a che pensi tu, per affiggere così i tuoi sguardi sul vuoto dell'aere, e indirizzar parole a un'ombra che non esiste? La tua anima intera è passata ne'tuoi occhi smarriti, e i tuoi capelli, commossi da sentimenti di vita, quasi altrettante ascolte risvegliate da un subito allarme, s'agitano e si fanno irti sulla tua testa. Oh! Mio figlio, tempra colla pazienza l'ardore che ti consuma. Su di che fissi così i tuoi sguardi?

Amleto
Su di lui! Su di lui! Mirate quai fuocho pallidi e abbaglanti agli vibra! L'aspetto suo e le sue sventure basterebbero, senza anche ch'ei parlasse, per intenerire una rupe. Oh cessa di affiggere in me i tuoi lumi; quel triste e commovente aspetto potrebbe sconcertare i miei tremendi proponimenti; la vendetta che ho missione di compiere non sarebbe segnata del suo vero colore; sarebbe di lagrime forse, non di sangue.

Regina
A chi favelli tu?

Amleto
Oh! nulla vedete?

Regina
Nulla; e nondimeno tutto ciò che esiste io lo discerno.

Amleto
E nulla intendete?

Regina
Nulla: se non quel che diciamo.

Amleto
Guardate dunque. Vedete, ei s'allontana. Mio padre sotto le stesse vesti che portò in vita! Mirate, parte; ora è sotto il vestibolo!

(lo spettro svanisce)

Regina
Vana larva creata dalla tua immaginazione, effetto del commovimento che provi.

Amleto
Di qual commovimento parlate? Il mio polso è tranquillo come il vostro; e i suoi battiti regolari dichiarano una costituzione egualmente sana. Quel ch'io dissi non è delirio; ponetemi alla prova, lo ripeterò di nuovo, e la follia non ha questo linguaggio. Oh mia madre, in nome della grazia del Cielo, non versate sulla vostra coscienza un balsamo perfido e ingannatore credendo che sia la mia follia che parli, e non il vostro delitto ei solo varrebbe ad infiammare a avvelenar la piaga, e la corruzione diffondendosi internamente continuerebbe nel vostro cuore i suoi invisibili strazi. Confessatevi al Cielo; pentitevi del passato; evitate l'avvenire che si avanza, e non gettate su putrida canna un fermento fetido che ne aumenterebbe la effervescenza pestifera. Perdonate al mio sfogo di virtù; avvegnachè in mezzo alla corruzione di questo vil mondo la virtù obbligata si vegga d'umiliarsi dinanzi al delitto, d'implorare il suo perdono, e di chiedergli la libertà di operare il bene.

Regina
Oh, Amleto, tu mi hai squarciato il cuore!

Amleto
Cacciatene lungi da voi la parte più corrotta; vivete innocente coll'altra. Addio; non entrate più nel letto di mio zio; se non avete virtù, abbiatene almeno l'aspetto. L'abitudine, mostro che rode e distrugge tutti i sentimenti, tutte le inclinazioni, e un angelo in ciò, cha dà insensibilmente agli atti buoni e virtuosi una facilità, una sembianza naturale, che li fa credere innati nell'uomo. Astenetevi per questa notte, e il primo sforzo vi renderà più facili gli altri. L'abitudine può scancellare il solco della natura, vincere le arti dell'inferno, e mondare un cuore colla sua insensibile e marevigliosa potenza. Anche una volta addio! E allorchè sarete giunta a desiderare voi stessa la benedizione del Cielo, io vi chiederò la vostra. — Di quest'uomo, (indicando Polonio) mi dolgo; ma il Cielo così volle; col mio mezzo ei si piacque di punirlo, come io da lui fui punito, divenendo strumento di tal castigo. Risponderò della sua morte. Addio anche una volta; convien che io sia crudele solo per essere umano; la prima sventura è questa, e molte altre ne rimangono.

Regina
Che debbo io fare?

Amleto
Nulla di quanto vi dico, guardatevene. Rientrate pure nel talamo dell'impudico re; narrategli quanto vi parlai, e ditegli che la mia follia non è vera, che io l'ostento. Bene sarà che gli facciate tal confidenza, perocchè qual'altra che una regina, bella, savia, modesta, vorrebbe nasconder così cari segreti a un mostro odioso e deforme? Chi il vorrebbe? No, andate, in onta del segreto e della ragione, aprite la gabbia sul tetto della casa, onde gli uccelli se n'escano; e simile alla scimmia, entrate voi in essa per precipitare sul pavimento.

Regina
Siine sicuro, come è vero che la voce è un soffio, e che il soffio è necessario alla vita, io non avrò voce per annunziare quello che mi dicesti.

Amleto
Convien ch'io parta per Inghilterra, lo sapete?

Regina
Oimè! L'avevo obbliato. Sì, devi farlo.

Amleto
Sonovi lettere suggellate, e i miei due compagni di studio, di cui mi fiderei, come del dente avvelenato del serpente, assunsero l'ufficio. Tocca ad essi l'aprirmi la via, e il condurmi al luogo ove mi aspetta la frode. Lasciamola compiersi. È cosa piacevole il vedere un minatore fulminato dallo scoppio da lui stesso ammanito. E sarà ben grave la sventura s'io non iscavo al disotto della loro mina, e non li faccio saltar fino alle nubi. Oh! È un piacer ben caro il prendere agli stessi loro lacci gli scellerati. — Costui (indicando Polonio) farà di me un becchino. Porterò il suo cadavere nella stanza attigua. Addio, mia madre. Ora questo savio consigliere è divenuto grave, segreto e taciturno, ei che per tutta la vita cianciò. Venite, signore, riesciamo ad un termine con voi. Buona notte, mia madre.

(escono da varie parti, Amleto trascinando Polonio)

Atto IV

Scena I.

La stessa.
Entrano il Re, la Regina, Rosencrantz e Guildensterno

Re
Cotesti sospiri, signora, hanno una cagione: dovere spiegar i profondi singhiozzi del vostro seno appresso; è bene che ne conosciamo la fonte. Dov'è vostro figlio?

Regina
Lasciateci soli un istante. (Rosencrantz e Guildensterno escono)
Ah mio buon signore, che ho io veduto questa notte?

Re
Che dunque, Gertrude? Come sta Amleto?

Regina
Furibondo come il mare e i venti scatenati e lottanti insieme. In un accesso sfrenato di follia avendo udito qualche romore dietro le cortine, sguainò la spada, e uccise senza volervo il buon vecchio.

Re
Oh funesto avvenimento! Avremmo avuta la stessa sorte se fossimo stati al suo luogo. La sua libertà ne minaccia tutti; voi, noi, tutti, senza differenza. Oimè! Come scuseremo quest'atto sanguinoso? Esso verrà imputato a noi, la cui suprema prudenza avrebbe dovuto reprimere, incatenare quel forsennato, e mettere il suo furore fuor di stato di nuocere. Ma la tenerezza nostra era sì cieca, che non volevamo sentir ciò che la prudenza ci presciveva di fare. Noi ci siamo comportati come chi nasconde una vergognosa malattia che, per colerla togliere alla conoscenza altrui, gli rode tutte le sorgenti della vita. Dov'è egli andato?

Regina
È porto lungi il corpo dell'uomo ucciso, e nella sua follia rifulse puro e innocente di quell'atto sanguinoso, come puro risplende l'oro fra vili minerali. Ei piange per ciò che ha fatto.

Re
Oh Gertrude, esciamo.I primi raggi del sole non avranno appena dorate le montagne, che lo faremo partire; e per iscusare questa odiosa azione ne sarà forza impiegare tutta la nostra autorità, e tutta l'arte di cui siamo capaci. Ah Guildensterno! (entrano Rosencrantz e Guildensterno)
Miei amici, ite entrambi a prendere qualche scorta. Amleto, nel suo delirio, ha ucciso Polonio; e trascinato ne ha il cadavere fuor della stanza di sua madre. Ite, scoprite dov'è, parlategli con dolcezza e fate recar l'estinto nella cappella del palazzo. Pregovi, affrettatevi. (escono Rosencrantz e Guildensterno)
Venite, Gertrude; andiamo a convocare i nostri più savii consiglieri, e a dichiarar loro le nostre risoluzioni e la sventura che ci è toccata. Forse la calunnia, il di cui ronzo percorre tutto l'universo, e che scocca il suo dardo avvelenato con tanta aggiustatezza, quanta ne ha la freccia che s'infigge nel suo bersaglio, potrebbe ingannarsi sul nostro nome e non colpire che l'aria impassibile. Oh venite; la mia anima è piena di turbamento e di terrore.

(escono)

Scena II.

Altra stanza.
Entra Amleto.

Amleto
Deposto in luogo sicuro...

Rosencrantz
(dal di dentro chiama) Amleto! Principe Amleto!

Amleto
Ma, qual è questo romore? Chi chiama Amleto? Oh, vengono qui.

(entrano Rosencrantz e Guildensterno)

Rosencrantz
Che avete fatto, signore, del cadavere?

Amleto
L'ho riunito alla polvere, di cui è parente.

Rosencrantz
Diteci dov'è, onde possiamo portarlo alla cappella.

Amleto
Nol crediate.

Rosencrantz
Creder che?

Amleto
Ch'io possa conservare il vostro segreto e non il mio. D'altra parte, all'inchiesta d'una spugna che potrebbe rispondere il figliuolo di un re?

Rosencrantz
M'avete in conto di una spugna, signore?

Amleto
Sì, e so che v'imbevete dei favori del monarca e delle sue ricompense. Ma tale ufficiali finiscono per divenire preda del coronato, che li conserva come una scimmia custodisce un nocciuolo in bocca. il primo che ivi entra è l'ultimo ad essere inghiottito. Allorchè il re ha bisogno di quel che gli avete poppato, ei vi preme, e la spugna ritorna secca.

Rosencrantz
Non vi intendo.

Amleto
Ne son lieto. Un cattivo discorso si sperde in un'orecchia insensata.

Rosencrantz
Principe, dovete dirci dov'è il cadavere, e venirne con noi dal re.

Amleto
Il cadavere è col re, ma il re non è col cadavere. Il re è una cosa...

Guildensterno
Una cosa, signore?

Amleto
Da nulla. Conducetemi da lui; célati volpe, célati volpe.

(escono)

Scena III.

Altra stanza.
Entra il Re con seguito.

Re
Ho mandato a cercarlo, e ho dato ordine perchè si scopra dov'è il cadavere. Oh! Quanto è pericoloso il lasciarlo così libero! Nullameno non conviene che esercitiamo verso di lui il rigor delle leggi. Egli è caro alla pazza moltitudine, che ama, non per norma del giudizio, ma per quella degli occhi; e in simili casi, è il castigo dell'offensore che si pesa, non mai l'offesa. Perchè turbata non vada la pace pubblica, bisogna che questa partenza rassembri il frutto di matura deliberazione. I mali disperati si sanano con rimedi disperati, o sono incurabili. (entra Rosencrantz)
Ebbene, che è accaduto?

Rosencrantz
Da lui non potemmo sapere dove stia il cadavere.

Re
Ma, egli stesso dov'è?

Rosencrantz
Fuor del palagio in attenzione de'vostri ordini.

Re
Conducetelo dinanzi a noi.

Rosencrantz
Olà, Guildensterno, fate venire il principe.

(entrano Amleto e Guildensterno)

Re
Ebbene, Amleto, dov'è Polonio?

Amleto
A cena.

Re
A cena? Dove?

Amleto
Non dove si mangia, ma dove si è mangiati. Una convocazione di vermi politici ha avuto luogo entro di lui. Il verme è il principe de'mangiatori. Noi ingrassiamo tutti gli animali perchè ne ingrassino, e col nostro adipe imbandiam banchetto ai vermi. Un re molto pingue e un medico magro son due pietanze differenti, ma poste sulla stessa mensa. Così tutto finisce.

Re
Oimè, oimè!

Amleto
Un uomo può gettar l'amo col verme appesovi che ha mangiato di un re, e mangiar poscia il pesce che s'è nodrito di quel verme.

Re
Che vuoi dire con ciò?

Amleto
Nulla; senonchè mostrarvi mercè qual progresso possa un re entrare nelle viscere di un mendico.

Re
Dov'è POlonio?

Amleto
In cielo; mandate colà, e se non vi si trova, fatene ricerca voi stesso nel luogo opposto. Ma, in fede mia, se nol vedete nello spazio d'un mese, lo sentirete all'odore salendo nella galleria.

Re
(ad alcuni del seguito che escono) Ite a cercarlo.

Amleto
Ei v'aspetterà.

Re
Amleto, quest'azione che ne ha contristati tanto, per la sicurezza tua, a noi molto diletta, esige che ti allontani tosto da questo regno. Il naviglio che debbe portarti è per veleggiare verso l'Inghilterra.

Amleto
Verso l'Inghilterra?

Re
Sì, Amleto.

Amleto
Bene sta.

Re
Così pur diresti se conoscessi le nostre intenzioni.

Amleto
Veggo un angelo che le discerne. Ma andiamo in Inghilterra! Addio, cara madre.

Re
E al padre tuo, Amleto?

Amleto
Mia madre. Padre e madre, son marito e moglie. L'uomo e la donna hanno in comune la carne: onde, addio madre. Andiamo in Inghilterra.

(esce)

Re
Seguitelo; fate che entri tosto nella nave. Non differite; vuo' che esca del regno prima di sera; partite, tutto è pronto. Siate solleciti. (escono Rosencrantz e Guildensterno)
E tu, Inghilterra, se hai in qualche conto la mia amicizia, di cui la nostra potenza ti ha fatto sentire il prezzo, perocchè le piaghe che ti segnò la spada danese sono anche rosse e sanguinenti, e un tributo tu paghi al nostro trono, non déi trasandare la nostra volontà suprema, che, con pressanti lettere, sollecita da te la morte di Amleto. Obbediscimi, Inghilterra. Amleto è febbre che m'arde il sangue, e tu devi guarirmene. Finchè io non sappia che quest'atto fu riempito, la gioia non rinascerà più per me per qualunque sorriso della fortuna.

(esce)

Scena IV.

Una pianura in Danimarca.
Entra Fortebraccio col suo esercito.

Fortebraccio
Ite, capitano; recate i miei saluti al monarca danese. Ditegli che, col suo beneplacito, Fortebraccio impetra la concessione di passare con l'esercito pel di lui regno. Voi conoscete gli ordini. Se Sua Maestà ha qualche cosa da comunicarne, andremo a porgergli in persona i nostri omaggi; di ciò, abbiate cura di avvertirlo.

Capitano
Così farò, signore.

Fortebraccio
Voi, seguitemi.

(esce coll'esercito;
entrano Amleto, Rosencrantz, Guildensterno, ecc. ecc.)

Amleto
Guerriero, che esercito è quello?

Capitano
L'esercito norvegio, signore.

Amleto
A che intende, ve ne prego?

Capitano
È va contro i Polacchi.

Amleto
Chi lo guida?

Capitano
Il nipote del vecchio re di Norvegia.

Amleto
Vanno essi contro tutta la Polonia, o soltanto contro qualcuna delle sue frontiere?

Capitano
Per parlar vero, e senza ambagi, noi andiamo a conquistare un brano di terra di nessun prezzo, guidati soltanto dall'onore. I redditi di quella non li vorrei per cinque ducati; nè di più ne darà alla Norvegia o alla Polonia quand'anche fosse venduta all'incanto.

Amleto
Allora i Polacchi non la defenderanno.

Capitano
Sì, e in essa sta di già un forte presidio.

Amleto
Duemila anime e ventimila ducati non definiranno la contesa di qual palmo di terra. Il tumore cresciuto per l'eccessiva lunghezza della pace scoppia internamente senza che appaia al di fuori la cagione della morte dell'uomo. Vi ringrazio, signore.

Capitano
Iddio sia con voi.

(esce)

Rosencrantz
Volete seguirmi, signore?

Amleto
Vi raggiungerò fra poco. Andate innanzi. (escono Rosencrantz e Guildensterno)
Come tutte le circonstanze si manifestano in mio favore, e svegliano la mia assopita vendetta! Che cosa è l'uomo, se il suo supremo bene e tutto il prezzo del suo tempo restringesi nel mangiare e nel dormire? Un bruto, e null'altro. Certo quegli che ne dotò di questa sublime ragione, che può veder nel passato e nell'avvenire, non ci ha data questa intelligenza, celeste facoltà, perch'ella in noi si rimanga inerte. Ora, sia per uno stupido obblio simile a quello della bestia, sia per una scrupulosa delicatezza che teme di troppo approfondare l'avvenimento (e in tale scrupolo per un quarto di saggezza, tre ne stanno di viltà); io non so perchè ancor viva per dir sempre: questa cosa vuol farsi, avendo motivo, volontà, forza e mezzi di farla. Il mondo è pieno di esempi che m'incuorano; e l'esercito bellicoso di questo giovine principe, la cui anima, infiammata da una divina ambizione, affronta l'invisibile avvenimento esponendo una vita mortale e incerta a tutte le eventualità, alla morte, ai pericoli più tremendi per un pugno di terra, ne è uno. La grandezza non istà nel non oprar mai senza un gran motivo; sta invece nel trovare nobilmente un oggetto di contesa allorchè l'onore ne va di mezzo. Come mi ristarei io adunque qui immobile, io, che ho un padre assassinato, una madre contaminata, mille stimoli al mio ardire e alla mia ragione, scorrendo le ore immerso in un vil sonno; mentre, con mia vergogna, veggo la vicina morte di ventimila uomini, che, per un nonnulla, per una vana fama s'incamminano al sepolcro come a tepidi letti, combattendo per ragioni che la moltitudine non può apprezzare, per una terra non pure abbastanza vasta per nasconderli estinti? Oh! D'ora in poi i miei pensieri siano di sangue, o si disperdano!

(esce)

Scena V.

Elsinoro. Una stanza nel palagio.
Entrano la Regina e Orazio.

Regina
Non vuo’ parlare con lei.

Orazio
Ella ve ne prega, e vuole assolutamente vedervi. È vero che la sua mente è alterata, ma compartir conviene allo stato violento della sua anima.

Regina
Che chiede da me?

Orazio
Parla molto di suo padre; dice che s'avvede che v'è frode nel mondo; singhiozza e si percuote il petto; calpesta sdegnosa i fiori del terreno, e proferisce parole che non han quasi senso. Il suo discorso è vuoto, e nullameno la forma strana di tal discorso fa nascere, in quelli che l'odono, il desiderio di ragunarme i frammenti per cercarvi l'idea che li informa. Al lampo de'suoi occhi, ai movimenti del suo capo direvvesi che vi sono pensieri nelle di lei parole. Nulla vi ha di sicuro, ma nondimeno vi è abbastanza per dar loro un'interpretazione sinistra.

Regina
Sarà bene di favellarle; imperocchè potrebbe spargere pericolose congetture nelle anime che covano il male. Fate che venga. (Orazio esce)
Al mio spirito infermo (e tale è la natura del delitto) la più lieve circostanza sembra il presagio di qualche gran disastro; tanto una coscienza colpevole è piena di sospetti! Col lungo temere d'esser tradita ella si tradisce da sè.

(rientra Orazio con Ofelia)

Ofelia
Dov'è la bella Maestà di Danimarca?

Regina
Ebbene, Ofelia?

Ofelia
(cantando) "Come poss'io distinguere il vostro amor vero dall'altro? Forse da'vostri sandali, dalla vostra tunica, dal vostro bastone?"

Regina
OImè, buona fanciulla, che significa questo canto?

Ofelia
Che dite? Vi prego; badate. (canta)
"Egli è morto e scomparso, signora; è morto e scomparso. Al suo capo sta una verde zolla; a'suoi piedi una pietra"

(con un riso insensato)

Regina
Oh, buona Ofelia...

Ofelia
Pregovi, badate. (canta)
"Il suo lenzuolo di morte è bianco come la neve delle montagne..."

(entra il Re)

Regina
Oimè, guardate, signore.

Ofelia
"Tutto coperto di dolco fiori, che sono stati recati alla sua tomba bagnati dalle lagrime di un amor sincero"

Re
Che è questo, povera Ofelia?

Ofelia
Bene sta; Iddio vi salvi. Si dice che prima della sua metamorfosi la civetta fosse figlia di un panattiere. Signore Iddio, Noi sappiamo quel che siamo, ma non quello che possiamo essere; il Cielo voglia giudicarvi!

Re
Ella pensa a suo padre.

Ofelia
Pregovi, non parliamo di ciò; ma quando vi chiedono quel che questo significa, rispondete così: "buon giorno, è il primo dì di maggio. Dal mattino, col primo lume dell'alba, io m'assisi alla finestra, per divenire la vostra fidanzata...Allora ei surse, e indossò i suoi panni, aprì la porta della camera, e fece entrare la vergine che non si dipartì più tale di là."

Re
Povera Ofelia.

Ofelia
Infatti, senza farvene sacramento, io finirò in breve: "pel Cielo e per la santa carità, oimè, abbiatene vergogna! Ogni giovine al mio posto farebbe altrettanto. Per l'amore, ciò merita biasimo, ella rispose, e prima d'ingannarmi m'avevate detto che sarei divenuta vostra sposa. Questo avresti ottenuto, replicò l'amatore, lo giuro al sole, se non fossi entrata da te nella mia stanza".

Re
Da quanto tempo è in questo stato?

Ofelia
Spero che tutto sarà bene. C'è d'uopo però pazientare, non posso astenermi dal piangere, allorchè penso che l'hanno deposto nella fredda terra. Mio fratello lo saprà, ed io vi ringrazio del vostro buon consiglio. Vieni, mio cocchiere! Buona notte, signore; buona notte, belle dame, buona notte, buona notte.

(esce)

Re
Seguitela da vicino, ponetela in buona custodia, ve ne scongiuro. (Orazio esce)
Oh! È il veleno di un profondo dolore che nasce dalla morte di suo padre; e bada, Gertrude, che quando i dolori vengono, non vengono come spie ad uno ad uno, ma a legioni. Prima suo padre ucciso, poi vostro figlio partito (ed è egli stesso l'autore del proprio esilio), il popolo quindi costernato, ammutinato e contumace per la morte del buon Polonio! Incautamente operammo seppellendolo in segreto. La povera Ofelia, de se stessa divisa, e dalla propria ragione, senza di cui non siamo che vani simulacri, o meri bruti...Infine, e questo avvenimento è importante come tutti gli altri, suo fratello è tornato di Francia segretamente, e si pasce di questi guai; ei si tiene avviluppato fra oscure nubi, nè i malcontenti mancano che susurrino al suo orecchio racconti calunniatori sulla morte di suo padre, accagionandone noi. Oh, mia Gertrude, tante vicisitudini crudeli mi danno mille morti!

(si ode rumore dentro)

Regina
Oimè! Che rumore è questo?

(entra un gentiluomo)

Re
Dove sono le mie guardie? Siano difese le porte. Che accade?

Gentiluomo
Salvatevi, signore; l'Oceano, rompendo le sue dighe, non innonda le pianure con foga più impetuosa di quella con cui il giovine Laerte, nell'accesso del suo delirio, abbatte e rovescia i vostri uffiziali. Il popolo lo dice re, e come se il mondo nascesse oggi, gli usi più sacri son dimenticati, le costumanze antiche, salvaguardia degli Stati, vanno sconosciute. È gridano: eleggiam Laerte per re nostro! E i berretti volano per l'aere; le voci e le mani applausdiscono al grido di cui risuonano le nubi: Laerte sarà re, Laerte re!

Regina
Con qual gioia questa muta di Danesi segue latrando la sua falsa traccià!Ah! Perfidi, ella vi perderà.

Re
Le porte sono atterrate.

(radoppia il tumulto;
entra Laerte armato con seguito di Danesi).

Laerte
Dov'è questo re? — (ai suoi) Signori, statevene al di fuori.

Danesi
No, lasciateci entrare.

Laerte
Pregovi, siatemi cortesi.

Danesi
Saremo, saremo.

(si ritirano)

Laerte
Vi ringrazio; rimanete alla porta. O tu, vil re, rendimi mio padre.

Regina
Calmatevi, buon Laerte.

Laerte
Se avessi una sola stilla di sangue che fosse in calma, essa rivelerebbe in me un figlio illegittimo; disonorerebbe il letto di mio padre, e imprimerebbe l'infamia sulla fronte onorata della mia genitrice.

Re
Per qual cagione, Laerte, provocare tanta rivolta? Gertrude, lasciatelo; nol ritenete; non temete nulla per la nostra persona: v'è una forza divina che circonda e difende la maestà dei re; il tradimento non può che intravvedere da lungi, e mostrare lo scopo de'suoi voti; ma rimane deluso nei primi passi dell'esecuzione. Dimmi, Laerte, perchè sei sì infellonito? Lasciatelo, Gertrude; favella.

Laerte
Dov'è mio padre?

Re
Morto.

Regina
Ma non per opera sua.

Re
Lasciatelo far le sue dimande.

Laerte
Come morì egli? Non soffrirò d'essere schernito. Lungi da me ogni vincolo d'obbedienza; lungi ogni giuramento di fedeltà; muoiano nell'abisso la coscienza, la grazia, la salute. Disprezzo l'inferno e i suoi martori; in questo proposito solo sto saldo; sdegnando e abbandonando i due mondi, il presente e il futuro; avvenga ciò che vorrà, non ho che una brama: voglio piena e intiera vendetta della morte di mio padre.

Re
Chi vorrebbe arrestarti?

Laerte
Il mio volere, non tutto il mondo; e quanto a'miei mezzi ne saprò trar sì buon profitto, che andrò lungi con poco.

Re
Buon Laerte, se desiderate di conoscere la verità su la morte di vostro padre, dovrà per questo la vostra vendetta, come un uragano cieco e furioso, trascinar seco l'amico e il nemico, l'innocente e il colpevole, senza distinzione?

Laerte
No, solo i nemici.

Re
Ebbene, volete conoscerli?

Laerte
Apro le mie braccia e il mio seno ai suoi amici fedeli, e li nutrirei col mio sangue, come il pellicano fa verso i suoi figli.

Re
Almeno ora, Laerte, voi tenete il linguaggio di un buon figlio, e di un vero gentiluomo. S'io sia innocente della morte di vostro padre, e se in cuore ne porti un altissimo dolore, è cosa che apparirà al vostro giudizio chiara come il giorno che risplende dinnanzi ai vostri occhi.

I Danesi
(dal di dentro) Lasciatela entrare.

Laerte
Ebbene! Che strepito è questo? (entra Ofelia bizzarramente coronata di fiori e di paglie)
Oh febbre ardente, infiamma e dissecca il mio cervello! Lagrime corroditrici, abbruciate i miei occhi, e distruggete il senso e l'organo della mia vista! Pel Cielo, la perdita della tua ragione sarà scontata con una vendetta che farà inchinare dal nostro lato la bilancia. Oh rosa di maggio! Innocente vergine, dolce sorella, amabile Ofelia! Ah! Cielo! È egli possibile che la giovine ragione di una fanciulla, nella sua primavera, caduca sia come la fragile vita di un vecchiardo? La natura è purificata dal sentimento dell'amore, e l'anima che esso esalta, separa e manda sempre qualche porzione preziosa di sè dietro all'oggetto amato.

Ofelia
"Essi lo portarono sulla bara col volto scoperto; sulla sua tomba furono versati flutti di lagrime". Addio, mio amore.

Laerte
Fruissi tu ancora della tua ragione, e m'incitassi alla vendetta, ne sarei meno commosso che da tal vista.

Ofelia
Convien che cantiate, "sepolto, sepolto..." Oh come questo ritornello si addice bene! Egli è del falso maggiordomo che rubò la figlia del suo signore.

Laerte
Queste vane parole straziano più d'un discorso assennato.

Ofelia
Ecco il rosmarino che fortifica le rimembranze; pregovi, amore, ricordatemi: eccovi il fiore del pensiero.

Laerte
V'è senso anche nel suo delirio! Pensieri e rimembranze conformi.

Ofelia
Eccovi erbe per voi, e ne tengo alcune per me. Erba di grazia potremmo chiamarla, e la dovete portar con divozione...Eccovi ancora margherite...Vorrei pure darvi le viole, ma si sono tutte avvizzite nel giorno in cui mio padre morì...Dicono facesse un buon fine...
(canta) "Perocchè il caro Robin è tutta la mia gioia"

Laerte
Lividi pensieri, afflizione, ambascia; l'inferno stesso e i suoi orrori mutano in lei di natura, e divengono dolci.

Ofelia
(canta) "Nè più ei tornerà? Mai più, mai più! Ora è morto; va al tuo letto della bara, ei più non tornerà. La sua barba era bianca come la neve, la sua capellatura bionda come il lino: egli è ito, e invano esaliamo gemiti; Dio abbia pietà della sua anima!" E tutte le anime cristiane! Piego il Signore sia con voi!

(esce)

Laerte
Vedi ciò, re del cielo.

Re
Laerte, prenderò parte al vostro dolore, se non vorrete ricusarmi un diritto che m'appartiene. Seguitemi costà; scegliete a piacer vostro i più savi dei vostri amici, che m'udiranno, e giudicheranno fra voi e me. Se essi trovano che noi siamo complici di questa morte, vi abbandoniamo il nostro regno, la nostra corona, la nostra vita, tutto ciò che possiamo dire nostro; se no, acconsentite d'accordarmi la vostra paxienzia, e opereremo di concerto per far ottenere al vostro cuore la soddisfazione che gli è dovuta.

Laerte
Ebbene, mi arrendo. Il genere della sua morte, i suoi oscuri funerali, senza trofeo, senza spada sospesa alla sua tomba, senza stemmi sulle sue ceneri, senza cerimonie, senza pompe, mi gridano, come una voce mandata dal cielo alla terra, che debbo chieder conto del suo fine.

Re
Tal conto vi sarà reso; e la scure della legge cada sulla testa che compiè il delitto. Vi prego, siguitemi.

(escono)

Scena VI.

Un'altra stanza.
Entrano Orazio e un domestico.

Orazio
Chi sono coloro che vogliono parlarmi?

Domestico
Marinai, signore, e' dicono che han lettere per voi.

Orazio
Fate che entrino. (il Domestico esce)
Non so da qual parte del mondo io possa ricevere attestati di ricordanza se non è dal principe Amleto.

(entrano i marinai)

1º marinaio
Iddio vi bendica, signore.

Orazio
E te ancora.

1º marinaio
Così farà, signore, se gli piace. Ho una lettera per voi, che viene dall'ambasciatore mandato in Inghilterra, se il vostro nome è Orazio, come mi fu detto.

Orazio
(legge) "Orazio, allorchè avrai ricevuta questa lettera procaccia ai latori qualche mezzo di presentarsi al re, chè hanno carte anche per lui. Avevamo appena contato due giorni di mare, quando un pirata d'aspetto guerriero ci diè la caccia. Trovandoci troppo deboli di vele, spiegammo un valore disperato, e in breve venimmo all'arrembaggio. In un istante gli aggressori si son sottratti al nostro vascello, han preso il largo, e son rimasto solo loro prigionero. Bene hanno adoperato con me, e da pirati generosi; quantunque sapessero quel che facevano, e ch'io era atto a pagarneli. Riceva il re le lettere che gli mando, e tu parti tosto, e vieni a trovarmi colla stessa celerità con cui fuggiresti la morte. Debbo confidare al tuo orecchio parole che ti renderanno muto di stupore; e che nondimeno non saranno che una debole espressione dell'importante segreto che acchiudono. Gli onesti marinai, che ti recano questa, ti condurranno nel luogo dove io sto. Rosencrantz e Guildensterno continueranno il viaggio verso l'Inghilterra. Ho molte cose a dirti sul loro conto. Addio.
“Quello che tu conosci per tuo amico. Amleto"
Venite; vi condurrò dove dovete andare, e partiremo poscia insieme.

(escono)

Scena VII.

Un'altra stanza.
Entrano il Re e Laerte.

Re
Ora la vostra intima convizione deve suggellare la mia difesa; e mi dovete dare nel vostro cuore un posto d'amico, dacchè avete inteso con sì evidenti prove che quegli che uccise vostro padre intese a togliermi la vita.

Laerte
Le prove son manifeste. Ma ditemi perchè non avete messo in vigore le leggi fatte contro attentati di natura sì rea e sì degna di morte, quando la vostra sicurezza, la vostra prudenza, tutti i motivi s'adunavana per eccitarvi alla vendetta?

Re
Oh per due considerazioni particolari, che forse a voi sembreranno deboli, ma che sono ben forti per me. La regina sua madre non vive che pei suoi occhi: e per me, sia ventura o maledizione, ella è sì intimamente legata alla mia vita e alla mia anima, che per quella stessa necessità con cui l'astro si muove nella sua orbita, io non ho azione, nè impulso che non lo riceva da lei. Il secondo motivo che m'ha impedito di chiedergli conto del suo misfatto è l'estremo amore che gli porta il popolo, il quale, lavando tutte le sue macchie nel torrente della sua affezione, come le cadute d'acqua che cambiano la terra in pietre, converte le sue colpe in grazie. I miei dardi son troppo lievi per vincere vento sì impetuoso, e sarebbero tornati contro di me senza che avessero mai raggiunto il loro scopo.

Laerte
Così avrò perduto un nobile ed affettuoso padre, e troverò una sorella in istato di disperazione; una sorella che, se la lode può prodigarsi a cosa che più non esiste, levata si era al disopra del suo secolo! Ma il tempo della vendetta arriverà.

Re
Dormite in pace; guardatevi dal pensare che io sia dii tempra tanto vile, tanto insensibile, da vedermi oltraggiare, incurevole dell'oltraggio. Fra poco saprete di più. Amai vostro padre; me pure amo; e per farvi intendere... (entra un messaggiere)
Ebbene? Quali novelle?

Messaggiere
Lettere, signore, d'Amleto. Questa per Vostra Maestà; questa per la regina.

Re
D'Amleto! Chi le recò?

Messaggiere
Certi marinai, a ciò che dicesi. Io non lo vidi. Date mi furono da Claudio che le ricevè.

Re
Laerte, voi pure le udirete. Lasciateci: (il messaggiere esce)
(legge) "Alto e potente sovrano, saprete che sono approdato ignudo ne'vostri dominii. Dimani chiederò il favore di presentarmi ai vostro regali occhi, e allora, dopo aver implorato il vostro perdono, vi narrerò la cagione del mio inaspettato e strano ritorno. Amleto"
Che vuol dir ciò? Anche gli altri sono essi venuti? Ovvero e qualche errore e nulla di verità?

Laerte
Conoscete il carattere?

Re
È d'Amleto. Ignudo... e nella poscritta dice solo...me ne chiarireste qualcosa?

Laerte
Mi ci perdo, signore, ma lasciatelo venire. Questa novella rianima e rinfranca il mio coraggio abbatutto. Vivrò dunque, e potrò dirgli in volto: fosti tu che lo facesti.

Re
Se ciò è, Laerte...E come non dovrebbe essere? Volete lasciarvi guidare da me?

Laerte
Sì, purchè non mi parliate di pace.

Re
Solo della tua pace. Se è vero ch'ei sia di ritorno, fastidito del viaggio, e che non si voglia più rimettere in mare, saprò ispirargli il desiderio di tentare un'avventura che mi va per la testa, e in cui soccomberà. La sua morte non ecciterà nè calunnie, nè rumori; sua madre stessa vi si rassegnerà e l'avrà in conto d'accidente sfortunato.

Laerte
Mi abbandono ai vostro consigli; ma più volentieri ancora, se potete ordinare il vostro disegno in modo ch'io ne divenga l'esecutore.

Re
Mi servirete opprtunamente. Dopo i vostri viaggi foste molto encomiato all'orecchio d'Amleto per un talento che, dicesi possediate in grado superiore. Tutte le altre vostre qualità unite non hanno tanto eccitato la sua gelosia, come quella sola che nullameno nell'opinione mia non occupa che l'ultimo posto.

Laerte
E quale è dunque il talento a cui accennate?

Re
Altro non è che una fettuccia sul cappello di un giovine, ma che nullameno è necessaria; perochè un vestir gaio, frivolo e leggero si addice tanto alla gioventù, quanto alla rigida vecchiezza convengonsi i neri colori e il grave mantello in cui si avviluppa per ragioni di decenza e di salute. Son già due mesi da che qui stava un gentiluomo francese che, superando gli altri prodi cavalieri della sua nazione, fornito era di un valore che parea prodigio, avvegnachè, vedendo le evoluzioni che faceva descriver al suo cavallo, si sarebbe detto che la natura l'aveva con quello unito e che d'entrambi non aveva fatto che un corpo. In breve, ei soverchiava tanto tutte le nostre nozioni, che ogni mia idealità a questo proposito rimaneva soggiogata dal fatto.

Laerte
Ed era un Francese?

Re
Un Normanno.

Laerte
Sulla mia vita, è Lamort.

Re
Appunto.

Laerte
Lo conosco; egli è l'onore della sua patria.

Re
Di voi facea testimonianza pubblica, narrando le più egregie cose, e gridava che bello spettacolo sarebbe stato il vedervi combattere con un avversario del vostro valore. Giurava che gli schermitori del suo paese non avevano nè movimenti, nè destrezza, nè occhio, allorchè voi combattevate contr'essi; e il suo racconto infiammò l'invidia d'Amleto, al segno che ei più non desiderò che il vostro ritorno per misurarsi con voi. Ora da questo...

Laerte
Ebbene, da questo, signore?

Re
Laerte, amavate vostro padre? O siete soltanto un simulacro di dolore, apparenza senz'anima?

Laerte
Perchè mi fate tale inchiesta?

Re
Non perchè io pensi che non abbuate amato vostro padre; ma perchè so che l'amore e la tenerezza sono, come ogni altra cosa, sottomessi al tempo, e ne veggo la prova negli avvenimenti quotidiani: è il tempo che ne modifica la foga e l'intensità. Evvi nell'amore una specie di deperimento che finisce per ispegnerlo, e nulla dura in uno stato sempre eguale, avvegnachè la bontà a forza di crescere degeneri in pleurisia e muoia soffocata dalla sua troppa gravezza. Quel che noi vogliamo, lo dovremmo far sempre nel momento della volontà; perocchè tale volontà in breve cambia e va soggetta a tanti ostacoli e differimenti quante sono le lingue, le mani e i casi che si frappongono, onde allora il nostro concetto si risolve in un doloroso e profondo sospiro che esala e prodiga invano il soffio della vita. Ma veniamo al vivo della piaga. Amleto ritorna; che vorreste fare, onde provare più che con parole, che siete veramente il figlio di vostro padre?

Laerte
Lo sgozzerò a'piedi degli altari.

Re
Infatti nessun luogo dovrebbe essere un santuario per l'omicida; alla vendeta non dovrebbero esser limiti; ma, prode Laerte, volete seguire il mio consiglio? Rimanetevi chiuso nelle vostre stanze. Amleto, tornando, saprà che siete qui. Noi l'attornieremo di persone che vanteranno la vostra superiorità e acresceranno le lodi che il francese vi diede, noi vi condurremo a schermire insieme e faremo scommesse sul vostro valore. Conosco Amleto, egli è senza precauzioni; generoso, incapace di sospetti e di astuzie, non guarderà alle armi; talchè vi sarà facile con un po' di destrezza di scegliere una spada non ispuntata, e con un colpo ben diretto restituirgli ciò che diede a vostro padre.

Laerte
Farò quel che dite, e con tale intento avvelenerò la mia spada. Comprai da un cerretano droga sì micidiale, che, ove tuffiate in essa soltanto la punta di un pugnale, per breve che sia la scalfattura che appresso infligge, non v'ha più rimedio, per quanto potente e composto fosse ancora con tutti i semplici più efficaci che germogliano al chiaror della luna, che salvar possa da morte l'animale che ne sarà stato tocco. Immergerò la punta della mia spada in quel veleno, e alla prima ferita ei sarà morto.

Re
Pensiamoci ancora. Esaminiamo quali siano il tempo e i mezzi più convenienti per ben accudire al nostro disegno. Se questo non riesce e la nostra intenzione traspira, sarebbe meglio non aver mai nulla tentato; convien dunque afforzarci con un secondo espediente che possa riuscire, quando il primo ci manchi. Attendete...Lasciate ch'io pensi. Faremo una scommessa solenne sulla valentia di voi entrambi. Allorchè nel calor dell'assalto vi sarete infimmati, allora vibrerete i colpi più disperati. Amleto chiederà da bere, io avrò all'uopo una tazza ammanita, e per poco che ei vi intinga le labbra, se per avventura sfugge al vostro ferro avvelenato, a questo secondo mezzo non isfuggirà. Ma che strepito è questo? (entra la regina)
Ebbene, mia cara regina?

Regina
Una sventura non viene mai sola...Vostra sorella è morta, Laerte.

Laerte
Morta!

Regina
Nella prateria alle sponde di un ruscello profondo sta un salice che specchia le bianche sue foglie nel cristallino dell'acqua; là ella è ita colla testa coperta di ghirlande bizzarramente intessute d'ortiche, di rose, di margherite e di que'fiori pallidi che le nostre fanciulle chiamano fiori della morte. Mentre ch'ella si sforzava per salire ed appendere alle branche più umili la sua ghirlanda, un ramo si ruppe e l'infelice cadde nelle onde. Le sue vesti enfiate l'hanno sostenuta per un pò di tempo come una sirena, e così portata dalle acque cantava frammenti d'antiche romanze, quasi insensibile al suo pericolo o come creatura nata in quell'elemento; ma tal cosa non poteva durare; i panni, inzuppatisi, la trascinarono in fondo, interrompendo i suoi melodiosi concenti.

Laerte
Ohimè! Spenta è dunque?

Regina
Spenta, spenta.

Laerte
Povera Ofelia, vorrei raffrenare le mie lagrime: ma vani sforzi! La natura fa sentire i suoi diritti, e poco le cale che l'uomo arrossisca della sua debolezza. Allorchè queste lagrime saran versate, nulla più resterà in me di femminile. Addio, signora! Avrei parole di fuoco da proferire, se questi pianti insensati non le soffocassero.

(esce)

Re
Seguiamolo, Gertrude. Quanta pena ho avuta per calmare il suo furore, che ora temo non si rianimi per tale disavventura! Seguiamolo dappresso.

(escono)

Atto V

Scena I

Un cimitero.
Entrano due beccamorti colle vanghe.

1º beccamorti
Debb'essere sepolto in terra santa chi se ne va spontaneamente all'altro mondo?

2º beccamorti
Dicoti del sì, perciò scava la di lei fossa immantinente. L'uffiziale della Corona ne ha visitato il corpo e ha detto che debbe avere sepoltura cristiana.

1º beccamorti
Come ciò, se pure per caso non si è annegata?

2º beccamorti
Ed è questo che apparisce.

1º beccamorti
S'è annegata volontariamente; non può dubitarsene, e qui cade la quistione. Se io mi annego con disegno premeditato, faccio un'azione, e un'azione ha tre branche, cioè agire, fare ed eseguire: ed essendosi ella annegata da sè, lo ha fatto con discernimento.

2º beccamorti
No, ascoltami, degno scavatore.

1º beccamorti
Dammi licenza. Qui sta il fiume; bene: là l'uomo; a meraviglia. Se l'uomo va all'acqua e vi si annega, è esso, voglia o non voglia, che ci va; intendi a questo: ma se l'acqua viene all'uomo e lo annega, ei non lo fa, nè quindi è reo della propria morte, nè abbrevia la sua vita.

2º beccamorti
Ma tale è la legge?

1º beccamorti
Sì, è la legge, appoggiato dalla quale l'uffiziale della Corona ha giudicato.

2º beccamorti
Vuoi tu sapere la verità? Se la defunta non fosse stata una gentildonna, la non si saria sepolta in terra cristiana.

1º beccamorti
In questo ti apponi; ed è da deplorarsi l'abuso per cui i Grandi hanno in questo mondo il privilegio d'appiccarsi o d'annegarsi da se stessi impunemente, senza che per ciò perdano gli onori di un sepolcro santo. Animo, mia vanga. Non sonovi gentiluomini più antichi de'giardinieri, degli scavatori e de'becchini, che tutti esercitano la professione di Adamo.

2º beccamorti
Era Adamo gentiluomo?

1º beccamorti
Fu il primo che portasse armi.

2º beccamorti
Come! Se non ne aveva.

1º beccamorti
Oh sei tu pagano? In che modo intendi la Scrittura? La Scrittura dice che Adamo zappò; or poteva egli zappare senza armi? Ti farò un'altra dimanda; e se non mi rispondi...Confessati...

2º beccamorti
Vediamo, vediamo.

1º beccamorti
Chi è che fabbrica più solidamente, il muratore, il costruttore de'navigli, o il carpientere?

2º beccamorti
Quegli che fa le forche; poichè l'opera sua sorvive ai mille cadaveri che vi si appendono.

1º beccamorti
La tua risposta mi piace; le forche debbono aver la preminenza; ma a cui dovrebbersi riserbare? A quelli che fanno il male. Or tu dicendo che le forche son fabbricate più solidamente della chiesa, fai male, e bene ti starebbe la ricetta. Però seguitiamo.

2º beccamorti
Chi è che costruisce più solidamente, mi dicevi, fra il muratore, il facitor di navi, e il carpentiere?

1º beccamorti
Sì, dimmelo, e sei redento.

2º beccamorti
In verità, posso dirlo.

1º beccamorti
Animo dunque.

2º beccamorti
Per la messa, l'idea mi si intenebra.

(Amleto e Orazio mostransi in distanza)

1º beccamorti
Non tormentare il tuo cervello di più intorno a questa materia; perocchè lo stupido ciuco non accelererà il suo passo per quanto lo si batta; e allorchè ti si farà tal quistione, rispondi: è il becchino; le case che questi fa dureranno fino al dì del giudizio. Or vattene da Yaughan, e recami un bicchier di liquore. (esce il secondo Beccamorti)
(scava e canta) "In mia gioventù, allorquando io amava, nulla parevami più piacevole e dolce; ma al matrimonio sentivo grande avversione, e l'avrei detto cosa buona a nulla".

Amleto
Non hai colui alcun sentimento di ciò che fa? Ei canta scavando sepolcri?

Orazio
L'abitudine gli ha reso familiare la sua professione.

Amleto
Ê vero; la mano che lavora meno, è quella che ha fatto il tatto più squisito.

1º beccamorti
(canta) "Ma la vecchiezza avanzandosi a passo di ladro m'ha afferrato co'suoi artigli, e trasportatomi in una terra a me ignota interamente"

(getta in aria un cranio)

Amleto
Quel cranio ebbe un tempo una lingua che poteva cantare. Colui lo caccia contro la terra come se fosse il cranio di Caino che commise il primo omicidio. Eppur poteva essere la testa di qualche politico quella che vien così bistrattata; la testa di qualcuno che forse si credeva atto ad ingannare lo stesso Iddio. Di', non è questo possibile?

Orazio
È possibile, signore.

Amleto
O di un cortigiano che sapeva recitare tutte le mattine "buon giorno, mio signore! Come sta Vostra Altezza?" Forse anche di tale che vantava il cavallo del suo amico del suo amico allorchè glie lo voleva dimandare; non può essere anche così?

Orazio
Sì, mio signore.

Amleto
Ah sì, certamente; ed ora appartiene a monsignor Verme, scarna, deforme e mutilata dalla vanga brutale di un becchino! Accadono in questa terra strani rivolgimenti, se occhi abbastanza buoni avessimo per vederli! Quelle ossa son dunque di sì poco pezzo, che servir debbano a'trastulli di un miserabile?...Le mie fremono pensandovi.

1º beccamorti
(canta) "Una vanga, una vanga e un lenzuolo disteso: una fossa nella terra, e basta ad un tal ospite"

(getta in aria un altro cranio)

Amleto
Eccone un altro. Sarebbe forse il cranio di un avvocato? Dove son ora le sue cabale, le sue sottigliesse, i suoi sofismi? Prchè permette che questo crudele gli trinci così la testa colla sua zappa infangata? Perchè non gli muove piato per vie di fatto? Oimè! Era forse invece un gran trafficatore di terreni, colle sue obbligazioni, le sue cauzoni, i suoi laudemii, i suoi patti di ricupera. Ecco a che si ridusse tutta la sua avidità: a raccoglier dal sepolcro un cranio pieno di polvere! Le sue cauzioni e doppie cauzioni non gli assicureranno adunque di tutti i suoi contratti che uno spazio della lunghezza e della larghezza di due cedoloni? I titoli di tutte le sue compere starebbero a mala pena nel suo sepolcro, nè il suo erede ne conserverà di più.

Orazio
Neppure un pollice, signore.

Amleto
La pergamena non si fa colla pelle del montone?

Orazio
Si fa, signore; ed anche con quella del vitello.

Amleto
Ebbene, più stupidi di quegli animali sono coloro che fondano la loro felicità sopra un volume di esse. Vuò parlare a quell'uomo. Di chi è questa fossa, marraiuolo?

1º beccamorti
Mia, signore... (canta) "una fossa nella terra, e basta ad un tal ospite".

Amleto
Credo infatti che sia tua perchè vi stai dentro.

1º beccamorti
Voi state fuori di essa, e perciò non è vostra: per mia parte io non sto in essa, sebbene sia mia.

Amleto
Menti, essendo in essa, e perciò non è vostra. per mia parte io non sto in essa, sebbene sia mia.

1º beccamorti
È un'alacre mentita questa che mi date, signore, e ve la renderò.

Amleto
Per qual uomo scavi la fossa?

Beccamorti
Non per un uomo, signore.

Amleto
Per qual donna dunque?

Beccamorti
Nè per una donna tampoco.

Amleto
Chi debbe esser sepolto in essa?

Beccamorti
Una che fu una donna, signore; ma, pace alla sua anima, elle è morta.

Amleto
Come rigido è nel suo linguaggio costui; discorriamogli con precisione, o diverremo trastullo de'suoi equivochi. Per Iddio, Orazio, da tre anni, lo vo notando, il secolo in cui viviamo s'incivilisce ogni dì; e la scarpa puntuta del bifolco incalza sì dappresso il piede del cortigiano, che in breve gli squarcierà il tallone. – Da quando in qua fai il beccamorti?

Beccamorti
Sempre dal dì in poi che il nostro ultimo re Amleto vinse Fortebraccio.

Amleto
E quanto tempo sarà?

Beccamorti
Non lo sapete? Non v’è imbelle che non sia in istato di dirvelo. Fu in quel dì ancora che nacque il giovine Amleto, che, diventato pazzo, è stato spedito in Inghilterra.

Amleto
Veramente? E perchè spedirlo in Inghilterra?

Beccamorti
Perchè era pazzo; là troverà il senno; o, se non lo trova, non vi sarà gran male.

Amleto
Perchè?

Beccamorti
Perchè nessuno s'accorgerà che sia insensato, essendo, come lui, pazzi tutti gli abitanti di quel paese.

[Amleto]N
X
Nota del editor

Testo tra parentesi quadre (fino “Qui in Danimarca”) viene interpolato dalla sesta edizione (1866, pp. 237-8).

[ E come impazzi? ]

[Beccamorti]
[ In modo molto strano, e’dicono. ]

[Amleto]
[ Come, strano? ]

[Beccamorti]
[ Affè, per avere perduto la ragione. ]

[Amleto]
[ In qual luogoN
X
Nota del traductor

Altro giuoco sulla parola ground che può dire tanto: E per qual motivo? Oppure in qual luogo, terreno? ecc. (Rusconi, 1866, pp. 237-8).

? ]

[Beccamorti]
[ Qui in Danimarca ] – Sono ormai trent'anni dacchè, fra celibe e maritato, compio qui gli uffici di marraiuolo.

Amleto
Quanto tempo rimane un uomo sepolto prima d'esser distrutto?

Beccamorti
Se non è consumato dai vizi avanti di morire, avvegnachè, veggiamo mille corpi logori che ci cadono a brani fra le mani, si conserverà otto o nove anni. Un pellicciaio dura sempre un novennio.

Amleto
Perchè un pellicciaio più che un altro?

Beccamorti
Perchè? Perchè la sua pelle è indurita come il cuoio che adopera, e rimane lunga pezza impenetrabile all'acqua, che distrugge e dissolve in breve tempo un cadavere. Guardate, quest'è il cranio d'un uomo sepolto son già ventitrè anni.

Amleto
E chi era?

Beccamorti
Il più bizzarro spirito; chi credereste?

Amleto
Affè, non saprei.

Beccamorti
La peste venga al mentecatto e alla sua follia! Un dì mi versò una bottiglia di Reno sulla testa. Questo cranio, signore, fu di Yorick, buffone del re.

Amleto
(prendendolo) Questo?

Beccamorti
Sì, questo.

Amleto
Oimè! Povero Yorick!...L'ho conosciuto, Orazio; un buffone compagnevole, l'immaginazione più feconda. Ei m'ha portato mille volte fra le braccia; ed ora la sua vista m'empie d'orrore e mi fa battere il petto! Qui stavano quelle labbra che ho baciate non so quante vollte...Povero Yorick! Dove son ora i tuoi motti, i tuoi canti, le tue follie che rallegravano le brigate che ti circondavano? Neppure puoi ora schernire a questo sconsolato tuo ghigno. Non più gote, non più bocca...Va ora a posare nel gabinetto della mia bella, e dille che tutto il suo minio non la sottrarrà a sì graziosa catastrofe. Fa che rida di questa idea. Pregoti. Orazio, dimmi una cosa.

Orazio
Quale, signore?

Amleto
Credi tu che Alessandro avrà si trista fisonomia sotto terra.

Orazio
Lo credo.

Amleto
E anche uguale odore? Ah!

(getta il cranio)

Orazio
Lo stesso, signore.

Amleto
A quai vili usi convien che ritorniamo, Orazio! Perchè non potrebbe l'immaginazione seguire le auguste ceneri di Alessandro, finchè impiegate non le vedesse nell'empiere il foro di un cocchiume?

Orazio
Sarebbe questo un considerar la vita troppo bizzarramente.

Amleto
No, in verità, non è così. Possiamo con molta modestia imaginare in tale stato anche Alessandro, e dire: Alessandro morì, Alessandro fu sepolto, Alessandro ritornò polvere; la polvere è terra; colla terra si forma l'argilla; e perchè questa argilla, composta in parte colle ceneri di lui, adoprata non potrebbe essere per la formazione di un turacciolo? "Il gran Cesare, morto e convertito in atomi, non val più che ad impedire il soffio di brezze assiderate. Oh! Quell'argilla, che tenne in freno il mondo, rende or compatte le pietre di una capanna in ruina". Ma taciamoci, taciamoci, e andiamo in disparte. S'avanza il re. (Entrano sacerdoti in processione, recanti il corpo d'Ofelia; Laerte, e i piagnoni la seguono; il re, quindi la regina ecc. ecc.)
La regina e i cortigiani... Chi accompagnano dunque? Perchè si mutilato il rito?...Questo accenna che il corpo che seguono finì da sè con mano disperata l'esistenza. Era d'illustre prosapia...Andiamo in disparte, e osserviamo.

(ritirandosi con Orazio)

Laerte
Qual'altra cerimonia rimane?

Amleto
Questi è Laerte, un nobilissimo giovine. Badate.

Laerte
Qual'altra cerimonia?

1º Sacerdote
Le di lei esequie son state celebrate con tutta la pompa che ci era permessa. Il genere della sua morte è dubbio, e, senza il comando dell'autorità suprema che veglia su tali cose, essa avrebbe abitata una terra profana infino al suono dell'ultima tromba. In vece di queste pietose preghiere si sarebbe gettato su di lei un po' di sabbia e alquanti sassi, nè gli onori delle vergini avrebbe attenuti, nè il suo sepolcro sarebbe stato coperto di ghirlande di fiori, nè vi sarebbe entrata al tocco de'sacri bronzi con riti onorati e sacri.

Laerte
Null'altro rimane da compiere?

1º Sacerdote
Null'altro. Profaneremmo l'ufficio dei morti cantandone l'inno funebre, augurandole il riposo riservato all'anime innocenti, che abbandonarono la vita in pace.

Laerte
Deponetela dunque in terra, e possano sul di lei casto corpo, pieno di vezzi e d'innocenza, fiorire le amabili viole! Tu, sacerdote spietato, io tel predico, mentrechè mia sorella riempirà il ministerio di un angelo dinanzi all'Essere Supremo, tu ruggirai nel fondo dell'abisso.

Amleto
Oh! Fu la bella Ofelia?

Regina
(spargendo fiori) Le dolci cose alla dolce bellezza. Addio! Speravo darti in isposa al mio Amleto; speravo adornare il tuo letto nuziale con questi fiori, non la tua tomba.

Laerte
Mille flagelli accumulati cadano sulla testa maledetta dell'uomo, il cui empio delitto t'ha privata della ragione, dello spirito più raro! Aspettate; prima che la si cuopra di terra vuo' abbracciarla anche una volta... (salta nella fossa)
Ora, gettate la creta sull'estinta e sul vivo, finchè elevata abbiate su di noi una montagna che superi l'antico Pelia o la turchina vetta d'Olimpo che si nasconde nei cieli.

Amleto
(avanzandosi) Chi è quegli il cui dolore s'esprime con tale enfasi? E le cui grida lamentevoli sospendono il corso degli astri, che stupiti soffermansi per intenderle? Eccomi, son io, il danese Amleto.

(salta egli pure nella fossa)

Laerte
(afferrandolo) L'inferno prenda l'anima tua!

Amleto
Non preghi bene; ma, te ne scongiuro, non stringermi per la gola così, perocchè sebbene io non sia nè frenetico, nè temerario, pure è in me qualche cosa di pericoloso che la tua saviezza debbe paventare. Togli queste tue mani.

Re
Divideteli

Regina
Amleto, Amleto!

Tutti
Signori...

Orazio
Mio buon principe, calmatevi.

(vengono divisi, ed escono dalla tomba)

Amleto
Combatterò per sí bella causa finchè gli occhi mi restino immobili nella testa.

Regina
Oh mio figlio! Qual causa?

Amleto
Amavo Ofelia; la tenerezza di mille fratelli uniti non eguaglia il mio amore. — (a Laerte) Che farai tu per lei?

Re
Oh egli è insensato, Laerte.

Regina
Per l'amor di Dio, perdonategli.

Amleto
Affè, dimmi quel che vuoi fare. Vuoi piangere? Vuoi combattere? Vuoi morir d'inedia? Vuoi sbranarti colle tue mani? Vuoi ber fiele o trangugiare un serpente? Lo stesso io pure, tutto questo farò. Venisti qui solo per esalar querimonie? Per disfidarmi precipitandoto nella sua fossa? Vuoi esser sepolto vivo con lei? Io pure lo voglio. Tu parli di montagne di creta? Ebbene, si accumulino su di noi milioni di iugeri di terra, onde il nostro sepolcro s'innalzi fino alla zona torrida, e faccia apparir l'Orsa simile a un nano. Se irrompi in impeti forsennati, la rabbia mia eguaglierà la tua.

Regina
Quel ch'ei dice non è che follia: il delirio lo terrà soggetto per qualche tempo; poi diverrà placido come la colomba che cova i nati suoi implumi e ciechi ancora. Allora lo vedrete assidersi assorto in tetro silenzio.

Amleto
Udiste, signore? Qual ragione avete per adoperar meco così? Io vi ho sempre amato; ma non vale. Ercole stesso spieghi tutta la sua forza, il gatto miagolerà, e il cane avrà il suo giorno.

(esce)

Re
Pregoti, buon Orazio, attendi a lui. — (Orazio esce)
(a Laerte) Siate paziente pensando a quello che dicemmo; i nostri disegni avran compimento. — Cara Gertrude, ponete qualcuno alla custodia di vostro figlio. — Questa tomba sarà fregiata di monumento durevole. — Rivedremo in breve giorni sereni e tranquilli... fino che non siano venuti, non adoperiamo che pazienzia.

(escono)

Scena II.

Una sala nel palazzo.
Entrano Amleto ed Orazio.

Amleto
Basta su di ciò, Orazio; passiamo ad altro. Vi ricordate di tutte le circonstanze?

Orazio
Me ne ricordo, signore.

Amleto
Amico, il mio cuore era in preda a interni combattimenti che cacciavano il sonno da'miei occhi; io era più infelice d'un marinaio inceppato entro il naviglio che tante volte guidò. Per una arditezza...Siano lodi all'ardire!...Perocchè è bene che sappiamo che spesso la nostra indiscrezione ci serve a meraviglia, mentre i nostri disegni, più profondamente meditati, vanno sperduti; e questo c'insegna che v'è un Dio la di cui mano informa e conduce a termine i nostri divisamenti, per quanto grossolane ne siano le bozze fatte dall'uomo.

Orazio
Non vuol dubitarsene.

Amleto
Esco dalla mia stanza avviluppato nel mio mantello, e fra l'oscurità penetro fino al loro appartamento. Tutti i miei desiderii si compiono. Esamino le loro carte, me ne impossesso, e rientro nelle mie stanze. Là, i miei timori e i miei sospetti dimenticano ogni ritegno: e audace abbastanza per rompere i suggelli sovrani, m'accorgo di un tradimento di re! D'un comendo dato per molte ragioni diverse, come l'interesse della Danimarca, della Gran Bretagna, ecc...E una quantità di timori nudriti pel mio carattere, e per la mia vita, che mi dannano a morte appena giunto in Inghilterra.

Orazio
Oh che dite?

Amleto
(dandogli i dispacci) Ecco la commissione fatale; leggila a tuo agio. Ma vuoi sapere come mi son comportato?

Orazio
Ve ne scongiuro.

Amleto
Così circondato di Scellerati, prima anche che avessi avuto il tempo di consultare il mio cervello, egli avea di già concepito e ordinato tutto il suo disegno. Prendo la penna, e scrivo un nuovo comando in bei caratteri. Credei altra volta, come tutti i Grandi, che il talento di bene scrivere avvilisse un nobile, e molta fatica mi pigliai per disfarmene; ma in questa circonstanza, amico, esso mi ha reso un servizio essenziale. Vuoi saper l'effetto di quel ch'io scrissi?

Orazio
Sì, caro principe.

Amleto
Ho supposto una preghiera del re delle più incalzanti, indirizzata al monarca della Gran Bretagna, siccome a suo fido vassallo, con promessa che la loro mutua amicizia crescerebbe e fiorirebbe ormai come la paglia; che la pace avvincerebbe i due Stati colla sua ghirlanda di spiche, e stringerebbe fra essi nodi di unione durevole; con mille altre frasi di tal fatta, e mille proteste solenni...Esigendo che all'apertura dei dispacci, e senza alcun altro esame, ei facesse morire di morte subitanea chi li portava, senza dar pur loro il tempo della confessione e del pentimento.

Orazio
Come poteste suggellare tal comando?

Amleto
Oh! Fu ancora l'opera d'una provvidenza celeste. Portavo meco lo stemma di mio padre che servì di modello ai suggelli dello Stato. Piegai quindi lo scritto nella stessa forma dell'altro, e v'apposi il medesimo indirizzo e le stesse armi. Dopo ciò lo riportai nel primo luogo senza che alcuno avveduto si sia del cambiamento. All'indimani avemmo quella mischia, e tu conosci il resto.

Orazio
Onde Guildensterno e Rosencrantz se ne vanno a morte.

Amleto
Non brigarono tal commissione? Amico, la mia coscienza non mi rimprovera nulla per loro. Da loro medesimi han cercata tal sorte. Pericoloso è pei vili il frapporsi alle spade incrociate e furiose di due potenti avversarii.

Orazio
Qual re! Gran Dio!

Amleto
Credi tu che a me non tocchi ora di pensere al resto? Un uomo che ha avvelenato mio padre, e disonorata la madre mia; che, arrampicandosi sul trono, ha usurpato il mio seggio e le mie speranze, che ha attorniato di lacci la mia vita, e mostrata sì indegna perfidia... Sì...Non sarà giustizia s'io il punisco con questa mano? Non sarebbe delitto il lasciare tal mostro, obbrobrio della nostra specie, vivere per nuovi misfatti?

Orazio
Gli verrà scritto in breve dalla Gran Bretagna l'esito della sua frode.

Amleto
Fra poco; ma intanto il tempo è mio, e la vita di un uomo non dipende che da una parola. Caro Orazio, sono veramente afflitto d'aver trasceso con Laerte; perocchè veggo mella mia causa l'immagine e la giustizia della sua; vuo' riacquistarne l'amicizia; oltraggiato mi credei dall'ostentazione del suo dolore: e fu per ciò solo che la mia collera si portò a quell'eccesso.

Orazio
Taciamoci; chi viene?

(entra Osrico)

Osrico
Rendo grazie al Cielo del ritorno di Vostra Altezza in Danimarca.

Amleto
Vi son grato, signore. (a Orazio) Conosci questa zanzara?

Orazio
No, principe.

Amleto
Tanto meglio per te: è un peccato il conoscerlo. Un uomo è costui che possiede molte terre, e terre fertili. Sia pure stolido il ricco, e domini sopra gente imbelle, sarà sempre ammesso alla mensa del re. Non è che un insetto ronzante; ma, come tel dissi, possiede molto fango.

Osrico
Mio grazioso principe, se Vostra Altezza ne avesse l'agio, avrei qualcosa da comunicarle per parte di Sua Maestà.

Amleto
L'ascolterò con tutta l'attenzione di cui sono capace. Ma adoperate il vostro capello al suo vero uso; esso è fatto per coprire il capo.

Osrico
Vi ringrazio della vostra bontà, signore. Fa però gran caldo.

Amleto
No, credetemi; fa gran freddo. Il vento soffia dal nord.

Osrico
È vero, è vero, signore; fa gran freddo.

Amleto
Parmi nondimeno che il tempo sia tempestoso, esso riscalda il mio temperamento.

Osrico
Riscalda eccessivamente, sigore. Il calore è a un grado che non saprei esprimere. Ma, Altezza, Sua Maestà m'ha imposto di annunziarvi che fece per voi una pingue scommessa. Ecco qual è.

Amleto
(accennandogli di coprirsi il capo) Vi prego, ricordatevi...

Osrico
No, in verità, mio buon signore, fo il mio piacere. È da poco ritornato in corte Laerte, Cavaliere perfetto, pieno delle più eminenti doti, che potrebbe servir di bussola e di calendario a tutti gli altri nobili. In lui trovansi tutte le qualità che un gentiluomo può desiderare di vedere e d'imitare.

Amleto
Veramente il suo merito non perde nulla nella vostra bocca; sebbene io sappia che, a fare la enumerazione di tutti i suoi pregi, l'aritmetica e la memoria non basterebbero; dopo mille sforzi, non se ne sarebbero esaurite le richezze. Ma, per parlar la vera lode, è un sublime giovine di natura sì egregia e rara, che il simile solo può vedersene nel di lui specchio; e tutti quelli che vogliono imitarlo non sono che la sua ombra, e nulla più.

Osrico
Vostra Altezza lo stima al suo giusto valore.

Amleto
E per qual motivo, amico?...Perchè insistiamo a parlare di quel giovine cavaliere?

Osrico
Signore...

Orazio
Non è egli possibile di rendersi intelligibili con lingua più semplice? Credo che lo possiate facilmente.

Amleto
Qual motivo v'ha fatto nominare il giovine Laerte?

Osrico
Laerte?

Orazio
(a parte) Ha esaurita la materia; e tutte le sue parole dorate sono spese.

Amleto
Sì, Laerte.

Osrico
So che non siete ignorante...

Amleto
(a parte) Vorrei che voi pure nol foste, se bene ciò poco accrescesse le mie lodi. — Ebbene, signore?

Osrico
Non siete ignorante del valore di Laerte.

Amleto
Non oso dire di conoscerlo perfettamente; poichè sarebbe un eguagliarmi a lui; avvegnachè ben non si conosca un altro uomo se prima non si conosce se medesimo.

Osrico
Voglio parlare della sua abilità nelle armi. Dal giudizio di tutti quelli che lo han veduto, ei non ha in ciò rivali.

Amleto
Di quali armi dite?

Osrico
Spada e pugnale.

Amleto
Sono due; ma non importa.

Osrico
SignoreN
X
Nota del editor

“Il Re, Altezza, ha scommesso con lui sei cavalli de Barberìa, contro i quali egli ha impegnato, mi vien detto, sei spade e sei pugnali di Francia, coi loro accessori, cinturini, fascie, ciondoli, e via via. Tre de quegli apparecchi colpiscono, affè, la fantasìa, rispondono mirabilmente agli elsi, sono di finissimo lavoro, di disegno stupendo.” Testo dalla sesta edizione (1866, pp. 257-8)

, il re ha scomesso contro di lui sei cavalli barberi, e contro questi Laerte ha deposto sei spade e sei stili di Francia coi loro addobbi; tre dei quali fanno piacere a vedersi, l'immaginazione non può apprezzarli secondo il loro giusto merito; è l'opera più splendida e più ingegnosa che mai imaginasse un artefice.

[Amleto]N
X
Nota del editor

Il testo interpolato tra parentesi quadre (fino “Me veniamo a noi”) viene dalla sesta edizione (1866, p. 258)

[Cosa intendete per apparecchi?]

[Orazio]
[Lo sapevo, che prima di finire avreste avuto bisogno di commenti.]

[Osrico]
[Gli apparecchi, Altezza, sono quell’armatura metallica a cui appoggiamo le nostre spade.]

Amleto
[La frase sarebbe più esatta se portassimo al fianco dei cannoni; finchè questo no avvenga, continuamo ad usare le voci antiche. Me veniamo a noi.] Sei cavalli barberi, contro sei spade e sei stili di Francia, vengono acommessi fra il re di Danimarca e il cavalier francese. Ma l'oggetto della scommessa qual'è?

Osrico
Il re, signore, ha detto che in dodici assalti fra voi e Laerte questi non vi avrebbe dati più di tre colpi; dall'altro canto Laerte scommette che vi colpirà dodici volte in soli nove assalti; e la contesa sarà tosto decisa, se Vostra Altezza degna darmi una risposta.

Amleto
Ebbene, vi rispondo del no.

Osrico
Voglio dire, signore, se consentite ad accettar la sfida.

Amleto
Io continuerò a passeggiare per questa sala, se Sua Maestà lo permette, e vi respirerò l'aria, come è mio costume, in questa ora del dì. Si rechino qui i fioretti, e se il gentiluomo persiste nella sua sfida e il re nel suo disegno, guadagnerò per questi la partita, o andrò coperto d'ignominia.

Osrico
Signore, recherò la vostra risposta in questi termini?

Amleto
Il fondo ne è questo, che voi potrete poi ornare con tutte le grazie del vostro spirito.

Osrico
Mi raccomendo umilmente a Vostra Signoria.

(esce)

Amleto
Tutto per voi. A meraviglia adopera raccomandandosi da sè, non troverebbe altra voce che ciò si assumesse.

Orazio
Quell'uomo rassomiglia all'uccello che fugge dal nido con la conchiglia dell'uovo ancora sul capo.

Amleto
Egli è sì civile, che fece al certo un complimento al seno di sua madre prima di suggerne il latte. Simile a mille altri idoli di un secolo corrotto, ha preso il tuono del giorno; un far facile e leggero, una specie di spuma vivace dello spirito che inebbria in principio, e sorprende la stima degli uomini più sensati; ma che, scrutata addentro, trovasi vuota come la bolla di sapone che si sperde al primo soffio.

(entra un gentiluomo)

Gentiluomo
Signore, Sua Maestà si è raccomandata a voi col mezzo del giovine Osrico, che gli ha reso per risposta che l'avreste aspettato in questa sala. Ei mi manda per sapere se volete provarvi tosto con Laerte, o ritardar l'assalto.

Amleto
Sono costante nelle mie risoluzioni, che trovansi sottomesse al piacere del re. Se quest'ora è a lui congrua, lo è a me pure; questa o ogni altra, purchè mi trovi ben disposto, come adesso.

Gentiluomo
Signore, il re e la regina verranno con tutta la corte.

Amleto
Bene sta.

Gentiluomo
Prima dell'assalto la regina desiderebbe che indirizzaste a Laerte alcune parole benevoli e graziose.

Amleto
L'insegnamento è ottimo

(Il gentiluomo esce)

Orazio
Voi perderete questa scommessa, principe.

Amleto
Non lo credo. Da che egli è in Francia mi sono continuamente esercitato, e vincerò. Ma non puoi credere quali angoscie apprimano il mio cuore... Se mi fermassi ad una idea...

Orazio
Quale idea, mio buon signore?

Amleto
Follia, follia. È sono presagi buoni ad atterrir le femmine.

Orazio
Se la vostr'anima prova qualche ripugnanza, obbedite a sì fatta impressione. Preverrò l'arrivo del re e della corte dicendo che non siete ben disposto.

Amleto
No, no, disprezzo questi cattivi presentimenti. Un passero non cade dall'aria senza ordine speciale della Provvidenza. Se la mia ora è venuta, venir non debbe; se venir non debbe, è venuta; e se non adesso, verrà; l'arduo è nell'esservi parato. Poichè niun uomo sa, abbandonando la vita, quel ch'ei lasci nell'avvenire, che importa il morir prima o dopo? Passiamo oltre.

(Entrano il re, la regina, Laerte, Osrico, Gentiluomini e seguito, con fioretti, ecc.)

Re
Venite, Amleto, Venite, e prendete questa mano che vi presento.

(gli fa stringere la mano di Laerte)

Amleto
Perdonatemi, signore, se vi ho offeso, ma perdonatemi da gentiluomo d'onore. Quell'augusta assemblea sa, e voi non potete ignorarlo, da qual funesto smarrimento il mio spirito è oppresso. Se ciò che ho fatto ha potuto offendere il vostro cuore, o il vostro onore, e svegliare il vostro cruccio, dichiaro qui che fu effetto della mia follia. Fu forse Amleto che offese Laerte? No, Amleto non fu. Se lo sfortunato Amleto in sè non era, e insultò Laerte allorchè non conosceva se medesimo, Amleto non è autore di tal'azione, ed ei la disconfessa. L'autor dunque chi n'è? La sua sventura. Onde Amleto è del partito, che ha cagione di lagnarsi. Infelice Amleto! La tua follia è la tua nemica. Permettete, signore, che dinanzi a questi venerabili testimoni io mi scolpi d'ogni rea intenzione, e la vostr'anima generosa si degni di assolvermi come se, scoccando a caso una freccia, avessi avuto la sventura di ferire un mio fratello.

Laerte
Il mio cuore vi perdona; e la natura, che in questa occasione era la prima a chieder vendetta, è soddisfatta; ma l'onore mi ritiene e m'impedisce una perfetta riconciliazione, finchè gli antichi e venerabili arbitri dell'onore non diano il loro voto, e non nominino un giudice di pace, che dichiare che il mio nome è senza macchia. In fino che ciò non avvenga, la mia amicizia risponde a quella che m'offerite, ch'io rispetterò.

Amleto
Il mio cuore riceve con affetto questa assicurazione, e combatterò con voi colla lealtà di un fratello. Cominciamo. datene i fioretti.

Laerte
Uno a me.

Amleto
Laerte, non servirò che a farvi risplendere; la vostra perizia alle prese colla mia ignoranza brillerà come una stella sul fosco velo della notte.

Laerte
Voi vi fate beffa di me, principe.

Amleto
No, lo giuro su questa mano.

Re
Date loro i fioretti, giovine Osrico. Nobile Amleto, principe del mio sangue, voi sapete qual'è la scommessa.

Amleto
Lo so, signore; Vostra Maestà ha sostenuto il debole.

Re
Nutro più lieta speranza. Conosco la forza dell'uno e dell'altro; ma essendosi Laerte Addestarto, abbiamo poste alcune condizioni alla scommessa, onde renderla eguale.

Laerte
Questo fioretto è troppo pesante, vediamone un altro.

Amleto
Il mio mi piace; son tutti della medesima lunghezza?

Osrico
Sì, mio buon principe.

Re
Coprite questa tavola di tazze di vino. Se Amleto vibra primo il colpo o lo resopinge, il fuoco dell'artiglieria proclami la sua vittoria. Il re berrà una tazza alla miglior salute di Amleto, e tufferà in essa una perla di maggior prezzo di quelle che sono state portate da quattro successivi re sulla corona della Danimarca. Si rechino le tazze; e gli oricalchi annunzino alle trombe, le trombe ai cannoni, i cannoni al cielo, e il cielo alla terra che il re beve alla salute d'Amleto. Orsù, cominciate...E voi giudici fissate su di loro un occhio attento.

Amleto
Cominciamo, signore.

Laerte
Cominciamo, principe.

(schermiscono)

Amleto
Una.

Laerte
No.

Amleto
Si giudichi.

Osrico
Sì, il colpo fu visibile.

Laerte
Ebbene, riprendiamo.

Re
Aspettate, datemi da bere. Amleto, questa perla è tua, bevo alla tua salute. Dategli una coppa.

(squillo di trombe e salva dell'artiglieria)

Amleto
Vuo' prima fare un nuovo assalto; portate lungi questa tazza. Animo; anche un colpo; che ne dite?

(schermiscono di nuovo)

Laerte
Rimasi tocco, rimassi tocco, lo confesso.

Re
Nostro figlio vincerà.

Regina
Ei non ha più lena. Vieni, Amleto, prendi questa pezzuola; asciuga la tua fronte: la regina beve di cuore alla tua salute.

Amleto
Buona madre...

Re
Gertrude, non bevete.

Regina
Voglio bere, signore, vi prego di perdonarmi.

Re
(a parte) È la tazza avvelenata...Ma è troppo tardi!

Amleto
Non oso ancora bere, signora, fra poco lo farò.

Regina
Vieni, lascia ch'io t'asciughi il viso.

Laerte
(al re sommessamente) Maestà, lo ferirò ora?

Re
Non ti sembra il momento?

Laerte
(come sopra) Quantunque ciò sia contro la mia coscienza.

Amleto
Animo alla terza, Laerte. Voi vi fate scherno di me. Pregovi, spiegate tutte le vostre forze; volete trattarmi come un fanciullo?

(riprendono la sfida)

Laerte
Poichè così dite, andiamo.

Osrico
Nulla, nè da un lato nè dall'altro.

Laerte
Tocca a voi ora.

(Laerte ferisce Amleto; quindi nel calore della mischia mutano armi, e Amleto ferisce Laerte)

Re
Divideteli, son troppo sdegnati.

Amleto
No, riprendiamo.

(la Regina cade)

Osrico
Attendete alla regina, oh cielo!

Orazio
Son feriti entrambi. Come state, mio principe?

Osrico
Come avvenne ciò, Laerte?

Laerte
Rimasi preso nelle mie reti come un uccello, Osrico; gistamente rimango ucciso pel mio tradimento.

Amleto
Come sta la regina?

Re
Ella svenne, vedendo scorrere il sangue.

Regina
No, no, fu la bevanda...Ah mio caro Amleto! La bevanda, la bevanda: sono avvelenata!

(muore)

Amleto
Oh scelleraggine! Chiudansi le porte! Si cerchi il traditore...Dov'è?

(Laerte cade)

Laerte
Qui, Amleto; Amleto, tu sei ucciso; alcuna medicina del mondo non può salvarti; mezz'ora di vita appena ti rimane; il perfido istrumento della tua morte ti sta in pugno...Vedi quel ferro non ispuntato?...L'estremità sua fu intrisa di veleno. L'infame mia frode ricadde su di me. Mira, io giaccio qui, nè mai più forze...Il re, il re è colpevole.

Amleto
(trafigge il Re) Avvelenato anche il ferro!...Fa allora, o veleno, l'opera tua.

Osrico e Gentiluomi
Tradimento! Tradimento!

Re
Oh! Difendetemi, amici, son ferito soltanto.

Amleto
Sposo incestuoso, vile avvelenatore, abbominevole re, tracanna questa bevanda...Sei fedele così? Segui ora mia madre.

(il Re muore)

Laerte
Egli ha la sorte che merita, in quella tazza era un veleno apprestato dalle sue mani. Nobile Amleto, ricambiamoci il nostro perdono. La mia morte, e quella di mio padre non ti siano imputate a delitto; nè la tua a me.

(muore)

Amleto
Il Cielo ti perdoni! Ti seguirò. Io muoio, Orazio. Sfortunata regina, addio. Voi, pallidi e muti spettatori di Questa scena di sangue, voi tremate all'immagine di tanti delitti...Ah! Ne avessi io il tempo...Vorrei dirvi...Ma la morte esecutrice spietata dei decreti della giustizia li compie senza dimore...M'è forza il sottomettermi. Orazio, io muoio...Tu vivi, redimi...Redimi la mia memoria dinanzi a quelli che mi condannano...

Orazio
No, nol crediate. Nato danese, ho in petto il cuore d'un antico romano; il liquore non è finito.

Amleto
Se sei un uomo, cedi a me quella tazza; dammela... Pel Cielo, vuo'averla. Oh Dio! Orazio, le cose essendo così sconosciute, qual nome abborrito non lascierei dietro di me? Differisci per qualche altro dì ancora la tua felicità celeste; acconsenti a trascinare qualche altro tempo in questo odioso mondo la tua penosa esistenza onde narrare l'istoria mia. (si ode da lungi il suono di una marcia e altre grida)
Che romor guerriero è questo?

Osrico
Il giovine Forte braccio riede vincitore, onusto delle spoglie polacche. È desso che onora con questa salva guerriera l'arrivo degli ambasciatori inglesi.

Amleto
Oh! Io muoio, Orazio. Questo operoso veleno spegne la mia vita, nè tanta me ne resta da intendere le novelle d'Inghilterra; ma predico che la nuova scelta cadrà su Fortebraccio. Egli ha il mio voto moribondo; annunziategli per me le varie tristizie che m'han condotto...Il resto... È un eterno silenzio.

(muore)

Orazio
Ora scoppia il più nobile cuore! Amabile principe, addio; i concerti degli angeli t'invitino al tuo eterno riposo!...Ma perchè questo crescente romore?...

(marcia al di dentro; entra Fortebraccio cogli ambasciatori inglesi, ed altri)

Fortebraccio
Dov'è? Dov'è?

Orazio
Che cosa volete vedere? Se vi compiacete nel contemplare un misto spaventoso di mali, d'orrori e di delitti, esso vi sta innanzi.

Fortebraccio
Questa carnificina grida vendetta! Oh cruda morte! Quali vivande potranno imbandirsi al tuo eterno banchetto dopo la strage di tanti principi?

1º ambasciatore
Questa visita è tremenda! E i dispacci che rechiamo d'Inghilterra giungono troppo tardi; le orecchie che dovevano intenderli sono insensibili, e chiuse per sempre. Se ora dico al re che i suoi comandi furono eseguiti, che Rosencrantz e Guildensterno più non esistono, chi ci ringrazierà?

Orazio
Non egli il potrebbe, quand'anche la sua lingua fosse tuttavia animata, perchè non mai diè l'ordine dalle guerre di Polonia, e voi venuti d'Inghilterra, per udire spiegare questo sanguinoso dramma, comandate che i loro corpi siano esposti alla vista del popolo sopra letti da ciò, e allora io istruirò il mondo della cagione sconosciuta di questi avvenimenti. Mi udirete allora parlare di opere crudeli, sanguinose, empie; di sentenze che il caso ha dettate, d'omicidi che esso ha consotto, di morti che son frutto della violenza e della frode; e in questo tragico fine vedrete i reati andare delusi, e ricadere sulla testa dei loro autori. Io sono unico depositario di queste deplorabili verità.

Fortebraccio
Affretiamoci ad udire questo racconto, e raduniamo i nobili dello Stato. Per me, accetto con dolore i doni della fortuna; ma vanto diritti antichi su questo regno, che gl'interessi miei m'inducono a sostenere.

Orazio
Mi converrà parlarne, e vi darò il voto dell'uomo che con sè trascinerà quello degli altri. Però non differite; e in questo momento di commozione in cui tutti gli spiriti sono desti e dubbiosi, prevenite le sventure che l'intrigo e l'errore possono causare.

Fortebraccio
Quattro ufficiali rechino Amleto, come si addice ad un guerriero, sopra la sua bara. S'egli avesse regnato, il trono sarebbe stato empito senza dubbio da un gran re. Al di lui passaggio, la musica marziale e gli onori della guerra lo esaltino. Prendete anche questi corpi. Tale spettacolo si converrebbe ad un campo di battaglia, ma è qui funesto. Ite; comandate all'esercito una salva generale.

(marcia funebre; escono, traspostando gli estinti; dopo di che si ode il suono delle campane, e il saluto dell'esercito al nuovo re)